Arte e “Processo Creativo”

Posted in Filosofia dell'arte on gennaio 27th, 2015 by Francesco

di Francesco Campoli

Eccoci qui, finalmente, dopo un bel po’ di tempo, per continuare a parlare d’ Arte, riflettendo insieme per andare al di là dei luoghi comuni che, superficialmente, vengono riproposti intorno a questa essenziale attività umana.
Desidero ripagare la vostra amicizia (bontà vostra siamo sempre di più) e soprattutto con un nuovo articolo più approfondito del solito, non solo per compensare qualche giorno di ritardo nella nuova pubblicazione, ma anche per accontentare coloro che mi chiedono di argomentare con ancora maggiore dettaglio.

statistiche al 1° gennaio

Sculturaecultura: statistiche al 1° gennaio

Come ho mostrato anche nel mio articolo precedente – proponendo un estratto delle statistiche degli accessi su “Sculturaecultura” – per informazione di tutti i lettori – voglio postare i numeri aggiornati ad “oggi”, con orgoglio, (visto che l’interesse è sempre molto alto e tendenzialmente crescente), ma senza vanità od ostentazione, perché capisco che il consenso crescente non è solo frutto della scelta “editoriale” controcorrente.
Crescono visitatori e il numero di pagine consultate (indice che i visitatori navigano più ampiamente nel blog), ma questo, non indica necessariamente che cresce l’adesione alle mie tesi (che pur cerco di circostanziare scrupolosamente), ma – cosa che considero ancora più importante – che crescono gli interessati ai contenuti proposti, cresce l’interesse nei confronti dell’Arte, un dato di fatto di per se estremamente più importante.
Gli accessi sostanzialmente constano di oltre 1.000 visitatori unici al mese (quindi nuovi) e di oltre 9.000 pagine viste, questo, in generale, evidenzia che esiste una necessità crescente di appagare un bisogno ancestrale dell’essere umano, di conoscere l’Arte, di capire, di “Sapere”, una cosa positiva in assoluto, a maggior ragione perché, l’Arte, è parte integrante dell’Essere, transfert delle emozioni più profonde.
Parlo di transfert non perché un’opera d’Arte trasporti le emozioni dell’artista che l’ha concepita – come erroneamente si pensa – ma esattamente il contrario: Essa attua il transfert delle emozioni già presenti nell’universo, che l’artista è chiamato a raccogliere, per renderle disponibili anche a chi, per i più svariati motivi, preferisce non lavorare sui suoi sensi, o ad esempio, non ritiene di avere tempo da dedicare a queste attività.
(Carl Gustav Jung, ha scritto un noto saggio sull’argomento: “Psicologia del Transfert“), che pubblicò nel 1946, un libro che anche ai nostri giorni rappresenta ancora un punto di riferimento per gli psicologi clinici, un libro nel quale Jung analizza un processo non particolarmente intuitivo, in grado di sollevare un gran numero di interrogativi in noi stessi e sul modo di relazionarci con le nostre emozioni.
L’Arte, nella mia visione, è una sorta di finestra sulle nostre emozioni, la sua attrattiva, è così profondamente stimolante, perché poggia  sul fatto che, contrariamente a quel che i più immaginano, di fronte ad un’opera d’Arte, siamo attori e non spettatori.
L’artista, come ho scritto in precedenza, è come uno sciamano, vive emozioni, percepisce emozioni “in nome e per conto”, il suo dono è creare un tunnel emotivo, con l’universo che è fuori e l’universo che è dentro, che “costituzionalmente” in una sorta di “curvatura” spazio/temporale del genere concretizzato e ampiamente dimostrato da Albert Einstein.
Macrocosmo e microcosmo, inner world and outside world, sono aspetti differenti, integranti, dello stesso percorso, ed eccoci quindi ritornare all’Alchimia junghiana, alla magia naturale, che non è altro che la presa di coscienza della necessità di una trasformazione, da “Piombo” (quale ci rendiamo conto di essere) in Oro, quell’essenza di Spirito della quale siamo portatori, solo specchiandosi nelle profondità dell’universo la nostra mente percepisce chiaramente quello che abbiamo dentro il cuore.

Bush Painting nel Natal (Sudafrica)

Più sopra ho definito ancestrale questo bisogno di “Conoscenza” (ma anche e soprattutto di Coscienza), in quanto, il desiderio di “Sapere”, è una delle costituenti essenziali del nostro essere Uomini, non foss’ altro perché questo ci caratterizza profondamente e caratterizza (anche se spesso non si direbbe), la nostra specie (Homo), che non a caso è definita  Homo Sapiens, che si distingue rispetto ai suoi antenati (e ad altre specie), proprio per l’elevato  livello di conoscenza.
L’Uomo, già allora, sentiva la necessità di raccontare le proprie esperienze, la propria vita di tutti i giorni, le paure e/o le emozioni, attraverso forme di “proto-arte” come le cosiddette pitture rupestri, come usiamo definirle in italiano.
Questa denominazione italiana, nasce, perché in Italia, queste rappresentazioni primordiali, le abbiamo rinvenute soprattutto in zone definibili come rupestri.
In altre terre (come ad esempio il Sudafrica), le “pitture rupestri” sono definite “Bush Paintings”, perché li, invece, esse sono rinvenute prevalentemente in aree situate nella savana (il Bush appunto), che, come sappiamo da recenti scoperte, è stata l’habitat originario dei nostri più antichi progenitori.
Chi ha già letto qualcuno dei miei articoli precedenti, conosce già la mia opinione sulla “cosiddetta” Arte, che caratterizza epoche man mano sempre più vicine a noi.
Questa attività ancora è definita Arte, ma, molto spesso, secondo il mio modo di vedere, in realtà non lo era.
Si trattava fondamentalmente di un’ attività tecnica – ovviamente di livello enormemente più evoluto rispetto alle “Bush Paintings” – ma spesso realizzata solo a scopo puramente documentale, spesso, atta a soddisfare il narcisismo di un ricco mecenate, e feci l’esempio del Bronzino.
A prescindere dalla maestria tecnica dell’esecutore, sia pure essa di livello eccelso, io non posso concepire come Arte, qualcosa che, addirittura, era realizzata su commissione, nascendo quindi, al di fuori di uno specifico Processo Creativo, mancante quindi della fase fondamentale la “Creazione”.

Bronzino, Il nano Morgante

Bronzino, Il nano Morgante

Per “su commissione”, intendo che il soggetto dell’opera, è dettato dal committente (non ne parliamo neanche se ci riferissimo ad un ritratto), un committente che, spesso e volentieri, sceglieva anche la tecnica (magari in base al costo), o, addirittura che, in conseguenza della tecnica preferita sceglie l‘Artiere – che per il suo gusto – meglio interpreta la tecnica più gradita.

Ho usato il termine “Artiere” anziché Artista, proprio perché (si veda il dizionario), in origine, questi due termini erano assolutamente sinonimi.
Risulta quindi evidente che la creatività, non è che fosse la prima delle competenze ricercata in un artista del tempo del Bronzino.
E’ giusto considerare gli artisti dell’epoca (o con il massimo rispetto, Artieri), pienamente inseriti nella Storia dell’Arte, così come non sono da biasimare i committenti, che come d’uso al loro tempo cercavano un buon artigiano che abbellisse le loro lussuose magioni, o, fotografasse la loro effige o quella dei loro cari nel modo che essi ritenevano migliore.
La Storia, giustamente, ha una lettura cronologica degli eventi che si trova a studiare, ma è evidente che non è suo compito attribuire giudizi di merito o di qualità, men che meno sugli attori degli eventi medesimi.
Lo stesso fa la storia dell’Arte, studia e documenta “cronologicamente” l’evoluzione del concetto di Arte, in funzione del loro tempo storico.
Per fortuna, da allora, il profilo dell’artista si è veramente modificato, ma non è questo il motivo del mio argomentare, ho voluto fare tutto questo inciso per porre l’accento sul fatto che, Arte è un concetto dinamico, che nel tempo è destinato a cambiare, mettendoci ogni giorno di fronte al dilemma che è l’anima di questo blog: cos’è Arte? la domanda alla quale ognuno di noi, se vuol essere veramente artista, è obbligato a porsi prima di mettersi a scolpire, a dipingere, a suonare, a poetare.
Non è facile, di primo acchito, pensare come artista un uomo di 40.000 anni fa. intento a graffiare le rocce, a tracciare sulle pareti con sassi di arenaria, colorando con terre e pigmenti primitivi.
Pensare a questa persona, male in arnese, più artista di colui che, magari abbigliato in ricchi abiti damascati, agisce in nome e per conto di un illustrissimo committente, è un esercizio “apparentemente” piuttosto “eretico”, in particolare in Italia dove il peso di millenni di storia dell’Arte continuano a rappresentare un fardello più che un plus culturale.
Per questa ragione, ho voluto ben circostanziare in modo chiaro la mia opinione, come il mio approccio “maieutico” – più volte dichiarato – mi obbliga a fare e per evitare mal’ intendimenti.

