Intervista a “Mostrarti”

Posted in Filosofia dell'arte, l'Arte in ogni Arte on novembre 9th, 2021 by Francesco

di Francesco Campoli

Questa Volta l’articolo su SCULTURAECULTURA non è formattato nello standard abituale, a seguire mi permetto di pubblicare un lungo video, che riassume la mia intervista alla trasmissione MostrArti“, del carissimo collega e comunicatore Francesco Galdo, che meritoriamente si è assunto l’Onere di riproporre il “vexato” tema dell’Arte attraverso una modalità innovativa, alternativa e molto interessante.

Mostrarti logo

Mostrarti logo

Videoritratto d’Artista“, è il sottotitolo che chiarisce già abbastanza bene il “format” dell’interessante progetto di Francesco che, a mio modesto avviso, a fronte dell’ “Onere” merita invece soprattutto “Onore”.

Francesco Galdo

Francesco Galdo

Attraverso il racconto informale e rilassato del singolo artista, offre all’Audience una porta alternativa per entrare nel mondo dell’Arte, attraverso le esperienze, le scelte artistiche e soprattutto i percorsi di vita degli Artisti, attori principali di questo nostro variegato universo.
Secondo me  è una intuizione geniale di “Francesco Galdo“, che consente agli appassionati, ma anche agli Artisti stessi, di avere un confronto costruttivo con gli altri e con se stessi, come nella notissima “Legge dello specchio” (noto e consolidato strumento della scienza Psicologica), specchiandosi – e molto spesso ritrovandosi – negli altri Artisti.
Ritrovarsi negli altri, in particolare quando ci si è a confronto con delle sentitissime tematiche comuni, è una opportunità di crescita veramente preziosa.
Per ragioni che non sto qui a ricordare, facendo ricorso al noto “Velo Pietoso“, rammento che non tutti i protagonisti del Pianeta Arte, sono sempre mossi da motivazioni edificanti.
Il confronto con le esperienze e le difficoltà altrui e un potente strumento Catartico, ma anche oltremodo pratico, oltre a rappresentare un argomento estremamente aggregante.
Questa secondo me è una delle opzioni più importanti che “MostrArti” offre a piene mani, infatti, sempre più si sta trasformando in una “Community” (Francesco la definisce simpaticamente “Tribù“) e questo è uno dei motivi più intriganti che mi ha fatto decidere ad accettare la tradizionale “Videointervista”.

La locandina

Locandina dell'intervista

Condividere le esperienze e le difficoltà, raccontarsi con la massima sincerità e apertura, può veramente muovere negli spettatori delle potenti leve, utili forse a cambiare veramente qualcosa, “cambiare il mondo“, uno dei “Leitmotif” che ricorre nel format dell’intervista, anche io personalmente ritengo che sia necessario  “Cambiare il Mondo” e che questo sia il vero e primario scopo dell’Arte.
Purtroppo la mia intervista online, ha avuto diversi problemi dovuti alla cattiva  connettività, ho tentato di migliorare la qualità del video con vari filtri  e algoritmi di ultima generazione, soprattutto ho trattato e ritrattato l’Audio e spero di esserci riuscito a sufficienza.
Credo sia molto utile anche agli altri, comprendere i concetti e godere degli aneddoti, che hanno contribuito a creare la mia identità di artista.
Sicuramente, molto altro – almeno sul piano concettuale – era già scritto su questo blog, ma rispondere esaustivamente alle domande del Maestro Francesco Galdo, rende tutto più godibile e interessante.
Come sempre, per andare oltre ci sarà sempre tutto un altro articolo su “SCULTURAECULTURA, stavolta c’è l’intervista, di solito non è mio uso guardarmi indietro, ma forse è fondamentale mettere in comune tutto quello che si ha e, perchè no…. (magari sperando finalmente in una buona connettività), mettere tutto in “Community”.

Intervista a Francesco Campoli

Arte e Pensiero Unico

Posted in Filosofia dell'arte, Tecnica Vs Concetto, l'Arte in ogni Arte on agosto 13th, 2021 by Francesco

di Francesco Campoli

Recentemente sul mio profilo Facebook, ho pubblicato una serie di brani di gruppi fondamentali nella  storia della musica, il “Fil rouge” che li lega,  al di la degli stili e delle epoche, curiosamente sono tutti gruppi Inglesi.

Fil Rouge

Fil Rouge alla G.A.M. di Roma di Paola Grossi Gondi

Ogni fenomeno particolarmente evidente, è utile per accendere delle sane riflessioni, tutti i gruppi musicali che ho citato sono stati strumento della “rivoluzione musicale” e di conseguenza dell’intera Storia dell’Arte.
I gruppi più importanti della mia lista, posso ripeterla ancora una volta sono: Deep Purple, Led Zeppelin, Pink Floid, Dire Straits, The Police, Rolling Stones, ecc. per brevità mi fermo, ma l’elenco non si esaurisce certo qui potete fidarvi.
Wikipedia ad esempio ne cita 767 solo parlando dei Gruppi rifereribili a quel periodo.
Certamente non sono tutti attori protagonisti della rivoluzione musicale, ma senz’altro hanno tutti contribuito ad un grande movimento, socialmente e sociologicamente rilevante anche nel costume sociale.
Non ho citato i Beatles, anche se sicuramente anche loro hanno contribuito molto alla Storia della Musica, perchè odio il “Pensiero unico“, in tutti i campi ma ancora di più nell’Arte.
Uno dei totem del “Pensiero unico” nel mondo della musica, è la “Santificazione” dei Beatles, perorata da tutti i critici musicali allineati, mentre ad esempio la “Verve” veramente rivoluzionaria di Kandinsky, di Picasso, di Mark Chagall, di Marcel Duchamp, ecc. ancora oggi nel 2021, trova ancora gente che ne contesta l’immenso livello artistico.

