Intervista a Radio Morgan

Posted in Filosofia dell'arte, Il "Valore" dell'Arte on luglio 24th, 2022 by Francesco

di Francesco Campoli

Anche in questa occasione, l’articolo mensile su SCULTURAECULTURA, lo trovate formattato in una modalità diversa da quella abituale, ma tutti voi che seguite abitualmente questo Blog, sapete che quando succede è perché si tratta di raccontare una occasione di comunicazione alternativa.
Stavolta mille grazie a Katia Catalano di “Radio Morgan

Logo di Radio Morgan

Logo Radio Morgan

prima di citarla nel ruolo di “Deus ex Machina” e Speaker della trasmissione “Katia Poesia” – ogni Martedi in diretta dalle 21:00 alle 22:00 – appunto su Radio Morgan.
Sono stato onorato del fatto che Katia, abbia ritenuto “coerente” la mia presenza nella sua trasmissione.
La Poesia è “Arte madre” di tutte le Arti, Voi che seguite assiduamente “SCULTURAECULTURA” sapete bene che questo concetto l’ho sempre voluto puntualizzare in ogni occasione.
Nel programma non si parla solo di Poesia, ma di tutte le sfumature ad essa collegate e, proprio per questo, ho accettato volentieri l’invito di Katia.
Katia, prima ancora che Conduttrice, Critica e Storica dell’Arte, si sente in primo luogo Poetessa, è anche scrittrice, con diversi libri a suo attivo, ma quello di Poetessa è il ruolo con il quale ama maggiormente accompagnare il suo nome, per questo la capisco e l’apprezzo particolarmente.
Ho avuto modo di affrontare con Lei, l’origine e l’evolversi della mia “Via all’Arte”, le fatiche per dare Valore alla mia modalità personale di definirmi Artista, ho raccontato anche un po’ della mia vita, che di quel mio modo di vivere l’Arte è la matrice primordiale.

Francesco e Katia

Katia Catalano intervista a Francesco Campoli

Il “vexato” tema dell’Arte, come amo definirlo, ha sempre mille vie per essere attraversato, ma confrontarmi con chi come me, questa lotta giornaliera è abituata ad affrontarla mi stimolava parecchio.
Spero che questo sano piacere sia emerso prepotentemente dal nostro colloquio aperto e sincero, e che, chiunque avrà il piacere di ascoltare questa intervista ne possa largamente convenire.


Francesco Campoli

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Arte e Guerra

Posted in Estetica e Bellezza, Filosofia dell'arte on marzo 18th, 2022 by Francesco

di Francesco Campoli

Innanzi tutto mi devo scusare con i tanti amici che seguono assiduamente il mio Blog.
Questa volta il mio Articolo su SCULTURAECULTURA arriva con un po’ di ritardo rispetto alle cadenze abituali.
Purtroppo, come avrete immaginato, il ritardo è conseguenza di un tragico “cambio di programma”.
L’intento più volte dichiarato di SCULTURAECULTURA è trattare il tema dell’Arte, non in modo astratto e autoreferenziale, ma mettendola al centro della Vita e della Cultura del nostro tempo, esattamente in questo tempo, dove tutto appare sempre più una triste Farsa, invece quella che vediamo esplodere intorno a noi, assume ognigiorno di più i contorni di una Tragedia.
Ho voluto riscrivere l’Articolo ex novo, anche se ormai quello già scritto era ormai in via di pubblicazione, perché gli eventi epocali di questi giorni, non possono passare sotto traccia.
La Guerra in Ucraina ci ha colto impreparati, non perchè eravamo distratti, ma perchè ormai nella nostra testa, tutta orientata ad una malintesa autorealizzazione, la parola Guerra, nel linguaggio corrente “Politically correct“, sembra non dover essere contemplata.

Colosseo Ucraina

Il Colosseo illuminato con i colori della bandiera Ucraina

Per quanto mi concerne, certi accadimenti non devono essere affrontati senza far sorgere in se delle profonde domande esistenziali, come Essere Umano in generale, ma a maggior ragione per si picca di essere un Artista.
Scrivo “essere” invece che “fare”, non per un errore ortografico, ma nella consapevolezza che l’Artista non è un mestiere, una professione come le altre, ma coinvolge il proprio modo di essere, di vivere le emozioni, quelle personali, ma soprattutto gli stati d’animo collettivi.
Nulla di peggio di una guerra, che sicuramente ha risvolti sociologici e “sociali”, di grado esiziale, specialmente sui più piccoli che saranno le generazioni su cui si baserà il domani.

La Guerra è dissecante anche a livello esperienziale, spesso al punto di farci vivere una sorta di distacco dalla realtà, anche se si ritiene di essere individui emotivamente solidi.

Ucraina Guerra Milano

Milano manifestazione contro la Guerra in Ucraina

Le emozioni che si vivono in queste situazioni sono così dirompenti che è necessario analizzare, capire e soprattutto non smarrire la propria umanità.
La Dicotomia sorge in noi cercando di trovare un senso ad azioni inumane che, evidentemente, un senso non ce l’ hanno.
Se veramente, prima o poi (meglio prima), vogliamo dar reale valore all’affermazione “Mai più guerre”, che suona purtropo assolutamente retorica, ognuno deve fare veramente la sua parte.
Per gli Artisti è fondamentale misurarsi – professionalmente e umanamente – con tutte queste sconvolgenti emozioni, senza nascondersi dietro ad un malinteso simulacro di bellezza.
Retoricamente ci difendiamo sempre con le stesse scontate affermazioni, senza fare veramente passi più concreti.
Quando ripeto ossessivamente che, il superficiale accostamento di Arte e Bellezza, è un errore concettualmente madornale, mi riferisco proprio a chi nell’Arte cerca solo il “Bello” relegando l’Arte ad una mera funzione Estetica, oltretutto, “il Bello”, è un parametro assolutamente soggettivo e strettamente legato al contesto culturale di riferimento.
La vera Arte deve avere soprattutto una enorme valenza Etica, se non altro in virtù della sua penetrante efficacia comunicativa, talvolta veramente dirompente, che realmente è in grado di cambiare il mondo.
Vedere ripetersi continuamente il triste fenomeno della Guerra, ai nostri giorni, in ogni angolo della terra e nelle più svariate realtà socio-culturali mostra il senso del fallimento evolutivo di interi popoli.
La Guerra è la dimostrazione patente che questa regressione si conferma anche a livelli ancor più “globali”.
Uso la parola “globali” per stigmatizzare quanto quest’ultima, spesso sia usata in modo scorretto, in particolare nella descrizione dei fenomeni socio-economici che, come stiamo ormai chiaramente vedendo, stanno disarticolando la struttura stessa della Comunità Umana del nostro tempo.
Da molto tempo ormai, con “Globalizzazione”, si sottintende solo il fenomeno economico, invece, quello con cui ogni giorno ci scontriamo, non è solo un fenomeno economico, ma è prima di tutto, l’evidenza dell’allargarsi di crepe fatali nella struttura dell’intero  Organismo Sociale.
Queste fratture concettuali nei Principi socio-culturali (che noi stessi ci siamo sbrigati a canonizzare), rendono instabile e inadeguato un Sistema che invece si dovrebbe rispecchiare in Principi realmente “Etici”.
Le dinamiche socio-economiche sarebbero le prime che dovrebbero essere viste con la “lente” etica, ma invece si vede nel benessere economico come l’unico indice della Civiltà di una Nazione, questo diventa un principio estremamente pericoloso per la tenuta del “Patto sociale”.
Sappiamo tutti che questo metro di valutazione è sbagliato, ma sempre più siamo portati a girare lo sguardo ad accettare supinamente il concetto.
Non è strano per la gente dare per scontato che un benestante è anche una brava persona, mentre è più che evidente, che persone che hanno disponibilità economiche fuori dal comune, non sempre le conseguono in modo onesto ed eticamente ineccepibile.

Oligarchia

Oligarchia

In questi giorni sentiamo spesso la parola Oligarchi, usata come sinonimo di “Estremamente Ricco”, ma questo non è altro che il perpetuarsi del medesimo errore: Avere una visione essenzialmente Economicistica.
L’Oligarchia è essenzialmente una modalità elitaria di gestione del potere, non solo in forma etimologica (olígoi = pochi e arché = governo, “governo di pochi), ma soprattutto in termini politici.
Gli Oligarchi gestiscono il Potere, sono “Potenti”, non necessariamente sono  “Ricchi”, infatti, semmai sarebbe il meccanismo per il quale, questo genere di “Potenti” alla fine diventa sempre immensamente ricco.
Il principio è molto ben spiegato da Platone, in particolare nel suo trattato in forma dialogica “La Repubblica”.

Platone la Repubblica

Platone "La Repubblica"

Cito sempre Platone per mille motivi, nel libro VIII de “La Repubblica”, la forma di potere Oligarchica è molto ben circostanziata, invito chi non conoscesse quei passi a rivederseli, come al solito, gli scritti di Platone sono sempre estremamente illuminanti.
“La Repubblica” nei principi (ovviamente non in termini assoluti), non deve colpire perché sembra un riuscitissimo esercizio di preveggenza, per quanto stupefacente è semplicemente un ottimo esempio di “Speculazione Filosofica“.
Anche Aristotele nel suo “Politica” tratta diffusamente il tema, gli antichi Filosofi greci, proprio perché ritenevano fondamentale la gestione del Potere nella “Polis“, ragionavano molto sulla ripartizione Potere nella struttura gestionale delle loro “Città Stato”.
La gestione del Potere nella Democrazia da dêmos (Popolo’) e da kratéō (Comando), che come noto è stata ideata e applicata proprio dagli antichi Greci,  è un fattore assolutamente dirimente, non è un caso che tra i più grandi filosofi ne hanno profondamente ragionato.
Questo una volta di più, dimostra quanto la Filosofia sia sintesi razionale del Pensiero, come più volte ho scritto anche su SCULTURAECULTURA, l’Arte, essendo figlia prediletta della Filosofia, è l’altra forma essenziale del “Pensiero collettivo”.
La Filosofia è la forma analitica e razionale del “Pensare”, l’Arte è la forma di Pensiero più emozionale e creativo, a mio avviso la modalità più rappresentativa dell’ Essenza Umana.
Purtroppo Filosofia e Arte non sono le due uniche compagne del cammino evolutivo dell’Uomo,  la Guerra è stata da sempre un terribile “carattere recessivo“, e purtroppo “rigurgita” abbondantemente dalle pagine peggiori della Storia dell’ Umanità.
Al di la della terminologia para-genetica, questa esecrabile modalità di “risoluzione delle controversie”, non è una componente congenita, ma peggio, molte volte è stata e continua ad essere, una scelta “razionale”, spietata.
La Guerra mira solo alla conquista di vantaggi politici, territoriali e alla fin fine economici.
Anche nell’antico mondo greco, l’ Oligarchia sconfinava regolarmente nella “Plutocrazia“, dal Greco antico ploûtos (ricchezza) e krateín (potere), infatti sarebbe appunto più corretto chiamare così, il predominio di un ristretto nucleo di Ricchi sull’intero Organismo sociale.
La Plutocrazia è da sempre uno di quei “Caratteri recessivi” proprio della Russia, nella sua età “Sovietica” e ancor prima nella sua forma Zarista.
Questo per ricordare a me prima ancora che agli altri, che purtroppo esistono nei popoli, problemi socio-culturali “endemici”  e che la soluzione agli stessi, deve essere vista come la ricerca di una vera e propria “forma di evoluzione collettiva” delle rispettive Società.
La Guerra come “mezzo di risoluzione delle controversie”, è un evidente problema evolutivo dell’intero Genere umano,  anche la nostra coltissima Costituzione lo richiama diffusamente.
Nel testo fondamentale sul quale fu costruita la nostra Nazione, i rapporti Etico-sociali e quelli Economici, sono trattati addirittura in due differenti Titoli (Titolo II e Titolo III).

Benedetto Croce

Benedetto Croce

Non è un caso che uno dei Padri Costituenti, che definirei senza tema di smentita tra i più rappresentativi, fu Benedetto Croce, grande Filosofo anche lui, e in grandi passi della Costituzione italiana, si legge chiaramente la sua modalità ontologica e di costruzione del Pensiero.
Croce, anche per via del suo interesse accademico per l’Estetica, fu anche un apprezzatissimo Filosofo dell’Arte (vicino alla visione di Hegel) ad ulteriore conferma che, queste due discipline del Pensiero sono assolutamente complementari.
La rispettiva complementarità si evidenzia in modo ancor più eclatante, se si pensa che l’altro grande Filosofo, vicino anch’egli alla dottrina dell’ Estetica Hegeliana, Giovanni Gentile, che militò su fronti politici assolutamente opposti rispetto a quelli sostanzialmente “Liberali” di Benedetto Croce.

Giovanni Gentile

Giovanni Gentile

Giovanni Gentile fu l’ ideologo del Mussoliniano Partito Fascista, tant’è vero che alla fine venne ucciso dai Partigiani del G.A.P..
A mio modesto avviso, per le ragioni sopra esposte, è estremamente importante che l’Arte si confronti con la Guerra, ma non come magari ha fatto per secoli, come mero megafono celebrativo.
Così come avvenne per le vite dei Santi, gli Artisti molto spesso furono chiamati dai loro Committenti, a raccontare e celebrare le imprese di guerra di illustri antenati o di loro fidati Capitani di Ventura.
Non fanno eccezione neanche Michelangelo Buonarroti e Leonardo da Vinci, anche se per varie ragioni queste commissioni alla fine non si concretizzarono.

Battaglia di Cascina Michelangelo Buonarroti

Michelangelo Buonarroti "La Battaglia di Cascina"

Solo in epoca più recente, in particolare in quella Moderna, la Guerra venne finalmente fortemente stigmatizzata dagli Artisti, uno degli  esempi più eclatante fu Pablo Picasso.
Il grande artista spagnolo con il suo celeberrimo dipinto “Guernica“, denunciò e descrisse crudamente il barbaro bombardamento della cittadina basca da parte dell’aviazione nazista durante la guerra civile spagnola.
Il noto dipinto di Picasso (attualmente esposto al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid), fu al centro di una famosa diatriba tra il grande artista e un potente gerarca Nazista.
Si narra che questo comandante Nazista (che era stato inviato da Hitler per gestire le operazioni in appoggio al Generalissimo Francisco Franco), a colloquio con Picasso, disse al grande Pittore spagnolo: “Maestro, l’avete fatto voi questo orrore? Pablo Picasso gli rispose seccamente: “No l’avete fatto voi !!!”.

Guernica Picasso

Guernica Picasso

Personalmente io considero “Guernica” una delle grandi cesure tra la concezione storica dell’Arte in forma rappresentativa, appunto quella malintesa come omologa di “Bellezza”.
Una delle peggiori dimostrazioni dell’oppressione Nazista, fu in particolare quella sull’Arte Moderna, ci fu addirittura una accanita campagna di distruzione di moltissime Opere d’Arte, estremamente preziose, sia artisticamente che storicamente.
La propaganda Hitleriana definiva quella evoluzione al di fuori dei cliché convenzionali dell’Arte Classica “Arte degenerata” e lavorava ossessivamente per farla scomparire, forse anche perché Hitler, come molti sapranno, era un Pittore oltremodo fallito, tant’è vero che spregiativamente è stato più volte apostrofato “Imbianchino”, aggiungo io senza offesa per gli imbianchini.
In verità anticamente, già Hieronymus Bosch aveva già scelto di allontanarsi dai soggetti aulici tipici di molti suoi contemporanei.

Hieronymus Bosch La Tentazione

Hieronymus Bosch La Tentazione

Georges Braque

Georges Braque

La destrutturazione dell’immagine pittorica, già ricercata da Paul Cézanne e poi canonizzata nel “Cubismo” di Picasso e del suo amico George Braque, aveva appunto lo scopo di allontanarsi dal concetto di “Belle Arti” a favore di un’Arte più emozionale, simbolica ed essenziale, più vicina alla sintesi poetica dell’Artista che alla mera rappresentazione com’era sempre stato.

Napoleone Bonaparte

Napoleone Bonaparte

Uno dei più importanti committenti di dipinti sull’epica della Guerra fu Napoleone Buonaparte, che scelse di comunicare la retorica di Guerra mediante l’Arte.
Per celebrare le sue imprese di conquista e sostenere la sua immagine di grande conquistatore ordinò moltissimi lavori ai più importanti artisti dell’epoca.

Giovanni Fattori Autoritratto

Giovanni Fattori

Persino Giovanni Fattori, non certo un guerrafondaio, ricevette molte commissioni in tema di grandi battaglie e rievocazioni di scene militari, ma usò sempre la sua maestria tecnica in uno stile che definirei “documentale”.
Le sue opere a tema bellico presentano ad esempio Divise sempre estremamente accurato, ma al contrario, non usò mai esaltare le attività belliche, come invece fecero molti dei suoi colleghi, nel corso dei secoli.

Giovanni Fattori battaglia di Magenta

Giovanni Fattori battaglia di Magenta

La battaglia di Waterloo William Sadler

La battaglia di Waterloo di William Sadler

Come ho raccontato sopra, l’Arte talvolta fu assolutamente asservita alla retorica della Guerra, in particolare come mezzo di propaganda ma in realtà, quella che poi cambiò, fu la libertà dell’Artista di scegliere i soggetti da rappresentare e sempre più spesso si trovò a stigmatizzarne gli orrori.

Quando l’artista eseguiva progetti imposti dai suoi committenti, era un mero surrogato della Fotografia,  nell’evoluzione moderna del concetto di Arte, Artisti come il su citato Picasso, rappresentarono soprattutto le personali emozioni che la guerra suscitava in loro, noi Artisti contemporanei, anche a causa dell’occultamento mediatico che di solito vela le guerre dei potenti , ci siamo confrontati poco con quello che continua ad essere il medesimo orrore.
Le guerre attuali sono molto diverse da quelle affrontate nei campi. La battaglia di Magenta si svolse nei campi, quella di Waterloo avvenne in una sperduta località belga, le battaglie, in tempi recenti, purtroppo hanno avuto le nostre città citta come teatro.

guerra ucraina

guerra in Ucraina, Mariupol distrutta il 90 per cento

La Siria, il Libano l’ex Jugoslavia e adesso le grandi città Ucraine, potrebbero essere molte delle nostre città.
I palazzi distrutti, gli Ospedali, le Scuole, potrebbero essere le nostri, stavolta gli Autobus colpiti in mezzo agli incroci e i Tank in coda sulle normali autostrade, ci lasciano sgomenti, inebetiti, anche per le modalità incomprensibili.
In realtà queste immagini inquietanti, diverse nell’ Outlook ma identiche nei contenuti, sono le stesse che troviamo nei bassorilievi sull’Arco di Costantino, duemila anni fa, niente di nuovo sotto questo cielo.

