Arte “moderna” e Poesia “Ermetica”

Posted in l'Arte in ogni Arte on marzo 22nd, 2012 by

di Francesco Campoli

Salve a tutti questo nuovo articolo, può essere collocato nel solco di un altro che scrissi qualche tempo fa, nel quale esprimevo il mio parere, sulla distinzione tra arte cosiddetta “moderna” e quella che definiremmo “classica”.
L’intero blog è dedicato all’ identificazione di quel “filo rosso” che lega tutte le opere d’Arte, un “feel” che percepiamo chiaramente qualsiasi forma esse si trovino ad assumere.
Ormai è noto che io non amo fare distinzione tra Arte “moderna” e Arte “classica”, o meglio considero che l’Arte, se è Arte, non necessiti di alcun altro aggettivo.
I valori che include le danno corpo e dignità, le danno contenuto e spessore a prescindere dalla tecnica con la quale è “creata”.
La mia “blasfemia artistica”, mi consente di dire che spesso c’è più Arte nella cosiddetta “Arte moderna”, che in quella che preferisco chiamare “Antica”.
Comprendo che questa sia una affermazione forte, sulla quale ho già speso molte parole, nel cercare di non essere frainteso.
Chi non avesse letto tutti gli articoli precedenti, nei quali ne parlo ampiamente, prima di gridare alla bestemmia abbia la compiacenza di andare a rileggerli.
Con il parallelismo che propongo nel titolo, desidererei fare ancora un po’ più di luce sui miei “oscuri” ragionamenti, che spiritosamente potrei definire “Ermetici”.
Mi rendo conto dell’uso spropositato che faccio delle virgolette, comincio a metterle anche nei titoli, ma purtroppo non riesco a farne a meno, specialmente cercando di spiegare le mie audaci prese di posizione.
Proprio come nella “Poesia Ermetica”, il titolo, più di ogni altro caso, è un “Continuum” (Einsteinianamente parlando) con il resto dell’elaborato.
Anticipo che personalmente vedo chiaramente un rapporto, tra Arte moderna e Arte Classica, simile a quello che si configura nel rapporto tra “Poesia Classica” e “Poesia Ermetica”, anche storicamente parlando.
Parafrasando una Proporzione Matematica, potrei dire che: l’arte “moderna sta all’arte classica, come la Poesia “Ermetica” sta alla Poesia “Classica”, vengo e mi spiego:
Cosi come pittura e scultura, hanno avuto altissimi punti di svolta a livello di “cifra stilistica collettiva”, oltre che di “Poetica”, a cavallo del “Novecento”, anche la Poesia ha seguito una evoluzione paragonabile, cosi come tante altre tecniche artistiche.

Marc Chagall "la passeggiata"

Marc Chagall "la passeggiata"

Marc Chagall

Marc Chagall

Per quanto concerne la pittura, possiamo prendere ad esempio Marc Chagall (con l’abbandono della prospettiva) e Vassilij kandinskij con l’abbandono delle “Forme” nella pittura, tra fine ottocento e il “Novecento”, fu messa in atto una profonda metamorfosi.

Vassily Kandinsky

Vassily Kandinsky

Kandinsky "Composition VIII"

Kandinsky "Composition VIII"

Nella scultura possiamo citare August Rodin, quale precursore dell’abbandono della forma classica nella scultura, realizzava opere, che pur rimanendo fedeli allo stile statuario/monumentale classico,

Auguste Rodin 1891

Auguste Rodin 1891

furono estremamente innovative nei soggetti (talvolta anche trasgressivi per i suoi tempi) oltre che nel “non finito”, valorizzava il materiale nobile con il quale erano realizzate (prevalentemente marmo).

Rodin  tra l’altro sancisce l’abbandono della “Base”, tipica della scultura classica, nella quale talvolta era addirittura integrata nell’opera medesima.