John Lennon

John Lennon

I Beatles sono stati un fenomeno quasi inconsapevole, non sono mai stati quelli che lavorassero ossessivamente per imporre svolte veramente epocali alla Storia, contrariamente all’idea “Mainstream” a cui sopra accennavo.
Molte delle “Hit” più rivoluzionarie e profonde dei Beatles, quelle più creative, ricche di contenuti socio-spirituali, più che al gruppo in quanto tale, in realtà furono frutto del genio artistico di John Lennon.
Non mi interessa affrontare il discorso sotto l’aspetto squisitamente musicologico, per questo ci sono perfino fior di istituzioni universitarie in tutto il mondo, che lo fanno ad un livello filologicamente ben più dettagliato e scientifico del mio.

Musicologia Tor Vergata

Musicologia Università di Tor Vergata a Roma

Uno scanner P.E.T.

Un moderno PET-Scanner

Mi interessa la Musica in quanto tale, in quanto elemento centrale nel “Corpus” universale dell’Arte.

La Musica spesso è utilizzata come potente stimolo creativo, anche da Artisti che si esprimono preferibilmente in altre discipline artistiche.
Quanti di Noi – cito immodestamente anche me in prima persona – coadiuvano il proprio “Percorso Creativo“, accompagnandolo con brani musicali particolarmente evocativi.
La capacità della Musica di generare emozioni, la rende in se un potente strumento creativo, proprio per la sua azione di “attivazione emotiva” estremamente diretta e profonda.
Il “tunneling“  con il proprio Status emozionale – per usare in modo figurativo una gergalità Informatica – indotto dalla Musica, è così penetrante, perché la Musica è elaborata contemporaneamente in diversi distretti del nostro Cervello.
La certezza di queste informazioni cliniche, è sempre più solida con l’avvento dei nuovi strumenti diagnostici e di ricerca, in particolare la P.E.T. (Positron Emission Tomography.
La Tomografia a emissione di positroni), è una tecnica diagnostica medica di massima precisione con una minima invasività radioattiva, al contrario di altre note forme di indagine.

Immagini PET risposta del cervello alla musica

La P.E.T. può essere utilizzata per scandagliare il cervello senza particolari rischi e, quindi, può essere impiegata “in continuo” (ad esempio in sincronia con l’ascolto di un brano musicale), ottenendo immagini biologiche dinamiche, che mostrano in tempo reale, le risposte agli stimoli indotti dalla musica.
Questo materiale di indagine è utile a comprendere le tante dinamiche della stimolazione indotta dalla Musica, in particolare le zone dell’Encefalo che si attivano nell’occasione.
L’uso di queste immagini mediche, ha reso evidente che, di fronte ad opere d’Arte, anche se declinate nelle più diverse tecniche, a livello cognitivo e interpretativo, si presenta sempre l’attivazione di aree cerebrali paragonabili.
Sono molte le indagini neuro-scientifiche che cercano di decrittare il complesso rapporto tra Arte e mente umana, a mio avviso, quello a cui portano facilmente, è soprattutto l’identificazione di una specifica “Entità delle reazioni“.

