Arte e Guerra

Posted in Estetica e Bellezza, Filosofia dell'arte on marzo 18th, 2022 by Francesco

di Francesco Campoli

Innanzi tutto mi devo scusare con i tanti amici che seguono assiduamente il mio Blog.
Questa volta il mio Articolo su SCULTURAECULTURA arriva con un po’ di ritardo rispetto alle cadenze abituali.
Purtroppo, come avrete immaginato, il ritardo è conseguenza di un tragico “cambio di programma”.
L’intento più volte dichiarato di SCULTURAECULTURA è trattare il tema dell’Arte, non in modo astratto e autoreferenziale, ma mettendola al centro della Vita e della Cultura del nostro tempo, esattamente in questo tempo, dove tutto appare sempre più una triste Farsa, invece quella che vediamo esplodere intorno a noi, assume ognigiorno di più i contorni di una Tragedia.
Ho voluto riscrivere l’Articolo ex novo, anche se ormai quello già scritto era ormai in via di pubblicazione, perché gli eventi epocali di questi giorni, non possono passare sotto traccia.
La Guerra in Ucraina ci ha colto impreparati, non perchè eravamo distratti, ma perchè ormai nella nostra testa, tutta orientata ad una malintesa autorealizzazione, la parola Guerra, nel linguaggio corrente “Politically correct“, sembra non dover essere contemplata.

Colosseo Ucraina

Il Colosseo illuminato con i colori della bandiera Ucraina

Per quanto mi concerne, certi accadimenti non devono essere affrontati senza far sorgere in se delle profonde domande esistenziali, come Essere Umano in generale, ma a maggior ragione per si picca di essere un Artista.
Scrivo “essere” invece che “fare”, non per un errore ortografico, ma nella consapevolezza che l’Artista non è un mestiere, una professione come le altre, ma coinvolge il proprio modo di essere, di vivere le emozioni, quelle personali, ma soprattutto gli stati d’animo collettivi.
Nulla di peggio di una guerra, che sicuramente ha risvolti sociologici e “sociali”, di grado esiziale, specialmente sui più piccoli che saranno le generazioni su cui si baserà il domani.

La Guerra è dissecante anche a livello esperienziale, spesso al punto di farci vivere una sorta di distacco dalla realtà, anche se si ritiene di essere individui emotivamente solidi.

Ucraina Guerra Milano

Milano manifestazione contro la Guerra in Ucraina

Le emozioni che si vivono in queste situazioni sono così dirompenti che è necessario analizzare, capire e soprattutto non smarrire la propria umanità.
La Dicotomia sorge in noi cercando di trovare un senso ad azioni inumane che, evidentemente, un senso non ce l’ hanno.
Se veramente, prima o poi (meglio prima), vogliamo dar reale valore all’affermazione “Mai più guerre”, che suona purtropo assolutamente retorica, ognuno deve fare veramente la sua parte.
Per gli Artisti è fondamentale misurarsi – professionalmente e umanamente – con tutte queste sconvolgenti emozioni, senza nascondersi dietro ad un malinteso simulacro di bellezza.
Retoricamente ci difendiamo sempre con le stesse scontate affermazioni, senza fare veramente passi più concreti.
Quando ripeto ossessivamente che, il superficiale accostamento di Arte e Bellezza, è un errore concettualmente madornale, mi riferisco proprio a chi nell’Arte cerca solo il “Bello” relegando l’Arte ad una mera funzione Estetica, oltretutto, “il Bello”, è un parametro assolutamente soggettivo e strettamente legato al contesto culturale di riferimento.
La vera Arte deve avere soprattutto una enorme valenza Etica, se non altro in virtù della sua penetrante efficacia comunicativa, talvolta veramente dirompente, che realmente è in grado di cambiare il mondo.
Vedere ripetersi continuamente il triste fenomeno della Guerra, ai nostri giorni, in ogni angolo della terra e nelle più svariate realtà socio-culturali mostra il senso del fallimento evolutivo di interi popoli.
La Guerra è la dimostrazione patente che questa regressione si conferma anche a livelli ancor più “globali”.
Uso la parola “globali” per stigmatizzare quanto quest’ultima, spesso sia usata in modo scorretto, in particolare nella descrizione dei fenomeni socio-economici che, come stiamo ormai chiaramente vedendo, stanno disarticolando la struttura stessa della Comunità Umana del nostro tempo.
Da molto tempo ormai, con “Globalizzazione”, si sottintende solo il fenomeno economico, invece, quello con cui ogni giorno ci scontriamo, non è solo un fenomeno economico, ma è prima di tutto, l’evidenza dell’allargarsi di crepe fatali nella struttura dell’intero  Organismo Sociale.
Queste fratture concettuali nei Principi socio-culturali (che noi stessi ci siamo sbrigati a canonizzare), rendono instabile e inadeguato un Sistema che invece si dovrebbe rispecchiare in Principi realmente “Etici”.
Le dinamiche socio-economiche sarebbero le prime che dovrebbero essere viste con la “lente” etica, ma invece si vede nel benessere economico come l’unico indice della Civiltà di una Nazione, questo diventa un principio estremamente pericoloso per la tenuta del “Patto sociale”.
Sappiamo tutti che questo metro di valutazione è sbagliato, ma sempre più siamo portati a girare lo sguardo ad accettare supinamente il concetto.
Non è strano per la gente dare per scontato che un benestante è anche una brava persona, mentre è più che evidente, che persone che hanno disponibilità economiche fuori dal comune, non sempre le conseguono in modo onesto ed eticamente ineccepibile.

Oligarchia

Oligarchia

In questi giorni sentiamo spesso la parola Oligarchi, usata come sinonimo di “Estremamente Ricco”, ma questo non è altro che il perpetuarsi del medesimo errore: Avere una visione essenzialmente Economicistica.
L’Oligarchia è essenzialmente una modalità elitaria di gestione del potere, non solo in forma etimologica (olígoi = pochi e arché = governo, “governo di pochi), ma soprattutto in termini politici.
Gli Oligarchi gestiscono il Potere, sono “Potenti”, non necessariamente sono  “Ricchi”, infatti, semmai sarebbe il meccanismo per il quale, questo genere di “Potenti” alla fine diventa sempre immensamente ricco.
Il principio è molto ben spiegato da Platone, in particolare nel suo trattato in forma dialogica “La Repubblica”.

Platone la Repubblica

Platone "La Repubblica"

Cito sempre Platone per mille motivi, nel libro VIII de “La Repubblica”, la forma di potere Oligarchica è molto ben circostanziata, invito chi non conoscesse quei passi a rivederseli, come al solito, gli scritti di Platone sono sempre estremamente illuminanti.
“La Repubblica” nei principi (ovviamente non in termini assoluti), non deve colpire perché sembra un riuscitissimo esercizio di preveggenza, per quanto stupefacente è semplicemente un ottimo esempio di “Speculazione Filosofica“.
Anche Aristotele nel suo “Politica” tratta diffusamente il tema, gli antichi Filosofi greci, proprio perché ritenevano fondamentale la gestione del Potere nella “Polis“, ragionavano molto sulla ripartizione Potere nella struttura gestionale delle loro “Città Stato”.
La gestione del Potere nella Democrazia da dêmos (Popolo’) e da kratéō (Comando), che come noto è stata ideata e applicata proprio dagli antichi Greci,  è un fattore assolutamente dirimente, non è un caso che tra i più grandi filosofi ne hanno profondamente ragionato.
Questo una volta di più, dimostra quanto la Filosofia sia sintesi razionale del Pensiero, come più volte ho scritto anche su SCULTURAECULTURA, l’Arte, essendo figlia prediletta della Filosofia, è l’altra forma essenziale del “Pensiero collettivo”.
La Filosofia è la forma analitica e razionale del “Pensare”, l’Arte è la forma di Pensiero più emozionale e creativo, a mio avviso la modalità più rappresentativa dell’ Essenza Umana.
Purtroppo Filosofia e Arte non sono le due uniche compagne del cammino evolutivo dell’Uomo,  la Guerra è stata da sempre un terribile “carattere recessivo“, e purtroppo “rigurgita” abbondantemente dalle pagine peggiori della Storia dell’ Umanità.
Al di la della terminologia para-genetica, questa esecrabile modalità di “risoluzione delle controversie”, non è una componente congenita, ma peggio, molte volte è stata e continua ad essere, una scelta “razionale”, spietata.
La Guerra mira solo alla conquista di vantaggi politici, territoriali e alla fin fine economici.
Anche nell’antico mondo greco, l’ Oligarchia sconfinava regolarmente nella “Plutocrazia“, dal Greco antico ploûtos (ricchezza) e krateín (potere), infatti sarebbe appunto più corretto chiamare così, il predominio di un ristretto nucleo di Ricchi sull’intero Organismo sociale.
La Plutocrazia è da sempre uno di quei “Caratteri recessivi” proprio della Russia, nella sua età “Sovietica” e ancor prima nella sua forma Zarista.
Questo per ricordare a me prima ancora che agli altri, che purtroppo esistono nei popoli, problemi socio-culturali “endemici”  e che la soluzione agli stessi, deve essere vista come la ricerca di una vera e propria “forma di evoluzione collettiva” delle rispettive Società.
La Guerra come “mezzo di risoluzione delle controversie”, è un evidente problema evolutivo dell’intero Genere umano,  anche la nostra coltissima Costituzione lo richiama diffusamente.
Nel testo fondamentale sul quale fu costruita la nostra Nazione, i rapporti Etico-sociali e quelli Economici, sono trattati addirittura in due differenti Titoli (Titolo II e Titolo III).