Andromeda Auguste Rodin

Andromeda Auguste Rodin

Medardo Rosso fece il passo successivo. trasfigurando le forme e esplorando materiali “non tradizionali” (ad esempio la cera) che nella scultura “classica” naturalmente erano inconcepibili visto la funzione “monumentale” che le opere spesso ricoprivano.

Medardo Rosso

Medardo Rosso

Medardo Rosso Femme à la voilette 1893

Medardo Rosso Femme à la voilette 1893

Naturalmente non si può dimenticare Marcel Duchamp, che trasformò il concetto di scultura (e di cultura), ampliandolo provocatoriamente proprio per scardinare la “società conformista” tipica dell’epoca.

Marcel Duchamp

Marcel Duchamp

Seppure la rivoluzione culturale nell’arte, nella scienza, nella società in genere, sembravano aver rivoltato il comune sentire, egli riuscì a percepire il conformismo “travestito” da anticonformismo integralista.
Riuscì a smontarlo e a ridicolizzarlo attraverso le sue tante provocazioni, a partire da “la Fontaine” il famoso “Orinatoio decontestualizzato”, (del quale ho già parlato ampiamente in un articolo precedente).
Quella de “La Fontaine” è la provocazione certamente più famosa, ma non fu certo l’unica. Lo “Asciuga bottiglie”, fece altrettanto scalpore e, in questo caso Duchamp non lo firmò con lo pseudonimo di “Mutt” (con il quale firmò “La Fontaine”), ma lo firmo chiaramente con il suo nome.

Va detto che tra i vari travestimenti “artistici” di Marcel Duchamp, non figurano solo i suddetti, il più famoso e forse il più “pensato”, fu quello che lo trasformò nel suo “alter ego” femminile: Rrose Sélavy.

Rrose Selavy

Marcel Duchamp nei panni di Rrose Selavy

Per dar forza e credibilità a questa sua “versione femminile”, firmò molte opere e molti scritti con questo nome, sin anche ad intestarle il copyright della sua famosa “Fresh Widow”.

La finestra alla francese che Duchamp realizzò, sostituendo i vetri, con dei pannelli di pelle nera.

Marcel Duchamp Fresh Widow

Marcel Duchamp Fresh Widow

Al riguardo di questa pelle, prescrisse una lucidatura “manuale” giornaliera, che qualche “malalingua” assimilò ad un simulacro della “soddisfazione dei sensi” alternativa, alla quale doveva ricorrere (per conformismo appunto), una signora che recentemente avesse perduto l’amato (Widow significa appunto “Vedova”).

Celebre la sua frase “Mi sono costretto a contraddirmi per evitare di conformarmi ai miei stessi gusti!”, dal significato profondamente e genuinamente anticonformista.
Filippo Tommaso Marinetti e altri “Futuristi” come Umberto Boccioni completarono la “svolta”, contestualizzando la loro arte nell’epoca nella quale si trovavano a vivere, o meglio, nel futuro verso il quale si sentivano proiettati.

Futuristi Russolo Carrà Marinetti Boccioni Severini

Futuristi Russolo Carrà Marinetti Boccioni Severini

Per quanto riguarda l’Arte di tutte le Arti, la Poesia, la svolta del “Novecento la dobbiamo senz’altro a Giuseppe Ungaretti, il “padre nobile” della Poesia Ermetica.

giuseppe ungaretti

Giuseppe Ungaretti

Nacque a fine “Ottocento” ad Alessandria d’Egitto, in quanto suo padre lavorava alla costruzione del Canale di Suez, “casualmente” anche Filippo Tommaso Martinetti, il creatore di tante “Poesie Futuriste” nacque anche lui ad Alessandria d’Egitto (ma sarà proprio un caso?).
Dopo il periodo egiziano, si trasferisce a Parigi dove frequenta il ghota della cultura del tempo: Guillame Apollinaire, Pablo Picasso, Braque, De Chirico, Modiglioni, Soffici, Papini, Palazzeschi,  ritrova Marinetti e per suo tramite entra in contatto con Boccioni e con altri Futuristi.

umberto boccioni

umberto boccioni

Le “parole in libertà” stilisticamente rappresentano la parte letteraria del movimento “Futurista” di Marinetti, che ne seguì varie pubblicazioni, di scritti altrui e personali.