Fregio con La Battaglia di Ponte Milvio

Arco di Costantino fregio con La Battaglia di Ponte Milvio

Roma arco di Costantino

Roma arco di Costantino

In realtà hanno tutte un denominatore comune: Il Male, non a caso in questi casi, in molti tratteggiano profili da Anticristo per i rispettivi protagonisti.

Ungaretti da poeta illuminato, ci ha rivelato gli orrori umani nelle trincee della prima guerra mondiale.
Richiama magistralmente in noi, immagini da gironi danteschi, rese ancora più crude attraverso il linguaggio “Ermetico” che sicuramente è il più adatto per tratteggiare poeticamente quegli orrori e soprattutto le emozioni destabilizzanti che facevano sorgere nei malaugurati attori.

Uomini in armi che si dibattono nel fango delle trincee come dannati dopo il giudizio universale.
Oggi raramente gli eserciti si affrontano totalmente sul campo, le trincee sono le barricate stradali, i missili arrivano da centinaia di kilometri di distanza, li viviamo distaccati, quasi fossero la ribalta di uno stupido videogame.
Molti dei focolai tutt’ora in armi ci sono praticamente sconosciuti, ma stavolta, in Ucraina è assolutamente diverso.

San Martino del Carso Ungaretti

Poesia San Martino del Carso di Giuseppe Ungaretti

Nelle accademie, nei Licei artistici e nelle scuole d’Arte non si insegnano tecniche adeguate a rappresentare lo sgomento che tutti noi proviamo.
Siamo spaventati soprattutto nel pensare che quel Male, probabilmente è anche parte di noi, con le parole di oggi, diremmo che è “Endemico” e nessuno se ne può sentire escluso.
Una cosa è certa gli Artisti in genere sanno leggere introspettivamente in se, quel Male riescono anche ad intravvederlo, ma non sappiamo ancora dipingere i quadri giusti, non abbiamo ancora i colori giusti, forse perchè quelli che abbiamo sono per “Belle Arti” e, nella guerra, non c’è proprio nulla di bello.
Siamo creativi, dovremmo saper urlare lo schifo per l’inutile morte di un bambino, ma la Guerra è distruzione, l’antitesi esatta della creazione.
Ci dovremo lavorare, dobbiamo trovare strumenti giusti, fare monumenti con brandelli di muri crollati, piramidi con i sacchi di sabbia, tappeti di schegge di vetri scoppiati.
L’Arte, lo sappiamo da un pezzo, perchè ce l’ha detto e ripetuto molto chiaramente Theodore Adorno, nel suo “Teoria Estetica“.
Abbiamo necessità di riconfigurare il ruolo per l’Arte, abbandonare l’esteticamente bello sostituendolo con il dannatamente vero.
Era appena finita la guerra quando Adorno scrisse quel suo saggio, un Filosofo ebreo, che sapeva bene che nulla sarebbe stato più come prima, in ogni guerra l’unica arma contro quell’orrore è l’Arte e la sua potente valenza taumaturgica.
Sono passati più di settant’anni e dovremmo stupirci di non aver capito ancora, che questo è un concetto fondamentale, l’Arte non è una bella statua in giardino o un bel quadro colorato in salotto, non possiamo continuare a pensare all’Arte come ad una vecchia modalità per descrivere Uomini e cose del passato.
L’Arte è viva e deve portare verità ogni giorno, deve aiutare a costruire il futuro, un futuro che nasca dentro le nostre anime più che nel nostro portafoglio, ma anche questo, come al solito, sarebbe tutto un altro articolo.

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Arte e Profondità di Pensiero

Posted in Filosofia dell'arte, l'Arte in ogni Arte on maggio 10th, 2021 by Francesco

di Francesco Campoli


Molte volte nei miei articoli ho citato Joseph Beuys,  il grande Artista tedesco, “Trans-disciplinare” come amo definirlo, perchè incarnava molti tratti di quello che per me è un vero Artista.
Joseph Beuys con i suoi lavori perseguiva anche i grandi valori a livello sociologico, assolutamente non si è mai limitato alla sola componente estetica.
Per me è un vero Artista colui che pratica l’Arte soprattutto come esercizio di Pensiero, con l’ausilio della specifica tecnica che ritiene più funzionale a dar corpo alla propria “Azione creativa”.
Quando dico Tecnica non intendo solo una di quelle presenti tra le classiche declinazioni delle Arti visive o di quelle Plastiche ma quella “necessaria” in funzione del messaggio che intende proporre.
Più volte su “Sculturaecultura” ho chiarito che per me l’Arte va intesa nella più estesa delle accezioni, cioè quella che prende origine dalla Poesia, la forma d’Arte più vicina al cuore e al Pensiero.
In questa ottica Olistica dell’Arte, considero Beuys tra i più vicini a questa concezione “globale”.
L’Arte prende forza e credibilità quando l’artista nella vita è passato attraverso eventi ed incontri estremamente segnanti, vale sicuramente per me ma ne ho letti nelle biografie di tanti Artisti oltre a quelli che ho incontrato nella mia vita.

joseph beuys divisa luftwaffe

Joseph beuys in divisa da aviatore della Luftwaffe

Nel caso di Beuys potremmo citare il suo “incontro” con le tribù Tartare, che lo raccolsero dopo l’abbattimento nei cieli della Crimea dell’aereo della Luftwaffe sul quale operava durante la seconda guerra mondiale.
Fu raccolto e curato con metodi ancestrali, dagli Sciamani della Tribù che lo accolse e questa esperienza, oltre ad avergli regalato un nuovo capitolo della sua esistenza, rappresentò un punto di svolta della sua vita.
Da allora prese coscienza della totale integrazione dell’Uomo con la natura alla quale appartiene, sviluppando quella Coscienza Ecologica che gli fu da ispirazione anche nella sua Arte.
Queste esperienze forti e talvolta tragiche, rappresentano l’ humus  a supporto dei contenuti e quei Valori che sono componenti essenziali di un “Processo Creativo“.

Josef Beuys e Handy Warhol

Joseph Beuys e Andy Warhol

Invece della solita foto, ho scelto un Video che documenta il suo incontro con Andy Warhol, perchè è emblematico della considerazione della quale Beuys godeva anche presso i grandi miti del “mondo artistico” del suo tempo.
Andy Warhol gli dedicò diversi lavori, in particolare quelli in sua memoria, nella sua classica rappresentazione Pop/Iconica, come aveva già fatto con Marylin Monroe e con tanti altri importanti icone del suo tempo.
Pur comprendendo bene che Beuys rappresentava la sua Antitesi, nelle idee politiche e nei contenuti artistici, Warhol ne era affascinato e ne aveva grande considerazione.

Beuys by andy warhol

Beuys by Andy Warhol "In Memory"

Io lo cito sempre nella sua frase più emblematica: “Ogni Uomo è un Artista“, frase che lui stesso ha ripetutamente  spiegato in varie occasioni, ma che tutt’ora continua a sollevare grandi discussioni.
Anche se proprio in questi giorni ricorre il centenario dalla sua nascita, Joseph Beuys (12 maggio 1921), non è questo il luogo nel quale approfondire la sua filosofia creativa, ma va chiaramente ricordato che, visto che le sue affermazioni gli sono sopravvissute, è evidente che la sua attività artistica, ha avuto un valore così rilevante che gli è valsa l’immortalità.
La “Scultura sociale” di Beuys, prendeva le mosse dalla forte convinzione che L’Arte potesse influenzare la Società, consolidandone i “Valori comuni”, cambiandola in meglio.
A testimonianza che sia ampiamente riuscito in questo suo nobile intento, ci sono tanti progetti, dei quali, quello che ritengo emblematico, è la sua famosa mega installazione “7000 Querce“.

7000 querce

7000 Querce di Joseph Beuys

7000 Querce” che gli è sopravvissuta e, anzi, ha avuto il suo pieno compimento dopo la sua morte.
Io sono stato a Kassel una diecina di anni dopo la sua morte e, proprio in quei giorni, si parlava proprio del fatto che era stata piantata l’ultima Quercia di quel grande “Polmone Verde” figlio della sua grande “Opera” , entrando a far parte del contesto sociale di quella città, proprio come lui aveva previsto.

7000 querce kassel

7000 Querce a kassel

La sua “7000 querce” veniva descritta come una “Scultura/Happening”, a quel tempo non avevamo coniato il concetto di “Arte Performativa” che dobbiamo particolarmente alle Opere e al successo di Marina Abramovic.
7000 querce“ fu messa in atto disponendo in maniera artistica 7000 monoliti di Basalto, che ogni donatore poteva “adottare”, e con il ricavato di ogni donazione, il singolo “Monolite” era associato ad una giovane Quercia, che poi sarebbe stata  piantata a Kassel, dando vita ad un grande “polmone verde” che sarebbe vissuto per secoli, dato che l’aspettativa di vita della Quercia è circa 500 anni, infatti spesso l’icona della Quercia è usata come simbolo stesso della vita.

Beuys a Kassel

Beuys a Kassel da il via a 7000 Querce

Beuys fu uno dei fondatori del Movimento dei Verdi in Germania, che portava avanti un programma fortemente ecologista, in seguito se ne dissociò indignato, perchè quel “Movimento”, diventando Partito, aveva trasformato quei moti sinceramente ecologisti, in delle basi ideologiche al servizio della conquista, di quel Potere che lui per tutta la sua vita aveva sempre orgogliosamente avversato.
L’azione di “7000 Querce“ venne attuata applicando un concetto molto simile a quello che attualmente chiamiamo “Crowdfunding“.
Molti artisti, anche con l’aiuto dei Social Network, lo stanno adottando ai giorni nostri.
Con il “Crowdfunding” in questo periodo poco edificante del mondo dell’Arte si sta cercando un surrogato alla funzione sociale dei Mecenati, che più che un finanziatore “tout court”, si poteva immaginare come un ponte culturale, tra l’Artista e la Società a lui contemporanea.
Come esempio di Crowdfunding sul quale appoggiare progetti artistici ai giorni nostri, il primo che mi viene in mente, è lo scultore italiano “Jago“.

Jago

Lo scultore italiano Jago

Jago“ ha messo in atto il Crowdfunding per sostenere diverse sue opere recenti, ma concependo l’azione non solo dal punto di vista economicistico, ma per ribadire la proprietà “Sociale” dell’ Opera d’Arte, che, cosa che in pochi pensano, è ribadita dalla creazione di musei pubblici.

Sozial Plastik

la "Soziale Plastik" di Beuys

Beuys fu veramente un antesignano in questa pratica, non solo per il sostegno economico ai propri progetti, ma soprattutto per ribadire la funzione sociale e sociologica del suo lavoro Artistico e dell’Arte in generale.
Istintivamente ogni Artista sa che la sua proposta deve superare le Convenzioni sociali, se non altro in funzione Maieutica, proprio perchè rappresenta una forma di Comunicazione alternativa che è sempre più importante, dal momento che, la Comunicazione “istituzionalizzata”, è sempre più infarcita di un certo conformismo peloso, “Politically Correct“.

C’è chi coltiva scientemente una certa capacità di Astrazione, una forma di Pensiero essenziale nel Processo Creativo, l’evoluzione di una Idea, in particolare di una vera Idea Artistica nasce quasi sempre da un anelito di Evoluzione.
Un Artista guarda lontano per definizione, nel senso più ampio e bello del termine, ma proprio per questo, talvolta può apparire come fosse disallineato dalla realtà.
Ma questo è il suo “mestiere”, non si può pensare ad un Artista come una entità scollegata dalla società del suo tempo anzi, spesso è proprio dalla volontà di andare oltre quella realtà, che animicamente è portato a rifiutare, che mette in atto attività creative che possano influire positivamente su quella realtà.

malati mentali manicomi

Vita di cosiddetti "matti" nei vecchi Manicomi

Per capire un Artista e la sua Arte, non si può prescindere dalla sua realtà storica, nella consapevolezza che è come se lui la vedesse da una diversa angolazione il punto di vista che propone nelle sue Opere.
Creare un’ Opera d’Arte è una sorta di distillazione dell’ Assoluto, nasce sempre con un piede nel suo tempo e l’altro nell’eternità.
Non è semplice per l’Artista riuscire a gestire l’immergersi in questa “Dimensione alternativa”, se non c’è un supporto di Coscienza e Conoscenza, riallinearsi con la realtà può diventare un problema.
Se l’Idea creativa non ha un forte radicamento Sociale e Storico, il suo può divenire quasi un viaggio senza ritorno.
Non sono rari i casi di Artisti che, hanno avuto brutte esperienze dalla “Necessità animica”  di scalzare le cattive convenzioni del proprio tempo.
Scontrarsi con le Convenzioni sociali, cercare di cambiarle, di denunciarne gli anacronismi, in tempi neanche troppo lontani, poteva valere l’Ostracismo sociale che, purtroppo, spesso prendeva la forma del Manicomio.

dino campana

il poeta Dino Campana

Alda Merini

Alda Merini

Sono tristemente noti i casi di Alda Merini o di Dino Campana, ne ho parlato in un mio precedente articolo su Sculturaecultura e di tanti altri purtroppo.
La moderna Neuropsicologia, è da tempo convenuta sul fatto che la creatività è fattore fondamentale del processo di Pensiero, quella particolare dinamica che caratterizza l’ “Homo Sapiens” in buona parte anche nei confronti dei suoi confratelli “Primati“.
La comprensione e la soluzione di problemi di qualunque genere, è frutto della sovrapposizione e dell’incrocio di più Livelli di Pensiero.

  • Il Pensiero Divergente: La capacità della Mente di produrre una serie di possibili soluzioni alternative a una dato problema (non fermarsi alla prima soluzione ma cercare quella migliore).
  • Il Pensiero Laterale: per il quale si intende una modalità di Problem Solving attraverso l’osservazione del problema da diverse angolazioni, al di là quindi della Logica Sequenziale.
  • E il Pensiero Creativo: quello che Einstein definiva “Il modo nel quale l’Intelligenza si diverte”, nei secoli la Creatività è sempre stata considerata una prerogativa divina, non a caso alla parola Dio si associa spesso il sinonimo di “Creatore“, dei livelli descritti, è quel livello che più di tutti ci rende ad immagine e somiglianza di Dio.

Dante Alighieri Il Sommo Poeta

Va da se che lo stadio creativo del Pensiero umano, è quello che lo qualifica a livello superiore, e che, guarda caso, un pò contiene anche gli altri “Layer”.
L’Opera d’Arte comunica in modo più diretto un determinato messaggio, perchè obbliga al fruitore l’abbandono della Logica Sequenziale, che ci obbligherebbe ad una lunga elaborazione prima di poter razionalizzarne la comprensione.
Questi livelli di Pensiero, sono gli strumenti che ci hanno accompagnato nella nostra Evoluzione, ecco perchè il Pensiero Creativo è assolutamente imprescindibile per l’Uomo e con esso la sua massima espressione l’Arte.
La Creatività è una opportunità a disposizione di chiunque, a patto che si ponga la briga di pensare.
“Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute a caunoscenza”, il nostro grande padre “Dante Alighieri” ancora una volta ci viene in aiuto in quella fucina poetica che è la “Divina commedia“, tra le allegorie poetiche si celano (Ma poi neanche tanto), messaggi fondamentali per ritrovare la strada giusta, la “Diritta via che era smarrita”.

Livelli di pensiero

Libertà di pensiero

In questa completa disponibilità di ogni uomo del libero Pensiero, Beuys inserisce quel “Ogni uomo è un artista”.
Ogni uomo comprende i messaggi dell’Arte, costitutivamente, come per un Leone è naturale mordere, per una Pecora brucare, ogni uomo può esercitare l’Arte, in quanto costituente la sua natura, viva nella sua “Struttura di Pensiero“.
La “Soziale Plastik” (la “Scultura Sociale”), è parte caratterizzante di questa concezione dell’Arte di Joseph Beuys, una visione così innovativa al suo tempo, da entrare in collisione con il “Pensiero unico” dei suoi contemporanei.
Capita spesso che l’Artista sia avversato nella sua contemporaneità, perchè se lavora bene è destabilizzante per gli “Stereotipi sociali“, specialmente nei confronti dei più consolidati.
Gli stereotipi sono tranquillizzanti, meno complessi da gestire rispetto ai “Livelli di Pensiero, è destabilizzante in senso assolutamente positivo.
Beuys fu professore alla Kunstakademie di Düsseldorf, una collocazione accademica, frutto anche delle sue benemerite attività Socio-culturali, ma che mal si confaceva alla sua natura rivoluzionaria.

bauhaus

il Bauhaus

La Kunstakademie di Düsseldorf, ai suoi tempi fu roccaforte dell’ Arte Informale, oltre che nucleo di una larga comunità di importanti Artisti di quel tempo (come ad esempio Gerhard Richter) oltre che sede  del Noto “Gruppo Fluxus“, una sorta di “Bauhaus” come quello diretto da Kandinsky o della “Scuola di Francoforte” di Adorno che riviveva dopo l’esperienza della guerra e soprattutto nella Germania del Post Olocausto.
La convinzione Parmenidea di  Joseph Beuys che in ogni Uomo possieda “In Nuce” la piena capacità di “Creare”, lo portò appunto ad enunciare quel “Ogni uomo è un artista”, e al conflitto con l’allora Direttore, che arrivò a licenziarlo per la sua propensione ad accettare alle selezioni dell’Accademia, a suo dire studenti tecnicamente poco dotati.
Beuys sosteneva giustamente che fosse necessario accettare questi in particolare, che pur avendo grandi  attitudini creative, erano quelli maggiormente bisognosi di imparare.
Una logica assolutamente corretta visto che la concretizzazione di un’ Opera d’Arte, è più un fatto di Pensiero che di Tecnica, ben conoscendo l’iter del Processo Creativo.
Sapeva bene Beuys che la tecnica è un fattore secondario, a maggior ragione se coltivata ossessivamente come si attua in molte strutture accademiche.
Nessun pittore può riprodurre il colore del tramonto, per quanto egli possa cercare il massimo dell’iperrealismo, chiunque troverà una incoerenza del colore, dei riflessi, dell’atmosfera.
Quella che proviamo di fronte al mare è essenzialmente una forte emozione ancestrale, in un dipinto avremo sempre una similitudine, un falso, abbiamo più emozioni davanti all’astratto, perchè quello solo di emozioni è fatto.
Il cosiddetto astratto non sarà mai un un falso, quelle forme e quei colori non sono mai una forma già esistente,  quindi é un allargamento della realtà, la sua propria realtà.
L’Arte è sempre Verità, ma questo è tutto un altro Articolo.