Un Uomo preistorico che non ha tecnica acquisita ma che è alla ricerca, che è mosso da qualcosa di interiore che non esiterei a definire spirituale, il cui lavoro è pregno delle emozioni sgorgate direttamente della propria anima, un’ anima pura, basica – essendo praticamente all’inizio del percorso evolutivo dell’Umanità – secondo il mio modo di concepire  l’Arte, è molto più “artista” di coloro che, hanno abdicato al compito fondamentale di una artista …. CREARE, progettare, avendo delegato questa fase alla propria committenza.
Spesso nell’analisi critica di molte opere citato il fatto che l’autore, per lasciar trasparire qualcosa di se, del proprio pensiero, del proprio Essere, era costretto a “citarsi”, magari in forma “nascosta” nei propri lavori realizzati su committenza.
A quei tempi, non era neanche così normale “firmare” i propri lavori, solo nel tardo rinascimento questa usanza cominciò a prendere piede, ma non tanto per valorizzare i diritti intellettuali, ma per mera pubblicità.
Il fruitore occasionale, poteva immediatamente individuare l’autore dell’opera, ed eventualmente, chiamarlo a realizzarne anche per lui, insomma una sorta di passaparola ad alto livello.
Per l’originario committente, avere un oggetto riconducibile ad un “firma” famosa, era – come ancora oggi capita – uno “status symbol”, che accresceva il proprio prestigio sociale, di conseguenza, come ormai sembra normale portare una borsa, un portamonete o una valigia completamente ricoperta del logo/marchio di chi quell’oggetto ci ha venduto a caro prezzo.

tragedia greca

Tragedia greca

Gli antichi Uomini-artisti, attraverso uno di quei disegni primordiali, proprio perché nascevano da emozioni e percezioni introspettive, erano più vicini a quell’intento catartico, che la vera Arte, liberata dall’obiettivo di rappresentazione è chiamata ad avere.

Questa necessità, con il trascorrere dei secoli e dei millenni, la ritroveremo ad esempio nell’antica “Tragedia greca”, la catarsi, infatti, è l’essenza del Teatro greco, o meglio nella Tragedia Greca, Tragedia non in quanto narrazione di fatti nefasti, ma in quale rappresentazione del sommovimento emotivo che, in quanto Uomini, creati ad immagine e somiglianza di Dio (Genesi capitolo 1 paragrafi 26-27-28), non possiamo non vivere.
Gli Uomini, posti davanti ai bivi che l’esistenza costantemente propone, sono necessariamente chiamati ad esprimere la loro vera essenza, il loro autentico Io, per dirla ancora nel linguaggio della psicanalisi.
Catartico è un aggettivo che, personalmente, amo molto associare ad Arte, in particolare al posto dell’inadeguato e abusato attributo “bello”, che, invece, superficialmente, edonisticamente, nella vulgata è associato quale prerogativa primaria di un’opera d’Arte.
Bella un’opera d’Arte può anche tranquillamente esserlo, come tranquillamente può farne a meno, ed essere invece espressione sincera e profonda dell’identità di Uomo conscio del proprio dovere di “Essere Spirituale”, di Anima, alla quale sono affidati compiti evolutivi fondamentali.
Uomo, per me, è sinonimo di Artista, o almeno dovrebbe esserlo, per aver ricevuto il dono pieno dell’intelletto.
Un Uomo che, nel suo lavoro artistico, non ricerchi null’altro che il bello, nella migliore delle ipotesi, non può che essere un bravissimo Artiere.
Essere Uomini non è un “diritto acquisito” (come ormai usa comunemente pensare anche in ambito socio-culturale), ma – a mio modesto avviso – è il risultato di quanto (e soprattutto di come), facciamo uso della nostra prerogativa più caratterizzante: l’Intelletto, inteso nella più larga delle accezioni.
Questa mia visione dell’Essere, all’apparenza assolutamente Illuminista, in realtà lo è solo in parte, si rifà piuttosto all’assioma fondamentale che, il grande Dante Alighieri, ebbe a lanciare nel famosissimo – e mai troppo fatto nostro – 26° canto dell’ “Inferno“:
“Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.

inferno 25 dante alighieri

Dante l' Inferno (Divina Commedia)

Da questo concetto così ben sintetizzato da Dante Alighieri, padre nobile della nostra cultura, prende le mosse la mia – modestissima – “crociata”, per tentare di demolire il radicato, magari anche inconfessato ma latente, luogo comune dell’  ”Artista maledetto”.

Questa immagine è ancor più radicata in alcuni, che facilmente si adagiano negli stereotipi, specie se riferiti all’artista moderno, figlio negletto delle avanguardie storiche del ‘900, l’artista scapestrato, che vive fuori dalla realtà o che ne viene inesorabilmente travolto.
Un Uomo che “geneticamente” non dispone dei mezzi psichici, – né tanto meno di quelli spirituali – per far fronte alle alterne vicende dell’esistenza, utile per essere messo all’indice come esempio negativo di Uomo socialmente disadattato.
Questa iconografia morbosa, sembrerebbe ben adattarsi, ad esempio, a Jackson Pollock, con i suoi problemi di alcoolismo e depressione o, magari, a Jean Michel Basquiat, con i suoi enormi problemi di inadeguatezza e tossicodipendenza che poi lo porteranno alla morte per overdose.
Questa rappresentazione superficiale dell’artista, anche e soprattutto in questi particolari casi, è enormemente sbagliata, anzi, spesso è artatamente costruita dai soliti noti: quelli che usano l’Arte per farne puro mercimonio.
Ritengo che questo modo superficiale di raccontare un artista, spesso e volentieri ha come intento un puro disegno di marketing, un fenomeno che credo di aver ben raccontato nel mio precedente articolo “Arte o Investimento“.

Jackson Pollock

Jackson Pollock

Per sostenere questa mia tesi, stavolta, voglio proprio esagerare, spararla grossa, voglio citare il Signor Michelangelo Merisi…., si…., proprio lui….., il Caravaggio.

Lui, scelto da mecenati illuminati, porporati come il cardinal Francesco Maria del Monte, nobili del nord come del sud, come il marchese Giustiniani a Roma, a Milano e Venezia.
Caravaggio come è noto, fu attivo a Roma per il principe Filippo I Colonna, a Napoli sempre sotto l’egida dei Colonna in particolare lavorando per la Marchesa Costanza Colonna, poi a Malta, dove sempre per intercessione dei Colonna, entra in contatto con il gran maestro dell’ordine dei cavalieri di san GiovanniAlof de Wignacourt, ecc.
Nella vulgata viene dipinto come un frequentatore di osterie di quart’ordine, un rissoso, un assassino, praticamente ben al di là del limite della criminalità comune, ma, riflettendoci, a voi sembra plausibile che dei principi romani si mettessero in casa una persona così pericolosa, uno squilibrato, un criminale?
Le cosiddette risse e il cosiddetto “omicidio di Ranuccio Tomassoni da Terni”, per la maggior parte non furono altro che duelli con rivali in amore.

il duello Caravaggio Tomassoni

Caravaggio - Tomassoni duello alla Pallacorda

Papa Paolo V ritratto dal Caravaggio

Proprio nel duello col Tomassoni, anche Michelangelo Merisi da Caravaggio rimase gravemente ferito.
Venne ricoverato presso l’ospedale della Misericordia (ci sono i verbali storici), dove dichiarò di essere caduto per sbaglio sulla sua stessa spada.
Non dico che questa pratica degli scontri mortali all’arma bianca fossero un comportamento particolarmente edificante, ma non si può ignorare che la condanna a morte, gli venne inflitta da Papa Paolo V, il “Papa Re” di allora, convinto sostenitore del divieto dei duelli, che a quei tempi causavano tante inutili morti, specialmente tra i giovani nobili delle famiglie più in vista.
Papa Paolo V promulgò l’editto contro i duelli, che prescriveva che giuridicamente  si dovesse considerare “assassino”, il vincitore di qualsiasi duello a prescindere dalle ragioni che lo avevano generato.