Certamente non si può affermare che, un Essere umano (ma non solo), messo a confronto con una Opera d’Arte, non abbia reazioni consistenti, addirittura, nel caso della cosiddetta “Sindrome di Stendhal“, la reazioni neurologiche sono addirittura eccessive, tali da ingenerare addirittura attività simil-epilettiche.
Anche dopo secoli, da quando si ha contezza di questa particolare reazione pur con l’utilizzo di strumenti d’indagine sempre più sofisticati, le reali dinamiche di queste reazioni non sono facili da comprendere completamente, a causa del complesso feedback che si rileva nelle persone colpite da questa “sindrome” psico-neurologica.
Dato per assodato che la musica è di per se uno strumento creativo, che ormai possiamo facilmente associare a reazioni molto specifiche, è particolarmente interessante sapere che, non esistono particolari differenze tra le reazioni ad un’opera a carattere figurativo stilisticamente classica, rispetto ad una “Informale” di concezione moderna o contemporanea anzi, semmai si rileva il contrario.
L’Arte “classica” rappresenta una sorta di rassicurazione a livello percettivo, visto che la “decodifica”, non prevede un particolare impegno cognitivo, ne genera feedback emotivi particolarmente volenti.
L’Arte in quanto attività qualificante del Pensiero, è trasversale a molte dinamiche peculiari delle singole Tecniche, ma non è il caso di entrare qui in dettagli troppo tecnici, mi limiterò ad argomentare sul settore che meglio conosco.
L’indagine Neuro-scientifica fa riferimento a strutture cognitive molto consolidate, quello che stupisce è che alcuni Artisti sembrano avere una innata capacità di gestire queste “Strutture di Percezione“, siano esse riferibili alle Arti figurative (o Visuali), sia peculiari delle altre discipline artistiche.
L’Artista può attraversare il proprio Percorso Creativo, in modo paragonabile a prescindere dalla tecnica che sceglierà di utilizzare, quindi la Eco Artistica nella sua più alta essenza, va ricercata a livelli superiori.
Il Messaggio artistico in se è una Struttura Comunicativa di livello elevato, anche perchè in genere è elevata la sua destinazione.
Il contenuto poetico di un’Opera tenta di parlare più allo Spirito che al mero “Intelletto“, non perchè quest’ultimo sia disdicevole, ma dal momento che questo, è essenzialmente conseguenza esperienziale, risponde a logiche percettive completamente diverse, appunto perchè “logiche“.
Molta della Logica, poggia sulla dottrina scientifica, che, proprio per sua insita costituzione, è costantemente in divenire, come è giusto che sia.
La Scienza è costantemente in fase di sviluppo, di affinamento, mentre lo Spirito, per chi ne ammette l’esistenza, vive di per se già a livelli più elevati e, costitutivamente, dispone di strumenti percettivi che potremo definire “intuitivi“.
Questi strumenti percettivi assoluti, l’Intelletto non li ha ancora completamente sviluppati, forse proprio perchè il Pensiero meramente scientifico, ha nella confutazione proprio uno degli “strumenti” essenziali, chi se ne serve in via esclusiva, non può concepire che si possa affidarsi all’intuizione.
Se il Pensiero scientifico ha i suoi limiti strutturali, figuriamoci nel “Pensiero unico“, dove il rifiuto di parametri diversi da quelli “convenzionali” è un Valore fondativo.
Il “Pensiero unico” è già, di per se, un laccio all’Intelletto, in particolare se esso già vive l’esclusione della componente percettiva Emozionale.
Ai nostri giorni purtroppo si sta addirittura cristallizzando il ricorso al cosiddetto “Pensiero Politicamente corretto“, che è una ulteriore restringimento del Pensiero unico, in accordo con le convenzioni sociali, la vera antitesi dell’Arte.
L’Arte fa’ della Apertura di Pensiero il vero e proprio “vessillo di battaglia”, ecco perché la cesura della vera Arte con la Società si sta sempre più allargando, non solo per l’ignoranza sempre più dilagante.

I cinque sensi

I cinque sensi

L’idea originaria di Pensiero Scientifico, la dobbiamo essenzialmente a René Descartes (Cartesio), che con il suo concetto di “Res cogitans e res extensa“, introducendo già al tempo, la differenziazione tra Pensiero Razionale e  Pensiero intuitivo.
Cartesio considerava il vero “Pensiero intuitivo” quello dello Spirito, dal momento che, al suo tempo, il concetto di “Spirito” era addirittura argomento scontato.
Fu proprio la puntualizzazione di Cartesio sul Valore del Dubbio (Cogito ergo sum), che cominciò a far percepire lo Spirito, come  facilmente ingannabile dai Sensi Umani.
I cosiddetti Cinque sensi hanno proprio nella “umanità” la loro insita limitazione, ma in realtà, ai nostri giorni, si stà andando sempre più verso un allargamento del numero dei Sensi “disponibili”.
In particolari ambiti, si arriva addirittura a diciassette ma, essendo lo Spirito (per come l’avrebbe definito San Girolamo) “Eco Divina che ancora giace nell’Essere Umano”, la fallibilità dei Sensi spirituali, dovrebbe essere addirittura minore rispetto a quella dei Sensi fisici, a meno di inquinarli con la frequentazione del “Male”, ma questo, come al solito, è tutto un altro Articolo.

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Arte e Profondità di Pensiero

Posted in Filosofia dell'arte, l'Arte in ogni Arte on maggio 10th, 2021 by Francesco

di Francesco Campoli


Molte volte nei miei articoli ho citato Joseph Beuys,  il grande Artista tedesco, “Trans-disciplinare” come amo definirlo, perchè incarnava molti tratti di quello che per me è un vero Artista.
Joseph Beuys con i suoi lavori perseguiva anche i grandi valori a livello sociologico, assolutamente non si è mai limitato alla sola componente estetica.
Per me è un vero Artista colui che pratica l’Arte soprattutto come esercizio di Pensiero, con l’ausilio della specifica tecnica che ritiene più funzionale a dar corpo alla propria “Azione creativa”.
Quando dico Tecnica non intendo solo una di quelle presenti tra le classiche declinazioni delle Arti visive o di quelle Plastiche ma quella “necessaria” in funzione del messaggio che intende proporre.
Più volte su “Sculturaecultura” ho chiarito che per me l’Arte va intesa nella più estesa delle accezioni, cioè quella che prende origine dalla Poesia, la forma d’Arte più vicina al cuore e al Pensiero.
In questa ottica Olistica dell’Arte, considero Beuys tra i più vicini a questa concezione “globale”.
L’Arte prende forza e credibilità quando l’artista nella vita è passato attraverso eventi ed incontri estremamente segnanti, vale sicuramente per me ma ne ho letti nelle biografie di tanti Artisti oltre a quelli che ho incontrato nella mia vita.