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Arte e Coronavirus

Posted in Estetica e Bellezza, Filosofia dell'arte, Il "Valore" dell'Arte on novembre 14th, 2020 by Francesco

di Francesco Campoli

In questo difficile momento in presenza della sussistente Pandemia, siamo tutti presi a difenderci dall’attacco del “Coronavirus“, non potevo non approfittare dell’intento introspettivo da molti dichiarato – spesso in forma assolutamente retorica – per scrivere finalmente un nuovo articolo su “Sculturaecultura“.
Questo evento da tutti percepito come epocale, e senz’altro lo è, però sembra avere effetti tra i più disparati (talvolta, purtroppo anche disperanti), a seconda della personale struttura emotiva.
Questo concetto piuttosto complesso, ai più è praticamente sconosciuto almeno nella sua accezione più tecnica, per noi gli operatori del mondo dell’Arte, è un concetto estremamente importante.
Tutto dipende dal “Valore” che si da all’Arte, come ormai tutti saprete, da sempre cerco di mettere in guardia dal leggere l’Arte solo nella sua dimensione estetica, personalmente all’Arte, attribuisco sempre una grande valenza Spirituale come tra l’altro era per Kandinskj e prima ancora di Goethe.

Lo spirituale nell,arte vasilij kandinskij

Lo spirituale nell'arte Vasilij Kandinskij

Per inquadrare meglio il microrganismo che in questi mesi si impone prepotentemente alle cronache, va detto che “Virus” in Latino significa “Veleno“.
Questo termine illustra fin troppo bene l’effetto di questi microrganismi sugli esseri che colpisce, per fortuna non sempre ci dobbiamo riferire a Virus letali, comunque, certamente questo genere di infezioni non sono mai una iniezione di salute e benessere.
Il vero nodo della situazione particolare che stiamo vivendo, sono le azioni che siamo costretti a mettere in atto per difenderci, perchè interagiscono moltissimo con la nostra psiche, con il nostro “Stato emozionale“.
Le specifiche percezioni sono assolutamente personali e ovviamente proporzionali alla nostra dimestichezza con le questioni filosofico/esistenziali.
Non bisogna essere certo dei luminari delle “Neuroscienze” per capire che, in casi come questi, avviene una sorta di “Rebound” emozionale.

neuroscienze

Le neuroscienze

All’inizio si vive una sorta di disorientamento, di immobilismo, come è stato evidente nel periodo di stretto “Lockdown” che abbiamo recentemente vissuto, scambiato da Analisti superficiali, come una straripante “Coscienza sociale” finalmente riconquistata dal Popolo italiano.
Questa valutazione cozza duramente con le manifestazioni vicine all’insubordinazione (talvolta con forti accenni di Insurrezione), ai quali invece abbiamo assistito soprattutto negli ultimi giorni, nell rischio incombente di un nuovo periodo di clausura generalizzata.
In realtà quella stasi sociale che appariva quasi prona, nascondeva invece un rifiuto della realtà oggettiva, in questi casi, come è noto, la mente reagisce appunto con un rimbalzo emotivo, sia nel singolo che a livello di “Organismo sociale” (vicino a quello concepito da Marx e Engel).
Al di la del concetto “Funzionalista“, sia nell’accezione sociologica che in quella antropologica, che inteso come mera allegoria è piuttosto intuitivo, al contrario è una teoria sociologica piuttosto complessa, ma non essendo questa una sede accademica di trattazione della scienza sociale, ci possiamo accontentare di comprendere semplicemente le dinamiche utili a comprendere meglio la nostra condizione animico-emozionale.

Curva Stress

La reazione all’evento stressante ha solo due possibili polarità: Una reazione a carattere positivo, ricca di stimoli creativi, di reazioni serene, felici, talvolta addirittura euforiche, oppure, al contrario, possono emergere reazioni negative, come nella Sindrome da Stress post-traumatico, infelicità, mestizia, tristezza e purtroppo, in casi estremi, anche manifestazioni conclamate di “Depressione“.
In situazioni eccezionalmente critiche, come può essere un Attacco Virale Globale, l’Essere umano è naturalmente portato ad interrogarsi sui perché, magari non sempre lo fa in modo totalmente lucido, ma è un comportamento “naturale”, oserei dire una “Caratteristica evolutiva“, un modo per cercare di acquisire strumenti utili all’Evoluzione della specie e in particolare alla sua conservazione.
Ed è proprio la disponibilità di “Strumenti” di comprensione, che determina la direzione del “Rebound emozionale” sopra descritto, che è evidentemente funzione delle conoscenze specifiche e limiti culturali o funzionali sussistenti, reagire ad una sollecitazione emozionale così invasiva non è cosa semplice, soprattutto perché facilmente sfugge all’elaborazione razionale e soprattutto perchè non esiste possibilità di un “Problem Solving” individuale.
Non avendo particolari chances di mettere in atto delle efficaci contromisure personali, sarebbe d’aiuto un cosiddetto “Compito di realtà“, ma al di fuori di un mero esercizio teorico, mancano i presupposti sociologici per poterlo progettare, essendo di fronte ad un evento praticamente sconosciuto dovendo risalire alla “Spagnola” del 1918 per trovare un evento paragonabile a livello emozionale.

Coronavirus

Coronavirus

Ragionare per “Convenzioni” più che una semplificazione, di fatto, è sempre un “ossimoro“, è certamente più chiarificante ragionare sul valore reale delle parole, ed è sempre una opportunità preziosa per guardare le cose da un diverso punto di vista.

Affrontare un problema da diverse ottiche, serve sempre a comprendere meglio i termini di un problema.
Un Attacco Virale Globale è convenzionalmente chiamato “Pandemia” quando il contagio (ascrivibile ad un medesimo “agente patogeno“), è allargato a tutto il Pianeta.
Al contrario la parola “Epidemia“, erroneamente usata per indicare una infezione circoscritta ad una specifica area geografica, in realtà, etimologicamente deriva da ἐπιδήμιος «che è nel popolo», composta da “ἐπί” (Epì) «sopra» e “δῆμος” (Demos) «popolo»), quindi significa “Sopra al Popolo”, di conseguenza, “semanticamente” riferibile ad un gruppo di persone e non ad un’area “geografica”.

pandemia

Pandemia

Pandemia invece è derivante dal greco πανδήμιος (Pandemos), composta da παν, (Pan) “Tutto” e δῆμος (Demos), di conseguenza significa “Tutto il Popolo”, quindi contrariamente a ciò che normalmente si tende a credere, non ha una connotazione “geografica” ma è riferita all’Uomo in quanto Essere umano, Ente universale non limitato da Convenzioni geografiche, cioè quelle che abitualmente definiamo “Confini“.

Confine convenzionale

Questa lunga premessa è importante per poi riportare il ragionamento nel giusto alveo, cioè quelle utile alle tematiche artistiche proprie di questo “Blog“.

Ciò che riguarda profondamente l’Uomo nella sua essenza, sicuramente può essere letto anche dal punto di vista “spirituale“, da non confondere assolutamente con quello “Religioso“.
Parlando di Religione si entrerebbe tra i soliti, rispettivi distinguo di carattere “Teologico“, per non dire anche di quelli “Liturgici” delle specifiche confessioni.
Questo non è affatto nelle mie intenzioni, anche se, come è ormai noto, le “Religioni comparate” sono uno degli elementi caratterizzanti della mia “Poetica” e del mio “Processo creativo“.

Teologia di Raffaello Sanzio

La Teologia di Raffaello Sanzio

Molto spesso in questi miei articoli ho dichiarato di comprendere l’Arte nella “Sfera spirituale“,  ma non voglio concentrare il discorso esclusivamente nell’ambito della “Trascendenza“, e pur senza per questo ritenermi un “relativista“, penso che questo sia un modo sociologicamente accettabile per guardare agli accadimenti della nostra Storia.

popoli migranti

Popoli migranti al confine Turco

Ogni evento catastrofico può essere letto in una chiave alternativa, semiologica, simbolica.

Un’epidemia virale che di fatto sconvolgerà il sistema Economico/Sanitario al quale eravamo abituati, è lo “Stereotipo” perfetto di un evento che è naturale interpretare in senso “Millenaristico“.
L’evento Coronavirus ha messo in evidenza la fragilità dell’attuale Sistema Economico approccio economico strettamente utilitaristico ed economicistico, volendo potremmo pensarlo come un evento da leggere addirittura in senso “escatologico“.
Ogni giorno in tutti i telegiornali, in tutti i “Talk show“, oltre al vaticinio di un “Sistema economico” sull’orlo del collasso, che, a Pandemia finita, non sarebbe affatto in grado di ritornare allo stato pre-Covid, lo fa apparire in tutta la sua inconsistenza.
Riflettendoci fuori dai condizionamenti emozionali, in realtà parliamo di pochi mesi di lotta contro il Virus, ma secondo i grandi Soloni internazionali dell’Economia, rischiamo di essere trascinati in un gorgo recessivo dissecante.
Non voglio qui analizzare tutte le dinamiche scandalose di questo tipo di  Struttura organizzativa strettamente “Materialista”, ma non posso non ricordare che, con il crollo del Sistema economico crollerebbe anche il “Sistema sociale” Ente al quale si da sempre minima importanza ma che in realtà è quello che concretizza il “Patto sociale“.
Le funzioni nell’ organizzazione sociale sono strettamente connesse, anche perchè le attività sociali in genere, necessariamente attingono alle risorse economiche generali, (questo avviene particolarmente per quelle dedicate al sociale) derivanti dalle varie classi di tassazione.
Un Sistema economico come quello nel quale viviamo, basato ormai sulla massimizzazione dei tornaconti personali e al mantenimento di privilegi acquisiti, anche a discapito del prossimo, alla fine non può che disgregarsi.
Il collegamento diretto dell’Arte con il “Sociale“, risiede in particolare in quella funzione che sempre più viene riconosciuta all’Artista: La stigmatizzazione delle dinamiche del suo tempo e soprattutto la ” Denuncia”.
Ci sono correnti artistiche che fanno della “Denuncia Sociale” la loro stessa ragione di vita, come ad esempio il fenomeno della “Street Art”, che vede in “Bansky“, uno dei suoi esponenti più famosi,

Balloon girl Banksy

e “Lucamaleonte” uno dei massimi rappresentanti di questa corrente in Italia, molto conosciuto anche nel mondo.

Omaggio a Gigi Proietti

Lucamaleonte omaggio a Proietti

Non è nel tema di questo articolo, ma in realtà quella della Denuncia Sociale non è esclusivo appannaggio delle correnti contemporanee, magari in forma meno totalizzante, anche diversi artisti del passato si sono sentiti chiamati a richiamare l’attenzione pubblica, come ad esempio Giuseppe Pellizza da Volpedo (famoso il sue “Quarto Stato”),

Quarto Stato Giuseppe Pellizza da Volpedo

"Quarto Stato" di Giuseppe Pellizza da Volpedo

o  “Renato Guttuso” che fu anche Senatore della Repubblica o posso chiamare in causa “Aligi Sassu” che sentiva particolarmente questa tematica e, non solo perchè mi onora della sua amicizia, mi fa piacere citare  “Caio Gracco” (in quanto contemporaneo (con qualche anno in più di Bansky), per le sue iniziative di denuncia delle incongruenze sociali del nostro tempo, come la sua “Così ci vogliono“.

Caio Gracco così ci vogliono

"Così ci vogliono" Caio Gracco

Personalmente ho cercato di dare il mio contributo con una proposta “alternativa”, come quella di “Social Threefolding” un sistema economico e di organizzazione sociale, proposto da “Rudolf  Steiner“  sistema sul quale ho cercato di porre l’accento con questa scultura presentata in una mostra diversi anni fà.

"Social Threefolding" Francesco Campoli

Questa mia indicazione/provocazione, non vuole proporre il Sistema di Steiner come alternativa nello specifico, ma per far capire che esistono delle alternative, anche a prescindere dai Sistemi Social-comunisti che purtroppo abbiamo conosciuto in tutte le loro controindicazioni.

Nelle realtà che hanno concretizzato l’ideale Marxista, addirittura si è arrivati a prevaricare le libertà dell’individuo a favore dell’Idea, cosa che tra l’altro non era nelle indicazioni del filosofo tedesco.

Karl Marx

Karl Marx

Principalmente mi interessava una organizzazione sociale fondata anche sull’aspetto animico dell’Essere umano, nel “Fil Rouge” della mia visione artistica.

Das Kapital Marx

Das Kapital Marx

La Società prefigurata da Steiner e da lui ampiamente articolata in diverse Conferenze pubbliche (anche tra gli operai di grandi fabbriche della Germania del suo tempo), metteva in primo piano il rapporto spirituale tra l’Essere umano e la Società in particolare nella relazione con gli altri Esseri Umani, in particolare nell’ottica dell’evoluzione delle rispettive Anime e nello “Spirito” dei popoli.

Personalmente, questo è un punto di vista che tengo in gran conto, tanto è vero che spesso, molti dei miei lavori cercano di alzare l’attenzione sulla “Vexata questio”.
L’inconsapevolezza del valore animico dell’individuo, delle sue appartenenze culturali e soprattutto della sua interazione con la Struttura sociale, sono all’origine di un altro esecrabile fenomeno, universalmente definito “Il Razzismo”.
In verità non è la cosiddetta “Razza” a scatenare quelle che sono le nefandezze che tutti ben conosciamo, ma appunto le dinamiche sociali e antropologiche che ho messo in evidenza.
Ad esempio ho affrontato questo tema nella mia scultura “Racial divide” e in quelle della sua serie, come memento di un problema trascurato ma soprattutto no compreso nelle sue reali dinamiche.

Racial divide Francesco Campoli

"Racial divide" Francesco Campoli

Rudolf Steiner

Rudolf Steiner

Secondo il mio modo di vedere, non è così sbagliato definire “Diabolico” il sistema capitalistico attualmente “vigente”, anche se forse quello che vediamo non è realmente il Capitalismo prefigurato da Adam Smith.

A dire il vero il termine “Capitalismo” fu coniato dal Karl Marx, nel suo celeberrimo saggio “Il Capitale“, il testo madre al quale si rifanno le ideologie di origine marxista.

Adam Smith

Adam Smith

Adam Smith non era un economista come si potrebbe pensare, ai suoi tempi (1790) l’economia no era una disciplina accademica, come la conosciamo oggi, ma era un Filosofo come Marx del resto.
La parvenza di scientificità che danno all’Economia le istituzioni Universitarie, in realtà è smentita dalle molteplici specializzazioni, master e dottorati che poi propongono.
Le stesse distinzioni che vanno per la maggiore, il “Liberismo“, contrapposto all’approccio economico Keinesiano,  fondato sulle teorie dell’economista inglese John Maynard Keynes (1933), se approfondite, mostrano una filosofia di fondo talmente diversa, da apparire concetti assolutamente avulsi tra loro.

Resta fermo il concetto che desideravo evidenziare e cioè, che la Filosofia, come avviene in ogni altro contesto è quella che da la stura per comprendere le attività Umane.
Dalla filosofia non si può prescindere in ogni disciplina, esiste sempre una possibile analisi filosofica, se non addirittura una specifica teoria, ovviamente questo vale anche nel campo dell’Arte.

Benedetto Croce e l'Estetica dell'Arte

Come più volte ho scritto in vari articoli, non è un caso che in Italia continui a sussistere l’equivoco “Arte sinonimo di bello“, che limitano l’evoluzione dell’Arte contemporanea e financo dell’Arte Moderna, purtroppo la “Tesi filosofica” di Benedetto Croce, è uno dei fondamenti delle analisi dei nostri Storici dell’Arte, tra l’altro, senza che siano elaborate le opportune “Antitesi” e peggio ancora nessuno neanche azzarda una “Sintesi” .

John Maynard Keynes

John Maynard Keynes (1933)

Il sistema economico attuale, ormai praticamente “Pensiero Unico globalizzato“, ha generato diffidenza, mancanza di rispetto delle regole di convivenza civile, prevaricazione sul prossimo il tutto giustificato da una competitività estremizzata che giustificherebbe ogni mezzo che porti ad acquisire posizioni di vantaggio,
La cosa si nota particolarmente nel modo di comportarsi negli “spazi sociali”, (Condomini, Supermercati, Mezzi pubblici, Ospedali, Amministrazioni Pubbliche, Luoghi di Lavoro, ecc.) che  vorrei far sommessamente notare, “Casualmente”, questi spazi sono il teatro principale della guerra al Covid 19.

Su certe cose non uso parlarne neanche tra gli addetti ai lavori, ma mi richiamerei all’utilizzo rituale dei simboli messo in atto recentemente anche da Sua Santità Papa Francesco, che in una piazza San Pietro spettralmente deserta, sotto una poco rassicurante tempesta di pioggia e vento, ha praticato pratcamente un rituale esorcistico, benedicendo Urbi et Orbi con un grande ostensorio con all’interno il “Corpus Christi” alla presenza di un Crocifisso, che già era stato protagonista in situazioni molto simili del remoto passato e della sacra Icona Della Vergine “Salus Populi Romani” per l’occasione traslata dalla basilica di Santa Maria Maggiore, da dove normalmente vigila sulla salute del popolo romano.

Bergoglio Urbi et Orbi contro il Coronavirus

Urbi et Orbi contro Il Coronavirus

Simboli Religioni

Simboli di varie Religioni

L’Arte è una disciplina che fa ampio uso di simboli (come tra l’altro quasi tutte le manifestazioni legate alla spiritualità).

Chi non è avvezzo alle dinamiche della Creazione Artistica, a primo acchito potrebbe non avere contezza di questa realtà, purtroppo quello che è assolutamente più nefasto, è che questa “distrazione”, spesso accade anche a molti attori del mondo artistico.
l’Arte è espressione simbolica della “realtà“, anche quando apparentemente cerca vie espressive nella rappresentazione figurativa, come ampiamente dimostra la Storia dell’Arte.
In un mio “precedente articolo” su “Sculturaecultura“, ho parlato largamente della potenza dei simboli e ancor più chiaramente della scelta dell’Artista di rappresentare simbolicamente situazioni e sensazioni.
L’uso dei simboli non è per mantenere un approccio “Esoterico“, segreto, ma più semplicemente per costringere l’interlocutore a pensare, a sforzarsi di comprendere.
L’Artista è colui che vive in nome e per conto della comunità esperienze, che sarebbero magari troppo forti in forma Essoterica, non alla portata emotiva di tutti.
Spesso ho definito l’artista uno  “Sciamano“, semplicemente perchè può rappresentare una “Via”, se necessario espressa in forma simbolica, l’Arte come stimolo alla consapevolezza.
Proseguendo con il parallelismo con lo sciamanesimo, ho scritto che l’opera d’Arte è più o meno come un “Feticcio”, ovviamente parlo di una vicinanza di carattere propiziatorio, esteticamente le due cose hanno veramente poco in comune, ma non è così per quanto riguarda l’azione “apotropaica“, l’accostamento non deve far sorridere.
Più che bellezza, l’opera d’Arte crea una potente aura di positività, ed è anche per quello che spesso ci sono opere d’Arte a guardia di importanti piazze, di luoghi Santi o spesso di porti, anch’essi “porte” da e verso l’ignoto, da sempre accostato al mare.