Benedetto Croce

Benedetto Croce

Non è un caso che uno dei Padri Costituenti, che definirei senza tema di smentita tra i più rappresentativi, fu Benedetto Croce, grande Filosofo anche lui, e in grandi passi della Costituzione italiana, si legge chiaramente la sua modalità ontologica e di costruzione del Pensiero.
Croce, anche per via del suo interesse accademico per l’Estetica, fu anche un apprezzatissimo Filosofo dell’Arte (vicino alla visione di Hegel) ad ulteriore conferma che, queste due discipline del Pensiero sono assolutamente complementari.
La rispettiva complementarità si evidenzia in modo ancor più eclatante, se si pensa che l’altro grande Filosofo, vicino anch’egli alla dottrina dell’ Estetica Hegeliana, Giovanni Gentile, che militò su fronti politici assolutamente opposti rispetto a quelli sostanzialmente “Liberali” di Benedetto Croce.

Giovanni Gentile

Giovanni Gentile

Giovanni Gentile fu l’ ideologo del Mussoliniano Partito Fascista, tant’è vero che alla fine venne ucciso dai Partigiani del G.A.P..
A mio modesto avviso, per le ragioni sopra esposte, è estremamente importante che l’Arte si confronti con la Guerra, ma non come magari ha fatto per secoli, come mero megafono celebrativo.
Così come avvenne per le vite dei Santi, gli Artisti molto spesso furono chiamati dai loro Committenti, a raccontare e celebrare le imprese di guerra di illustri antenati o di loro fidati Capitani di Ventura.
Non fanno eccezione neanche Michelangelo Buonarroti e Leonardo da Vinci, anche se per varie ragioni queste commissioni alla fine non si concretizzarono.

Battaglia di Cascina Michelangelo Buonarroti

Michelangelo Buonarroti "La Battaglia di Cascina"

Solo in epoca più recente, in particolare in quella Moderna, la Guerra venne finalmente fortemente stigmatizzata dagli Artisti, uno degli  esempi più eclatante fu Pablo Picasso.
Il grande artista spagnolo con il suo celeberrimo dipinto “Guernica“, denunciò e descrisse crudamente il barbaro bombardamento della cittadina basca da parte dell’aviazione nazista durante la guerra civile spagnola.
Il noto dipinto di Picasso (attualmente esposto al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid), fu al centro di una famosa diatriba tra il grande artista e un potente gerarca Nazista.
Si narra che questo comandante Nazista (che era stato inviato da Hitler per gestire le operazioni in appoggio al Generalissimo Francisco Franco), a colloquio con Picasso, disse al grande Pittore spagnolo: “Maestro, l’avete fatto voi questo orrore? Pablo Picasso gli rispose seccamente: “No l’avete fatto voi !!!”.

Guernica Picasso

Guernica Picasso

Personalmente io considero “Guernica” una delle grandi cesure tra la concezione storica dell’Arte in forma rappresentativa, appunto quella malintesa come omologa di “Bellezza”.
Una delle peggiori dimostrazioni dell’oppressione Nazista, fu in particolare quella sull’Arte Moderna, ci fu addirittura una accanita campagna di distruzione di moltissime Opere d’Arte, estremamente preziose, sia artisticamente che storicamente.
La propaganda Hitleriana definiva quella evoluzione al di fuori dei cliché convenzionali dell’Arte Classica “Arte degenerata” e lavorava ossessivamente per farla scomparire, forse anche perché Hitler, come molti sapranno, era un Pittore oltremodo fallito, tant’è vero che spregiativamente è stato più volte apostrofato “Imbianchino”, aggiungo io senza offesa per gli imbianchini.
In verità anticamente, già Hieronymus Bosch aveva già scelto di allontanarsi dai soggetti aulici tipici di molti suoi contemporanei.

Hieronymus Bosch La Tentazione

Hieronymus Bosch La Tentazione

Georges Braque

Georges Braque

La destrutturazione dell’immagine pittorica, già ricercata da Paul Cézanne e poi canonizzata nel “Cubismo” di Picasso e del suo amico George Braque, aveva appunto lo scopo di allontanarsi dal concetto di “Belle Arti” a favore di un’Arte più emozionale, simbolica ed essenziale, più vicina alla sintesi poetica dell’Artista che alla mera rappresentazione com’era sempre stato.

Napoleone Bonaparte

Napoleone Bonaparte

Uno dei più importanti committenti di dipinti sull’epica della Guerra fu Napoleone Buonaparte, che scelse di comunicare la retorica di Guerra mediante l’Arte.
Per celebrare le sue imprese di conquista e sostenere la sua immagine di grande conquistatore ordinò moltissimi lavori ai più importanti artisti dell’epoca.

Giovanni Fattori Autoritratto

Giovanni Fattori

Persino Giovanni Fattori, non certo un guerrafondaio, ricevette molte commissioni in tema di grandi battaglie e rievocazioni di scene militari, ma usò sempre la sua maestria tecnica in uno stile che definirei “documentale”.
Le sue opere a tema bellico presentano ad esempio Divise sempre estremamente accurato, ma al contrario, non usò mai esaltare le attività belliche, come invece fecero molti dei suoi colleghi, nel corso dei secoli.

Giovanni Fattori battaglia di Magenta

Giovanni Fattori battaglia di Magenta

La battaglia di Waterloo William Sadler

La battaglia di Waterloo di William Sadler

Come ho raccontato sopra, l’Arte talvolta fu assolutamente asservita alla retorica della Guerra, in particolare come mezzo di propaganda ma in realtà, quella che poi cambiò, fu la libertà dell’Artista di scegliere i soggetti da rappresentare e sempre più spesso si trovò a stigmatizzarne gli orrori.

Quando l’artista eseguiva progetti imposti dai suoi committenti, era un mero surrogato della Fotografia,  nell’evoluzione moderna del concetto di Arte, Artisti come il su citato Picasso, rappresentarono soprattutto le personali emozioni che la guerra suscitava in loro, noi Artisti contemporanei, anche a causa dell’occultamento mediatico che di solito vela le guerre dei potenti , ci siamo confrontati poco con quello che continua ad essere il medesimo orrore.
Le guerre attuali sono molto diverse da quelle affrontate nei campi. La battaglia di Magenta si svolse nei campi, quella di Waterloo avvenne in una sperduta località belga, le battaglie, in tempi recenti, purtroppo hanno avuto le nostre città citta come teatro.

guerra ucraina

guerra in Ucraina, Mariupol distrutta il 90 per cento

La Siria, il Libano l’ex Jugoslavia e adesso le grandi città Ucraine, potrebbero essere molte delle nostre città.
I palazzi distrutti, gli Ospedali, le Scuole, potrebbero essere le nostri, stavolta gli Autobus colpiti in mezzo agli incroci e i Tank in coda sulle normali autostrade, ci lasciano sgomenti, inebetiti, anche per le modalità incomprensibili.
In realtà queste immagini inquietanti, diverse nell’ Outlook ma identiche nei contenuti, sono le stesse che troviamo nei bassorilievi sull’Arco di Costantino, duemila anni fa, niente di nuovo sotto questo cielo.