joseph beuys divisa luftwaffe

Joseph beuys in divisa da aviatore della Luftwaffe

Nel caso di Beuys potremmo citare il suo “incontro” con le tribù Tartare, che lo raccolsero dopo l’abbattimento nei cieli della Crimea dell’aereo della Luftwaffe sul quale operava durante la seconda guerra mondiale.
Fu raccolto e curato con metodi ancestrali, dagli Sciamani della Tribù che lo accolse e questa esperienza, oltre ad avergli regalato un nuovo capitolo della sua esistenza, rappresentò un punto di svolta della sua vita.
Da allora prese coscienza della totale integrazione dell’Uomo con la natura alla quale appartiene, sviluppando quella Coscienza Ecologica che gli fu da ispirazione anche nella sua Arte.
Queste esperienze forti e talvolta tragiche, rappresentano l’ humus  a supporto dei contenuti e quei Valori che sono componenti essenziali di un “Processo Creativo“.

Josef Beuys e Handy Warhol

Joseph Beuys e Andy Warhol

Invece della solita foto, ho scelto un Video che documenta il suo incontro con Andy Warhol, perchè è emblematico della considerazione della quale Beuys godeva anche presso i grandi miti del “mondo artistico” del suo tempo.
Andy Warhol gli dedicò diversi lavori, in particolare quelli in sua memoria, nella sua classica rappresentazione Pop/Iconica, come aveva già fatto con Marylin Monroe e con tanti altri importanti icone del suo tempo.
Pur comprendendo bene che Beuys rappresentava la sua Antitesi, nelle idee politiche e nei contenuti artistici, Warhol ne era affascinato e ne aveva grande considerazione.

Beuys by andy warhol

Beuys by Andy Warhol "In Memory"

Io lo cito sempre nella sua frase più emblematica: “Ogni Uomo è un Artista“, frase che lui stesso ha ripetutamente  spiegato in varie occasioni, ma che tutt’ora continua a sollevare grandi discussioni.
Anche se proprio in questi giorni ricorre il centenario dalla sua nascita, Joseph Beuys (12 maggio 1921), non è questo il luogo nel quale approfondire la sua filosofia creativa, ma va chiaramente ricordato che, visto che le sue affermazioni gli sono sopravvissute, è evidente che la sua attività artistica, ha avuto un valore così rilevante che gli è valsa l’immortalità.
La “Scultura sociale” di Beuys, prendeva le mosse dalla forte convinzione che L’Arte potesse influenzare la Società, consolidandone i “Valori comuni”, cambiandola in meglio.
A testimonianza che sia ampiamente riuscito in questo suo nobile intento, ci sono tanti progetti, dei quali, quello che ritengo emblematico, è la sua famosa mega installazione “7000 Querce“.

7000 querce

7000 Querce di Joseph Beuys

7000 Querce” che gli è sopravvissuta e, anzi, ha avuto il suo pieno compimento dopo la sua morte.
Io sono stato a Kassel una diecina di anni dopo la sua morte e, proprio in quei giorni, si parlava proprio del fatto che era stata piantata l’ultima Quercia di quel grande “Polmone Verde” figlio della sua grande “Opera” , entrando a far parte del contesto sociale di quella città, proprio come lui aveva previsto.

7000 querce kassel

7000 Querce a kassel

La sua “7000 querce” veniva descritta come una “Scultura/Happening”, a quel tempo non avevamo coniato il concetto di “Arte Performativa” che dobbiamo particolarmente alle Opere e al successo di Marina Abramovic.
7000 querce“ fu messa in atto disponendo in maniera artistica 7000 monoliti di Basalto, che ogni donatore poteva “adottare”, e con il ricavato di ogni donazione, il singolo “Monolite” era associato ad una giovane Quercia, che poi sarebbe stata  piantata a Kassel, dando vita ad un grande “polmone verde” che sarebbe vissuto per secoli, dato che l’aspettativa di vita della Quercia è circa 500 anni, infatti spesso l’icona della Quercia è usata come simbolo stesso della vita.

Beuys a Kassel

Beuys a Kassel da il via a 7000 Querce

Beuys fu uno dei fondatori del Movimento dei Verdi in Germania, che portava avanti un programma fortemente ecologista, in seguito se ne dissociò indignato, perchè quel “Movimento”, diventando Partito, aveva trasformato quei moti sinceramente ecologisti, in delle basi ideologiche al servizio della conquista, di quel Potere che lui per tutta la sua vita aveva sempre orgogliosamente avversato.
L’azione di “7000 Querce“ venne attuata applicando un concetto molto simile a quello che attualmente chiamiamo “Crowdfunding“.
Molti artisti, anche con l’aiuto dei Social Network, lo stanno adottando ai giorni nostri.
Con il “Crowdfunding” in questo periodo poco edificante del mondo dell’Arte si sta cercando un surrogato alla funzione sociale dei Mecenati, che più che un finanziatore “tout court”, si poteva immaginare come un ponte culturale, tra l’Artista e la Società a lui contemporanea.
Come esempio di Crowdfunding sul quale appoggiare progetti artistici ai giorni nostri, il primo che mi viene in mente, è lo scultore italiano “Jago“.