Colosso di Rodi (Barclay)

Colosso di Rodi (Barclay)

La Statua della Libertà può rappresentare un esempio, come lo era al suo tempo il “Colosso di Rodi”, guarda caso eretto da un popolo come gli antichi Greci, una popolazione anch’essa a forte connotazione sciamanica.
Altra annotazione che a mio avviso vale la pena di fare, è che probabilmente è anche per questo nella antica Ellade presero corpo altre forme d’Arte estremamente importanti, assimilabili a rituali “Catartici” come la “Tragedia Greca“, veri e propri rituali collettivi a sfondo sciamanico, che da questa forma di attività collettiva prendevano la loro ragion d’essere.
L’analisi in effetti potrebbe essere assolutamente ampliata, finora abbiamo fatto riferimento a quelle che nel Medio evo erano definite ”Arti Liberali“, tutte quelle Arti che danno per risultato un oggetto fisico, che si possono immaginare come una “condensazione” delle Emozioni, ma molte altre forme d’Arte (come ad esempio la Poesia, la Musica, la Danza), sono frutto di happening momentanei, opere immateriali nate per rilasciare all’istante quell’Aura positiva della quale accennavo sopra.
Queste attività non vanno pensate come “Opere disperse”, semplicemente perchè come ormai è ampiamente dimostrato, non solo da Albert Einstein.

Molto chiaro anche il TED nelquale lo spiega il professor Carlo Rovelli un fisico italiano di fama mondiale.

il tempo non esiste Carlo Rovelli

"Il tempo non esiste" Prof Carlo Rovelli

\”Il tempo non esiste\” Carlo Rovelli

questa affermazione è molto importante per il collegamento che ha nella definizione di Arte per tutte le sue manifestazioni in forma immateriale, ma lo ha comunque anche per quelle a carattere materiale.
E’ un tema estremamente interessante, ma come dico sempre:
“Questo è tutto un altro Articolo”

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Arte e Retorica

Posted in Filosofia dell'arte on luglio 24th, 2018 by Francesco

Di Francesco Campoli,

Tutti i frequentatori di “Sculturaecultura“, ormai, conoscono il  filo rosso che lega il mio “Blog”, alla mia personale ricerca artistica, anzi, probabilmente lo potrei descrivere proprio come la sua formale redazione.
Per cercare di comprenderne il successo, ho riflettuto spesso sulle possibili ragioni, sono giunto alla conclusione che, forse, è proprio questo esperimento socio – culturale la ragione dell’apprezzamento del pubblico e di molti addetti ai lavori, come se si fosse tutti in un “reality”, sulla nascita di un’opera d’arte, un reality, però, stavolta, pieno di contenuti e di alti obiettivi.
Credo sia inutile mostrare le statistiche fornite dal provider – come invece ho fatto in altri articoli precedenti – ma posso confermare che, il trend di 1.000 nuovi visitatori al mese, si manifesta addirittura in crescita, di questo non posso che ringraziare, onorato per l’apprezzamento.
Non vorrei enfatizzare troppo questo mio impegno, però mi piace ribadire che ritengo estremamente  importante che, un artista eserciti per primo estrema chiarezza sul suo lavoro.
Lo deve fare in ossequio ai suoi collezionisti, e nei confronti della Società, alla quale cerca di offrire il suo contributo altrimenti, lascia la porta aperta ad esegesi fin troppo libere, da parte di critici prezzolati e interessati a tutto, forché agli sforzi di chi, l’Arte la fa veramente.

Solisti di Perugia

Concerto Sinfonico

Non starò qui a ribadire che, purtroppo, questo, è reso sempre più necessario, in ragione della decadenza delle  attività,  tradizionalmente deputate all’incontro tra il lavoro di un artista e il pubblico, come le mostre, le fiere, i concerti, le pièce teatrali, i balletti, gli happening di Poesia, ecc.
L’approccio superficiale, che la società contemporanea e i media, hanno nei confronti dell’Arte, è tutt’altro che illuminista e men che meno “illuminato”.
Le aziende, sempre più in crisi e sempre più piccole e prive di risorse, non tengono più fede al loro tradizionale ruolo di Mecenati, mentre le istituzioni, sono sempre pronte a ribadire la scarsa valenza economica del mondo dell’Arte, commettendo un errore sociologicamente madornale.
Quella che può sembrare la solita rivendicazione di un artista che cerca di valorizzare il proprio lavoro, vuole essere invece un momento di forte denuncia.
Ho la speranza che, almeno chi frequenta questo Blog (e per fortuna sono tanti), apra gli occhi e prenda coscienza  di una triste e pericolosa evenienza che si sta verificando nel nostro Paese.
Sembrerebbe che io stia usando un tono decisamente allarmista, ma questo è legato all’enorme valore che personalmente attribuisco all’Arte e alla sua funzione.
L’Arte è sempre stata una attività fondamentale nell’evoluzione dell’Uomo, anche in senso antropologico – come ho avuto modo di chiarire ampiamente in un articolo precedente – ma è ancor più fondamentale, perchè è testimonianza della storia emozionale dell’Essere umano.

Arti Visuali

Arti Visuali

Come è ormai noto, non mi riferisco mai alle sole “Arti visuali“, ma a tutte le Arti conosciute e a quelle che probabilmente ancora dobbiamo canonizzare o addirittura inventare, perchè  nulla vieta di pensare che, prima o poi, non troveremo qualche nuovo modo, di evocare emozioni e raccontare paure e moti dell’anima, personali o collettivi che siano.
Non è così aleatorio come potrebbe apparire, ad esempio, basti prendere atto che, il Cinema viene chiamato “settima arte“, segno che, prima, ne ‘erano considerate solo 6, poi ne venne accettata una settima.
In realtà la lista delle Arti, originariamente includeva anche la Retorica, considerata allora come la “settima Arte“, ed ecco che si comincia a delineare meglio la ragione del titolo di questo articolo, comunque consiglio a tutti coloro che volessero approfondire meglio, di seguire “Questo Link“.

Ricapitolando, della cronologia degli eventi si occupa la Storia, la storia dell’ArteLa musa Clio sul carro della storiainvece, non è altro che lo studio dell’Arte in relazione al trascorrere del tempo, considerata anche la variazione di sensibilità culturale connessa col passaggio del tempo.
La “Vera” Arte però, è lo specchio delle emozioni più profonde nell’animo umano, ecco perchè, l’Arte non può essere solo sinonimo di Estetica, di “Bello”, come molto spesso si sente affermare.
Sono il primo ad essere cosciente che, ho dovuto aggiungere l’aggettivo “Vera”, alla parola Arte, ma purtroppo esiste un discrimine, tra le attività che non sono Arte, ma che erroneamente  (spesso per superficialità e/o ignoranza), vengono considerate tali.
Questo articolo, forse un po’ anomalo per questo Blog, che, di norma, nasce per essere una sorta di racconto della mia personale catarsi, fare il racconto dell’affanno di un artista che vive ogni giorno la sua professione.
Spero che ormai sia chiaro che, sono un artista che cerca di dare un contributo – piccolo o grande che sia -alla società, all’Essere umano, non cerco di creare begli oggetti, un compito che portano avanti con grande successo i “Designer”.
Con il mio lavoro, cerco di accendere nel pubblico, nei miei collezionisti, quella scintilla di ragione, che aggiunta a quel soffio di universo, dimostri che siamo potenzialmente fatti ad immagine e somiglianza di Dio.
Stavolta vorrei mettere l’accento su una cosa che ritengo estremamente importante, e cioè la comunicazione che spesso viene costruita attorno all’Arte.
Ritengo sia molto grave influenzare negativamente la percezione dell’Arte, perchè l’Arte è l’anima di un popolo, che in essa conserva la propria identità emotiva.

Rudolf Steiner

Rudolf Steiner

Ripeto perchè non vi siano equivoci, non parlo dell’identità antropologica di un popolo, per quello ci sono già i politici che ci puntano sempre di più, ma parlo dell’anima di un popolo, quella componente spirituale comune, così come la tratteggiava Rudolf Steiner, una cosa molto più delicata e importante.
In altri casi, come ad esempio i diritti umani, quelli degli animali, le dinamiche socio-politiche di attualità, sui social-media, si scuotono fortemente le coscienze, spero che questa mia riflessione, sia utile a far nascere almeno una meditazione, perchè questo è uno degli obiettivi più importanti per un artista.
Il concetto di Retorica, in realtà è ben più ampio di quello che immaginiamo a primo impatto, l’Arte di convincere attraverso la parola – che in realtà nasce ad Atene con i Sofisti, nella seconda metà del V secolo A.C. – ed è da considerare un’Arte, proprio per la ragione che ho esposto sopra.
Attraverso gli “Artifici retorici” maneggiati con sapienza, si possono generare o richiamare emozioni estremamente profonde, così basiche da riuscire ad indurre stati d’animo estremamente intimi, positivi o negativi, che talvolta possono essere anche  estremamente negativi.
Nella storia, purtroppo esistono esempi assolutamente tristi e sconcertanti e posso utilizzare il peggiore degli esempi, con il quale è sempre difficile misurarsi, ma forse il più emblematico nei secoli recenti: il Nazismo, o “Nazionalsocialismo” che dir si voglia.

Il Nazionalsocialismo

Il Nazionalsocialismo

La cosa tristemente interessante ed estremamente inquietante, di questa tragedia dell’identità umana, è proprio che originò da un lavoro di comunicazione così organico, articolato e strutturato, che, personalmente, a ripensarci mi lascia ancora stupefatto.
Chi conosce la mia lunga e complicata storia professionale, sa che la mia vita passata (Come la chiamo io), mi ha visto parte attiva in moltissime campagne di comunicazione, nel decennio nel quale ho lavorato come Marketing Manager e Profiler, in una Agenzia Pubblicitaria.
Non è la forza di persuasione della comunicazione che mi stupisce, ovviamente la conosco bene, ma è il livello di influenza che il Nazionalsocialismo è riuscito ad ottenere.
Trasformare quello che all’epoca, era da considerare il Popolo culturalmente più evoluto, praticamente in ogni settore della società, nel popolo che ha compiuto, quasi ciecamente, alcune delle più inconcepibili efferatezze che memoria dell’Uomo ricordi, è realmente una cosa sulla quale interrogarsi profondamente.
Bisogna interrogarsi anche guardando in se stessi con sospetto e soprattutto con moltissimo spirito critico.
Personalmente mi sono sempre posto domande pressanti su questo periodo buio per l’umanità, sui perchè, ma anche soprattutto sul come, questione non trascurabile, non solo per spiegare il titolo dell’articolo, ma per cercare di capire questo incredibile fenomeno.
Per spiegare meglio, mi viene in aiuto proprio una sorta di sillogismo: “Se la Retorica può essere Arte, allora l’Arte può essere Retorica”.
Capisco che filosoficamente questa può sembrare una Speculazione fin troppo spericolata, ma “il fine giustifica i mezzi” come avrebbe detto il principe di Machiavelli.

Il Principe di Machiavelli

Il Principe di Machiavelli

In realtà, l’Arte della parola, quella alla quale sarebbe più giusto riferirsi in ambito artistico, in effetti sarebbe l’Oratoria.
L’oratoria  non ha l’obiettivo  esclusivo di convincere un uditorio, ma è strumento (Organon Aristotelico), da impiegare insieme ad altri, (la Logica, la Linguistica, la Grammatica, la Filosofia, i Sillogismi ecc.), per instaurare con l’uditorio un rapporto essenzialmente estetico.
Quante volte abbiamo sentito dire, “come parla bene”, magari rivolto  ad un politico, ma come ho accennato sopra e tantissime altre volte, non è l’Estetica l’obiettivo dell’Arte, al limite è il contrario, l’Estetica, per  come la concepì Alexander Gottlieb Baumgarten, è una branca della filosofia che come scopo primario, ha l’obiettivo di decrittare l’Arte.
Non bisogna dimenticare che questo blog, nasce proprio attorno all’interrogativo per me fondamentale: Cos’è l’Arte? e a mio modo di vedere, ogni strumento, anche se patentemente  speculativo, può essere utile a capire.
La Retorica, che utilizza la parola con un obiettivo, e che può essere intesa anch’essa come una forma d’Arte, di conseguenza, è estremamente utile cercare i punti di contatto.
Il riflettore che ho voluto puntare sulla parola “Retorica”, vuol’essere principalmente un modo per mettere in risalto la potenza comunicativa insita nell’Arte.
La creazione dell’Arte, in modalità Retorica, subliminale, può essere una forma di comunicazione subdola, nascosta e per questo estremamente potente.
Non voglio entrare in un discorso psicologico troppo tecnico, ma è proprio in questo che Arte e Retorica quasi si toccano.

Comunicazione Subliminale

Comunicazione Subliminale

Subliminale, etimologicamente origina da “Sub” cioè “Sotto” e “Limen” cioè “Limite”, un’azione comunicativa che poggia su quelle sensazioni sotto il livello della coscienza, troppo deboli per essere riconosciute scientemente, ma che proprio in virtù di ciò possono indurre messaggi di estrema potenza, che raggiungendo direttamente il sistema limbico, non sono gestibili dal nostro “Io” conscio.
L’Io conscio ha vari nomi, a seconda della disciplina che entra in tema, ma in pratica, è costituito semplicemente da tutto quello che ci costruiamo a livello cognitivo attraverso cultura ed esperienza, che a qui tempi non mancava certo al popolo tedesco.
Non è il caso qui di affrontare gli studi su Hegel di Theodor Adorno, uno dei massimi esponenti e coordinatore della celeberrima “Scuola di Francoforte” – istituto che io cito spesso, perchè la considero la culla della cultura sociologica del tempo.

Theodor Adorno

Theodor Adorno

La scuola di Francoforte, fu importante anche perchè tra i tanti, aveva l’obiettivo di precorrere e preparare i tempi moderni, in ottica sociale ma anche evolutiva.
Adorno, dopo gli orrori della guerra, riprese in mano la “Scuola”, decimata nei componenti, dagli orrori della Shoah, e, ovviamente ebbe il problema di rivedere gli elaborati del Board (che oggi chiameremmo comitato scientifico), tutta gente che anche ora rappresenta un faro della cultura moderna.
Oltre al già citato Adorno. parliamo di Leo Löwenthal, Franz Neumann, Franz Oppenheimer, Eric Fromm, Herbert Marcuse, Walter Benjamin, Max Horkheimer, Friedrich Pollock e Jurgen Habermas (l’erede più significativo della scuola).
Dopo un grosso lavoro di riordino e revisione dei contenuti, Adorno disse una frase rimasta famosa, sicuramente durissima, ma che è giusto che riecheggi quasi ossessivamente, anche ai giorni nostri: “dopo Auschwitz, ogni filosofia idealistica che giustifichi la realtà, non ha più senso”.
Ho avuto molte occasioni per sottoporre quesiti diretti sul Nazionalsocialismo a studiosi tedeschi, a religiosi, sia cattolici che protestanti, ma anche a comuni cittadini, e devo dire che tutti sono accomunati dal medesimo riserbo.
L’ho sempre trovato un atteggiamento controverso, talvolta appare quasi come una latente vergogna, altre volte l’ho percepita quasi come una sorta di stizzita omertà, comunque, di certo non ho mai percepito indifferenza.
La cosa più strana, è che tutto questo, avviene ancora più di ottant’anni dopo, evidentemente, l’argomento è stato oggetto di una faticosa catarsi generale nell’opinione pubblica teutonica, magari indotta dalle autorità federali, ma non ancora del tutto elaborata.
Come ho già detto, sui motivi non voglio entrare (anche perchè non sarebbe questa la sede più adatta), ma i modi, invece sono estremamente calzanti per il contesto.
Tutti purtroppo sanno che, l’attore principale del Nazionalsocialismo, era Adolf Hitler, come leader del Partito nazionalsocialista dei lavoratori, maggiormente e tristemente noto come Partito Nazista, che al di la dei futuri sviluppi dittatoriali, in realtà passò attraverso regolari elezioni, nel 1933.
Nella neonata Repubblica di Waimar, generatasi sulle ceneri dell’impero, dopo la disfatta nella prima guerra mondiale, furono indette le elezioni esattamente il 5 marzo 1933 alle quali il partito Nazionalsocialista stravinse.

Elezioni Per il Reichstag tenute il 5 Marzo 1933
Partiti politici del Reichstag 6 giugno
1920
4 maggio
1924
7 dicembre
1924
20 maggio
1928
14
settembre
1930
31 luglio
1932
6 novembre
1932
5 marzo
1933
Partito Comunista (KPD) 4 62 45 54 77 89 100 81
Partito Socialdemocratico (SDP) 102 100 131 153 143 133 121 120
Partito di Centro 65 81 88 78 87 97 90 93
Partito Popolare Nazionale (DNVP) 71 95 103 73 41 37 52 52
Partito Nazionalsocialista

(NSDAP)

12 107 230 196 288
Altri partiti 98 92 73 121 122 22 35 23

Adolf Hitler

Adolf Hitler

chi dice che la Costituzione che nacque al decadere dell’impero, non fosse sufficientemente ben articolata, al punto di consentire in modo praticamente istituzionale, la nascita della dittatura Nazista, ma tant’è, il resto lo conosciamo bene, anche perchè, la nascita del “Ventennio”, in Italia, pur con i dovuti distinguo, in pratica, ricalcò quasi pedissequamente l’esperienza Tedesca.
Ciò che in questa sede mi interessa stigmatizzare, è la funzione portante che l’Arte ebbe nella propaganda usata per consolidare il progetto Hitleriano.
La cosa che rinforza questa affermazione, è che, uno dei ministri più importanti dell cancellierato Hitleriano, fu appunto il Ministro della Propaganda: Paul Joseph Goebbels, e non fu assolutamente un caso.