Fregio con La Battaglia di Ponte Milvio

Arco di Costantino fregio con La Battaglia di Ponte Milvio

Roma arco di Costantino

Roma arco di Costantino

In realtà hanno tutte un denominatore comune: Il Male, non a caso in questi casi, in molti tratteggiano profili da Anticristo per i rispettivi protagonisti.

Ungaretti da poeta illuminato, ci ha rivelato gli orrori umani nelle trincee della prima guerra mondiale.
Richiama magistralmente in noi, immagini da gironi danteschi, rese ancora più crude attraverso il linguaggio “Ermetico” che sicuramente è il più adatto per tratteggiare poeticamente quegli orrori e soprattutto le emozioni destabilizzanti che facevano sorgere nei malaugurati attori.

Uomini in armi che si dibattono nel fango delle trincee come dannati dopo il giudizio universale.
Oggi raramente gli eserciti si affrontano totalmente sul campo, le trincee sono le barricate stradali, i missili arrivano da centinaia di kilometri di distanza, li viviamo distaccati, quasi fossero la ribalta di uno stupido videogame.
Molti dei focolai tutt’ora in armi ci sono praticamente sconosciuti, ma stavolta, in Ucraina è assolutamente diverso.

San Martino del Carso Ungaretti

Poesia San Martino del Carso di Giuseppe Ungaretti

Nelle accademie, nei Licei artistici e nelle scuole d’Arte non si insegnano tecniche adeguate a rappresentare lo sgomento che tutti noi proviamo.
Siamo spaventati soprattutto nel pensare che quel Male, probabilmente è anche parte di noi, con le parole di oggi, diremmo che è “Endemico” e nessuno se ne può sentire escluso.
Una cosa è certa gli Artisti in genere sanno leggere introspettivamente in se, quel Male riescono anche ad intravvederlo, ma non sappiamo ancora dipingere i quadri giusti, non abbiamo ancora i colori giusti, forse perchè quelli che abbiamo sono per “Belle Arti” e, nella guerra, non c’è proprio nulla di bello.
Siamo creativi, dovremmo saper urlare lo schifo per l’inutile morte di un bambino, ma la Guerra è distruzione, l’antitesi esatta della creazione.
Ci dovremo lavorare, dobbiamo trovare strumenti giusti, fare monumenti con brandelli di muri crollati, piramidi con i sacchi di sabbia, tappeti di schegge di vetri scoppiati.
L’Arte, lo sappiamo da un pezzo, perchè ce l’ha detto e ripetuto molto chiaramente Theodore Adorno, nel suo “Teoria Estetica“.
Abbiamo necessità di riconfigurare il ruolo per l’Arte, abbandonare l’esteticamente bello sostituendolo con il dannatamente vero.
Era appena finita la guerra quando Adorno scrisse quel suo saggio, un Filosofo ebreo, che sapeva bene che nulla sarebbe stato più come prima, in ogni guerra l’unica arma contro quell’orrore è l’Arte e la sua potente valenza taumaturgica.
Sono passati più di settant’anni e dovremmo stupirci di non aver capito ancora, che questo è un concetto fondamentale, l’Arte non è una bella statua in giardino o un bel quadro colorato in salotto, non possiamo continuare a pensare all’Arte come ad una vecchia modalità per descrivere Uomini e cose del passato.
L’Arte è viva e deve portare verità ogni giorno, deve aiutare a costruire il futuro, un futuro che nasca dentro le nostre anime più che nel nostro portafoglio, ma anche questo, come al solito, sarebbe tutto un altro articolo.

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Arte e Coronavirus

Posted in Estetica e Bellezza, Filosofia dell'arte, Il "Valore" dell'Arte on novembre 14th, 2020 by Francesco

di Francesco Campoli

In questo difficile momento in presenza della sussistente Pandemia, siamo tutti presi a difenderci dall’attacco del “Coronavirus“, non potevo non approfittare dell’intento introspettivo da molti dichiarato – spesso in forma assolutamente retorica – per scrivere finalmente un nuovo articolo su “Sculturaecultura“.
Questo evento da tutti percepito come epocale, e senz’altro lo è, però sembra avere effetti tra i più disparati (talvolta, purtroppo anche disperanti), a seconda della personale struttura emotiva.
Questo concetto piuttosto complesso, ai più è praticamente sconosciuto almeno nella sua accezione più tecnica, per noi gli operatori del mondo dell’Arte, è un concetto estremamente importante.
Tutto dipende dal “Valore” che si da all’Arte, come ormai tutti saprete, da sempre cerco di mettere in guardia dal leggere l’Arte solo nella sua dimensione estetica, personalmente all’Arte, attribuisco sempre una grande valenza Spirituale come tra l’altro era per Kandinskj e prima ancora di Goethe.

Lo spirituale nell,arte vasilij kandinskij

Lo spirituale nell'arte Vasilij Kandinskij

Per inquadrare meglio il microrganismo che in questi mesi si impone prepotentemente alle cronache, va detto che “Virus” in Latino significa “Veleno“.
Questo termine illustra fin troppo bene l’effetto di questi microrganismi sugli esseri che colpisce, per fortuna non sempre ci dobbiamo riferire a Virus letali, comunque, certamente questo genere di infezioni non sono mai una iniezione di salute e benessere.
Il vero nodo della situazione particolare che stiamo vivendo, sono le azioni che siamo costretti a mettere in atto per difenderci, perchè interagiscono moltissimo con la nostra psiche, con il nostro “Stato emozionale“.
Le specifiche percezioni sono assolutamente personali e ovviamente proporzionali alla nostra dimestichezza con le questioni filosofico/esistenziali.
Non bisogna essere certo dei luminari delle “Neuroscienze” per capire che, in casi come questi, avviene una sorta di “Rebound” emozionale.

neuroscienze

Le neuroscienze

All’inizio si vive una sorta di disorientamento, di immobilismo, come è stato evidente nel periodo di stretto “Lockdown” che abbiamo recentemente vissuto, scambiato da Analisti superficiali, come una straripante “Coscienza sociale” finalmente riconquistata dal Popolo italiano.
Questa valutazione cozza duramente con le manifestazioni vicine all’insubordinazione (talvolta con forti accenni di Insurrezione), ai quali invece abbiamo assistito soprattutto negli ultimi giorni, nell rischio incombente di un nuovo periodo di clausura generalizzata.
In realtà quella stasi sociale che appariva quasi prona, nascondeva invece un rifiuto della realtà oggettiva, in questi casi, come è noto, la mente reagisce appunto con un rimbalzo emotivo, sia nel singolo che a livello di “Organismo sociale” (vicino a quello concepito da Marx e Engel).
Al di la del concetto “Funzionalista“, sia nell’accezione sociologica che in quella antropologica, che inteso come mera allegoria è piuttosto intuitivo, al contrario è una teoria sociologica piuttosto complessa, ma non essendo questa una sede accademica di trattazione della scienza sociale, ci possiamo accontentare di comprendere semplicemente le dinamiche utili a comprendere meglio la nostra condizione animico-emozionale.