Jago

Lo scultore italiano Jago

Jago“ ha messo in atto il Crowdfunding per sostenere diverse sue opere recenti, ma concependo l’azione non solo dal punto di vista economicistico, ma per ribadire la proprietà “Sociale” dell’ Opera d’Arte, che, cosa che in pochi pensano, è ribadita dalla creazione di musei pubblici.

Sozial Plastik

la "Soziale Plastik" di Beuys

Beuys fu veramente un antesignano in questa pratica, non solo per il sostegno economico ai propri progetti, ma soprattutto per ribadire la funzione sociale e sociologica del suo lavoro Artistico e dell’Arte in generale.
Istintivamente ogni Artista sa che la sua proposta deve superare le Convenzioni sociali, se non altro in funzione Maieutica, proprio perchè rappresenta una forma di Comunicazione alternativa che è sempre più importante, dal momento che, la Comunicazione “istituzionalizzata”, è sempre più infarcita di un certo conformismo peloso, “Politically Correct“.

C’è chi coltiva scientemente una certa capacità di Astrazione, una forma di Pensiero essenziale nel Processo Creativo, l’evoluzione di una Idea, in particolare di una vera Idea Artistica nasce quasi sempre da un anelito di Evoluzione.
Un Artista guarda lontano per definizione, nel senso più ampio e bello del termine, ma proprio per questo, talvolta può apparire come fosse disallineato dalla realtà.
Ma questo è il suo “mestiere”, non si può pensare ad un Artista come una entità scollegata dalla società del suo tempo anzi, spesso è proprio dalla volontà di andare oltre quella realtà, che animicamente è portato a rifiutare, che mette in atto attività creative che possano influire positivamente su quella realtà.

malati mentali manicomi

Vita di cosiddetti "matti" nei vecchi Manicomi

Per capire un Artista e la sua Arte, non si può prescindere dalla sua realtà storica, nella consapevolezza che è come se lui la vedesse da una diversa angolazione il punto di vista che propone nelle sue Opere.
Creare un’ Opera d’Arte è una sorta di distillazione dell’ Assoluto, nasce sempre con un piede nel suo tempo e l’altro nell’eternità.
Non è semplice per l’Artista riuscire a gestire l’immergersi in questa “Dimensione alternativa”, se non c’è un supporto di Coscienza e Conoscenza, riallinearsi con la realtà può diventare un problema.
Se l’Idea creativa non ha un forte radicamento Sociale e Storico, il suo può divenire quasi un viaggio senza ritorno.
Non sono rari i casi di Artisti che, hanno avuto brutte esperienze dalla “Necessità animica”  di scalzare le cattive convenzioni del proprio tempo.
Scontrarsi con le Convenzioni sociali, cercare di cambiarle, di denunciarne gli anacronismi, in tempi neanche troppo lontani, poteva valere l’Ostracismo sociale che, purtroppo, spesso prendeva la forma del Manicomio.

dino campana

il poeta Dino Campana

Alda Merini

Alda Merini

Sono tristemente noti i casi di Alda Merini o di Dino Campana, ne ho parlato in un mio precedente articolo su Sculturaecultura e di tanti altri purtroppo.
La moderna Neuropsicologia, è da tempo convenuta sul fatto che la creatività è fattore fondamentale del processo di Pensiero, quella particolare dinamica che caratterizza l’ “Homo Sapiens” in buona parte anche nei confronti dei suoi confratelli “Primati“.
La comprensione e la soluzione di problemi di qualunque genere, è frutto della sovrapposizione e dell’incrocio di più Livelli di Pensiero.

  • Il Pensiero Divergente: La capacità della Mente di produrre una serie di possibili soluzioni alternative a una dato problema (non fermarsi alla prima soluzione ma cercare quella migliore).
  • Il Pensiero Laterale: per il quale si intende una modalità di Problem Solving attraverso l’osservazione del problema da diverse angolazioni, al di là quindi della Logica Sequenziale.
  • E il Pensiero Creativo: quello che Einstein definiva “Il modo nel quale l’Intelligenza si diverte”, nei secoli la Creatività è sempre stata considerata una prerogativa divina, non a caso alla parola Dio si associa spesso il sinonimo di “Creatore“, dei livelli descritti, è quel livello che più di tutti ci rende ad immagine e somiglianza di Dio.

Dante Alighieri Il Sommo Poeta

Va da se che lo stadio creativo del Pensiero umano, è quello che lo qualifica a livello superiore, e che, guarda caso, un pò contiene anche gli altri “Layer”.
L’Opera d’Arte comunica in modo più diretto un determinato messaggio, perchè obbliga al fruitore l’abbandono della Logica Sequenziale, che ci obbligherebbe ad una lunga elaborazione prima di poter razionalizzarne la comprensione.
Questi livelli di Pensiero, sono gli strumenti che ci hanno accompagnato nella nostra Evoluzione, ecco perchè il Pensiero Creativo è assolutamente imprescindibile per l’Uomo e con esso la sua massima espressione l’Arte.
La Creatività è una opportunità a disposizione di chiunque, a patto che si ponga la briga di pensare.
“Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute a caunoscenza”, il nostro grande padre “Dante Alighieri” ancora una volta ci viene in aiuto in quella fucina poetica che è la “Divina commedia“, tra le allegorie poetiche si celano (Ma poi neanche tanto), messaggi fondamentali per ritrovare la strada giusta, la “Diritta via che era smarrita”.