Paul Josef Goebbels

Paul Josef Goebbels

Tutto il sistema comunicativo messo in piedi da Goebbels, passava proprio attraverso la gestione dell’Arte e della cultura.
Quello che più volte ho ribadito nei miei articoli, è cioè che quando si parla di Arte, è da intendersi tutte le più ampie declinazioni della medesima: Poesia, Musica, Teatro, passando alle Arti visuali a quelle plastiche ecc, tutte attività che consentono di generare Arte e quindi di usare la sua potenza subliminale.
La propaganda Nazista conosceva bene questo assioma, analizzando con  attenzione le varie attività comunicative a sostegno del Nazionalsocialismo, si può notare che non venne trascurato alcun mezzo, per sfruttare la forte sensibilità del popolo tedesco a tutte le declinazioni dell’Arte.
Il motivo l’ho accennato prima, l’Arte è essenzialmente emozione, o meglio induzione dell’emozione, la creazione di stati d’animo, più o meno generalizzatima sempre estremamente profondi e basilari.

Main Kampf di Adolf Hitler

Main Kampf di Adolf Hitler

Il fatto che Hitler volesse essere un pittore, come lui stesso ha raccontato ampiamente nel “Mein Kampf” –  il suo libro autobiografico e manifesto del Nazionalsocialismo – è solo una parte della spiegazione di questo impegno a tutto campo sull’Arte come mezzo di propaganda.
Si narra che egli fosse un pittore di scarsissimo talento, che essendo stato rifiutato all’Accademia delle Belle Arti di Vienna, avesse sviluppato una sorta di paranoia al riguardo, ma non fu realmente così.
Quello che realmente percepiva il Furer, proprio perchè aveva dimestichezza col mezzo pittorico, avendo realizzato realizzato centinaia di dipinti, alcuni dei quali recuperati a guerra finita e tutt’ora nelle disponibilità degli U.SA..
Effettivamente il consiglio che l’Accademia diede ad Hitler motivando il diniego, era assolutamente circostanziato.

Il Cortile di Adolf Hitler

Il Cortile di Adolf Hitler

Basta osservare uno dei tanti quadri del futuro Furer, per essere in accordo con la commissione dell’accademia, che gli consigliò di frequentare la facoltà di architettura, infatti la sua percezione della prospettiva è sicuramente inappuntabile.
Dobbiamo pensare che comunque a quei tempi, in pittura cominciavano ad affermarsi gente del calibro di Kandinsky, Mondrian, e più in la Chagall, Picasso e tutti i grandi dell’Arte moderna.
Non era caso un caso che questi maestri della ricerca artistica, del concetto, dello spirito, fossero invisi al dittatore.
Per noi ormai è assodato che l’Arte non è rappresentazione della realtà, o peggio quell’imitazione della realtà, che si toglie anche la minima  possibilità di essere mediazione artistica della realtà.
In Realtà Goebbels questo lo aveva già capito, e iniziò la crociata contro quella che comunicativamente era definita
Arte Degenerata (entartete Kunst), mettendola in controcanto all’Arte classica.
Aveva capito la potenza di quei lavori, della mente e del cuore di quegli artisti che stavano stracciando intere pagine di Storia dell’Arte, con esercizi di libertà e spiritualità che certo non erano gli obiettivi del regime Nazista.

Goebbels inaugura la mostra "Arte Degenerata"

Goebbels inaugura la mostra "Arte Degenerata"

“Arte Degenerata”, la definirono in occasione di quella famosa mostra (o meglio tristemente famosa), la mostra “Arte Degenerata” fu inaugurata nel 1937 a Monaco, e vennero esposte le opere non gradite al regime, che in quanto a degenerazione, sappiamo tutti, aveva ben poco da imparare.
Furono sequestrate ed epurate da Musei e “KunstHalle” opere di artisti che oggi consideriamo dei geni assoluti, molti artisti furono esiliati e, quelli di religione ebraica, avviati nei campi di sterminio.
Ma la guerra dell’Arte e all’Arte non si fermò alla pittura, ma Hitler e Goebbels sapevano bene che l’Arte vive in ogni disciplina, e scorre in mille rivoli trasportando anima e libertà, l’esatta antitesi di un regime sanguinario che tutt’ora sembra impossibile abbia potuto silenziare l’anima di un popolo considerato a ragione il più civile a quell’epoca.
La guerra totale non vide solo artisti disgustati da quella barbarie, ma anche geni della musica come Richard Wagner oltraggiati nella memoria, e con il consenso del figlio, Sigfried, amico di Hitler e Goebbels, viene eletta come la musica del regime, che erige un teatro Il “Festspielhaus” solo per suonare la musica di Wagner, libera da impuri, cioè da esecutori e direttori di religione ebraica.
Ma anche la danza venne sottoposta alle attenzioni del ministro della propaganda, che la finanziò sostanziosamente.

Mary Wigman

la coreografa Mary Wigman

A mero esempio non ci si può esimere dal citare i “Deus ex machina” della danza di regime: Rudolf von Laban, e la  sua allieva Mary Wigman che con la sua invenzione della “Tanz Drama”, adottando nelle sue performance musiche di Wagner e strutturando le sue coreografie quasi come azioni ginniche, schematiche, nel rispetto dell’antica tradizione dei danzatori teutonici, si legò a filo doppio alla struttura Nazionalsocialista, nella quale si riconosceva pienamente.
Ci sono moltissimi artisti che si compromisero, anche convintamente con il Nazionalsocialismo, come ad esempio Carl Orff, il musicista famoso per aver musicato i “Carmina Burana”, testi medievali scoperti in un antico monasteromedievale e che risulterebbero essere stati scritti da alcuni monaci.
Si configurano in canti monodici, strutturati in modo molto simile al canto gregoriano, ma dai contenuti tutt’altro che liturgici.

Carl Orff

il musicista Carl Orff

I Carmina Burana, nell’intento di Orff devono richiamare emozioni ancestrali, io oserei definirli “subliminali”, e specialmente nel famosissimo “O Fortuna” sembra esserci pienamente riuscito.
Ci sono molte leggende (o verità collaterali), sul Nazionalsocialismo, che la sua controversa ascesa al potere e le efferatezze che tutti ben conosciamo, sembrano confermare, ma come ho scritto sopra, questo è un argomento delicato e non siamo nella sede giusta per ragionarci sopra.
La cosa estremamente importante, che invece mi piace sottolineare, è il “sacro terrore” che Hitler e i suoi accoliti mostrarono nei confronti dell’Arte, e verso quegli artisti che cominciavano a prendere coscienza della forza protettrice dei loro lavori, dello Spirituale nell’Arte che citava ripetutamente Vassily Kandinsky, sempre sostenuto da Piet Mondrian e da molti altri artisti del Bauhaus.
Ne ho parlato diffusamente in vari articoli, ed in particolare su “Artista o Sciamano“, credo proprio che possa essere in quella scintilla di Luce Universale, che risiede la vera essenza dell’Arte.

Chi continua a parlare di Arte solo come sinonimo di “Bello” mente, spesso, neanche sapendo di mentire.
“L’Arte è Magia liberata dalla menzogna di essere verità”, diceva lucidamente Theodor Adorno, e chi mente sapendo di mentire, invece, non solo fa un danno, ma lo fa volontariamente e questo, è molto più grave.
Diceva sempre Adorno, “Il tedesco è una persona che non può dire una bugia senza crederci”, evidentemente aveva capito molto di più di quello che gli viene normalmente attribuito, sul Nazismo e su molto altro della Germania del suo tempo.
Un argomento sul quale si potrebbe dire veramente molto, ma come ho sempre detto, questo sarebbe tutto un’altro articolo.

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Arte e Pensiero

Posted in Filosofia dell'arte on agosto 23rd, 2016 by Francesco

di Francesco Campoli


Eccomi finalmente di nuovo su Sculturaecultura, torno dopo un bel po’ di tempo per condividere nuove ed importanti riflessioni, che in questi, per me molto complessi mesi, sono tornate prepotentemente all’ordine del giorno.
I mesi trascorsi, sono stati pieni di difficoltà fisiche ed emotive, alcune oggettive, alcune esistenziali, talaltre indotte dall’indole tipica degli artisti.

Immanuel Kant

Immanuel Kant

Come accennavo, tra le difficoltà, interviene ovviamente anche la mia inclinazione personale, analitica e iterativa, che mi porta a indagare perennemente dentro e intorno a me, oltre che a cercare di comprendere le dinamiche più universali, che ci vedono tutti, sempre e comunque, parte attiva e di complemento. sono molte condotte attraverso le quali esercitare questa primaria modalità cartesiana, quel processo che per convenzione è definito “Pensiero Razionale”, per dirla con Immanuel Kant alla “Ragion pura”, personalmente, preferisco cercare delle vie alternative.

Cartesio

Cartesio

La filosofia Cartesiana, in questo esercizio di “osservazione”, un esercizio basilare, (tanto è vero che il suo saggio fondamentale è “Discorso sul Metodo”, nel quale Renè Descartes (Cartesio), mutuando molto dai concetti socratici, suggerisce una linea di condotta nella ricerca, fondata su basi razionaliste alle quali, in tempi piu recenti, attinse anche Karl Popper per argomentare sul suo “Razionalismo critico”.

Il filosofo Karl Popper

Il filosofo Karl Popper

approccio, seppur sufficientemente razionale, nella mia visione, lo definirei piuttosto teoretico, come in fondo è anche giusto, essendo stato scritto in chiave soprattutto filosofica.

La via para-mistica, seppur contrapposta ad ogni forma di teologia di Immanuel Kant, è senz’altro compendio integrativo fondamentale in questo genere di attività, ma alle forme di pensiero essenzialmente speculativo, io preferisco quella metafora maggiormente operativa, generalmente nota come Arte, seppur andrebbero fatti ulteriori distinguo, che non ripeto in quanto trattati in altri articoli sul blog.
Non ho usato il termine metafora a caso, etimologicamente, metafora deriva dal greco Metà (tra) e da Phérein (portare) in pratica “portare tra”, trasportare.
Già dal nome si intravvede una pratica attiva, più aderente alla mia mentalità e al mio modo di essere, tesa a rappresentare un impegno concreto, fattivo, utile ad un auspicabile percorso evolutivo, a livello sociale, ma anche e soprattutto a livello universale (L’Arte è Transculurale).

Il trasporto, sempre metaforicamente ha bisogno di mezzi, strade e ponti, io l’Arte la intendo come un ponte (talvolta l’ho definito tunnel), che può servire in modalità biunìvoca, trasportare essenza di universo (o meglio di universalità), o rappresentare la Via, attraverso la quale, chi ne fruisce, può raggiungere quell’essenza di universalità, che esiste nell’universo profondo, perché questo è piu che altro una sensazione dentro di noi, in quanto, non potendolo percepire sufficientemente coi sensi, ne abbiamo più che altro una percezione teorica piuttosto che una reale coscienza .
Noi, essere magico nel consesso globale, Ente che accomuna il macrocosmo e il microcosmo, altra condizione che l’Essere umano vive con scarsa consapevolezza, condizione dalla quale scaturiscono molte delle nostre paure.
Una fosca condizione che si fa chiara di fronte ad un qualsiasi orizzonte.
Tutti abbiamo provato, magari in modo inconscio, quel senso di infinito guardando l’orizzonte, quell’orizzonte che a pensarci bene è un’altra metafora, messa lì per aiutarci a comprendere la vastità del nostro pensiero, che, basta rifletterci, è in grado di vedere ben oltre quello che vedono i nostri occhi.
Anche in cima ad un faro, pur se l’orizzonte si allarga considerevolmente, purtroppo, abbiamo un limite ottico, ma, è sufficiente andare col pensiero oltre il limite dell’orizzonte, per razionalizzare che, oltre quella linea ottica, c’è il resto del mondo.

Universo

Universo

Ma a voler meglio riflettere, oltre quel mondo che si è venuto a delineare nella nostra mente, c’è l’intero universo, e attraverso il pensiero, possiamo viaggiare all’istante, sin nel luogo (non luogo) più lontano.
Con questo ci possiamo rendere conto, che quello è un luogo/non luogo, un luogo che prende corpo proprio in quanto da noi pensato.
Quello dentro di noi, è quel luogo/non luogo che a primo impatto non sappiamo definire meglio, e che, proprio per questo, è un luogo in noi dove spesso ci sentiamo persi.
Quell’universo interiore, che nessuno, spesso neanche noi stessi, ha mai esplorato, un luogo dove, nonostante l’immensità che rappresenta, siamo noi il “Genius Loci”, e proprio per questo, il luogo nel quale ci rendiamo conto dell’immensa responsabilità che costituisce un universo permeato della nostra essenza, un luogo nel quale possiamo giocare a fare Dio.
Se solo riflettessimo profondamente su questo concetto, ci renderemmo conto del legame indissolubile tra il noi e quell’universo, quel luogo/non luogo nel quale il Noi e l’Universo si toccano e si fondono, proprio come nel concetto magico di Microcosmo e Macrocosmo.

Hart of the heart Francesco Campoli

Hart of the heart scultura di Francesco Campoli

Per me “Fare Arte” è tutto questo, voglio creare ponti verso luoghi e non luoghi, costruirli, descriverli e metterli a disposizione dell’intera umanità, l’Arte si può fare con la penna, scrivendo una poesia, con le note articolando suoni e silenzi in melodie e sinfonie, coi colori ed il pennello in un quadro oppure dando vita (e spirito) alla materia realizzando una scultura.
Questo vale per tutti gli artisti e in tutte le Arti, all’unica ovvia condizione: Che sia vera Arte, ma questo, come sempre, è tutto un altro articolo.

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Arte e Matematica

Posted in Filosofia dell'arte, l'Arte in ogni Arte on giugno 14th, 2012 by

di Francesco Campoli

Dopo aver tentato di “reinserire” l’artista nel contesto sociale, tentato di rivedere la funzione dell’opera d’arte per il singolo e per la collettività, messo in discussione il modo di attribuire “Valore” alle opere d’arte, messi in discussione i licei artistici e le accademie d’arte, nella loro funzione formativa per gli artisti, sconfessato i critici d’arte e le loro esegesi delle opere, “a prescindere” dalle scelte artistiche di chi le ha realizzate, oltre a tante altre riflessioni personali che trovate leggendo questo blog, vorrei tentare ora un’altra “operazione impossibile”: Cercare un collegamento tra l’Arte e la Matematica e se esiste scoprirne i perchè. In effetti avevo gia tentato speculazioni simili in alcuni articoli precedenti, sempre alla ricerca del “filo rosso” che collega tutte le forme d’Arte, quello che “Matematicamente” parlando potremmo definire il “Comune Denominatore”.
Individuare questo “Comune Denominatore”, equivale ad individuare il perno sul quale “ruota” l’Arte di ogni genere e di ogni stile, sia essa Poesia, Musica, Pittura, Scultura ecc. L’intento provocatorio di Accostare Arte e Matematica, ad alcuni lettori potrà sembrare quasi una bestemmia, specialmente per coloro che vedono l’Arte attraverso preconcetti “fantasiosi”, alla fin fine sono proprio questi preconcetti che desiderei abbattere. L’ Arte per più di qualcuno è sinonimo di sregolatezza, di “Espressione” in libertà, c’è chi la descrive come un “Dono” per pochi eletti, il che presuppone automaticamente che solo pochi illuminati la possono capire. Con la mia analisi e le mie provocazioni, tendo a sostenere che l’essenza dell’Arte è insita in ogni “Essere” e che anzi, ne è un importante costituente, va da se che è necessario accordarsi sul temine Arte.
Torniamo quindi a quella che io definisco la “Main Question”, l’ interrogativo centrale di SCULTURAECULTURA: Cos’è Arte? Come è ormai noto io credo nell’artista “Creatore”, nell’artista “Ricercatore”, in piena similitudine ad altri “professionisti” della ricerca, l’artista Sciamano “ponte” tra l’umanità e lo spirito e che sostengo che la razionalità “illuminista”, aggiunga un qualcosa al lavoro dell’artista, o almeno non lo sminuisce di certo.
Sono certo di poter dare un contributo a questa comune ricerca, con le mie opere, lavorando sulla concretezza dei contenuti, con una metodica quasi scientifica, ma lasciando aperta una porta verso l’universo, come credo sia giusto in ogni vero artista.
Cerco di dimostrare la bontà delle mie convinzioni, tentando una seria confutazione, una sorta di “Reductio ad Absurdum” nella migliore tradizione Socratica.

Socrate

Socrate

Come avrete certamente notato, l’intera linea editoriale di questo blog, è costruita sul metodo Socratico, del quale faccio un ampio e “immodesto” uso. Il “Metodo Socratico” per chi non ne conoscesse i termini, prevede il “Dialogo” tra Maestro e Discepolo, un dialogo fatto di stimoli e domande mirate, che il “Maestro” offre al discepolo per far emergere, la “Conoscenza Immanente”, bagaglio innato in ogni “Essere”. L’obiettivo è aiutare a costruire una coscenza critica personale, molto più utile di un bagaglio pleonastico di nozioni e di dogmi conformisti. Per il solo fatto di essere parte del creato, quell’ “Organismo Comune” che chiamiamo “Natura”, ogni “Essere” (per come lo intende Parmenide), è intriso del “Soffio Divino” che gli ha dato vita,

Parmenide

Parmenide

“Conoscenza Immanente”, che purtroppo non tutti sanno far fruttare come si dovrebbe. Anche se quella Maestro-Discepolo, non è l’esatta configurazione del rapporto comunicativo che stiamo istaurando, in ogni caso ritengo che la validità “comunicativa” del metodo socratico, sia assolutamente fuori discussione e, anche se immodestamente, continuerò ad usarlo. Il cosiddetto metodo Socratico fu convintamente adottato anche dal più illustre dei discepoli di Socrate. Parlo ovviamente di Platone, che lo utilizza in modo esclusivo nei suoi “Dialoghi”, dai quali ho attinto molte delle informazioni che sto per citare. In particolare mi riferisco al “Timeo”, un dialogo non a caso con un “Pitagorico” quale egli stesso fù, dialogo nel quale Platone ormai in età matura, avanza molte delle teorie sulle quali si fonda la moderna scienza.

platone

Platone

Io credo nella nostra “Memoria Cosmica”, un qualcosa di molto simile alla “Conoscenza Immanente” che richiamavo sopra, un “Ente” molto importante per cercare di confutare l’intuizione, che la Matematica possa facilmente essere collegata all’arte, e siccome non credo si possa discutere l’importanza della matematica nella vita dell’uomo, per “qualità transitiva”, lo stesso dev’essere accettato nei riguardi dell’arte.
Vorrei iniziare da un esempio e circostanziarlo per bene: Il legame tra Musica e Matematica, che ovviamente non mi sento di far passare come la scoperta del secolo, ma che indubbiamente rappresenta l’esempio migliore per argomentare su questo tema. La scoperta del mio amore per l’Arte, passa per una passione giovanile per la musica (in particolare per la chitarra), concretizzatosi poi in seguito in un rapporto più “Maturo”, per il Blues, il Jazz e le loro “Evoluzioni” in chiave moderna. Parlo quindi sapendo sufficientemente quello che dico, non sono un “Compositore” (un artista della musica), al massimo mi potrei definire uno discreto Musicista. Tutt’ora partecipo a qualche “Jam Session” , suonando con amici di vecchia data (anche considerata l’anagrafe), alcuni dei quali sono tutt’ora musicisti di professione. Nel pieno rispetto delle ragioni che sostengo sin dalla nascita di questo blog, pur suonando discretamente (tecnicamente) un paio di strumenti, non mi considero un “artista della musica”, al massimo uno scarso “Artigiano della musica”.
A chi non ha letto un mio precedente articolo su questo tema, per comprendere meglio questa affermazione, potrebbe essere utile rispolverare “Arte contro tecnica”, un articolo di successo ancora presente nell’archivio del blog. Nel campo musicale ho rinunciato a quella “Ricerca”, a quella “Creazione” che a mio avviso, rappresenta la vera attività di un artista nel pieno delle sue funzioni. Dalla Musica dei primi passi, mi sono evoluto artisticamente verso la Scultura, passando ovviamente anche attraverso la pittura, senza una completa soddisfazione.
Per ragioni che non è il caso di andare ad approfondire ora, ritengo la Scultura più adatta alla mia “Poetica” in particolare la scultura in ceramica, ma prima o poi ne parleremo. Per arrivare al dunque, credo che sia noto a tutti che sul rigo musicale, oltre alla “Chiave”, nella quale deve essere eseguita la melodia, esiste sempre una “Frazione”, con la quale il “Compositore” indica il Ritmo, con il quale la sua composizione deve essere eseguita.