spiaggia della feniglia

Porto Ercole spiaggia della Feniglia

Lo stesso Papa Paolo V (Camillo Borghese), grande ammiratore del Caravaggio che riteneva il genio artistico del suo tempo (tanto è vero che gli aveva anche commissionato il famosissimo ritratto mostrato sopra), stava preparando la grazia per Michelangelo Merisi (o addirittura sembra l’avesse già fatta consegnare alla Marchesa Costanza Colonna), pochissimi giorni prima che il Caravaggio morisse a Porto Ercole, si narra sulla spiaggia della Feniglia.
A mio avviso, sarebbe sufficiente prendere in considerazione la raffinatezza delle opere di Caravaggio e la genialità della sua ricerca formale, per comprendere che, rappresentare il Caravaggio come un pazzo attaccabrighe criminale, sia come minimo forzato.
Per quanto mi consta, non ho molti dubbi che gli odierni “inventori di mostre” – il più possibile remunerative – puntualizzando esageratamente qualche forte “tratto umano” del maestro lombardo, gli vogliano ancora “far pagare”, per invidia (gli straordinari risultati dal Caravaggio, ottenuti facendo fruttare il proprio talento) o per semplice marketing commerciale (cercando di sfruttare l’ormai ben noto fascino dei personaggi negativi).

Basquiat con Andy Warhol

Basquiat con il suo mentore Andy Warhol

Tutto questo lungo ragionamento, ci conduce finalmente all’ argomento protagonista di questo articolo: il “Processo Creativo”, quel percorso apparentemente individuale, che, invece, attinge all’Anima collettiva, a quel “filo rosso” che ci riporta alla nostra comune, divina, origine.
Esiste si un approccio individuale (o se volete individualizzabile), che addirittura mi spingerei a definire “caratterizzante”, che porta l’artista a lavorare ad una specifica opera, con una specifica tecnica, in uno specifico momento storico.
Questo processo è determinante e, nella vita dell’artista, in genere parte da lontano.
Comincia a delinearsi pian piano, poi sempre più chiaramente man mano che l’esperienza di vita apporta il suo fondamentale contributo.
Accennavo sopra, che la mia idea di Umanità non è di derivazione totalmente illuminista come invece potrebbe sembrare al primo impatto.
La concezione illuminista, di norma, si caratterizza anche per una visione “anti-metafisica”, che invece, nel mio pensiero, non esiste assolutamente, anzi, io, nel “metafisico” intingo abbondantemente il “pennello” della mia poetica.
Portare la mia esperienza potrebbe sembrare poco rappresentativo, ma, questo genere di approccio, fu adottato anche da tanti illustri colleghi come ad esempio Leonardo da Vinci, supportato dalla sua ricerca platonica (sui solidi platonici), condivisa con fra’ Luca Pacioli alla corte di Ludovico il Moro.

Jacopo deBarbari ritratto di Frà Luca Pacioli

Frà Luca Pacioli e i solidi platonici

Alla visione “positivista” di alcuni neo-illuministi moderni – ma ancor più di tal’altri contemporanei – che fondano il loro pensiero solo sulla fenomenologia spiegabile con leggi fisiche, io, nel “mio” percorso creativo, preferisco un approccio di ben più ampio respiro, e, sicuramente tiene in conto anche variabili di natura metafisica.
Le cosiddette “Leggi Fisiche” solo apparentemente sembrano consolidate, invece, esse sono in costante evoluzione e assestamento, come largamente dimostrato dalla “rivoluzione quantistica” figlia degli studi di Einstein (appunto).
Le leggi della fisica quantistica, prima, non erano conosciute, la meccanica celeste consolidata era praticamente territorio esclusivo di Newton e Keplero, e prima di Galileo Galilei, era eresia affermare che la terra è una sfera, mentre ai nostri giorni, sarebbe eresia affermare il contrario.
Lo scienziato che si apre anche a “dinamiche percettive” in aggiunta (non in alternativa), a quelle logico/scientifiche e che non esclude aprioristicamente quelle di carattere spirituale, ha sicuramente una visione con maggiori prospettive di chi si ostina ad avere concezione ottusamente secolarizzata.
Un’impostazione maggiormente possibilista – senza arrivare alla creduloneria – dota la ricerca di un “arsenale” incommensurabilmente più ampio.
Ovviamente questo vale anche nella ricerca artistica, e, visto che l’Arte è una componente costitutiva della vita, anche quest’ultima offrirebbe in una ampiezza altrettanto incommensurabile.

essere secondo èarmenide

l'Essere secondo Parmeide

Come ho scritto in altri articoli, mi piace pensare ad un Uomo nella sua accezione più ampia, come nella visione parmenidea dell’Essere, di completezza e perfezione (almeno nelle potenzialità).
In Parmenide l’Essere è simbolizzato dalla sfera, una sfera nella quale tutto è già inscritto e, fuori dalla quale, insiste tutto ciò che non ne è elemento connaturato, immagino un Uomo che dia piena dignità alle capacità delle quali è naturalmente dotato.
L’artista al contrario di tutti gli altri professionisti, nella progettazione di un’opera (il processo Creativo è paragonabile a quello che interviene in altri contesti professionali), deve sommare l’attività creativa, a quella che conferisce al proprio lavoro l’ “alito vitale”, quel “surplus” che innalza l’opera d’Arte ben oltre un’ edonistica attuazione del puro pensiero estetico.
Il “Processo Creativo” può essere un percorso complesso, non facile da definire nei confini temporali, né in quelli esperienziali, sino a configurarsi come un vero e proprio rituale propedeutico alla creazione e/o all’elaborazione di un concetto o di un’identità artistica.
Parliamo di una fase troppo importante, fondamentale per non essere ben compresa e valorizzata e, per quanto possibile, insegnata nei licei artistici e nelle accademie.
Per quanto mi riguarda, è possibile che, dall’innesco del Processo Creativo fino al momento nel quale vedo concretizzarsi l’opera nella mia mente, trascorra anche molto tempo.
E’ come se piantassi un seme, lo annaffiassi delle tecniche che conosco, lo “concimassi” con le letture che ho fatto, con le esperienze del mio vissuto e con le emozioni che hanno attraversato la mia anima fino a quel momento.

botti e buon vino

maturazione dell'idea creativa

Dal momento che tutto questo processo è compiuto, non è detto che l’opera si “concretizzi” istantaneamente, sicuramente l’idea è pronta a maturare, ma è come un buon vino che invecchia e, solo col tempo acquisisce tutte le sue prerogative, quelle sfumature personali che, in fin dei conti, sono il suo maggior valore aggiunto.
In effetti sono in molti ad aver studiato il Processo Creativo, inteso con una accezione più estesa di modalità per l’ideazione e la realizzazione di opere d’Arte.
Come ho già affermato in un vecchio articolo del 2011 “Artista o ricercatore“, io concepisco un artista appunto come un ricercatore, concettualmente assimilabile ai ricercatori “scientifici” come quelli di ambiente universitario.
L’analisi proposta dallo psicologo ed educatore inglese Graham Wallas, autore già nel 1926 del saggio “The art of thought” (L’Arte del pensiero).
In questo testo si cerca di identificare le fasi caratterizzanti del Processo Creativo, proprio anche dei ricercatori in ambito scientifico, alla luce di quanto detto sopra è una analisi particolarmente illuminante.
Il Processo Creativo in Wallas è avvicinato anche ai contesti non circoscritti al mondo dell’Arte (contesto nel quale la Creatività sarebbe da dare per scontata).
Ormai è universalmente noto che, il massimo dei risultati nella ricerca – così come nel “problem solving” più in generale – si ottengono sommando l’intelletto (la “razionalità”), alla creatività e alle cosiddette “Soft Skills“.

Per Soft Skills si intende la miscela di conoscenze e predisposizioni istintive, con la quale si perseguono risultati progettuali ed esecutivi nettamente migliori (in quantità, ma anche in qualità), di quelli ottenuti con metodiche riconducibili a tecniche gestionali “tradizionali”.

Problem solving

Problem solving cloud

• Preparazione: questa fase prevede la raccolta delle informazioni su cui lavorare e la loro organizzazione disponendo di conoscenze sufficienti a riconoscerne attinenza e coerenza (Problem Solving).

Le caratteristiche di questa fase sono: Capacità di individuare un problema e avere l’orientamento a trovare una soluzione (le problem solving skills appunto).