Livelli di pensiero

Libertà di pensiero

In questa completa disponibilità di ogni uomo del libero Pensiero, Beuys inserisce quel “Ogni uomo è un artista”.
Ogni uomo comprende i messaggi dell’Arte, costitutivamente, come per un Leone è naturale mordere, per una Pecora brucare, ogni uomo può esercitare l’Arte, in quanto costituente la sua natura, viva nella sua “Struttura di Pensiero“.
La “Soziale Plastik” (la “Scultura Sociale”), è parte caratterizzante di questa concezione dell’Arte di Joseph Beuys, una visione così innovativa al suo tempo, da entrare in collisione con il “Pensiero unico” dei suoi contemporanei.
Capita spesso che l’Artista sia avversato nella sua contemporaneità, perchè se lavora bene è destabilizzante per gli “Stereotipi sociali“, specialmente nei confronti dei più consolidati.
Gli stereotipi sono tranquillizzanti, meno complessi da gestire rispetto ai “Livelli di Pensiero, è destabilizzante in senso assolutamente positivo.
Beuys fu professore alla Kunstakademie di Düsseldorf, una collocazione accademica, frutto anche delle sue benemerite attività Socio-culturali, ma che mal si confaceva alla sua natura rivoluzionaria.

bauhaus

il Bauhaus

La Kunstakademie di Düsseldorf, ai suoi tempi fu roccaforte dell’ Arte Informale, oltre che nucleo di una larga comunità di importanti Artisti di quel tempo (come ad esempio Gerhard Richter) oltre che sede  del Noto “Gruppo Fluxus“, una sorta di “Bauhaus” come quello diretto da Kandinsky o della “Scuola di Francoforte” di Adorno che riviveva dopo l’esperienza della guerra e soprattutto nella Germania del Post Olocausto.
La convinzione Parmenidea di  Joseph Beuys che in ogni Uomo possieda “In Nuce” la piena capacità di “Creare”, lo portò appunto ad enunciare quel “Ogni uomo è un artista”, e al conflitto con l’allora Direttore, che arrivò a licenziarlo per la sua propensione ad accettare alle selezioni dell’Accademia, a suo dire studenti tecnicamente poco dotati.
Beuys sosteneva giustamente che fosse necessario accettare questi in particolare, che pur avendo grandi  attitudini creative, erano quelli maggiormente bisognosi di imparare.
Una logica assolutamente corretta visto che la concretizzazione di un’ Opera d’Arte, è più un fatto di Pensiero che di Tecnica, ben conoscendo l’iter del Processo Creativo.
Sapeva bene Beuys che la tecnica è un fattore secondario, a maggior ragione se coltivata ossessivamente come si attua in molte strutture accademiche.
Nessun pittore può riprodurre il colore del tramonto, per quanto egli possa cercare il massimo dell’iperrealismo, chiunque troverà una incoerenza del colore, dei riflessi, dell’atmosfera.
Quella che proviamo di fronte al mare è essenzialmente una forte emozione ancestrale, in un dipinto avremo sempre una similitudine, un falso, abbiamo più emozioni davanti all’astratto, perchè quello solo di emozioni è fatto.
Il cosiddetto astratto non sarà mai un un falso, quelle forme e quei colori non sono mai una forma già esistente,  quindi é un allargamento della realtà, la sua propria realtà.
L’Arte è sempre Verità, ma questo è tutto un altro Articolo.