Umberto Boccioni 1913

Umberto Boccioni 1913

I contatti con Marinetti e i vari “Poeti Futuristi”, contribuirono senz’altro alla definizione della Poetica di Ungaretti e di conseguenza di tutti i “Poeti Ermetici”.
Ungaretti ebbe una vita difficile, intersecata con la guerra, esperienza dolorosa che però contribuì molto alla sua poetica, intrisa di sentimenti profondi e di intima sofferenza.

Nella sua opera la poesia perde i “fronzoli”, che storicamente ne erano sempre stati l’elemento distintivo, caratterizzante, condensandosi in una intensa “Concretezza Poetica”.
L’accezione “Poesia Ermetica”, è figlia della difficoltà di comprensione, per chi vi veniva in contatto senza la necessaria apertura mentale e sano desiderio di comprendere.
Tutti conoscono la “sintesi perfetta” della sua poesia più famosa: “Mattina”, scritta nel 1917
“M’illumino d’immenso”
In queste poche lettere, Ungaretti riesce a concentrare mirabilmente, tutte le sensazioni che nella sua anima, fa nascere un’alba su una spiaggia davanti al sole nascente.
Ma non è “Mattina”  necessariamente il più alto esempio della lirica di Giuseppe Ungaretti, anche se ne è la sintesi migliore:
Il suo “cimentarsi” con un tema “classico”, come il ricordo di una madre morta (la sua), ha tutta un’altra forza e tutta un’altra sensibilità:

La madre 1930

E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra,
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,
sarai una statua davanti all’Eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia.
Come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m’avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d’avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.

Utilizzare parole come scalpelli che scavano nelle emozioni, le pause come le ombre di un dipinto, gli aggettivi come i colori, i “Valori” come luci, le emozioni come velature, dov’è la differenza con il migliore dei dipinti o la più raffinata delle sculture?

Salvatore Quasimodo 1953

Salvatore Quasimodo 1953

Ungaretti apre la strada al “Nobel” a Salvatore Quasimodo e da la stura ad una nuova  grande tradizione della Poesia italiana.
Tanti  poeti ne hanno seguito le orme, costruendo la nuova casa della poesia italiana, anche appoggiansosi alle fondamenta create dagli “Ermetici” (Montale e Saba in prima linea ),  fino ai nostri giorni.
Facciamo l’ esempio di Alda Merini (poetessa per nulla “ermetica”), che con la sua vita e la sua arte, conferma che Poesia e sofferenza continuano ad andare a braccetto.

Alda Merini

Alda Merini

La sua esperienza nei manicomi del secolo scorso, ne fa un martire della poesia moderna, provate a cliccare sulla foto per sentirla recitare “Terra Santa” la sintesi migliore di quell’esperienza che le segnò la vita.
Scambiare un poeta per un pazzo potrebbe sembrare una cosa d’altri tempi, ma credetemi non è così.
Che svicola dai conformismi sociali, magari non viene internato, ma viene regolarmente emarginato, rigettato dalla società degli stereotipi.
Ungaretti aprì la via ad una nuova Poesia, ma si appoggiò sull’ Arte, quello zoccolo duro sul quale poggia ogni animo umano che ricerchi i “suoi Talenti”, in ogni settore dell’attività umana.
Come spesso ho fatto prima, mi viene di pensare ad Albert Einstein,  può apparire strana similitudine ma non lo è.
Einstein aprì la strada alla comprensione dell’universo, ricongiunse Spazio e Tempo, cosi come è già da sempre nel cuore dei Poeti.
Può la Fisica mutarsi in forma d’arte, caricarsi di poesia?
Un interrogativo affascinante, ma sicuramente anche questo sarebbe tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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