Le chiavi musicali

Le chiavi musicali

quattro quarti

quattro quarti

si sente spesso parlare dei famosi “4/4” (quattro quarti), dei “3/4” (tre quarti) ecc. una prima evidenza del collegamento che cerco di dimostrare.
Se pensiamo ad uno strumento a corde, come ad esempio l’Arpa, la Chitarra o il Violino (in realtà anche il Pianoforte sarebbe uno di questi), salta agli occhi che il musicista per produrre una specifica nota, schiaccia la corda con le dita in punti ben precisi della tastiera (matematicamente precisi).

Croma: Un Ottavo

Croma: Un Ottavo

In verità, in altri casi, può lasciar vibrare liberamente la corda medesima, che comunque ha una lunghezza accuratamente predeterminata dal Liutaio (la distanza tra Capotasto e Ponticello). Questo “Gesto Tecnico” che sembra scontato, in effetti ha un preciso significato matematico: Una corda schiacciata sulla tastiera ad un ½ della suddetta lunghezza (riecco le frazioni), suona la stessa nota sulla quale è intonata, ma ad un’ottava superiore.

due quarti

Nota da due quarti

Se la corda è schiacciata ai 3/4 della sua lunghezza riproduce una “quarta”, ai suoi 2/3 una “quinta”, ecc. Quando parliamo della “terza”, della “quarta”, della “quinta”, della “settima” ecc, ci si riferisce alla progressione della scala (do, re, mi, fa, sol, ecc.), che di norma evolve un “tono” alla volta, fatti salvi i casi di # (Diesis) e il b (Bemolle), ma non è questo il luogo per fare un trattato di “Teoria Musicale”.

Tasti corde chitarra

Posizione tasti sulle corde della chitarra

Quando parliamo di un “Accordo in Maggiore”, tutti i musicisti sanno che si suona rientrando nello schema: “Tonica+Modale+Dominante”, (prima/terza/quinta della scala), cosi come per un “Accordo in Settima” si aggiunge una nota, che è appunto la “Settima” nella progressione della scala a partire dalla nota Tonica. Pur se queste mie (per forza di cose) “sommarie” asserzioni, potrebbero apparire utili alla confutazione della mia “Tesi”, in effetti c’è un signore (illustre matematico), ben più competente e geniale del sottoscritto, che ha fatto molto di più sul collegamento tra Musica e Matematica, parlo ovviamente di Pitagora.

PitagoraPitagora nacque nell’isola di “Samo”, nella prima metà del VI secolo A.C, ma si trasferì nell’allora Magna Grecia (La parte del sud Italia colonizzata dai greci), dove a Crotone (nella moderna Calabria), costituì la nota scuola detta dei Pitagorici.
Per i suoi seguaci, il rispetto per il fondatore rasentava la venerazione assoluta (com’era uso comune nelle scuole dell’antica Grecia), in effetti più che una scuola come la intendiamo ai giorni nostri, quella Pitagorica era più vicina a quella che noi contemporanei definiremmo sociologicamente una setta. Nella Scuola Pitagorica lo studio approfondito della matematica, implicava anche l’approfondimento degli aspetti metafisici ad essa collegati o collegabili. Nella comunità pitagorica lo studio della Matematica (e di sua sorella Geometria), non escludeva gli aspetti pratici dell’esistenza sui quali essa insisteva, anzi, i pitagorici li ritenevano strettamente collegati. Per aspetti metafisici della Matematica, dobbiamo intendere l’uso simbolico dei numeri (riecco anche i Simboli), il loro collegamento diretto con alcuni importanti concetti filosofici e la ricorrenza di alcuni valori specifici: le Costanti Matematiche.
Al tempo si riteneva che la “Natura”, rispondesse pienamente ai “Precetti Geometrici” e non si può dire che si fosse molto lontani dalla realtà. Alle Costanti Matematiche spesso si attribuiva un importante significato simbolico, incredibilmente esse sono tutt’ora dei capisaldi della Geometria e della Matematica moderna (di conseguenza anche della Fisica), dico incredibilmente visto che alcune costanti, sono state comprese e dimostrate già 500 anni prima di Cristo. Non si deve essere tratti in inganno da questi continui “sconfinamenti” tra realtà e mito, per gli antichi greci (e non solo per loro), il mondo spirituale e quello materiale non erano così rigidamente “separati” come li concepiamo ai giorni nostri. I matematici studiando le teorie pitagoriche, allo scopo di accostarle alla pratica del mondo di tutti i giorni, si resero pienamente conto, che anche la musica è pienamente spiegabile (quindi comprensibile), tramite equazioni e teoremi matematici, convinzione sulla quale anche ai giorni nostri, sono pochi a nutrire dei dubbi. Una delle applicazioni degli studi pitagorici sulla musica, fu l’Intonazione Pitagorica (basata appunto sulla scala pitagorica), la quale in questa sede sarebbe superfluo approfondire, ne accenno solamente quale ulteriore “Confutazione” dello stretto collegamento tra Musica e Matematica.

Nota: Do1 Re1 Mi1 Fa1 Sol1 La1 Si1 Do2
Frequenza: 1 9:8 81:64 4:3 3:2 27:16 243:128 2

*Il numerino susseguente la nota, indica l’ottava di appartenenza della medesima (Do1 rappresenta il Do nella prima ottava, Do2 quello della seconda, ecc). Il “Tono” corrisponde a 9:8, il “Semitono” a 256:243. L’esercizio per il quale, da sempre, si ricerca un collegamento tra la Natura e la Simbologia Numerica, deriva anche dal fatto che i Pitagorici, individuarono molte delle “Costanti Numeriche” che avevano a che fare con le cose del mondo. Essi ritenevano che queste costanti, potessero consentirci di capire a fondo molte realtà fisiche e anche quelle Metafisiche, essendo l’Arte secondo il concetto platonico (la musica è una delle tecniche artistiche) una “Mimesi” della natura e della vita, non esisteva dubbio alcuno su questo collegamento diretto.
Una di queste famose “Costanti” la conosciamo perfettamente tutti, mi riferisco a Π (pi greco), il famoso “3,14…” che utilizziamo nella determinazione dell’area del cerchio, nel calcolo del volume del cilindro, di quello della sfera, ecc.

Archimede

Archimede

Questo valore fondamentale è conosciuto anche come “Costante di Archimede”, ma il matematico siracusano non fu certo l’unico a comprenderne l’importanza. Leonardo Fibonacci (matematico pisano del 1170) lavorò moltissimo alla sua ottimizzazione (puntando alle sue approssimazioni migliori), ma il “Fibonacci” è considerato tuttora uno dei matematici fondamentali, in quanto comprese e descrisse le caratteristiche matematiche della cosiddetta “Sequenza di Fibonacci”.

La sequenza 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89 …ecc.

fibonacci

Leonardo Pisano detto Fibonacci

nella quale ogni termine è la somma dei due che lo precedono, presenta mille stupefacenti “Caratteristiche Matematiche”, che la collegano ad un’altra discussa costante “Matematico/Geometrica” la cosiddetta “Sezione Aurea”, della quale cercherò di farvi scoprire i misteri. L’importanza per l’Arte, così come per molte manifestazioni naturali, della costante “nascosta” nella sequenza di Fibonacci, ci porterà certamente all’obiettivo dichiarato, ma per rivalutare la matematica non certo per svilire l’Arte.

spirale di Fibonacci

spirale di Fibonacci

Dalla rappresentazione grafica della sequenza di Leonardo Fibonacci, si ricava facilmente l’altrettanto nota “Spirale di Fibonacci”, uno dei “Segni” che più chiaramente possiamo leggere con i nostri occhi anche in natura. Vi sono molte spirali che si presentano evidenti anche in Natura e, se molte cose del mondo assumono di fatto una “Matrice comune”, evidentemente non può essere un caso, queste costanti devono avere una importanza particolare.

nella Ragnantela la spirale di Archimede

nella Ragnantela la spirale di Archimede

La “Spirale di Archimede” procede con una diversa dinamica rispetto alla spirale logaritmica (quella di fibonacci), ad esempio essa compare  sempre nella ragnatela. Si vede chiaramente che la spirale che il Ragno realizza (a partire dal centro), allargandosi “a passo costante” verso l’esterno, è la vera “chiave di volta” di questa enigmatica struttura ingegneristico/naturale. Oltre a costituire un aspetto “strutturalmente” importante per la ragnatela, la “Spirale di Archimede”, ha anche un fondamentale aspetto funzionale: Il ragno attraverso le sue spire, mantiene il totale controllo su ogni centimetro quadrato del suo “Terreno di caccia”, garantendosi così la migliore resa “Sforzi/Benefici”.

Tutti sappiamo che il Ragno può attendere la sua preda, fermo immobile nel centro della sua tela, risparmiando energie, in una delle migliori espressioni di efficienza dell’intero mondo dei predatori.
Il Ragno esegue la spirale di Archimede “istintualmente”, come pescando da una “Memoria Comune dell’Universo”, è incredibile infatti constatare che questa stessa spirale, è la “Matrice” di forma sulla quale “si adagiano” alcune tipologie di galassie.

Ngc 1232 una galassia spirale

Ngc 1232 una galassia a spirale

La spirale di Fibonacci invece è la “linea guida”, per la forma del guscio nella Conchiglia Nautilus o nella Chiocciola, volgarmente chiamata “Lumaca”.

Spirale nella chiocciola

Spirale nella chiocciola

La spirale nella conchiglia Nautilus

La spirale nella conchiglia Nautilus

La disposizione a “Spirale di Fibonacci” garantisce la massima insolazione ai semi del girasole, evitando ogni sovrapposizione e quindi ombre indesiderate.

Spirale nel Girasole

Spirale nel Girasole

La spirale di Fibonacci è chiaramente individuabile, anche nella disposizione dei petali della Rosa, oltre che nella disposizione dei semi nel Girasole.

Spirale nei petali della rosa

Spirale nei petali della rosa

Anche la disposizione delle foglie sul fusto della pianta del girasole (ma anche in moltissime altre specie botaniche), prevede una disposizione delle foglie sul fusto su una traiettoria, che si avvolge con il passo della ormai nota spirale.

Fillotassi nelle piante

Fillotassi nelle piante

Questa caratteristica è così comune nel mondo delle piante, che in botanica è stata studiata e compresa già ai tempi dei greci e prende il nome di “Fillotassi”, ulteriore importante esempio di presenza della “Sequenza di Fibonacci” in qualità di “Costante Significativa”.
La Costante che si evince dalla sequenza di fibonacci, è la famosa “Φ” (Phi), nota appunto come “Sezione Aurea”, alla quale molti artisti e molti architetti (che già nell’antichità avevano una connotazione comune), hanno attinto quale “impalcatura” delle loro opere e dei loro progetti. 1,6180…ecc. chiamata anche “la Costante di Dio”, per la sua ricorrenza in moltissime situazioni nell’intero universo, per i più convinti, rappresenterebbe  la “Firma Occulta” del Creatore.

La ricorrenza della “Sezione Aurea”, oltre a rappresentare la dinamica dell’albero genealogico delle api in un alveare, cosi come quella della dinamica della riproduzione dei Conigli (il miglior esempio di efficienza nella riproduzione), è facilmente rilevabile anche nell’uomo: L’esempio più facile da vedere è nel sorriso “perfetto”, nel quale possiamo notare che la proporzione tra la dimensione di un dente nei confronti del suo omologo seguente, segue indiscutibilmente il “Rapporto Aureo”. )

Fidia sezione aurea

Fidia e la sezione aurea

Molto più modestamente in molti la chiamano “Costante di Fidia”, scultore e architetto greco al quale dobbiamo moltissime sculture e templi (ad esempio il Partenone di Atene). Sembrerebbe che nelle Opere  d’Arte, nella quali la costante “Aurea”, è stata rilevata (a prescindere dalla volontà “Cosciente” dell’artista di inserirvela), si percepisce una sorta di “Bellezza Immanente”, che nulla ha in comune con il “Concetto Estetico di Bellezza” (anche a questo ho dedicato un interessantissimo articolo nel blog). Ciò che vi si percepisce lo potremmo definire un “Valore” assoluto, rilevabile da chiunque anche in modo inconscio.

Le Corbousier

Le Corbousier

Anche Le Corbusier lo storico architetto/designer svizzero/francese, che rivoluzionò l’architettura e il design del suo tempo (e anche del nostro). Attraverso l’uso del “Rapporto Aureo” (nella scia di Fidia), cercava la “Bellezza Assoluta” in accordo con l’efficacia nella fruizione, la “Bellezza della Funzione” il sogno di ogni architetto o designer. La “Sezione Aurea” la ritroviamo in molti dei suoi progetti, anche perchè molti dei suoi progetti, furono “proporzionati”, attraverso l’uso del suo “Modulor”, una “scala di grandezze” mutuata dal “Rapporto Aureo”.

Il Modulor di Le Corbousier

Il Modulor di Le Corbousier

Il “Modulor” puntava a realizzare una “Ergonomia Estetica” in “Armonia Aurea” con l’ ”Essere” Umano. Il “Modulor” partiva dal concetto che l’Uomo è proporzionato all’Universo, nel quale universo, il Rapporto Aureo rappresenta la linea guida fondamentale.
Dal “Modulor” derivarono molti progetti famosi di Le Corbusier, come la celeberrima “Chaise longue LC4”, che inserita in spazi progettati in accordo alla medesima filosofia, sarebbe un esempio di perfetta “Ergonomia”.

La Chaise long di Le Corbousier

La Chaise long di Le Corbousier

Per arrivare giustamente anche ad Internet, si dice che molti web designer, vedano nella “sezione aurea”, la proporzione migliore sulla quale costruire i loro “Template”, voi che ne dite?

Sculturaecultura layout spirale

Sculturaecultura layout Sezione Aurea

Scherzi a parte potrei continuare con molti altri esempi la dimostrazione dell’interazione della Sezione Aurea con una  “Estetica Assoluta”, perchè sembra quasi che  “Valorizzi” qualsiasi cosa tocchi, quasi una sorta di “Pietra Filosofale”, sarebbe inutile, ormai è chiaro che esempi ce ne sono fin troppi. Ecco quindi che  l’accostamento della matematica all’arte, alla luce di questi fatti, può apparire un pò meno “blasfemo”. Ai tempi di Pitagora la distanza tra Arte e Matematica, non era affatto percepita come evidente, così come non esisteva molta distanza, tra l’approccio “Magico Naturale” di uno Sciamano, quello Simbolico/Magico degli Gnostici Medievali o quello Magico/Spirituale di un Alchimista. A questo scopo potremmo citare il “Parmigianino”, noto come pittore, ma anche come fervente alchimista.

Parmigianino

Girolamo Francesco Maria Mazzola: il Parmigianino

Va detto che anche il Parmegianino cita Socrate e Platone, in particolare i famosi “Solidi Platonici” che sono tra le forme più “citate” nella storia dell’arte:

Diogene Parmigianino

Diogene indica il Dodecaedro "La Quintessenza" il Parmigianino

I “Solidi Platonici” sono così chiamati, in quanto rappresentano un contributo del più famoso discepolo di Socrate: Platone appunto. Su questi solidi poggia l’intera ricerca alchemica, nei Solidi Platonici la “Sezione Aurea”, è una presenza fondante, un esempio chiarificante è il Dodecaedro Platonico.

il dodecaedro nel Diogene

diogene il dodecaedro

Il Dodecaedro regolare è la “Solidificazione” del Pentagono, uno dei simboli più importanti a causa del suo ferreo collegamento con il Rapporto Aureo. Il pentagono contiene in se 5 “Triangoli Aurei”, unendo i vertici opposti è molto facile individuarli, a loro volta al centro descrivono un ulteriore pentagono regolare, all’interno del quale si possono iscrivere 5 nuovi triangoli in proporzione aurea e di nuovo, essi inscrivono un nuovo pentagono regolare e così via per una infinita quantità di volte.

Il pentagono regolare

Il pentagono regolare Microcosmo e Macrocosmo

Nel pentagono regolare nasce l’icona più rappresentativa nel mondo della magia, : il Pentacolo.

Pentacolo

Pentacolo

I triangoli “Aurei” lo descrivono chiaramente e, iscritti nel Pentagono regolare, che è la figura del Micro e del Macrocosmo e come dimostrato nella figura qui sopra, “simbolicamente” li contiene entrambi, iteratamente l’uno nell’altro in perfetta proporzione (seguite i colori), dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo. Anche nel mondo dell’arte, ricorrono spesso i “Solidi Platonici”, come  a sancire una comunione non così improbabile. Un esempio abbastanza recente e significativo è “L’ultima Cena” di Salvator Dalì, opera nella quale Il Dodecaedro rappresenta il “contenitore”, nel quale avviene la nascita della massima espressione della liturgia cristiana: La “Eucaristia”.

dodecaedro dali'

Dali'.."L'ultima cena"

Salvador Dali'

Salvador Dali'

Il riferimento Simbolico/Alchemico di Salvador Dalì è evidentissimo, il Solido Platonico in questione, rappresenta il “Quinto Elemento” alchemico”, la “Quintessenza” (l’Etere Aristotelico), l’Elemento Euclideo che insieme ad Aria, Fuoco, Acqua e Terra, rappresenta la componente essenziale dell’universo, quella che ne colma gli spazi apparentemente vuoti, per i credenti la “Conoscenza” intesa con una accezione integrale, lo spirito del Cristo appunto.