• Incubazione: Fase di elaborazione mentale dei dati e delle informazioni alla ricerca di un ordine processo che si sviluppa per flussi di pensiero apparentemente disordinati (conosciuto anche come Brain Storming), che continua anche in momenti nei quali l’attenzione “cosciente” potrebbe sembrare apparentemente sospesa (come ad esempio nel sonno).
Cartesio riferì di aver intuito le nozioni fondamentali della geometria analitica in due sogni.
Friedrick Kekulé dichiarò che, grazie ad un sogno, nel quale vide atomi che danzano in un anello – l’anello benzenico – intuì la modalità di combinazione del carbonio con l’idrogeno nel benzene.

flood ark tablet

tavoletta babilonese

Hermann Hilprecht, notissimo archeologo e assiriologo tedesco, decifrò durante un sogno un’iscrizione cuneiforme babilonese – sino ad allora intraducibile – presente su una tavoletta di terracotta nella quale si narra dell’Arca di Noè e del diluvio.
Albert Einstein, a sedici anni intuì il significato della velocità della luce in taluni fondamentali processi fisici e comprese che il problema può essere risolto mettendo in discussione il concetto di tempo.
Nel 1915, mentre lavora a tempo pieno all’ufficio svizzero dei brevetti, concepì la universalmente nota teoria della relatività generale.

• Illuminazione o insight: l’intuizione, spesso istantanea, della soluzione cercata.
Sembra nascere in modo istintivo, spesso arriva in concomitanza con una forte emozione e molto spesso è completamente diversa dalle soluzioni valutate precedentemente.
Wallas in effetti avrebbe inquadrata anche una ulteriore fase, l’ Intimation, che però, non sempre è presente e può essere pensata come una pre-fase, con l’insorgere della sensazione di avere imbroccato la via giusta unita ad una eccitazione crescente che, a volte, può precedere l’insight.

• Verifiche: prove, messe a punto e formalizzazione.
Il metodo scientifico prevede la “formalizzazione” di una scoperta attraverso un’ampia documentazione, ribadita se possibile da una serie di assiomi inequivocabili.
Einstein a chi gli chiedeva come approcciasse a concetti così lontani da una logica intuitiva come quelli sui quali incentravano le sue teorie, diceva: … “è molto raro che io pensi con parole. Mi balena il pensiero, e solo più tardi posso cercare di esprimerlo…Naturalmente, questo senso, spinge in una direzione precisa, c’è sempre qualcosa di logico; ma per me, si presenta sempre…. visivamente.

Albert Einstein

Albert Einstein

E’ evidente che, il Processo Creativo, è un’alternanza tra logica e intuizione in una miscela sempre differente da persona a persona, lavorando su differenze, suggestioni, metafore e quindi con difformità evidenti nei risultati, anche direttamente dipendenti dell’esperienza personale (materiale e spirituale) acquisita.

Eindhoven e Vinacke nel 1952, giunsero alla conclusione che siano da definire fasi un po’ diverse per definire l’attività creativa degli artisti, puntualizzando soprattutto che, esistono notevoli differenze nel Processo Creativo riconducibile ad artisti giovani, messo a confronto con il percorso attuativo preferito da artisti più “esperti”.
L’esperienza, può essere sintetizzata dal neologismo anglofono “saissement”: quella differenza nel percorso di vita – in positivo o magari in negativo – che, porta l’artista a diventare più recettivo alle percezioni mondane o magari più sensibile al trascendente.
Il saissement, nel corso del tempo, è stato ricercato anche in forma consapevole, oserei dire scientifica, anche passando per le vie brevi.
Si sentiva spesso (e purtroppo si sente ancora), parlare di artisti dediti ad eccessi e forzature di vario genere (alcool, droghe, sesso, satanismo, ecc.), tanto che, si diede la stura ad esperienze come il movimento “psichedelico” della prima ora, figlio anche dell’uso dell’ L.S.D. (l’acido lisergico), tristemente noto per le conseguenze dirompenti, e talvolta permanenti sulla psiche di colui che lo assumesse.

Segale Cornuta

La segale Cornuta

Il Movimento Psichedelico, fu un movimento culturale che prese le mosse negli Stati Uniti e che, si consolidò in seguito anche in Europa, mutuando attività tipiche delle esperienze sciamaniche degli “Uomini della Medicina”, caratteristico della cultura dei nativi americani (ma presenti anche in particolari etno-zone dell’Asia e dell’Africa).
Le cerimonie messe in atto dagli “Uomini della Medicina”, avevano l’obiettivo di indurre (o meglio auto-indurre), il cosiddetto “Viaggio sciamanico” .
Il viaggio sciamanico, era ricercato con danze rituali ossessive o più spesso con l’uso di sostanze psicotrope di derivazione naturale.
Queste cerimonie rituali, prevedevano appunto l’uso (l’assunzione) di tuberi, erbe e funghi, contenenti sostanze atte a facilitare uno stato di coscienza alterato, tra le quali ad esempio la “Segale Cornuta” (Claviceps Purpurea), una delle fonti naturali di ergotamina  (o meglio del sale tartrato dell’ergotamina), dalla quale gli sciamani (grandi esperti di erbe, piante, e proto-chimica), sono in grado di sintetizzare l’Acido Lisergico naturale (L.S.D.).
Purtroppo, questa sostanza, venne poi prodotta chimicamente in disponibilità e concentrazioni micidiali, in preparazioni contenenti principio attivo di enorme potenza, soprattutto se confrontato con il prodotto naturale.
La concentrazione di principio attivo, unito alla mancanza di dimestichezza e basi sperimentali serie sulle dosi di somministrazione, produssero i disastri che tutti ben conosciamo, e che ancora ben ricordiamo.
Queste esperienze estreme di coscienza alterata, purtroppo, portarono alla pazzia e alla psicosi irreversibile milioni di persone.

Giovani Hippy

Giovani Hippy

Io stesso ricordo bene quando a Roma nel 1972 (avevo intorno ai 13 anni), a Villa Doria Pamphilij – il parco più grande di Roma, esattamente di fronte a casa mia – dove io andavo a giocare con gli amichetti, e, dove si tenne un famosissimo “Festival Pop/Rock” (noto anche come “la Woodstock di Roma“), al quale parteciparono gruppi musicali e grandi artisti che, all’epoca, avevano già fatto la storia della musica.

Era appunto il giorno dell’esibizione dei “Soft Machine” uno dei maggiori gruppi di rock psichedelico insieme ai Pink Floyd di “Ummagumma“, era una bella serata d’estate, vidi un ragazzo, vestito da Hippy (come usava molto tra i giovani dell’epoca), seduto a braccia conserte, rivolto a sud, verso il tramonto del sole.
Mi colpì particolarmente perché oscillava ossessivamente, avanti e indietro, come in un rituale saluto al sole.
Vicino a lui un altro ragazzo che lo guardava, gli parlava, mentre lui continuava ad oscillare, mentre noi ragazzini continuavamo a giocare.
Solo in età più adulta scoprii che, quel secondo ragazzo, era l’accompagnatore nel “viaggio lisergico”, che come era d’uso, aveva il compito di assistere il “viaggiatore”, che aveva assunto “l’acido” per confortarlo e cercare di ricondurlo alla realtà, in caso avesse subito allucinazioni incontrollabili e sconvolgenti (niente affatto rare con l’Acido Lisergico).
Purtroppo il ricordo non finisce qui, alcune ore dopo, ridendo della insolita situazione – come solo dei ragazzi inconsapevoli possono fare – ci avviammo verso le rispettive case per la cena accorgendoci che il ragazzo a braccia conserte che continuava ancora, ossessivamente ad oscillare.