Curva Stress

La reazione all’evento stressante ha solo due possibili polarità: Una reazione a carattere positivo, ricca di stimoli creativi, di reazioni serene, felici, talvolta addirittura euforiche, oppure, al contrario, possono emergere reazioni negative, come nella Sindrome da Stress post-traumatico, infelicità, mestizia, tristezza e purtroppo, in casi estremi, anche manifestazioni conclamate di “Depressione“.
In situazioni eccezionalmente critiche, come può essere un Attacco Virale Globale, l’Essere umano è naturalmente portato ad interrogarsi sui perché, magari non sempre lo fa in modo totalmente lucido, ma è un comportamento “naturale”, oserei dire una “Caratteristica evolutiva“, un modo per cercare di acquisire strumenti utili all’Evoluzione della specie e in particolare alla sua conservazione.
Ed è proprio la disponibilità di “Strumenti” di comprensione, che determina la direzione del “Rebound emozionale” sopra descritto, che è evidentemente funzione delle conoscenze specifiche e limiti culturali o funzionali sussistenti, reagire ad una sollecitazione emozionale così invasiva non è cosa semplice, soprattutto perché facilmente sfugge all’elaborazione razionale e soprattutto perchè non esiste possibilità di un “Problem Solving” individuale.
Non avendo particolari chances di mettere in atto delle efficaci contromisure personali, sarebbe d’aiuto un cosiddetto “Compito di realtà“, ma al di fuori di un mero esercizio teorico, mancano i presupposti sociologici per poterlo progettare, essendo di fronte ad un evento praticamente sconosciuto dovendo risalire alla “Spagnola” del 1918 per trovare un evento paragonabile a livello emozionale.

Coronavirus

Coronavirus

Ragionare per “Convenzioni” più che una semplificazione, di fatto, è sempre un “ossimoro“, è certamente più chiarificante ragionare sul valore reale delle parole, ed è sempre una opportunità preziosa per guardare le cose da un diverso punto di vista.

Affrontare un problema da diverse ottiche, serve sempre a comprendere meglio i termini di un problema.
Un Attacco Virale Globale è convenzionalmente chiamato “Pandemia” quando il contagio (ascrivibile ad un medesimo “agente patogeno“), è allargato a tutto il Pianeta.
Al contrario la parola “Epidemia“, erroneamente usata per indicare una infezione circoscritta ad una specifica area geografica, in realtà, etimologicamente deriva da ἐπιδήμιος «che è nel popolo», composta da “ἐπί” (Epì) «sopra» e “δῆμος” (Demos) «popolo»), quindi significa “Sopra al Popolo”, di conseguenza, “semanticamente” riferibile ad un gruppo di persone e non ad un’area “geografica”.

pandemia

Pandemia

Pandemia invece è derivante dal greco πανδήμιος (Pandemos), composta da παν, (Pan) “Tutto” e δῆμος (Demos), di conseguenza significa “Tutto il Popolo”, quindi contrariamente a ciò che normalmente si tende a credere, non ha una connotazione “geografica” ma è riferita all’Uomo in quanto Essere umano, Ente universale non limitato da Convenzioni geografiche, cioè quelle che abitualmente definiamo “Confini“.

Confine convenzionale

Questa lunga premessa è importante per poi riportare il ragionamento nel giusto alveo, cioè quelle utile alle tematiche artistiche proprie di questo “Blog“.

Ciò che riguarda profondamente l’Uomo nella sua essenza, sicuramente può essere letto anche dal punto di vista “spirituale“, da non confondere assolutamente con quello “Religioso“.
Parlando di Religione si entrerebbe tra i soliti, rispettivi distinguo di carattere “Teologico“, per non dire anche di quelli “Liturgici” delle specifiche confessioni.
Questo non è affatto nelle mie intenzioni, anche se, come è ormai noto, le “Religioni comparate” sono uno degli elementi caratterizzanti della mia “Poetica” e del mio “Processo creativo“.

Teologia di Raffaello Sanzio

La Teologia di Raffaello Sanzio

Molto spesso in questi miei articoli ho dichiarato di comprendere l’Arte nella “Sfera spirituale“,  ma non voglio concentrare il discorso esclusivamente nell’ambito della “Trascendenza“, e pur senza per questo ritenermi un “relativista“, penso che questo sia un modo sociologicamente accettabile per guardare agli accadimenti della nostra Storia.

popoli migranti

Popoli migranti al confine Turco

Ogni evento catastrofico può essere letto in una chiave alternativa, semiologica, simbolica.

Un’epidemia virale che di fatto sconvolgerà il sistema Economico/Sanitario al quale eravamo abituati, è lo “Stereotipo” perfetto di un evento che è naturale interpretare in senso “Millenaristico“.
L’evento Coronavirus ha messo in evidenza la fragilità dell’attuale Sistema Economico approccio economico strettamente utilitaristico ed economicistico, volendo potremmo pensarlo come un evento da leggere addirittura in senso “escatologico“.
Ogni giorno in tutti i telegiornali, in tutti i “Talk show“, oltre al vaticinio di un “Sistema economico” sull’orlo del collasso, che, a Pandemia finita, non sarebbe affatto in grado di ritornare allo stato pre-Covid, lo fa apparire in tutta la sua inconsistenza.
Riflettendoci fuori dai condizionamenti emozionali, in realtà parliamo di pochi mesi di lotta contro il Virus, ma secondo i grandi Soloni internazionali dell’Economia, rischiamo di essere trascinati in un gorgo recessivo dissecante.
Non voglio qui analizzare tutte le dinamiche scandalose di questo tipo di  Struttura organizzativa strettamente “Materialista”, ma non posso non ricordare che, con il crollo del Sistema economico crollerebbe anche il “Sistema sociale” Ente al quale si da sempre minima importanza ma che in realtà è quello che concretizza il “Patto sociale“.
Le funzioni nell’ organizzazione sociale sono strettamente connesse, anche perchè le attività sociali in genere, necessariamente attingono alle risorse economiche generali, (questo avviene particolarmente per quelle dedicate al sociale) derivanti dalle varie classi di tassazione.
Un Sistema economico come quello nel quale viviamo, basato ormai sulla massimizzazione dei tornaconti personali e al mantenimento di privilegi acquisiti, anche a discapito del prossimo, alla fine non può che disgregarsi.
Il collegamento diretto dell’Arte con il “Sociale“, risiede in particolare in quella funzione che sempre più viene riconosciuta all’Artista: La stigmatizzazione delle dinamiche del suo tempo e soprattutto la ” Denuncia”.
Ci sono correnti artistiche che fanno della “Denuncia Sociale” la loro stessa ragione di vita, come ad esempio il fenomeno della “Street Art”, che vede in “Bansky“, uno dei suoi esponenti più famosi,

Balloon girl Banksy

e “Lucamaleonte” uno dei massimi rappresentanti di questa corrente in Italia, molto conosciuto anche nel mondo.

Omaggio a Gigi Proietti

Lucamaleonte omaggio a Proietti

Non è nel tema di questo articolo, ma in realtà quella della Denuncia Sociale non è esclusivo appannaggio delle correnti contemporanee, magari in forma meno totalizzante, anche diversi artisti del passato si sono sentiti chiamati a richiamare l’attenzione pubblica, come ad esempio Giuseppe Pellizza da Volpedo (famoso il sue “Quarto Stato”),

Quarto Stato Giuseppe Pellizza da Volpedo

"Quarto Stato" di Giuseppe Pellizza da Volpedo

o  “Renato Guttuso” che fu anche Senatore della Repubblica o posso chiamare in causa “Aligi Sassu” che sentiva particolarmente questa tematica e, non solo perchè mi onora della sua amicizia, mi fa piacere citare  “Caio Gracco” (in quanto contemporaneo (con qualche anno in più di Bansky), per le sue iniziative di denuncia delle incongruenze sociali del nostro tempo, come la sua “Così ci vogliono“.

Caio Gracco così ci vogliono

"Così ci vogliono" Caio Gracco

Personalmente ho cercato di dare il mio contributo con una proposta “alternativa”, come quella di “Social Threefolding” un sistema economico e di organizzazione sociale, proposto da “Rudolf  Steiner“  sistema sul quale ho cercato di porre l’accento con questa scultura presentata in una mostra diversi anni fà.

"Social Threefolding" Francesco Campoli

Questa mia indicazione/provocazione, non vuole proporre il Sistema di Steiner come alternativa nello specifico, ma per far capire che esistono delle alternative, anche a prescindere dai Sistemi Social-comunisti che purtroppo abbiamo conosciuto in tutte le loro controindicazioni.