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Arte e Matematica

Posted in Filosofia dell'arte, l'Arte in ogni Arte on giugno 14th, 2012 by

di Francesco Campoli

Dopo aver tentato di “reinserire” l’artista nel contesto sociale, tentato di rivedere la funzione dell’opera d’arte per il singolo e per la collettività, messo in discussione il modo di attribuire “Valore” alle opere d’arte, messi in discussione i licei artistici e le accademie d’arte, nella loro funzione formativa per gli artisti, sconfessato i critici d’arte e le loro esegesi delle opere, “a prescindere” dalle scelte artistiche di chi le ha realizzate, oltre a tante altre riflessioni personali che trovate leggendo questo blog, vorrei tentare ora un’altra “operazione impossibile”: Cercare un collegamento tra l’Arte e la Matematica e se esiste scoprirne i perchè. In effetti avevo gia tentato speculazioni simili in alcuni articoli precedenti, sempre alla ricerca del “filo rosso” che collega tutte le forme d’Arte, quello che “Matematicamente” parlando potremmo definire il “Comune Denominatore”.
Individuare questo “Comune Denominatore”, equivale ad individuare il perno sul quale “ruota” l’Arte di ogni genere e di ogni stile, sia essa Poesia, Musica, Pittura, Scultura ecc. L’intento provocatorio di Accostare Arte e Matematica, ad alcuni lettori potrà sembrare quasi una bestemmia, specialmente per coloro che vedono l’Arte attraverso preconcetti “fantasiosi”, alla fin fine sono proprio questi preconcetti che desiderei abbattere. L’ Arte per più di qualcuno è sinonimo di sregolatezza, di “Espressione” in libertà, c’è chi la descrive come un “Dono” per pochi eletti, il che presuppone automaticamente che solo pochi illuminati la possono capire. Con la mia analisi e le mie provocazioni, tendo a sostenere che l’essenza dell’Arte è insita in ogni “Essere” e che anzi, ne è un importante costituente, va da se che è necessario accordarsi sul temine Arte.
Torniamo quindi a quella che io definisco la “Main Question”, l’ interrogativo centrale di SCULTURAECULTURA: Cos’è Arte? Come è ormai noto io credo nell’artista “Creatore”, nell’artista “Ricercatore”, in piena similitudine ad altri “professionisti” della ricerca, l’artista Sciamano “ponte” tra l’umanità e lo spirito e che sostengo che la razionalità “illuminista”, aggiunga un qualcosa al lavoro dell’artista, o almeno non lo sminuisce di certo.
Sono certo di poter dare un contributo a questa comune ricerca, con le mie opere, lavorando sulla concretezza dei contenuti, con una metodica quasi scientifica, ma lasciando aperta una porta verso l’universo, come credo sia giusto in ogni vero artista.
Cerco di dimostrare la bontà delle mie convinzioni, tentando una seria confutazione, una sorta di “Reductio ad Absurdum” nella migliore tradizione Socratica.

Socrate

Socrate

Come avrete certamente notato, l’intera linea editoriale di questo blog, è costruita sul metodo Socratico, del quale faccio un ampio e “immodesto” uso. Il “Metodo Socratico” per chi non ne conoscesse i termini, prevede il “Dialogo” tra Maestro e Discepolo, un dialogo fatto di stimoli e domande mirate, che il “Maestro” offre al discepolo per far emergere, la “Conoscenza Immanente”, bagaglio innato in ogni “Essere”. L’obiettivo è aiutare a costruire una coscenza critica personale, molto più utile di un bagaglio pleonastico di nozioni e di dogmi conformisti. Per il solo fatto di essere parte del creato, quell’ “Organismo Comune” che chiamiamo “Natura”, ogni “Essere” (per come lo intende Parmenide), è intriso del “Soffio Divino” che gli ha dato vita,

Parmenide

Parmenide

“Conoscenza Immanente”, che purtroppo non tutti sanno far fruttare come si dovrebbe. Anche se quella Maestro-Discepolo, non è l’esatta configurazione del rapporto comunicativo che stiamo istaurando, in ogni caso ritengo che la validità “comunicativa” del metodo socratico, sia assolutamente fuori discussione e, anche se immodestamente, continuerò ad usarlo. Il cosiddetto metodo Socratico fu convintamente adottato anche dal più illustre dei discepoli di Socrate. Parlo ovviamente di Platone, che lo utilizza in modo esclusivo nei suoi “Dialoghi”, dai quali ho attinto molte delle informazioni che sto per citare. In particolare mi riferisco al “Timeo”, un dialogo non a caso con un “Pitagorico” quale egli stesso fù, dialogo nel quale Platone ormai in età matura, avanza molte delle teorie sulle quali si fonda la moderna scienza.

platone

Platone

Io credo nella nostra “Memoria Cosmica”, un qualcosa di molto simile alla “Conoscenza Immanente” che richiamavo sopra, un “Ente” molto importante per cercare di confutare l’intuizione, che la Matematica possa facilmente essere collegata all’arte, e siccome non credo si possa discutere l’importanza della matematica nella vita dell’uomo, per “qualità transitiva”, lo stesso dev’essere accettato nei riguardi dell’arte.
Vorrei iniziare da un esempio e circostanziarlo per bene: Il legame tra Musica e Matematica, che ovviamente non mi sento di far passare come la scoperta del secolo, ma che indubbiamente rappresenta l’esempio migliore per argomentare su questo tema. La scoperta del mio amore per l’Arte, passa per una passione giovanile per la musica (in particolare per la chitarra), concretizzatosi poi in seguito in un rapporto più “Maturo”, per il Blues, il Jazz e le loro “Evoluzioni” in chiave moderna. Parlo quindi sapendo sufficientemente quello che dico, non sono un “Compositore” (un artista della musica), al massimo mi potrei definire uno discreto Musicista. Tutt’ora partecipo a qualche “Jam Session” , suonando con amici di vecchia data (anche considerata l’anagrafe), alcuni dei quali sono tutt’ora musicisti di professione. Nel pieno rispetto delle ragioni che sostengo sin dalla nascita di questo blog, pur suonando discretamente (tecnicamente) un paio di strumenti, non mi considero un “artista della musica”, al massimo uno scarso “Artigiano della musica”.
A chi non ha letto un mio precedente articolo su questo tema, per comprendere meglio questa affermazione, potrebbe essere utile rispolverare “Arte contro tecnica”, un articolo di successo ancora presente nell’archivio del blog. Nel campo musicale ho rinunciato a quella “Ricerca”, a quella “Creazione” che a mio avviso, rappresenta la vera attività di un artista nel pieno delle sue funzioni. Dalla Musica dei primi passi, mi sono evoluto artisticamente verso la Scultura, passando ovviamente anche attraverso la pittura, senza una completa soddisfazione.
Per ragioni che non è il caso di andare ad approfondire ora, ritengo la Scultura più adatta alla mia “Poetica” in particolare la scultura in ceramica, ma prima o poi ne parleremo. Per arrivare al dunque, credo che sia noto a tutti che sul rigo musicale, oltre alla “Chiave”, nella quale deve essere eseguita la melodia, esiste sempre una “Frazione”, con la quale il “Compositore” indica il Ritmo, con il quale la sua composizione deve essere eseguita.