Pineta Villa Pamphilij

La pineta di Villa Pamphilij

Meno risibile fu la situazione che ritrovammo nel pomeriggio del giorno dopo, quando, tornando a giocare nello stesso luogo al limitare della pineta di alberi secolari, vedemmo il ragazzo vestito da hippy nello stesso identico posto, che continuava ad oscillare verso il sole.
Il sole era tramontato e poi nuovamente risorto e di lì a qualche ora sarebbe nuovamente tramontato.
Mi resi anche conto che l’accompagnatore non era più li – probabilmente vinto dalla sete, dalla fame, dall’umido della notte – invece, il “viaggiatore”, immerso nel loop cerebrale che l’acido gli aveva lasciato attivo, era rimasto ancora lì.
Ricordo chiaramente l’angoscia che mi pervase, quando, ormai a sole nuovamente tramontato, avviandoci verso casa, lasciammo il ragazzo hippy a dondolarsi, verso quello che, ora me ne rendo bene conto, era ormai il nulla.
Probabilmente dondolava nel buio della sua mente, il buio che seguiva gli sfolgoranti caleidoscopi che, come è noto, si susseguivano senza soluzione di continuità nella mente di chi assume l’ L.S.D.
Il peggio venne all’indomani, tornando al solito posto per far volare gli aquiloni – non c’erano le Playstation allora – e, il ragazzo hippy non c’era più.
Ebbi la chiara percezione che fosse volato via anche lui, come un aquilone legato male (allora gli aquiloni ce li costruivamo da soli).
Ricordai la profonda tristezza di quella sensazione, lungamente, negli anni a seguire, continuai a viverla in lunghi e strani sogni, fino a quando, finalmente, i sogni erotici tipici della pubertà e le belle ragazze sostituirono le immagini di quel vallone di villa Pamphilij, pieno di prati verdi illuminati dall’oro del tramonto.

arte psichedelica

Tipico esempio di arte psichedelica

Queste esperienze di ricerca artistica estrema, vennero tentate da molti famosi gruppi musicali, arrivati poi alla fama globale (come appunto i Pink Floyd, i Doors, o i Soft Machine), esperimenti talvolta riusciti dando luogo ad album leggendari, talvolta, riusciti molto meno, infatti il ragazzo hippy non fu nè il primo nè l’ultimo a volare via come un aquilone.

Quelle esperienze a volte tragiche, furono un tentativo rimuovere le sovrastrutture e i vincoli psicologici che spesso e volentieri impediscono e/o limitano la generazione e la fruizione dell’Arte nella sua essenza, quella che insieme a voi, sto cercando in questo blog.
Ho citato ciò che avvenne nella musica, ma anche in altre forme di Arte, compresa la pittura (si pensi all’Arte Psichedelica) che nella San Francisco dell’epoca, trovò il centro mondialmente riconosciuto.
Stati emotivamente alterati, per essere più chiari, sono stati cercati anche con sollecitazioni estreme di natura diversa da quelle indotte dalle droghe pesanti.
Furono cercati gli stimoli di natura psicologica estrema, come l’immersione totale nel silenzio, quelli da sollecitazioni fisiche estreme, come l’astinenza da bisogni umani essenziali (astinenza dal bere, dal mangiare, dal sesso ecc.), o sollecitazioni di tipo “meccanico”, come l’immobilità prolungata (Yoga o meditazioni prolungate) o al contrario con cinèsi estremizzate (movimenti ossessivi ripetuti e prolungati), come ad esempio nelle danze dervisce o nella meditazione Kundalini proposta da Osho Rajneesh.

Osho

Osho Rajneesh

Per quanto mi riguarda, mi rendo conto che molti fruitori, cosi come purtroppo anche molti artisti (o presunti tali), vivano l’esperienza dell’Arte, filtrata attraverso una serie di sovrastrutture socio-culturali, prima fra tutte quella Estetica, in una sorta di “edonismo culturalista”.
Parimenti, mi rendo conto che però per rimuovere quelle sovrastrutture, non è necessario ricorrere a metodiche tanto estreme quanto inutili e conseguire i benefici psico-spirituali dell’Arte.
Con il neologismo di “edonismo culturalista”, definisco l’attuale tendenza della fruizione di Arte nella più assoluta superficialità, l’esatto contrario della sua natura fondante.
Questa modalità scellerata che sempre più mi è dato di vedere, vede una mostra, un teatro o un cinema, alla stregua di una “happy hour”, come si trattasse di un qualsiasi aperitivo, e, devo confessare che mi è giunto più di un invito a manifestazioni di questo tenore, come fruitore ma anche come Exibitor, ma ho sempre puntualmente e convintamente rifiutato.

Andare per mostre è divenuto un “Must” irrinunciabile, insieme a tanti altri, in particolare, questo è vero nel “cluster” socio-culturale emergente (mi scuso per il rigurgito di linguaggio da “marketer” che, ogni tanto, riemerge dal mio passato da pubblicitario).
Questa parafilia verso l’arte “in pubblico”, quasi come fosse un “plus” da esibire, ed essere riconosciuti e accettati in una “Élite sociale differenziale”, ovviamente migliore rispetto alle classi incolte.
Non è un bello spettacolo (almeno per me), vedere gente che ad una mostra, parla bellamente con il proprio accompagnatore degli “affari propri”, scorrendo tra i lavori in esposizione, dando distratte e fugaci occhiate verso i lavori, che, magari, sono frutto di enormi sforzi creativi e di dolorosi investimenti emotivi.
Io li chiamo “Quelli del bello”, comprano il catalogo, chiedono il programma dell’evento, il libretto del concerto (che testimonia la partecipazione) e commentano per superlativi (bellissimo, interessantissimo, bravissimi…).

Vernissage

Vernissage, ovviamente nessuno guarda le Opere

Questa “supervalutazione”, non serve a valorizzare ciò che hanno visto in mostra, o la “pièce” o il concerto al quale hanno assistito, ma sottintende un rafforzativo di valore della propria partecipazione, della propria scelta culturale.

L’insight (l’ispirazione), è comunque una dinamica mentale (io aggiungo spirituale), piuttosto misteriosa e complessa.
Il Processo Creativo, probabilmente, può essere rappresentabile come una struttura frattale, nella quale, una scelta creativa, si situa all’ interno di un’altra e all’ interno della quale se ne situa un’altra ancora, che a sua volta ne contiene un’altra identica alle altre – anche semplicemente come struttura – che all’interno, è costituita da altre strutture identiche in una dinamica ricorsivamente  iterata, e, così via, costituita da altre scelte creative iterate nella struttura generale, che ne contiene altre ancora,  e così via tendendo all’infinito, come avviene appunto in un frattale.
Questo modello di rappresentazione di particolari funzioni matematiche, profondamente iterate (riscontrabili anche in natura come ho ampiamente descritto nel mio precedente articolo “Arte e matematica”,

http://3.bp.blogspot.com/-HpFjBwrZyEo/T88WKplNTUI/AAAAAAAAAY0/xt76aYQXbJQ/s1600/Girasole%5B1%5D.jpg

http://3.bp.blogspot.com/-HpFjBwrZyEo/T88WKplNTUI/AAAAAAAAAY0/xt76aYQXbJQ/s1600/Girasole%5B1%5D.jpg

sono stati studiati e approfonditi dal matematico Benoit Mandelbrot e che, allo stato, è la rappresentazione logico/matematica che più ci avvicina alla rappresentazione del concetto di CAOS.

CAOS è un concetto che spesso concepiamo come casuale, che invece è probabile possa avere una dinamica para-casuale (simile cioè alla funzione “RANDOM“, un algoritmo implementatato in tutti i microprocessori.
Decrittata quindi la dinamica “caotica”, riusciremmo a dare un senso logico anche a dinamiche fisiche (e non solo), solo apparentemente casuali, facendoci fare uno scatto in avanti nella progettazione in generale (quindi anche in quella Artistica) essendo consapevoli di dinamiche attualmente indecifrabili.

frattale di Mandelbrot

frattale di Mandelbrot

Sia gli studiosi del Processo Creativo e le persone che hanno avuto esperienza di intuizioni creative, concordano che la capacità di visualizzare strutture logiche complesse e/o di pensare per immagini (le immagini sono il codice psichico più denso e immediato), presentino la vera caratteristica identificativa dell’essere umano.
Questa modalità di comprensione evoluta non è riscontrabile in altri animali che non siano dei primati, che – uomo a parte - ne presentano solo piccoli accenni (come ad esempio riconoscere un proprio simile in una immagine), ma non hanno piena percezione di se nella propria immagine.
Non è un caso che si usi il termine “immaginazione” intendendo la qualità primaria di coloro che riescono a pensare per immagini mentali, infatti, gli Artisti, sono accreditati dei massimi livelli di immaginazione, in quanto, oltre a pensare per immagini, a queste, riescono a dare concretezza formale rappresentativa.
Immaginazione e creatività in genere sono intese come sinonimi, ma la creatività è il processo di unire elementi tramite connessioni logico/rappresentative (mappe mentali) innovative, che spesso prevedono il superamento di regole e status quo, come nel caso della rappresentazione artistica “cosiddetta” astratta, che mantiene collegamenti con il concetto (magari semplicemente in forma emotiva o emozionale), che l’artista “sente” di voler comunicare.