Nelle realtà che hanno concretizzato l’ideale Marxista, addirittura si è arrivati a prevaricare le libertà dell’individuo a favore dell’Idea, cosa che tra l’altro non era nelle indicazioni del filosofo tedesco.

Karl Marx

Karl Marx

Principalmente mi interessava una organizzazione sociale fondata anche sull’aspetto animico dell’Essere umano, nel “Fil Rouge” della mia visione artistica.

Das Kapital Marx

Das Kapital Marx

La Società prefigurata da Steiner e da lui ampiamente articolata in diverse Conferenze pubbliche (anche tra gli operai di grandi fabbriche della Germania del suo tempo), metteva in primo piano il rapporto spirituale tra l’Essere umano e la Società in particolare nella relazione con gli altri Esseri Umani, in particolare nell’ottica dell’evoluzione delle rispettive Anime e nello “Spirito” dei popoli.

Personalmente, questo è un punto di vista che tengo in gran conto, tanto è vero che spesso, molti dei miei lavori cercano di alzare l’attenzione sulla “Vexata questio”.
L’inconsapevolezza del valore animico dell’individuo, delle sue appartenenze culturali e soprattutto della sua interazione con la Struttura sociale, sono all’origine di un altro esecrabile fenomeno, universalmente definito “Il Razzismo”.
In verità non è la cosiddetta “Razza” a scatenare quelle che sono le nefandezze che tutti ben conosciamo, ma appunto le dinamiche sociali e antropologiche che ho messo in evidenza.
Ad esempio ho affrontato questo tema nella mia scultura “Racial divide” e in quelle della sua serie, come memento di un problema trascurato ma soprattutto no compreso nelle sue reali dinamiche.

Racial divide Francesco Campoli

"Racial divide" Francesco Campoli

Rudolf Steiner

Rudolf Steiner

Secondo il mio modo di vedere, non è così sbagliato definire “Diabolico” il sistema capitalistico attualmente “vigente”, anche se forse quello che vediamo non è realmente il Capitalismo prefigurato da Adam Smith.

A dire il vero il termine “Capitalismo” fu coniato dal Karl Marx, nel suo celeberrimo saggio “Il Capitale“, il testo madre al quale si rifanno le ideologie di origine marxista.

Adam Smith

Adam Smith

Adam Smith non era un economista come si potrebbe pensare, ai suoi tempi (1790) l’economia no era una disciplina accademica, come la conosciamo oggi, ma era un Filosofo come Marx del resto.
La parvenza di scientificità che danno all’Economia le istituzioni Universitarie, in realtà è smentita dalle molteplici specializzazioni, master e dottorati che poi propongono.
Le stesse distinzioni che vanno per la maggiore, il “Liberismo“, contrapposto all’approccio economico Keinesiano,  fondato sulle teorie dell’economista inglese John Maynard Keynes (1933), se approfondite, mostrano una filosofia di fondo talmente diversa, da apparire concetti assolutamente avulsi tra loro.

Resta fermo il concetto che desideravo evidenziare e cioè, che la Filosofia, come avviene in ogni altro contesto è quella che da la stura per comprendere le attività Umane.
Dalla filosofia non si può prescindere in ogni disciplina, esiste sempre una possibile analisi filosofica, se non addirittura una specifica teoria, ovviamente questo vale anche nel campo dell’Arte.

Benedetto Croce e l'Estetica dell'Arte

Come più volte ho scritto in vari articoli, non è un caso che in Italia continui a sussistere l’equivoco “Arte sinonimo di bello“, che limitano l’evoluzione dell’Arte contemporanea e financo dell’Arte Moderna, purtroppo la “Tesi filosofica” di Benedetto Croce, è uno dei fondamenti delle analisi dei nostri Storici dell’Arte, tra l’altro, senza che siano elaborate le opportune “Antitesi” e peggio ancora nessuno neanche azzarda una “Sintesi” .

John Maynard Keynes

John Maynard Keynes (1933)

Il sistema economico attuale, ormai praticamente “Pensiero Unico globalizzato“, ha generato diffidenza, mancanza di rispetto delle regole di convivenza civile, prevaricazione sul prossimo il tutto giustificato da una competitività estremizzata che giustificherebbe ogni mezzo che porti ad acquisire posizioni di vantaggio,
La cosa si nota particolarmente nel modo di comportarsi negli “spazi sociali”, (Condomini, Supermercati, Mezzi pubblici, Ospedali, Amministrazioni Pubbliche, Luoghi di Lavoro, ecc.) che  vorrei far sommessamente notare, “Casualmente”, questi spazi sono il teatro principale della guerra al Covid 19.

Su certe cose non uso parlarne neanche tra gli addetti ai lavori, ma mi richiamerei all’utilizzo rituale dei simboli messo in atto recentemente anche da Sua Santità Papa Francesco, che in una piazza San Pietro spettralmente deserta, sotto una poco rassicurante tempesta di pioggia e vento, ha praticato pratcamente un rituale esorcistico, benedicendo Urbi et Orbi con un grande ostensorio con all’interno il “Corpus Christi” alla presenza di un Crocifisso, che già era stato protagonista in situazioni molto simili del remoto passato e della sacra Icona Della Vergine “Salus Populi Romani” per l’occasione traslata dalla basilica di Santa Maria Maggiore, da dove normalmente vigila sulla salute del popolo romano.

Bergoglio Urbi et Orbi contro il Coronavirus

Urbi et Orbi contro Il Coronavirus

Simboli Religioni

Simboli di varie Religioni

L’Arte è una disciplina che fa ampio uso di simboli (come tra l’altro quasi tutte le manifestazioni legate alla spiritualità).

Chi non è avvezzo alle dinamiche della Creazione Artistica, a primo acchito potrebbe non avere contezza di questa realtà, purtroppo quello che è assolutamente più nefasto, è che questa “distrazione”, spesso accade anche a molti attori del mondo artistico.
l’Arte è espressione simbolica della “realtà“, anche quando apparentemente cerca vie espressive nella rappresentazione figurativa, come ampiamente dimostra la Storia dell’Arte.
In un mio “precedente articolo” su “Sculturaecultura“, ho parlato largamente della potenza dei simboli e ancor più chiaramente della scelta dell’Artista di rappresentare simbolicamente situazioni e sensazioni.
L’uso dei simboli non è per mantenere un approccio “Esoterico“, segreto, ma più semplicemente per costringere l’interlocutore a pensare, a sforzarsi di comprendere.
L’Artista è colui che vive in nome e per conto della comunità esperienze, che sarebbero magari troppo forti in forma Essoterica, non alla portata emotiva di tutti.
Spesso ho definito l’artista uno  “Sciamano“, semplicemente perchè può rappresentare una “Via”, se necessario espressa in forma simbolica, l’Arte come stimolo alla consapevolezza.
Proseguendo con il parallelismo con lo sciamanesimo, ho scritto che l’opera d’Arte è più o meno come un “Feticcio”, ovviamente parlo di una vicinanza di carattere propiziatorio, esteticamente le due cose hanno veramente poco in comune, ma non è così per quanto riguarda l’azione “apotropaica“, l’accostamento non deve far sorridere.
Più che bellezza, l’opera d’Arte crea una potente aura di positività, ed è anche per quello che spesso ci sono opere d’Arte a guardia di importanti piazze, di luoghi Santi o spesso di porti, anch’essi “porte” da e verso l’ignoto, da sempre accostato al mare.