La lezione del Lucedello

La lezione del Lucedello

Nel dipinto del Lucidello che vediamo a sinistra,   (un pittore fiammingo), che rappresenta chiaramente una importante lezione, dell’allievo Johann Neudörffer e il suo maestro Nicolas Neufchatel nel quale il Dodecaedro (La quintessenza), ritorna prepotentemente.
Nel quadro del Lucidello, il Dodecaedro è inserito quale “metafora” di “Conoscenza” trasmessa nei suoi aspetti più alti.
Un altro importante simbolo campeggia su tutta la scena, il “Quadrato Magico”.

Il Quadrato magico introdurrebbe un’altra variabile matematica, che spesso viene definita la “Costante della Magia”, con una similitudine magari un pò azzardata con la Φ (Phi).
Il “Quadrato magico”, è una tabella quadrata (una Matrice matematica), nella quale la somma dei numeri presenti in ogni riga, in ogni colonna e in entrambe le diagonali da sempre lo stesso numero.

Melencolia I Durer

Melencolia I di Durer

Qui a sinistra si può vedere un dettaglio di un notissima incisione di Albrecht Dürer “Melencolia I“, il pittore incisore che notoriamente frequentava ambienti “Neoplatonici” dei suoi tempi.

Durer autoritratto 1498

Durer autoritratto 1498

Vi sarebbero molte evidenze anche sulla costante della magia e quindi sul “Quadrato magico”, ma questo articolo stà diventando veramente troppo lungo. Per gli interessati è sufficiente seguire questo link, si troveranno approfondimenti maggiori anche dell’aspetto matematico della questione, ad ulteriore conferma che un collegamento Arte-Matematica esiste eccome. Per verità andrebbe citato un’altro imprescindibile sostenitore della “Sezione Aurea, ” Fra Luca Pacioli” (che vediamo ritratto nel quadro qui sotto), fu lui a denominare Phi “Divina Proporzione”.

Jacopo de' Barbari Ritratto di Fra Luca Pacioli

Jacopo de' Barbari Ritratto di Fra Luca Pacioli

L’immancabile “Solido Platonico” che sembra catalizzare l’attenzione di Luca Pacioli e del suo allievo, è l’ennesima riprova che anche Jacopo de Barbari (il ritrattista), riconosce una dignità particolare a questa figura geometrica. Una importanza tanto particolare da farne elemento paritario (se non preponderante) nella composizione del ritratto, con la figura del frate francescano. L’opera di divulgazione più conosciuta di questo matematico”particolare”, fu “De Divina Proporzione”, che annovera quale illustratore un discreto pittore, scenziato, ingegnere e diciamolo pure genio indiscusso a tempo pieno: Leonardo da Vinci. Entrambi questi personaggi furono chiamati alla corte di Ludovico il Moro a Milano, fu li che condivisero le loro “Sapienze”, con vari influssi reciproci, tanto che molti storici dell’arte, si affanano ancora oggi a cercare i prodromi di “De Divina Proporzione” nelle opere di Leonardo. Entrambi condividevano i saperi euclidei, che gia allora erano fondamentali per chiunque facesse il pittore, così come il matematico o l’ingegnere, figuriamoci Leonardo che era tutte queste cose insieme. Il “De Divina Proporzione”, era una riedizione de “Gli Elementi” di Euclide, Fra Luca Pacioli nel rivederla e aggiornarla, certo non disdegnò l’aiuto del genio di Vinci. Quest’opera non è solo un’opera matematica, ma ha ambizioni ben più larghe, tanto che sfiora anche l’astronomia, cercando di indagare le leggi del sistema solare allora conosciuto. Anche Keplero trovò grande ispirazione in Euclide, tanto che inizialmente sposò completamente la teoria che i pianeti e le orbite fossero collegabili ai solidi platonici: Gia Platone stesso collego i solidi in questione, ognuno dei quali ricordiamolo ha un rapporto specifico con la “Costante di Dio”, ai costituenti (simbolici) dell’universo.

Solidi Platonici

Solidi Platonici

La Terra, immobile, plastica e solida, è legata l’Esaedro, il Cubo.
L’Acqua è associata all’Icosaedro, la forma meno mobile dopo il Cubo, la più grande e la meno acuta.
All’Aria si collega l’Ottaedro, forma intermedia per mobilità, anche come grandezza e acutezza; Al Fuoco si associa il Tetraedro, la forma più mobile, piccola e acuta, che chiamiamo anche Piramide, che meriterebbe da sola un’altro articolo, ma ve lo risparmio volentieri perchè non aggiungerebbe molto alla confutazione della”Tesi” che vengo a sostenere.
Forse però non è un caso che gli alchimisti sentissero Platone molto vicino, forse a causa della profonda “conoscenza”  dei “Solidi Platonici” o forse per molte altre cose. Esiste quindi un collegamento diretto anche tra Arte e Magia? Una bellissima domanda….., in parte si “legge” tra le righe, ma anche qui bisognerebbe accordarsi sul temine ”Magia” e come al solito non sarebbe facile. Va detto in mia parziale discolpa, quale sostenitore di tesi piuttosto “azzardate”, che nel bene e nel male anche qualcun’altro lo sostenne molto apertamente:  Sto parlando di Pablo Picasso, scusate se è poco.

Pablo Picasso

Pablo Picasso

“Dipingere non è un’atto “Estetico”, è una forma di magia, che deve fungere da mediatore tra questo mondo strano e ostile e noi stessi” Giuro che non avevo mai letto le parole del Maestro Picasso, non sicuramente prima di scrivere “Artista o Sciamano” o “Il Brutto dell’Arte“, mi sono arrivate davanti agli occhi ieri, durante le mie solite letture da comodino. Per qualcuno può non significare molto, che io e Pablo Picasso concordiamo su questo punto, pero a me conforta avere un così illustre collega che la pensava come me. Tutto certamente interessante, ma anche il rapporto tra Arte e Magia andrebbe approfondito, al dila di affermazioni più o meno estemporanee, e ancora una volta, sarebbe tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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Artista o Sciamano

Posted in Filosofia dell'arte on aprile 12th, 2012 by

di Francesco Campoli

Nel mio esplorare l’Arte in tutti i sui aspetti non posso trascurarne gli aspetti antropologici, se non altro per inquadrarla meglio nell’ambito socio-culturale, che rappresenta una delle sue aree di pertinenza che più salta agli occhi. In un articolo precedente ho già accennato all’aspetto antropologico dell’Arte, senza mancare di citare la funzione dell’artista nel suo contesto socio-culturale. Antropologicamente la “Cultura” va intesa nel senso più ampio del termine, quale Ente caratterizzante della sfera sociale umana, la cultura è la condivisione di “Panel Valoriali” e dinamiche sociali collettivamente riconosciute e non l’insieme delle attività attinenti all’Arte, come spesso e volentieri, erroneamente viene intesa. Questa condivisione di valori e il riconoscimento di attività sociali (talune accettate, mentre altre socialmente invise), è l’aspetto fondante della specificità di una identità socio-culturale. Con il termine “Cultura”, più tecnicamente, si definisce un “organismo sociale” nel quale si condividono “valori” comuni, che in molti casi definiscono addirittura i “confini” della comunità medesima, come ad esempio avviene in comunità che si riconoscono in una specifica religione o, magari, ad individui che nascono in una specifica area geografica. Essendo l’Arte uno degli aspetti fondamentali di una “Cultura” (checché se ne dica), non si può non inquadrare antropologicamente anche la figura dell’artista, se non altro per cercare di dargli la giusta collocazione nel “Patto Sociale”. Seppure a prima vista l’accostamento nel titolo di questo articolo possa apparire strano, in effetti preavvisa molto sul suo contenuto, ma, sono certo, che la curiosità dei lettori non sia soddisfatta da questa minima anticipazione.

Professionisti

Professionisti

Innanzi tutto mi preme chiarire il mio definizione di “patto sociale”,  concetto nel quale tendo ad inserire anche il “compito” svolto delle varie “figure professionali”, nel contesto sociale di riferimento. Il medico ha il compito di custodire la salute di coloro che a lui si rivolgono, normalmente, a fronte dell’assunzione di questo importante impegno, gli viene riconosciuto un “rango” tra i più alti nella scala sociale propria di quel contesto. Un ingegnere, con la sua conoscenza, concorre alla progettazione e alla realizzazione delle strutture tecnologiche necessarie a “consolidare” l’ Habitat del vivere comune. Anche in questo caso, la società, riconosce giustamente a chi svolge questo ulteriore compito fondamentale, una dignità sociale perlomeno pari a quella del medico su citato. Per quanto concerne l’artista, quasi mai il riconoscimento di uno status sociale così elevato è altrettanto universale come negli esempi citati precedentemente. Per comprendere il valore della funzione dell’artista in una comunità, è necessario inquadrare bene la sua funzione nell’organismo sociale, per dar modo di classificarlo ad un livello di “considerazione sociale” proporzionato al suo reale apporto, che io, personalmente, ritengo ancor più fondamentale. Esaurita la funzione “documentaria” delle opere d’Arte, in virtù della quale l’apporto dell’artista al suo nucleo sociale era sufficientemente chiara, è necessario ridefinire la sua funzione, dopo l’avvento dell’arte informale o, come usa chiamarla sbagliando: Arte “Moderna”. L’opera d’Arte perdendo la sua funzione di “rappresentazione” della realtà (mimesi), consente all’artista di conquistarsi un ruolo socialmente molto più importante. Chi da allora intenda ritagliarsi un suo spazio nel mondo dell’Arte, si assume il compito di rappresentare i “valori” umani più “alti”, quelli più vicini all’essenza di “Umanità” stessa, che nulla hanno a che fare con l’Estetica, ne tanto meno con la “bellezza”, come invece spesso erroneamente usa credere. Certamente la perdita dell’oggettività della rappresentazione, in molti, ha aperto grandi problematiche nell’interpretazione delle opere. Non essendoci più l’oggettività, ne la necessità di elevatissime skills nelle tecniche (come invece poteva rilevarsi in un Agnolo Bronzino), dare un giudizio valore su ciò che si ha davanti diviene molto più impegnativo. Il coinvolgimento nell’interpretazione di sfere, (come ad esempio quella emotiva ed emozionale), sino ad allora poco prese in considerazione, rende questa attività molto complessa, anche tutt’ora, nonostante ormai l’arte informale sia parte integrante del nostro panorama percettivo. In molti fruitori, ma anche in tanti addetti ai lavori, si è consolidata l’idea che di un’opera d’Arte si possa dare una valutazione “soggettiva” (a me piace/a me non piace), sostituendola alla precedente valutazione su base oggettiva (del genere “è rappresentato” bene o male). Io sono certo che invece l’Arte sia sempre stata un “concetto assoluto”, non a caso insisto sulla mia tesi da quando ho iniziato a scrivere questo blog (anzi questo è il motivo per il quale il blog è nato), cercando di far concordare convintamente almeno i miei lettori, su una definizione di Arte pienamente condivisa, di conseguenza assolutamente non soggettiva. A mio modesto avviso, da questo fraintendimento di fondo, nasce l’equivoco dell’Arte sinonimo di “bello”, alla quale a suo tempo contribuì molto la visione di Benedetto Croce:

Benedetto Croce

Benedetto Croce

L’arte non può essere riflessione o giudizio, non ha nulla a che fare né con l’utile né col piacere né con la morale. Dunque è completamente autonoma. L’unico scopo dell’arte è l’arte stessa ovvero la bellezza artistica. Per Benedetto Croce, se un’opera non è “portatrice di bellezza”, non è un’ opera d’Arte. Molta dell’opinione pubblica e accademica italiana, ancora oggi è molto influenzata dalla visione “crociana”, ma spero che ormai dopo tante parole, almeno i miei lettori, concordino con me che questo è lontanissimo  dall’essere vero. Mi sembra inutile ribadire che questo principio crociano, che in parte deriva anche dalla concezione di Baumgarten (fondatore della moderna Estetica), può a malapena essere applicato alla funzione  “decorativa”, che inopportunamente molte opere d’Arte hanno svolto in altri periodi storici e che purtroppo, spesso e volentieri continuano a svolgere, anche ai giorni nostri. La decorazione  non è da considerare Arte, il decoratore è un artigiano non un artista, per quanto possa svolgere il suo mestiere in modo sublime. C’è da dire che per la decorazione, il rango di opera d’Arte viene meno “per definizione”. In Estetica, l’opera d’Arte deve mancare di una funzione utilitaristica, di una funzione pratica (lo ribadisce anche Croce dopo Baumgarten), l’opera d’Arte non può avere una funzione, quindi su questo tema non vi è alcun ulteriore luogo a procedere. Ho parlato molto della distinzione tra artista ed artigiano in un mio precedente articolo, soprattutto di come questo equivoco sia tuttora perpetrato nei licei artistici italiani, qualora abbiate la compiacenza di andare a rileggerlo sono certo che concorderete con me.

Probabilmente la proliferazione delle varie figure di critico, che sempre più spesso ci troviamo a dover ascoltare ai “vernissage”, è dovuta proprio alle incertezza che si è ingenerata su molte delle nostre attività artistiche. Spesso e volentieri, nei consessi artistici, il critico di turno parla ancora prima dell’artista, prima che egli possa spiegare gli obiettivi del proprio lavoro.

critico d'arte

Ascolta il critico all'opera sulle opere

Sembrerebbe non essere possibile un “tunneling emozionale” diretto, tra l’artista e il fruitore delle sue opere. Ci fanno apparire scontata la necessità di qualcuno che “santifichi” il lavoro dell’artista. Il Critico come “Sacerdote”, il solo preposto a somministrare il “sacramento artistico”, a legittimare l’artista in nostro nome e per nostro conto. Ovviamente non ho usato questi termini virgolettati a caso, anzi: Il parallelismo para-religioso non è casuale, così come non è casuale che la religione sia da comprendere tra le dinamiche tipicamente “Culturali”. Sono millenni che l’uomo si dibatte in questo equivoco, concordando o meno sulla necessità di un “filtro esterno”, al proprio personale “Senso del Trascendente”. Il “Senso interiore del Divino” è innato in ogni uomo, anche se si professa ateo. Esso vive a prescindere dalla disponibilità o meno di un “ministro” che lo gestisca in nostra vece.

congregazione per la dottrina della fede

congregazione per la dottrina della fede

Come tutti sappiamo, ci sono alcune persone che legittimate da articolate strutture gerarchiche, si arrogano il compito di canonizzare i tratti della “Fede”, di certificare l’aderenza o meno del fedele ai precetti, che, in molti casi, sono essi stessi a definire. Non essendo questo articolo un trattato di “Teologia Comparata”, vi risparmio esempi circostanziati di come questo fenomeno sia individuabile praticamente in ogni “Credo”. Mi preme però prendere le distanze dalla necessità di “ministri” (i critici ), dispensatori di “precetti di ortodossia artistica”, non per partito preso, ma per un motivo fondamentale della mia concezione del fare Arte, in tutte le sue declinazioni. Per quanto mi riguarda, credo che, nei confronti dell’Arte, esista una “coscienza interiore” che ogni uomo possiede innata , parimenti al senso del trascendente, che guarda caso si ripropone in tutte le culture, siano esse quelle antiche o dei nostri giorni. Il rapporto con un’opera d’Arte deve essere personale, se un “sacerdote” esiste (etimologicamente sacerdote deriva da Sacer (sacro) e Dot (fare), quindi “colui che fa ciò che è sacro”),  quello è l’artista medesimo. Sono certo che la pantomima delle spiegazioni preventive del critico di turno debba essere assolutamente evitata, proprio in ossequio a quanto sopra argomentato. Cosa c’è di più normale che lasciar parlare le opere d’Arte? E’ sufficiente pensare che, se l’artista è un vero artista, le sue opere sono nate proprio a questo scopo. Tornando alla collocazione sociale dell’artista e al suo compito nel contesto socio-culturale di riferimento, secondo me, l’artista ha un ruolo paragonabile a quello di uno Sciamano.

Sciamano Aborigeno Australiano

Sciamano Aborigeno Australiano

Nelle culture (Organizzazioni sociali) che ne prevedono la figura e l’operato (qui si comincia a capire il titolo dell’articolo), lo Sciamano è un ruolo che investe una persona del nucleo sociale a prescindere dalla sua volontà. Essere Sciamano è una ineluttabilità per colui che viene toccato da questo dono/maledizione.

sciamano pellerossa

sciamano pellerossa

Si dice che chi rifiuta il “dono” patisca pene e sofferenze indicibili, sino anche a rischiare la follia. Prendo a sostegno della mia tesi anche la prospettiva di questa condizione, mi viene di pensare alle vicessitudini psichiatriche di Antonio Ligabue, Vincent Van Gogh, Jean Michel Basquiat, Edvard Munch e molti altri sofferti artisti. Tra i poeti che hanno vissuto questa condizione troviamo l’esempio di Alda Merini, che trascorse molti anni in manicomio, prima che il suo “abbandonarsi” alla forza taumaturgica della poesia, gli restituisse la libertà e la dignità sociale che le spettava.