Vassili Kandinsky

Vassilij Kandinsky: Astratto niente affatto astratto

Nel Processo Creativo si uniscono disordine ed ordine, paradosso e metodo.
Come spesso ho detto su “Sculturaecultura“, queste capacità sono insite in ogni Essere umano, ognuno di noi le può adoperare a patto che, come in ogni forma di competenza, ci si impegni a svilupparla, come si afferma molto chiaramente – e da persona ben più illustre di me – anche nella famosa “Parabola dei Talenti” (cfr. Matteo 25,14-30), che, se a qualcuno interessa, a questo link può trovarla – meravigliosamente – spiegata da un fine teologo come S.S. Benedetto XVI.
Ogni giorno dovremmo riservare del tempo per pensare, per sognare, per immaginare, dovremmo consentire al cervello di metabolizzare tutto ciò che gli viene dato in pasto, di rielaborarlo sotto nuove forme e come ho detto sopra, come se si trattasse della documentazione di una ricerca, imparare a valorizzarla, a trasmetterla e magari ad insegnarla, insomma, un classico “Processo Creativo”.
Tutti abbiamo la possibilità di essere creativi, la creatività introduce nelle nostre azioni la nostra identità, possiamo, anzi ne abbiamo il dovere morale (ma anche quello sociale), soprattutto se vogliamo portare un nostro personale contributo ai valori di questa Umanità.
Questo genere umano che appare sempre più egoista, o per meglio dire “egoico”, in virtù dell’accezione narcisistica che in questo sinonimo possiamo ritrovare.
A nessuno è preclusa questa opportunità, così appagante ai livelli più profondi dell’essenza Umana, ma chi proprio non trovasse questa prerogativa in se stesso, può attingere alla funzione “sacerdotale” ricoperta dall’artista, come ho tentato di ben illustrare in un mio precedente articolo.
Un Processo Creativo si impernia quindi su pochi ma fondamentali cardini, e, prende le mosse dall’ispirazione, e si conclude con la Produzione.
L’ispirazione, che sembra essere molto difficile da conseguire e che invece è ovunque, basta guardarsi attorno, basta saper ascoltare, saper vedere, leggere, ascoltare, esplorare la Natura, comprenderla nella sua perfezione, insomma semplicemente Vivere, e non è un caso se scrivo in maiuscolo questa parola.

Ma l’ispirazione può arrivare anche da quanto l’uomo ha prodotto nei millenni, è sufficiente lasciare aperta la porta dell’intuitività.
Ma è da qui che ci si rende conto che siamo di fronte ad un vero “Processo”, infatti, l’intuizione non va subito tradotta passando alla Produzione.
Un’opera d’Arte va elaborata e rielaborata mentalmente (e spiritualmente), sino a quando in noi non diventa talmente definita da “essere” reale.
Una volta che questo “pensiero concreto” entra nella “realtà speculare” della nostra anima (che come sopra già ho detto), è a sua volta “specchio di Dio e dell’Universo”, necessita soltanto di essere messa in pratica, nella tecnica (o mix di tecniche), che si ritiene più adatta.
Si scelgono i materiali più attinenti, ci si pone nello stato mentale più giusto per questo “viaggio cosmico”, dove “cosmo” deve essere inteso nel suo significato originario – dal greco “kosmos”: “ordine”.
Per ordine, si intende il luogo/non luogo, dove tutte le cose sono al loro posto, per chi ci crede, al posto che Dio gli ha assegnato.
Tutto questo evidenzia l’importanza dell’affidabilità dell’artista, la sua onestà intellettuale, perché non si può non tenere in conto il reale impegno nella ricerca, per quanto sopra ho faticosamente descritto.
Purtroppo tanti lavori, spesso quelli più ruffiani, che, magari con particolari scelte estetiche, assecondano l’indole del fruitore, gli strizzano l’occhio semplicemente con un malcelato approccio commerciale, una forma di “Captatio Benevolentiae” che non si fonda certo sulla concretizzazione di una ricerca schietta e aperta, ma piuttosto sulla bieca facilità di vendita.

Talvolta questo accade per scelta deprecabile dell’artista, ma ancor più spesso, avviene per spinta del suo gallerista.
Il gallerista, inteso quale anello primo della catena commerciale, talvolta, arriva ad indurre nell’artista una tristissima “cristallizzazione” del Processo Creativo, facendolo concentrare su un “filone” di lavori che magari ha conseguito un buon successo commerciale.
Come più volte ho ribadito, anche qui su “Sculturaecultura”, non ho nulla contro la “cessione onerosa” di Opere d’Arte, ma troverei più giusto che l’acquirente possa pensarla come sostegno al lavoro di un artista che si sente vicino, piuttosto che un mero atto di acquisizione della proprietà.
Questo senso di vicinanza, questa empatia che si percepisce con l’artista, spesso e volentieri, è proprio figlio di quell’operare in forma sacerdotale, sciamanica, che l’artista attua “in nome e per conto”.
Ne ho scritto esaustivamente nell’articolo “Arte o Investimento” e in altri articoli sul “Valore dell’Arte“. Se quella “commerciale” diviene la motivazione primaria, possiamo immaginare quanto tutto possa essere mistificante, specialmente se messo in atto con il solo intento speculativo, privando quindi l’opera di ogni valenza spirituale.
In più di un’occasione, ho cercato di portare alla vostra attenzione, proprio questo comportamento “arimanico” – per usare una terminologia Zarathustriana cara a Nietzsche e a Leopardi (Inno ad Arimane 1833, testo incompiuto: “Re delle cose, autor del mondo, arcana Malvagità, sommo potere e somma Intelligenza, eterno Dator de’ mali e reggitor del moto) -
Arimane “re delle cose” come lo definisce Leopardi in incipit, può essere inteso come la componente satanica tipica del materialismo, ed ecco che risulta chiaro che, il “culto del materiale” che non è certo marginale nelle dinamiche del mondo dell’Arte, basti pensare a molte forme di collezionismo basate prevalentemente sull’accumulo più che sui contenuti ricercati dagli autori.
E’ importante mantenere un filo diretto con l’artista, a maggior ragione, visto che i “canali” che portano al pubblico il lavoro degli artisti sono in mano a pochi “eletti”.

E’ fondamentale mantenersi al di fuori da logiche collezionistiche (attività talvolta malate, in quanto spesso mosse da una logica del possesso), modalità di acquisizione altrettanto negativa quanto quella puramente edonistico/estetica per non parlare di quella ridicola dell’investimento.
E’ importante sostenere maggiormente l’artista puro (se vogliamo purista), perché è un Uomo che queste logiche arimanico/materialiste le rifiuta per costituzione, quando costui lavora a un’opera teatrale o scrive poesie o compone un brano musicale, potete star certi che ci crede al punto da sentirlo come un’atto eroico, un dono al mondo prima ancora che a se stesso come è giusto per colui a cui iene concesso il sacro dono dell’Arte.
Purtroppo, esistono invece “personaggi” – che non voglio chiamare artisti visto che ne sono la chiara antitesi – che lavorano solo per se stessi e/o al massimo per i critici o per il gallerista, e questo,non è sentirsi un telescopio puntato verso la luce in fondo all’universo.

universo

Scrutare in fondo all'Universo

Questo tedioso argomento mi piace sempre porgerlo quale oggetto di riflessione, ma il suo approfondimento è stato, e sarà, senz’altro, tutto un altro articolo.

di

Francesco Campoli

Share and Enjoy:
  • Facebook
  • Google Bookmarks
  • email
  • LinkedIn
  • Twitter
Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Ridefinire l’Arte: Qualcuno le deve pur fare!!!