Colosso di Rodi (Barclay)

Colosso di Rodi (Barclay)

La Statua della Libertà può rappresentare un esempio, come lo era al suo tempo il “Colosso di Rodi”, guarda caso eretto da un popolo come gli antichi Greci, una popolazione anch’essa a forte connotazione sciamanica.
Altra annotazione che a mio avviso vale la pena di fare, è che probabilmente è anche per questo nella antica Ellade presero corpo altre forme d’Arte estremamente importanti, assimilabili a rituali “Catartici” come la “Tragedia Greca“, veri e propri rituali collettivi a sfondo sciamanico, che da questa forma di attività collettiva prendevano la loro ragion d’essere.
L’analisi in effetti potrebbe essere assolutamente ampliata, finora abbiamo fatto riferimento a quelle che nel Medio evo erano definite ”Arti Liberali“, tutte quelle Arti che danno per risultato un oggetto fisico, che si possono immaginare come una “condensazione” delle Emozioni, ma molte altre forme d’Arte (come ad esempio la Poesia, la Musica, la Danza), sono frutto di happening momentanei, opere immateriali nate per rilasciare all’istante quell’Aura positiva della quale accennavo sopra.
Queste attività non vanno pensate come “Opere disperse”, semplicemente perchè come ormai è ampiamente dimostrato, non solo da Albert Einstein.

Molto chiaro anche il TED nelquale lo spiega il professor Carlo Rovelli un fisico italiano di fama mondiale.

il tempo non esiste Carlo Rovelli

"Il tempo non esiste" Prof Carlo Rovelli

\”Il tempo non esiste\” Carlo Rovelli

questa affermazione è molto importante per il collegamento che ha nella definizione di Arte per tutte le sue manifestazioni in forma immateriale, ma lo ha comunque anche per quelle a carattere materiale.
E’ un tema estremamente interessante, ma come dico sempre:
“Questo è tutto un altro Articolo”

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Arte e Contenuti

Posted in Estetica e Bellezza on agosto 1st, 2017 by Francesco

Di Francesco Campoli

Su Sculturaecultura, molti miei articoli sono stati dedicati alla definizione sostanziale di Arte, da intendere possibilmente come concetto univoco, comunemente riconosciuto e riconoscibile.
Dal momento che, appare sempre più chiaro che il vocabolo Arte, è utilizzato molto a sproposito, spesso in buona fede, ma altrettanto frequentemente con intento strumentale, magari anche inconsapevolmente, in virtù della diffusa cattiva abitudine di parlare per luoghi comuni.
Come il “cacio sui maccheroni”, che spesso è aggiunto ad una ricetta per dargli un maggiore carattere che altrimenti non avrebbe, così il vocabolo Arte viene” sparso” generosamente nell’intento di nobilitare funzioni, già di per se nobili, nel loro contesto, come ad esempio quella artigiana ( Arte del legno, Arte del Ferro, Arte del Gelato, ecc.) o funzioni di tipo professionale (es. Arte del Design, Arte del massaggio, persino l’Arte dell’ingegneria, che forse è addirittura  una contraddizione in termini.
Ad un professionista si riconosce particolare valore, proprio in virtù della standardizzazione dei risultati che ottiene, in questo gli ingegneri sono una garanzia, ma non si può certamente dire che siano degli artisti.

giuseppe ungaretti e eugenio montale

Giuseppe Ungaretti e Eugenio Montale

Ad un poeta “Ermetico” si concede, giustamente, una strutturazione del linguaggio ardita, al limite dell’anarchico, al contrario, non si è mai visto lodare un Oculista per un intervento di cataratta inconsueto, che non ridia al paziente una funzionalità visiva perlomeno accettabile.
Al di la dell’artificio retorico e ridondante che ho utilizzato provocatoriamente, sempre con l’intento maieutico che più volte ho dichiarato in vari articoli precedenti, ho voluto stimolare chi legge a considerare con la dovuta attenzione, ciò che gli viene proposto a maggior ragione se si parla di Arte.
Ho pensato che fosse il caso di portare all’attenzione dei lettori anche questo importante aspetto della comunicazione dell’Arte, che, come più volte ho dimostrato con le statistiche del blog, lettori che, bontà loro, di giorno in giorno crescono con un gradiente esponenziale.
Nel momento in cui si accetta l’onere e l’onore di proporsi quale artista, è fondamentale crearsi una Road Map degli obiettivi, soprattutto per far si che queste linee guida del proprio lavoro, siano ben chiare nei propri interlocutori.
daverioPiù di una volta ho stigmatizzato la triste abitudine di molti colleghi, di farsi presentare, e spesso, purtroppo, anche “rappresentare” da critici di varia fama, nella convinzione che questo li accrediti maggiormente nei confronti del pubblico, (o peggio ancora degli acquirenti), io invece ritengo che nessuno meglio di loro stessi possa spiegare le proprie personalissime scelte creative.
L’Arte, a differenza delle funzioni che sopra ho portato ad esempio, non può avere una funzione pratica, operativa, altrimenti rientrerebbe nella casistiche operative sopra accennate.
L’Arte deve trattare argomenti, concetti, fatti reali o esistenziali, dinamiche sociali finanche teoretiche, filosofiche, religiose, spirituali, o qualsivoglia che l’artista ritenga di dover trattare, con la tecnica che egli ritiene più opportuna.
Se cosi non fosse, l’Arte si relegherebbe ad un ruolo meramente comprimario,  decorativo, estetico o di intrattenimento, come fa la musica in un Piano Bar, sostanzialmente ben diversa dal Requiem K 626 di Mozart o dall’Andromaca di Euripide

Andromaca di Euripide

Andromaca tragedia di Euripide

, che come tutte le tragedie Greche, esplica la sua Funzione primaria è richiamare specifiche attività catartiche, che l’Essere umano è chiamato a compiere, nonostante la sofferenza che impongono, per valorizzare la propria esistenza.
E’ un po quello che succede all’artista, che io, personalmente, più volte ho paragonato ad uno Sciamano, che viaggia nella terra delle ombre e dei morti, per conto della comunità in cui opera.
L’Arte, assimilata alla bellezza, è una visione consolatoria, molto occidentale, oserei dire molto “italiana”.
La bellezza sta all’Arte, come l’Estetica sta all’intera Filosofia, l’Arte, che si sfila dall’esecrabile equivoco della bellezza, è quella nella quale l’artista dichiara i contenuti che con quel lavoro intende portare alla pubblica attenzione.
l’Arte non è funzione ma contenuti, talvolta è narrazione, tal’altra volta evocazione, induzione all’emozione.
In quest’ultimo insieme rientra l’Arte Astratta, comprendendo nel concetto di emozione il mood spirituale, quella scintilla di universo che, per il vero artista, è sufficiente a squarciare il buio di quelle tenebre che, ogni giorno riscopriamo nella nostra vita.

Estetica e Arte

Estetica e Arte

Cattiveria, guerra, violenza, sulle donne, sui bambini, sugli altri, sull’intero mondo inteso anche come ecosistema, poco hanno a che fare con l’Estetica e con la bellezza.
Come un artista può migliorare tutto questo? Per me è il lavoro di ogni giorno, ma questo è tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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Ridefinire l’Arte: Qualcuno le deve pur fare!!!