Alda Merini

la poetessa Alda Merini

Parlando ancora di poeti va citato il caso di Dino Campana.

dino campana

il poeta Dino Campana

Il suo rifiuto del sacro “dono” dell’Arte, in lui si concretizzo con la scrittura di un unico libro “I canti Orfici”, libro nel quale il viaggio “onirico” (che ne è il filo conduttore), ricorda moltissimo il viaggio “misterico” caratterizzante l’attività dello Sciamano. L’incompleta espressione del suo immenso talento, il rifiuto di mettere la sua Arte al servizio dell’umanità, portò Dino Campana a concludere tristemente la sua vita in un manicomio. Parimenti al dono sciamanico, il “dono artistico” non può essere rifiutato, se ce l’hai e lo rifiuti, il materialismo,  sul quale spesso si fonda questa scelta, in qualche modo distruggerà l’esistenza del pavido in virtù di una esistenza appiattita nel conformismo sociale. Un conto è non avere “mezzi cognitivi” che mettano in grado di valorizzare l’aspetto spirituale della vita, un conto è sopprimere volontariamente il richiamo del proprio “Karma”, un qualcosa di più del “destino, che, come in un ossessivo “Giorno della Marmotta“, ripresenterà all’anima la sfida che ha tentato di sfuggire

Sciamano Indiano

Sciamano Indiano

A fronte di questa viltà si riceverà in cambio solo l’omologazione, il pensiero inquadrato, castrante, dissecante per chi potrebbe sviluppare i propri talenti.
Senza scomodare Cristo e la “Parabola dei Talenti”, si potrebbe citare il “Sommo Poeta” Dante, che piazza all’inferno “Colui che per viltade fece il gran rifiuto“. Dante non identifica chiaramente il personaggio al quale rivolge questa accusa di “sacrilegio”, si dice che si riferisse a  Celestino V, il Papa che per paura del gravoso impegno, rifiutò il soglio pontificio ritirandosi poi in eremitaggio. Taluni altri esegeti del sommo poeta affermano che si tratti di Ponzio Pilato, il console romano in Israele, che si lavò le mani sull’ingiusta condanna irrogata a Gesù di Nazareth. Lo sciamano può essere immaginato come un “ponte” tra il mondo terreno e il mondo dello spirito, un ponte a disposizione dei membri della società nella quale è chiamato ad operare. L’artista ha un ruolo assolutamente paragonabile, questo ci si rende palesemente chiaro se abbiamo ben compreso che, l’ Arte afferisce al mondo della spiritualità, non certo a quello della manualità, anche per questo un’opera d’Arte  non può avere un prezzo, semmai ha un “Valore” che è tutta un’altra questione. Come è noto anche gli Sciamani godono di una dignità sociale ai massimi livelli della scala, riscuotono un enorme rispetto, purtroppo, nella società materialista dei nostri tempi, non è così per l’artista.

sciamano tibetano

Sciamano tibetano

Si tende a riconoscere senza remore il ruolo del medico così come quello dell’ingegnere (del professionista in generale), ma non si fa lo stesso per il ruolo dell’artista. Non si comprende che l’artista è il nostro tramite con il trascendente, soprattutto se il suo lavoro e la sua poetica, sono intrisi della necessaria purezza e onestà intellettuale. L’Arte non è un fatto di Estetica, piuttosto, assomiglia ad una pratica magica che l’Artista/Sciamano compie, in nome e per conto di coloro che hanno rifiutato il “sacro dono”, praticamente lavorando per salvargli l’anima. Un’opera d’Arte è una specie di “feticcio”, essa è in grado di assolvere pienamente la sua opera “taumaturgica”, anche se la si vive solo da fruitori. Nello sciamanesimo e in altre antiche culture animiste, il “feticcio” non era certo una pratica inconsueta. Lo Sciamano realizza per i suoi assistiti, dei “feticci”  ai quali tenta di conferire poteri magici. Il feticcio è la “concretizzazione” del suo operato presso gli spiriti, che egli va ad incontrare nel  viaggio sciamanico” e presso i quali cerca di ottenere soluzioni per coloro che a lui si rivolgono.

Feticci Magici

Feticci Magici

L’animo umano essendo puro spirito, nel mondo materiale (nella peggiore delle accezioni) vive molto male, ecco perché ha bisogno di mantenere un contatto, un legame (anche solo simbolico) con la propria “casa spirituale”. Parlo di quell’aldilà del quale sappiamo ancora molto poco e del quale, spesso, abbiamo una profonda paura, il terrore del non conosciuto appunto. Mettendo un quadro in casa, una scultura in una piazza, ascoltando una poesia o un concerto, riapriamo quel “tunnel” che ci rimette in contatto con il mondo origine del nostro spirito, che come dei feticci, danno la concreta speranza di mantenere aperta quella porta sull’universo. Amando l’opera d’Arte della quale ci siamo innamorati, senza conoscere il vero perchè, evitiamo di sentirci dissecati, separati dalla nostra metà più vicina alla verità. Ogni essere umano in modo assolutamente incomprensibile a livello razionale, percepisce una mancanza, uno iato che spesso cerca di colmare in modi non sempre ortodossi. Chi si lascia assalire dalla depressione, chi si abbandona alla droga o alle cattiverie più gratuite o alle abiezioni più squalificanti. Spesso sentiamo che la cattiveria umana, apparentemente, non ha un senso evidente, ma riflettendoci si comprende che è una forma di rivalsa, una vendetta scellerata contro il profondo dolore che, l’essere umano prova senza capirne coscientemente il perchè. Molti illustri psichiatri e impegnati psicologi, si chiedono il perché dell’aumento esponenziale della depressione e delle manifestazioni d’ansia patologica (ad esempio gli attacchi di panico), ma non trovano la giusta chiave di lettura per questa triste fenomenologia. Queste crescenti difficolta dipendono molto probabilmente dall’approccio completamente materialistico del nostro stile di vita. La rinuncia alla ricerca dell’altra metà di noi stessi, che non è da indirizzare solamente verso il  sesso opposto, ma anche e soprattutto nella ricerca della nostra parte spirituale, dispersa nello spazio/tempo cosmico, che  solo guardando dentro di noi possiamo tentare di esplorare. Senza quella parte fondamentale la carenza è troppo importante, perché in noi non si generino dinamiche dirompenti che rappresentano il nostro “inferno” già su questa terra.

Uomo della medicina

L'Uomo della medicina

L’Arte, quella vera ci può salvare, ecco perché è importante saperla riconoscere. L’artista diviene “l’uomo della medicina”, (come spesso lo Sciamano veniva chiamato), quello che con la potenza dei suoi feticci mantiene aperto il tunnell verso la nostra metà astrale, consentendoci almeno il guardare al di la ogni volta che lo vogliamo. L’artista crea “feticci”, “simboli” che hanno il potere di distruggere le nostre ansie, placare la sindrome da astinenza spirituale che senza preavviso sempre più spesso ci assale. Un’opera d’Arte agisce meglio di qualunque ansiolitico, di qualunque stupefacente, semplicemente perché agisce nella nostra sfera più profonda, quella dell’anima. L’anima quell’unica parte di noi che si conserverà per sempre, un alito di universo e l’universo, per definizione contiene tutto (anche noi) che ne siamo una componente essenziale.

simboli vari

simboli vari

Qualcuno obbietterà che un simbolo è solo un simbolo, ma dimentica che la nostra vita è piena di simboli infinitamente potenti, il materialismo che viviamo con sempre maggiore convinzione ci obnubila l’occhio mentale, impedendoci di vederne i profondi significati. Spesso si parla di significati nascosti nei simboli, invece essi sono li per noi, chiari come l’acqua di sorgente, basta aver voglia di sforzarsi di vedere, vedere con gli occhi del trascendente. Un’opera d’Arte è il modo più intuitivo di percepire il “valore” di un simbolo. Non è un caso che, quando ci troviamo al cospetto dell’opera “giusta”, saremmo pronti a “pagarla” qualsiasi somma, proprio perchè ne percepiamo l’enorme “valore”. Ci sarebbe da parlare molto a lungo della forza dei simboli, degli “Archetipi” che sono le fondamenta del pensiero umano, non è escluso che lo farò prima o poi, intanto, è importante almeno prendere coscienza di questa “fenomenologia”. L’ enorme potenza dei simboli, ci dovrebbe risultare ben evidente se, ad esempio, pensiamo alla Santa  Croce, a quali sentimenti essa è in grado di ridestare nei cristiani. Possiamo ragionare sul peso dei simboli nella magia e nell’alchimia, così come potremmo parlare dell’impatto dei simboli sulla psiche umana, come ben riferì Carl Gustav Jung nel suo ultimo saggio “L’Uomo e i Suoi Simboli”), ma questo sarebbe certamente tutto un altro articolo….

Francesco Campoli

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Arte “moderna” e Poesia “Ermetica”

Posted in l'Arte in ogni Arte on marzo 22nd, 2012 by

di Francesco Campoli

Salve a tutti questo nuovo articolo, può essere collocato nel solco di un altro che scrissi qualche tempo fa, nel quale esprimevo il mio parere, sulla distinzione tra arte cosiddetta “moderna” e quella che definiremmo “classica”.
L’intero blog è dedicato all’ identificazione di quel “filo rosso” che lega tutte le opere d’Arte, un “feel” che percepiamo chiaramente qualsiasi forma esse si trovino ad assumere.
Ormai è noto che io non amo fare distinzione tra Arte “moderna” e Arte “classica”, o meglio considero che l’Arte, se è Arte, non necessiti di alcun altro aggettivo.
I valori che include le danno corpo e dignità, le danno contenuto e spessore a prescindere dalla tecnica con la quale è “creata”.
La mia “blasfemia artistica”, mi consente di dire che spesso c’è più Arte nella cosiddetta “Arte moderna”, che in quella che preferisco chiamare “Antica”.
Comprendo che questa sia una affermazione forte, sulla quale ho già speso molte parole, nel cercare di non essere frainteso.
Chi non avesse letto tutti gli articoli precedenti, nei quali ne parlo ampiamente, prima di gridare alla bestemmia abbia la compiacenza di andare a rileggerli.
Con il parallelismo che propongo nel titolo, desidererei fare ancora un po’ più di luce sui miei “oscuri” ragionamenti, che spiritosamente potrei definire “Ermetici”.
Mi rendo conto dell’uso spropositato che faccio delle virgolette, comincio a metterle anche nei titoli, ma purtroppo non riesco a farne a meno, specialmente cercando di spiegare le mie audaci prese di posizione.
Proprio come nella “Poesia Ermetica”, il titolo, più di ogni altro caso, è un “Continuum” (Einsteinianamente parlando) con il resto dell’elaborato.
Anticipo che personalmente vedo chiaramente un rapporto, tra Arte moderna e Arte Classica, simile a quello che si configura nel rapporto tra “Poesia Classica” e “Poesia Ermetica”, anche storicamente parlando.
Parafrasando una Proporzione Matematica, potrei dire che: l’arte “moderna sta all’arte classica, come la Poesia “Ermetica” sta alla Poesia “Classica”, vengo e mi spiego:
Cosi come pittura e scultura, hanno avuto altissimi punti di svolta a livello di “cifra stilistica collettiva”, oltre che di “Poetica”, a cavallo del “Novecento”, anche la Poesia ha seguito una evoluzione paragonabile, cosi come tante altre tecniche artistiche.

Marc Chagall "la passeggiata"

Marc Chagall "la passeggiata"

Marc Chagall

Marc Chagall

Per quanto concerne la pittura, possiamo prendere ad esempio Marc Chagall (con l’abbandono della prospettiva) e Vassilij kandinskij con l’abbandono delle “Forme” nella pittura, tra fine ottocento e il “Novecento”, fu messa in atto una profonda metamorfosi.

Vassily Kandinsky

Vassily Kandinsky

Kandinsky "Composition VIII"

Kandinsky "Composition VIII"

Nella scultura possiamo citare August Rodin, quale precursore dell’abbandono della forma classica nella scultura, realizzava opere, che pur rimanendo fedeli allo stile statuario/monumentale classico,

Auguste Rodin 1891

Auguste Rodin 1891

furono estremamente innovative nei soggetti (talvolta anche trasgressivi per i suoi tempi) oltre che nel “non finito”, valorizzava il materiale nobile con il quale erano realizzate (prevalentemente marmo).

Rodin  tra l’altro sancisce l’abbandono della “Base”, tipica della scultura classica, nella quale talvolta era addirittura integrata nell’opera medesima.

Andromeda Auguste Rodin

Andromeda Auguste Rodin

Medardo Rosso fece il passo successivo. trasfigurando le forme e esplorando materiali “non tradizionali” (ad esempio la cera) che nella scultura “classica” naturalmente erano inconcepibili visto la funzione “monumentale” che le opere spesso ricoprivano.

Medardo Rosso

Medardo Rosso

Medardo Rosso Femme à la voilette 1893

Medardo Rosso Femme à la voilette 1893

Naturalmente non si può dimenticare Marcel Duchamp, che trasformò il concetto di scultura (e di cultura), ampliandolo provocatoriamente proprio per scardinare la “società conformista” tipica dell’epoca.

Marcel Duchamp

Marcel Duchamp

Seppure la rivoluzione culturale nell’arte, nella scienza, nella società in genere, sembravano aver rivoltato il comune sentire, egli riuscì a percepire il conformismo “travestito” da anticonformismo integralista.
Riuscì a smontarlo e a ridicolizzarlo attraverso le sue tante provocazioni, a partire da “la Fontaine” il famoso “Orinatoio decontestualizzato”, (del quale ho già parlato ampiamente in un articolo precedente).
Quella de “La Fontaine” è la provocazione certamente più famosa, ma non fu certo l’unica. Lo “Asciuga bottiglie”, fece altrettanto scalpore e, in questo caso Duchamp non lo firmò con lo pseudonimo di “Mutt” (con il quale firmò “La Fontaine”), ma lo firmo chiaramente con il suo nome.

Va detto che tra i vari travestimenti “artistici” di Marcel Duchamp, non figurano solo i suddetti, il più famoso e forse il più “pensato”, fu quello che lo trasformò nel suo “alter ego” femminile: Rrose Sélavy.

Rrose Selavy

Marcel Duchamp nei panni di Rrose Selavy

Per dar forza e credibilità a questa sua “versione femminile”, firmò molte opere e molti scritti con questo nome, sin anche ad intestarle il copyright della sua famosa “Fresh Widow”.

La finestra alla francese che Duchamp realizzò, sostituendo i vetri, con dei pannelli di pelle nera.

Marcel Duchamp Fresh Widow

Marcel Duchamp Fresh Widow

Al riguardo di questa pelle, prescrisse una lucidatura “manuale” giornaliera, che qualche “malalingua” assimilò ad un simulacro della “soddisfazione dei sensi” alternativa, alla quale doveva ricorrere (per conformismo appunto), una signora che recentemente avesse perduto l’amato (Widow significa appunto “Vedova”).

Celebre la sua frase “Mi sono costretto a contraddirmi per evitare di conformarmi ai miei stessi gusti!”, dal significato profondamente e genuinamente anticonformista.
Filippo Tommaso Marinetti e altri “Futuristi” come Umberto Boccioni completarono la “svolta”, contestualizzando la loro arte nell’epoca nella quale si trovavano a vivere, o meglio, nel futuro verso il quale si sentivano proiettati.

Futuristi Russolo Carrà Marinetti Boccioni Severini

Futuristi Russolo Carrà Marinetti Boccioni Severini

Per quanto riguarda l’Arte di tutte le Arti, la Poesia, la svolta del “Novecento la dobbiamo senz’altro a Giuseppe Ungaretti, il “padre nobile” della Poesia Ermetica.

giuseppe ungaretti

Giuseppe Ungaretti

Nacque a fine “Ottocento” ad Alessandria d’Egitto, in quanto suo padre lavorava alla costruzione del Canale di Suez, “casualmente” anche Filippo Tommaso Martinetti, il creatore di tante “Poesie Futuriste” nacque anche lui ad Alessandria d’Egitto (ma sarà proprio un caso?).
Dopo il periodo egiziano, si trasferisce a Parigi dove frequenta il ghota della cultura del tempo: Guillame Apollinaire, Pablo Picasso, Braque, De Chirico, Modiglioni, Soffici, Papini, Palazzeschi,  ritrova Marinetti e per suo tramite entra in contatto con Boccioni e con altri Futuristi.

umberto boccioni

umberto boccioni

Le “parole in libertà” stilisticamente rappresentano la parte letteraria del movimento “Futurista” di Marinetti, che ne seguì varie pubblicazioni, di scritti altrui e personali.

Umberto Boccioni 1913

Umberto Boccioni 1913

I contatti con Marinetti e i vari “Poeti Futuristi”, contribuirono senz’altro alla definizione della Poetica di Ungaretti e di conseguenza di tutti i “Poeti Ermetici”.
Ungaretti ebbe una vita difficile, intersecata con la guerra, esperienza dolorosa che però contribuì molto alla sua poetica, intrisa di sentimenti profondi e di intima sofferenza.

Nella sua opera la poesia perde i “fronzoli”, che storicamente ne erano sempre stati l’elemento distintivo, caratterizzante, condensandosi in una intensa “Concretezza Poetica”.
L’accezione “Poesia Ermetica”, è figlia della difficoltà di comprensione, per chi vi veniva in contatto senza la necessaria apertura mentale e sano desiderio di comprendere.
Tutti conoscono la “sintesi perfetta” della sua poesia più famosa: “Mattina”, scritta nel 1917
“M’illumino d’immenso”
In queste poche lettere, Ungaretti riesce a concentrare mirabilmente, tutte le sensazioni che nella sua anima, fa nascere un’alba su una spiaggia davanti al sole nascente.
Ma non è “Mattina”  necessariamente il più alto esempio della lirica di Giuseppe Ungaretti, anche se ne è la sintesi migliore:
Il suo “cimentarsi” con un tema “classico”, come il ricordo di una madre morta (la sua), ha tutta un’altra forza e tutta un’altra sensibilità:

La madre 1930

E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra,
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,
sarai una statua davanti all’Eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia.
Come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m’avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d’avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.

Utilizzare parole come scalpelli che scavano nelle emozioni, le pause come le ombre di un dipinto, gli aggettivi come i colori, i “Valori” come luci, le emozioni come velature, dov’è la differenza con il migliore dei dipinti o la più raffinata delle sculture?

Salvatore Quasimodo 1953

Salvatore Quasimodo 1953

Ungaretti apre la strada al “Nobel” a Salvatore Quasimodo e da la stura ad una nuova  grande tradizione della Poesia italiana.
Tanti  poeti ne hanno seguito le orme, costruendo la nuova casa della poesia italiana, anche appoggiansosi alle fondamenta create dagli “Ermetici” (Montale e Saba in prima linea ),  fino ai nostri giorni.
Facciamo l’ esempio di Alda Merini (poetessa per nulla “ermetica”), che con la sua vita e la sua arte, conferma che Poesia e sofferenza continuano ad andare a braccetto.

Alda Merini

Alda Merini

La sua esperienza nei manicomi del secolo scorso, ne fa un martire della poesia moderna, provate a cliccare sulla foto per sentirla recitare “Terra Santa” la sintesi migliore di quell’esperienza che le segnò la vita.
Scambiare un poeta per un pazzo potrebbe sembrare una cosa d’altri tempi, ma credetemi non è così.
Che svicola dai conformismi sociali, magari non viene internato, ma viene regolarmente emarginato, rigettato dalla società degli stereotipi.
Ungaretti aprì la via ad una nuova Poesia, ma si appoggiò sull’ Arte, quello zoccolo duro sul quale poggia ogni animo umano che ricerchi i “suoi Talenti”, in ogni settore dell’attività umana.
Come spesso ho fatto prima, mi viene di pensare ad Albert Einstein,  può apparire strana similitudine ma non lo è.
Einstein aprì la strada alla comprensione dell’universo, ricongiunse Spazio e Tempo, cosi come è già da sempre nel cuore dei Poeti.
Può la Fisica mutarsi in forma d’arte, caricarsi di poesia?
Un interrogativo affascinante, ma sicuramente anche questo sarebbe tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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