Posted in Estetica e Bellezza, Filosofia dell'arte on febbraio 6th, 2012 by

di Francesco Campoli

La “Main Question” di questo blog, è ormai nota e dichiarata: “Cos’è l’Arte?”, un obiettivo ambizioso: Fare un po’ di chiarezza nell’odierno “mondo dell’arte”.
Non è una mia forma estrema di presunzione, come si potrebbe pensare, dato che non sono certo il primo a cercare questa risposta, é un interrogativo che ci può aiutare a contribuire alla sopra citata chiarezza.
Devo chiarire, a scanso di equivoci e prima che qualcuno salti sulla sedia, che non è che mi ritengo più competente di altri ben più illustri predecessori, che prima di me si sono posti la stessa domanda.
In realtà quindi, questa “spropositata” domanda è un mero “esercizio speculativo”, che personalmente mi sono imposto, per dare dei “Valori” alla mia “Ricerca artistica”.
Ho lasciato che per anni la “vocazione” artistica si consolidasse in me, per evitare di disperdermi in attività “artistoidi”, completamente fuori tema, come purtroppo ho visto fare, da molti cosiddetti artisti che mi è capitato di incontrare.
Professionalmente io arrivo dal tanto decantato mondo della comunicazione, in particolare negli ultimi anni (otto), ho lavorato nella pubblicità, un mondo che autoreferenzialmente di definisce “Creativo”.
Questo aggettivo aveva attratto anche me, che della creatività avevo sempre fatto un punto di forza.
Alla fine la pietosa bugia che vivevo tutti i giorni (con la quale si consolano ancora molti grafici ed “Art director”), ha mostrato la corda, non foss’altro per manifesta incoerenza con l’ “Environment sociologico”, che ci accerchia ineluttabilmente
Quando un vocabolo è tanto articolatamente abusato, è fondamentale ritrovarne il significato reale, o magari definirne uno nuovo, non costituire un nuovo “ismo”, come da sempre usa fare, ma riuscire ad arrivare all’essenza.
Sarebbe ora di uscire dagli stereotipi di arte, “interpretata” da “esegeti” spesso non richiesti di artisti ai più vari livelli, è ora farsene una coscienza propria, servirebbe all’umanità.
Non è una affermazione retorica, è piena coscienza della profonda funzione dell’arte, per chi come me vuole vivere d’arte, dargli una connotazione meditata, equivale a trovare la propria identità d’artista, consentendosi di lavorare a ragion veduta.
Nel mondo di oggi, spesso l’arte è confinata nella sua funzione estetica, l’ Estetica è una importante branca della filosofia, che si relaziona col “bello” e talvolta entra in contatto con l’arte.
Spesso molti sembrano non avere coscienza, che l’ “Estetica” non basta di certo per definire l’arte.
E’ senz’altro una riflessione interessante da fare insieme, ma non ora, ovviamente perchè anche questo è tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

Share and Enjoy:
  • Facebook
  • Google Bookmarks
  • email
  • LinkedIn
  • Twitter
Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Arte? per me immodestamente

Posted in Tecnica Vs Concetto on gennaio 13th, 2012 by

di Francesco Campoli

Cos’è l’arte?

Il bello di essere l’animatore di un blog è che “per definizione”, tutto il dibattito nasce dalla propria opinione, una opinione che (lo predìco), sicuramente non sarà condivisa dai “Totem” del mondo della cultura, per più di una ragione.
Ho ideato questo “blog” proprio con l’intenzione di provocare, inizio dal dare una mia definizione della parola Arte, sono sicuro che c’e’ già chi è pronto a definirmi presuntuoso.
Specialmente in Italia, dove “Arte” per molto tempo è stata solo sinonimo di “Antico” e che per ben noti motivi e’ sempre stata molto vicino al “Sacro”, è stata l’unica riconosciuta quale Arte con la “A” Maiuscola.

antico dipinto religioso frate con crocifisso

antico dipinto religioso frate con crocifisso

Come ben si sa in Italia le convenzioni sono sempre stagnanti e le consuetudini sono dure a morire, spesso per pigrizia mentale o magari per conformismo di maniera.
A tutt’oggi nel sentire comune degli italiani, non si ha una chiara definizione di Arte, purtroppo sopravvive ancora la distinzione con la cosiddetta “Arte moderna”, o “Arte Contemporanea” come se l’Arte non fosse un concetto assoluto, ma variasse nel tempo come la moda.
Non ci si rende conto che quella che appare una divisione, uno iato (in gran parte per merito di Kandinskji), è invece il punto di cerniera sul quale ruota molta della storia dell’Arte, che oserei direi si evolve, in una modalità meno formale di proporre l’arte, evitando l’equivoco storico di confondere l’Arte con la tecnica.

Vassily Kandinsky Composition 6 - anno 1913

Vassily Kandinsky Composition 6 - anno 1913

Per “noti critici” non è ancora univoco a quale artista attribuire la loro “patente” di numero uno, ci sono ancora dubbi sui grandi nomi dello scorso secolo, figuriamoci sui contemporanei “Viventi”.
A mio avviso ci sono due correnti di pensiero per definire l’Arte in assoluto: una la vede come forma di espressione comprensibile da tutti (almeno a livello percettivo) e un’altra che la vede come un metodo di espressione comprensibile a pochi, tanto è vero che ci sono gli “eletti” che “auto-referenzialmente”, sono sempre pronti li a spiegarcela.
Sicuramente esistono sensibilità diverse: quelle che definirei “primitive” e quelle più raffinate, recettive per le più piccole sfumature del “linguaggio” artistico, ma sono faccie diverse della stessa medaglia.
La capacità di “capire” è insita nell’uomo stesso, così come in parallelo, chiunque, volendolo, ha la capacità di esprimere se stesso in un linguaggio più “alto” (a livello di struttura del flusso comunicativo), di quella semplicemente verbale.
Cos’e’ allora l’Arte per me? Essenzialmente un modo di trasmettere “concetti”, (parola che etimologicamente deriva da “concepiti”), sostanzialmente comunicare, lanciare messaggi, attraverso tecniche tra le più diverse, utilizzate in modo strumentale alla presentazione del concetto/valore medesimo.
Teoricamente una opzione aperta a tutti, anche considerato che, agli esseri umani, persino a livello divino, viene riconosciuta piena dignità di uguaglianza.
Sinceramente bisogna anche ammettere che, questa forma di espressione  così elevata, realmente è nella piena disponibilità di pochi, quei pochi che lavorano seriamente per affinare ogni giorno la sensibilità abbinata alla tecnica necessaria.
Questi “pochi” sono coloro che hanno scelto consciamente, di rappresentare l’ “Anima creativa” dell’umanità, quelli che definiamo gli Artisti.
Gli artisti sono ricercatori, divulgatori di simboli e simbologie, che per loro vale la pena di proporre e rappresentare.
Purtroppo sempre di più vengono create sottocategorie della categoria generale “Arte”, e parallelamente il livello di validità dei progetti è in caduta libera, ovviamente questo non è certo per colpa dei fruitori, come talvolta si cerca di far credere.
Molti presunti “Artisti” lavorano solo per cercare una loro “originalità tecnica”, che distingua iconograficamente le opere che producono, lavorando sempre meno sui contenuti e creando nuovi inutili stereotipi, senza “valore“.
E’ questo che intendo per “separazione tra Arte e cultura……” ma questo è tutto un’altro articolo.

Francesco Campoli

Share and Enjoy:
  • Facebook
  • Google Bookmarks
  • email
  • LinkedIn
  • Twitter
Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Illuminismo nell’arte

Posted in Filosofia dell'arte on gennaio 5th, 2012 by

di Francesco Campoli

Non è questo il terreno per approfondimenti di filosofia, ma al contrario ritengo che sia il posto giusto per ribadire il collegamento tra filosofia e arte.
Non può essere che un artista, nel suo mood personale, nella sua concezione artistica, non si colleghi in qualche modo ad uno o più concetti filosofici.
Certo è lecito affermare che questo non debba necessariamente avvenire in modo coscente, ma allora in coerenza con il l’interrogativo di fondo del blog, viene da chiedersi: Nel caso di “incoscenza filosofica”, possiamo realmente parlare di un artista?
Per argomentare una risposta a questa ferale domanda,  ci viene in aiuto Immanuel Kant, filosofo fondamentale, del quale non sono certo io il primo a scoprire la qualità e l’importanza dell’opera.