Posted in Estetica e Bellezza, Filosofia dell'arte on febbraio 6th, 2012 by

di Francesco Campoli

La “Main Question” di questo blog, è ormai nota e dichiarata: “Cos’è l’Arte?”, un obiettivo ambizioso: Fare un po’ di chiarezza nell’odierno “mondo dell’arte”.
Non è una mia forma estrema di presunzione, come si potrebbe pensare, dato che non sono certo il primo a cercare questa risposta, é un interrogativo che ci può aiutare a contribuire alla sopra citata chiarezza.
Devo chiarire, a scanso di equivoci e prima che qualcuno salti sulla sedia, che non è che mi ritengo più competente di altri ben più illustri predecessori, che prima di me si sono posti la stessa domanda.
In realtà quindi, questa “spropositata” domanda è un mero “esercizio speculativo”, che personalmente mi sono imposto, per dare dei “Valori” alla mia “Ricerca artistica”.
Ho lasciato che per anni la “vocazione” artistica si consolidasse in me, per evitare di disperdermi in attività “artistoidi”, completamente fuori tema, come purtroppo ho visto fare, da molti cosiddetti artisti che mi è capitato di incontrare.
Professionalmente io arrivo dal tanto decantato mondo della comunicazione, in particolare negli ultimi anni (otto), ho lavorato nella pubblicità, un mondo che autoreferenzialmente di definisce “Creativo”.
Questo aggettivo aveva attratto anche me, che della creatività avevo sempre fatto un punto di forza.
Alla fine la pietosa bugia che vivevo tutti i giorni (con la quale si consolano ancora molti grafici ed “Art director”), ha mostrato la corda, non foss’altro per manifesta incoerenza con l’ “Environment sociologico”, che ci accerchia ineluttabilmente
Quando un vocabolo è tanto articolatamente abusato, è fondamentale ritrovarne il significato reale, o magari definirne uno nuovo, non costituire un nuovo “ismo”, come da sempre usa fare, ma riuscire ad arrivare all’essenza.
Sarebbe ora di uscire dagli stereotipi di arte, “interpretata” da “esegeti” spesso non richiesti di artisti ai più vari livelli, è ora farsene una coscienza propria, servirebbe all’umanità.
Non è una affermazione retorica, è piena coscienza della profonda funzione dell’arte, per chi come me vuole vivere d’arte, dargli una connotazione meditata, equivale a trovare la propria identità d’artista, consentendosi di lavorare a ragion veduta.
Nel mondo di oggi, spesso l’arte è confinata nella sua funzione estetica, l’ Estetica è una importante branca della filosofia, che si relaziona col “bello” e talvolta entra in contatto con l’arte.
Spesso molti sembrano non avere coscienza, che l’ “Estetica” non basta di certo per definire l’arte.
E’ senz’altro una riflessione interessante da fare insieme, ma non ora, ovviamente perchè anche questo è tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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Il Brutto dell’arte

Posted in Estetica e Bellezza, Filosofia dell'arte on febbraio 2nd, 2012 by

di Francesco Campoli

Il gioco di parole nel titolo , vuole essere uno stimolo a riflettere circa le mie affermazioni sull’arte, una piccola provocazione per spingere i lettori a comprendere meglio le mie convinzioni.
Bellezza e suo contrario, come insistono nel mondo dell’arte? come sono percepite dai fruitori? Non si può non farsi questa domanda, riflettendo sul mondo dell’arte e la sua evoluzione nei secoli.
Parlando superficialmente di arte, è molto facile sentir “sproloquiare” di bellezza, quale essenza fondante in un’opera d’arte, ma allora si può parlare di arte se viene rappresentato qualcosa di oggettivamente brutto?
Tra l’altro tra le pieghe di questa domanda, si inserisce anche il trito e “ritrito” confronto, tra arte figurativa e arte informale, diatriba che si collega al quesito esposto sopra, in quanto esiste ancora qualcuno che sostiene che la “cosiddetta” arte moderna, sia troppo brutta per essere arte.
Ci sono stati grandi artisti del passato, che spesso hanno rappresentato anche cose “esteticamente” non particolarmente gradevoli, magari con grande maestria tecnica e andando all’essenza della loro rappresentazione.
Pablo Picasso lo fece in Guernica, un’opera che desta l’interesse di almeno un milione di visitatori l’anno, ma che per varie ragioni, non può essere presa ad esempio di opera d’arte che si fonda sulla rapresentazione del bello.
Picasso concependo il “Cubismo”, probabilmente intendeva proprio superare  il tabù della bellezza nell’arte, a favore dell’essenza del messaggio, attraverso l’utilizzo di un simbolismo meno “velato”, che magari esisteva anche nell’arte classica.

Guernica Picasso

Guernica Picasso

Quest’opera è un manifesto contro gli orrori di tutte le guerre, prende spunto dal tragico bombardamento della città basca di Guernica, durante la guerra civile spagnola.
Tirare in ballo la “bellezza” in quest’opera d’arte,  non è certo automatico, la bellezza del colore altrettanto, avendo Picasso a scelto di non usarne.
C’è da dire che è difficile, immaginare una scelta migliore, per esaltare la drammaticità della situazione e il prevalere della violenza, su tratti umani più edificanti.
L’essenzialità del tratto, non toglie nulla al ventaglio di emozioni terribili che Picasso desiderava rappresentare, alla faccia degli esercizi di tecnica che magari possiamo trovare in Rembrandt,

La Ronda di Notte Rembrandt

La Ronda di Notte Rembrandt

troviamo invece simboli e simbolismo ai più alti livelli, forza espressiva e certezze nella composizione, skill certo non deficitarie tra le prerogative “tecniche” di Pablo Picasso.
Rimanendo comunque nel solco della riflessione iniziale, voglio portare un esempio al di fuori della poetica cubista, di disinteresse verso la “rappresentazione del bello” : Hyeronimus Bosh.
Un esempio a mio avviso particolarmente calzante.  Hyeronimus Bosh seppure ispirato da tematiche molto diverse da quelle viste sopra, si esprimeva prevalentemente su contenuti a sfondo religioso/filosofico ed esoterico, che andavano per la maggiore all’epoca dello scisma luterano.
Con grandissima tecnica e manualità, Bosh non si può certo dire che cerchi il bello, anzi, magari si può pensare ad una compiacenza nell’indugiare sulla sua bravura.

Hieronymus Bosch La Tentazione

Hieronymus Bosch La Tentazione

Il famoso pittore fiammingo, che con i suoi lavori ispirò al connazionale Erasmo da Rotterdamm, il famoso “Elogio della Follia”, a prima vista sembra mostrare un mood visionario.
In realtà andrebbe evidenziata la sua enorme creatività, oltre alla disponibilità di maestria pittorica di altissimo livello, una creatività strettamente compressa nella “forma”, infatti è ancora piuttosto lontano l’avvento dell’arte informale.

Erasmo da Rotterdam

Erasmo da Rotterdamm

Sembra incredibile che il riconoscimento della “follia creativa”, quale esercizio necessario all’evoluzione dell’umanità intera, resti tutt’ora argomento praticamente ignorato.
Come è noto nel 1.450 fu  Erasmo da Rotterdamm con “Elogio della follia” a porre scientemente la questione, ma giorni nostri, è ancora necessario un “reminder” continuo, per cercare di scardinare le “trappole antropologiche” e gli equivoci sociologici.
Molti di noi ricorderanno il famoso discorso di Steves Jobs (Fondatore della Apple Computer e della Pixar Animation), con il quale si rivolse agli studenti neolaureandi dell’ universita di Standford, negli Stati Uniti.
Quel discorso, che purtroppo può essere inteso come il testamento “spirituale” del geniale Steve, dopo che recentemente il cancro, ha vinto la “battaglia” che  Jobs aveva intrapreso ormai da diversi anni.
“Stay hungry, stay fulish”, “Siate affamati (di conoscenza), Siate folli (più che semplicemente creativi), cosi concludeva il suo mitico discorso (click sull’immagine sotto)

Steve jobs a Stanford

Steve jobs a Stanford

Questa ormai storica affermazione, sembra un vero “Deja Vu”, un “repetita” su un insegnamento, che l’umanità non ha ancora recepito a pieno.
Se si guarda bene sembra che le “migliori menti”, vogliano indicarci la strada giusta, in pochi riusciamo a comprendere.