Immanuel Kant

La cosa caratterizzante di Kant è la sua visione rivoluzionaria, come la chiama lui stesso “rivoluzione copernicana” del modo di concepire  e soprattutto di applicare la filosofia.
La visione kantiana ribalta completamente, le modalità con le quali definire la conoscenza e i “Valori” con i quali interiorizzare le cose del mondo.
Sicuramente Kant è definibile un  illuminista, non foss’altro per la maniera in cui valorizza l’uso de “la Ragione” (il Pensiero), addirittura estendendone i margini rispetto all’illuminismo settecentesco.
Le specifiche del pensiero kantiano, a mio avviso, lo rendono molto utile a comprendere l’essenza della creazione artistica, soprattutto per chi come me da moltissima importanza  alla fase di ideazione.
Egli non rinuncia ad aprire “razionalmente” anche ad un approccio empirico.
L’empirismo da sempre è stato visto come l’unico approccio possibile, per la comprensione del “creato” artistico.
La rivoluzione kantiana, a mio avviso allarga l’uso della Ragione nel verso giusto, con l’obiettivo di costruire un nuovo approccio di “pensiero integrato”, sicuramente più adatto, alla comprensione del messaggio artistico, in barba alla sterile contrapposizione Razionalismo/Empirismo.
Kant si distacca chiaramente anche da quest’ultimo, che vede possibile l’acquisizione di conoscenza, solo passando attraverso l’esperienza diretta, l’Arte è la riprova che questo non è assolutamente vero: Chiunque può percepire la bellezza di un’opera di Mozart, senza saper suonare o comporre.
Secondo Kant “la Ragione”, non consente a nessun essere umano, la percezione dell’assoluto di ciò che gli appare, ognuno ha una percezione propria, in genere filtrata dalle personali capacità di giudizio.
Da questo sembrerebbero possibili, infinite percezioni di una medesima rappresentazione (in particolare artisticamente parlando”, ma Kant individua l’universalità della percezione, deducendola dall’universalità del “processo” di percezione, che ritiene identico in ogni essere umano, a prescindere dal suo livello di conoscenza.
Ecco secondo Kant  il motivo dell’universalità del bello: Ci sono cose che in ogni essere umano, trovano collocazione nella “categoria del “Bello”.
Il tramonto, i fiori e i loro colori, la Luna piena di notte sul mare, sono stereotipi assoluti della percezione del bello, percezione alla portata di tutti.
Questo  filosoficamente parlando, ci porta dritti dritti alla necessità di arrivare ad una definizione di “Estetica”, in generale e, secondo la visione di Immanuel Kant.
Kant tratta di Estetica in accordo che i valori sui quali fonda la sua filosofia, in “Critica della ragion pura”, ma questo è tutto un’altro articolo.

Francesco Campoli

Share and Enjoy:
  • Facebook
  • Google Bookmarks
  • email
  • LinkedIn
  • Twitter
Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Artista o Ricercatore

Posted in Filosofia dell'arte on marzo 30th, 2011 by Francesco

di Francesco Campoli

Ricercare è il compito di chiunque si cimenti in qualsiasi disciplina, non ne discutiamo neanche se si tratta di una delle sette arti.
Ed ecco che siamo qui di nuovo a ragionare sull’interrogativo di fondo di questo blog: Cosa definisce un vero artista?
So bene che qui partirà il coro delle solite ovvietà a sfondo “eroico-romantico”.
“L’arte non vuole definizioni ne confini”, “l’arte consiste nel rappresentare ciò che non esiste”,“L’arte è la forma più alta della speranza”, e così via.
Vi sono poi altri filoni quali quello a sfondo introspettivo-psicanalitico, anch’essi non certo da accettare superficialmente.

Karl Popper

Il filosofo Karl Popper

Per dirla con Karl Popper: “l’arte è l’espressione della personalità” , “io sono importante nell’arte”, “io mi devo esprimere”, “io devo comunicare”, “Questo è tutto quello che è importante nell’arte. Questo è ciò che ha rovinato l’arte.”
Il Razionalismo Critico come lo definisce Popper, può senza tema di smentita, essere definito come, una delle armi, che guidano l’uomo verso la propria evoluzione (e non è un caso se non dico “l’Umanità”), così come il Razionalismo Acritico (radicale), è quello che lo porta verso l’autodistruzione (e non necessariamente quella “fisica”).
Razionalizzare sulle proprie percezioni e sulle proprie azioni (e conseguenti reazioni), è un fatto molto positivo, così come negare aprioristicamente altre “Vie”, è assolutamente negativo.
Se una distinzione, che può sembrare semplicemente retorica, pare poter definire la linea di confine tra il bene e il male, è evidente che stiamo trattando un argomento cogente, la cui trattazione non è differibile.
Karl Popper non fa distinzione tra Razionalismo ed Empirismo, si “muove” solo nell’area razionalistica, lascia però aperta la porta dell’intelletto, che può conseguire conquiste sempre nuove.
Essere disposti ad andare oltre alla “conoscenza” (spesso erroneamente considerata uno “status quo”, oltre il quale non si può andare), è l’unica via possibile per puntare ad una possibile evoluzione.
Negare la possibilità di un cambiamento (inteso in senso evolutivo), è una concezione tipica di un oscurantismo retrivo, che lo assimila automaticamente al peccato.

Galileo Galilei

Galileo Galilei

La storia di Galileo Galilei è sempre un buon esempio, anche se facilmente si può allargare a Giordano Bruno e come prototipo massimo alla storia di Cristo stesso.
Non è un caso che certe religioni, o meglio specifiche “Gerarchie Religiose”, fondino la loro primazia, sull’ esegesi di antichi e sacri testi (e non parlo certo del solo cattolicesimo).
Il fatto che siano antichi sembra essere sinonimo di “saggi”, l’aggettivo “sacri” invece, sottintende che non possono essere discussi, da qui l’importanza di chi ne possiede la suddetta primazia interpretativa e applicativa.

Giordano Bruno

Il 29 gennaio del 1600 il Tribunale del S. Uffizio condanna a morte per eresia Giordano Bruno

Il Razionalismo ottuso è legato all’oscurantismo da profonde radici comuni, forse parlando di arte sarebbe utile coniare il neologismo “Razionalismo Empirico”, forse un passo avanti rispetto allo stesso Razionalismo Critico.
Una cosa è certa, Arte è anche sinonimo di pensiero e per definizione, il pensiero deve andare avanti.
Ho una visione illuminista dell’arte? Una cosa è certa:questo è sicuramente un altro articolo.

Francesco Campoli

Share and Enjoy:
  • Facebook
  • Google Bookmarks
  • email
  • LinkedIn
  • Twitter
Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

L’Artista o la sua tecnica

Posted in Filosofia dell'arte, Tecnica Vs Concetto on gennaio 27th, 2011 by Francesco

di Francesco Campoli

Nell’eterno bisogno di appiccicare etichette (tag se volete), ad ogni artista si cerca di appioppare un ruolo definito, un “confine” nel quale gli si concede di muoversi, gli si assegna il suo spazio.
Dalla necessità filologica e storica di “far ordine”, nella grande produzione dell’intelletto dell’uomo,  come al solito si è sconfinato nella solita distribuzione di patenti, con attribuzioni in pieno “conflitto di competenza”, sconfinati di ruolo che definirei razziste.
All’interno di quello spazio “assegnato”, al massimo si concede una “corrente”, nella quale incasellare un modo di comunicare, di concepire le proprie opere.
Iperrealismo, costruttivismo, cubismo, surrealismo, astrattismo, dadaismo e via discorrendo, non bastano come definizioni, si vuole rinchiudere l’artista nel ghetto di una Tecnica, Scultore, Pittore, Fotografo, Musicista, ecc. e poi si scopre che Michelangelo era scultore, si ma anche pittore, che Joan Mirò era un pittore ma anche uno splendido ceramista e scultore,

ceramiche di mirò

ceramiche di mirò

che Picasso noto perchè era cubista, ma guarda caso aveva una padronanza “del mezzo” paragonabile a Francisco Goya.

Picasso

Prima di essere Cubista

Tralasciamo Salvator Dalì, che “addirittura si permise” uno sconfinamento nel cinema, oltre alla fotografia, alla scrittura, alla scultura ecc.
L’esperienza nella “Settima arte”, avenne affiancando nientemeno che Walt Disney nel “corto” (come si direbbe ora), dal titolo “Destino”

Disney Dalì Destino

Una scena di "Destino"

nel quale non si può non riconoscere, la poetica e i “simboli” frutto della ricerca artistica del genio di Figueras.
Il fatto che il cinema sia chiamato la “settima” arte, presume addirittura un “ordine di apparizione”, delle tecniche espressive e non voglio neanche pensare,  che questa scala magari,  sia anche da intendere come scala di valori.
A mio modesto avviso solo un “ismo”, fu degno di essere menzionato nella storia dell’arte: il “Futurismo”.
Il Futurismo fù realmente  “Concepito”, meditato e poi declinato in tutte le tecniche possibili e immaginabili.
Ma questo è tutto un’altro articolo……..

Francesco Campoli

Share and Enjoy:
  • Facebook
  • Google Bookmarks
  • email
  • LinkedIn
  • Twitter
Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,