Albert Einstein

Albert Einstein

Albert Einstein, non ci ha lasciato solo la “Teoria della relatività Generale” (una delle chiavi dell’universo), la “Teoria dei Quanti di luce”, la “teoria delle lenti gravitazionali” e tante altre “magie” della fisica.
Einstein (neanche tanto velatamente), ci lasciò il “solito” messaggio sulla “follia”.
La famosissima foto che vedete qui a fianco, è un messaggio per chiunque lo sappia capire.
Un genio universale che si consente uno sberleffo, non è una caduta di stile che il conformismo di maniera gli ha sempre voluto appioppare, ma è invece il solito “reminder” per l’umanità.
Non so se tutti lo hanno già percepito, nel caso non fosse, spero con queste mie righe di aver fatto la mia modesta parte.
Il grande genio Albert Einstein, oltre alla fisica aveva anche molti interessi spirituali, soprattutto va detto che non considerava le due “sfere” disgiunte.
Non per elevarmi al rango dei geni su menzionati, ma un passetto alla mia portata lo vorrei tentare, proponendo una delle mie solite provocazioni:
E’ possibile che nel mondo dell’arte, questo messaggio venga sempre più ignorato? che venga ignorato il compito per il quale un Artista (vero) assume pienamente senso?
Rompere il giogo dei conformismi e lavorare per l’evoluzione, è un compito fondamentale per un “Essere” umano, che cerchi di essere realmente tale.
Segnalo prima che lo facciano altri, che mi riconosco in questa teoria ma che non è mia, per sostenere una trattazione filosofica su questo argomento, andrebbero tirati in ballo Heidegger (e il suo “Essere e tempo”) oltre Nietzsche con il suo  “Superuomo”.
Il mio obiettivo però è “solo” smontare il “Conformismo dilagante nell’arte”, non rivoluzionare il mondo, anche se personalmente lo ritengo una sorta di sinonimo.
Questa piaga è sempre più imperante, in primis quale conseguenza delle mostre “stereotipate” partorite per convenienza dal critico di turno, che snatura i veri messaggi degli  artisti, intrappolandoli in mostre a tema, inventando un “linking” tra le opere esposte per puri scopi commerciali e sfruttarne la disponibilità.
Si và creando una sorta di “Junk Culture”, che usa l’arte (o pseudo tale), per far da cornice ai ristoranti nei musei, un’arte facile, un’arte “per tutti” nel senso peggiore del temine.
Mi fermo qui, ma mi permetto di ricordare a me e ai lettori, che  rompere gli schemi culturali, è uno dei “carismi” che competono ad un artista.
Reputo molti interrogativi estremamente interessanti, ma per discutere del bello e del brutto nell’arte, bisognerà parlare anche di “Estetica”, intese nella più profonda accezione filosofica, ma sicuramente anche questo è tutto un’altro articolo.

Francesco Campoli

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Arte e Antropologia

Posted in Estetica e Bellezza on gennaio 29th, 2012 by

di Francesco Campoli

In questo nuovo articolo, mi piace ricordare le mie intenzioni nella stesura di questo blog: lasciare all’interlocutore una risposta propria ma consapevole all’ interrogativo di fondante di questo blog: cos’è l’arte?
In ognuno di noi esiste il piacere “para-narcisistico”, di veder condivise le nostre idee, desidero andare oltre questo obiettivo autoreferenziale, procedendo però in modo raffinato, nella migliore accezione dell’aggettivo retorico.
In sintesi, nelle mie intenzioni, c’è la volontà di proporre una congrua quantità di argomenti a sostegno della mia tesi sull’Arte, per fare in modo che gli interlocutori, giungano consapevolmente a conclusioni in accordo con la tesi medesima.
Considero questo un compendio dell’attività di artista, in quanto, un’Opera d’Arte, nella mia convinzione, è una forma alternativa più diretta e sintetica di altre, di proporre contenuti ed emozioni.
L’artista pubblica la sua opera, con l’intenzione che sia condivisa nei contenuti o nelle emozioni che desidera provocare, in piena similitudine con il processo che descrivo sopra.
Ho esordito con questa lunga premessa per non essere machiavellico, intendo da subito richiamare l’attenzione su un fattore fondamentale della dinamica che desidero instaurare nel blog, per mio principio essa non può che essere pienamente bidirezionale.
L’importanza del fruitore è fondamentale soprattutto perché “influenza“ l’Opera con la sua personale schematica percettiva.
L’Opera d’Arte assume un suo significato in funzione del fruitore medesimo, in particolare in relazione alla sua cultura. E’ lo specifico “cluster” antropologico, che definisce i “valori” percepiti in un’Opera d’Arte, in correlazione al “panel” valoriale, comune tipici del nucleo culturale nel quale il fruitore si è formato .

Non è difficile intuire che, intendo mettere sul tavolo un altro parametro che personalmente ritengo utile per rispondere alla “key question” di questo articolo: L’Arte ha una stretta identità antropologica.
Specifiche tematiche estetiche, definite dall’artista all’atto della creazione dell’Opera, vengono riconosciute per specifiche caratteristiche – una di queste, è ad esempio può essere l’assenza di un utilizzo pratico (Che definisce invece l’Artigianato) – per le quali l’Opera assume lo “status” di Opera d’Arte.
E’ pienamente intuitivo che questa sensibilità è diversa tra i diversi popoli, quindi un’Opera può essere intesa come artistica in una specifica area antropologica, come può essere assolutamente incomprensibile in un’altra, anche per questioni di tipo sociale.

Arte Aborigena australiana

esempio di Arte Aborigena australiana

Questo legame tra l’antropologia e l’arte, è stato a lungo indagato dall’antropologo inglese Alfred Gell. Gell lavorò caparbiamente per produrre una definizione “scientifica” di “Opera d’Arte”.

l'antropologo Alfred Gell

l'antropologo inglese Alfred Gell

Utilizzo in particolare confronti antropologici piuttosto interessanti, come ad esempio la distanza geografica e culturale tra le etnie che prese in considerazione.
Gell propone una distinzione molto accurata (che vi risparmio), fra considerazioni di natura filosofica (in particolare di Estetica), ma fondamentalmente analizza l’iterazione dell’Opera con il contesto antropologico nel quale è nata ed insiste.
In particolare, lo stimolava la ricerca di un denominatore comune che collegasse l’Opera pletoricamente riconosciuta nella nostra cultura, messa a confronto con alcune Opere Aborigene, che nei rispettivi luoghi di origine, godono della definizione di Opera d’Arte (massivamente riconosciute come tali).
L’idea di ricercare un denominatore comune tra le casistiche individuate ha piena dignità scientifica, ma certamente non un fattore facile da individuare.
Questo carattere comune, probabilmente è collocato molto in alto, nella scala valoriale e percettiva dei rispettivi nuclei antropologici, probabilmente in ambito spirituale.
Io personalmente posso raccontare un aneddoto che reputo estremamente calzante  di questo fenomeno antropologico: Qualche anno fa un amico ravennate, sposò una ragazza brasiliana di Manaus (Amazzonia Brasiliana).

Manaus ponte sul rio delle Amazzoni

Manaus ponte sul rio delle Amazzoni

Quando questa ragazza lo raggiunse definitivamente in Italia, lui si affannò molto per fargli conoscere il nostro Paese in modo che si ambientasse rapidamente.
Io ero presente durante la sua visita a Roma e in quella a Venezia.
Notai la sua faccia di fronte alle bellezze di questi due gioielli figli della nostra storia, così ricchi d’arte e di architettura.
Alle insistenti richieste di lui, “Ti piace?” con gli occhi che a lui stesso brillavano dalla meraviglia, la risposta di lei si limitò ad  una laconica: “Linda….” (bella), pronunciata con uno smarrimento e un’assenza che tradiva i suoi pensieri:
“Che avrà di bello stò posto, mi sembrano tutti matti a rimirare queste case vecchie, tutte allagate intorno”…. Si vedeva chiaramente che proprio non comprendeva la nostra ammirazione.
Nella sua Cultura, intesa appunto in senso antropologico – in quanto tra l’altro ce ne era anche una accademica, visto che nel suo Paese era anche laureata e lavorava in una grande banca brasiliana – la “nostra” Arte, era totalmente lontana dalle sue corde emozionali, magari sarebbe stata più pronta ad ammirare un particolare bosco italiano (venendo dall’ Amazzonia cuore verde del Brasile), sicuramente più vicino alla sua realtà socio-culturale.
Ho sempre pensato che la bellezza delle nostre città d’Arte (come vengono chiamate), fossero un punto indiscutibile, uno stereotipo universalmente riconosciuto, come lo è il mare al tramonto o il sole sulle “tre cime di Lavaredo” o l’alba sul Monte Bianco.

Alba sul monte Bianco

Alba sul monte Bianco

tramonto sulle Tre cime di Lavaredo

tramonto sulle Tre cime di Lavaredo

Evidentemente invece esiste una differenza sostanziale tra bellezza ed Estetica, un discrimine strettamente legato anche alla propria origine antropologica, una differenza fondamentale tra il “bello percepito” e il “bello assoluto”, ma questo, come dico sempre, è tutto un’altro articolo.

Francesco Campoli

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