Le chiavi musicali

Le chiavi musicali

quattro quarti

quattro quarti

si sente spesso parlare dei famosi “4/4” (quattro quarti), dei “3/4” (tre quarti) ecc. una prima evidenza del collegamento che cerco di dimostrare.
Se pensiamo ad uno strumento a corde, come ad esempio l’Arpa, la Chitarra o il Violino (in realtà anche il Pianoforte sarebbe uno di questi), salta agli occhi che il musicista per produrre una specifica nota, schiaccia la corda con le dita in punti ben precisi della tastiera (matematicamente precisi).

Croma: Un Ottavo

Croma: Un Ottavo

In verità, in altri casi, può lasciar vibrare liberamente la corda medesima, che comunque ha una lunghezza accuratamente predeterminata dal Liutaio (la distanza tra Capotasto e Ponticello). Questo “Gesto Tecnico” che sembra scontato, in effetti ha un preciso significato matematico: Una corda schiacciata sulla tastiera ad un ½ della suddetta lunghezza (riecco le frazioni), suona la stessa nota sulla quale è intonata, ma ad un’ottava superiore.

due quarti

Nota da due quarti

Se la corda è schiacciata ai 3/4 della sua lunghezza riproduce una “quarta”, ai suoi 2/3 una “quinta”, ecc. Quando parliamo della “terza”, della “quarta”, della “quinta”, della “settima” ecc, ci si riferisce alla progressione della scala (do, re, mi, fa, sol, ecc.), che di norma evolve un “tono” alla volta, fatti salvi i casi di # (Diesis) e il b (Bemolle), ma non è questo il luogo per fare un trattato di “Teoria Musicale”.

Tasti corde chitarra

Posizione tasti sulle corde della chitarra

Quando parliamo di un “Accordo in Maggiore”, tutti i musicisti sanno che si suona rientrando nello schema: “Tonica+Modale+Dominante”, (prima/terza/quinta della scala), cosi come per un “Accordo in Settima” si aggiunge una nota, che è appunto la “Settima” nella progressione della scala a partire dalla nota Tonica. Pur se queste mie (per forza di cose) “sommarie” asserzioni, potrebbero apparire utili alla confutazione della mia “Tesi”, in effetti c’è un signore (illustre matematico), ben più competente e geniale del sottoscritto, che ha fatto molto di più sul collegamento tra Musica e Matematica, parlo ovviamente di Pitagora.

PitagoraPitagora nacque nell’isola di “Samo”, nella prima metà del VI secolo A.C, ma si trasferì nell’allora Magna Grecia (La parte del sud Italia colonizzata dai greci), dove a Crotone (nella moderna Calabria), costituì la nota scuola detta dei Pitagorici.
Per i suoi seguaci, il rispetto per il fondatore rasentava la venerazione assoluta (com’era uso comune nelle scuole dell’antica Grecia), in effetti più che una scuola come la intendiamo ai giorni nostri, quella Pitagorica era più vicina a quella che noi contemporanei definiremmo sociologicamente una setta. Nella Scuola Pitagorica lo studio approfondito della matematica, implicava anche l’approfondimento degli aspetti metafisici ad essa collegati o collegabili. Nella comunità pitagorica lo studio della Matematica (e di sua sorella Geometria), non escludeva gli aspetti pratici dell’esistenza sui quali essa insisteva, anzi, i pitagorici li ritenevano strettamente collegati. Per aspetti metafisici della Matematica, dobbiamo intendere l’uso simbolico dei numeri (riecco anche i Simboli), il loro collegamento diretto con alcuni importanti concetti filosofici e la ricorrenza di alcuni valori specifici: le Costanti Matematiche.
Al tempo si riteneva che la “Natura”, rispondesse pienamente ai “Precetti Geometrici” e non si può dire che si fosse molto lontani dalla realtà. Alle Costanti Matematiche spesso si attribuiva un importante significato simbolico, incredibilmente esse sono tutt’ora dei capisaldi della Geometria e della Matematica moderna (di conseguenza anche della Fisica), dico incredibilmente visto che alcune costanti, sono state comprese e dimostrate già 500 anni prima di Cristo. Non si deve essere tratti in inganno da questi continui “sconfinamenti” tra realtà e mito, per gli antichi greci (e non solo per loro), il mondo spirituale e quello materiale non erano così rigidamente “separati” come li concepiamo ai giorni nostri. I matematici studiando le teorie pitagoriche, allo scopo di accostarle alla pratica del mondo di tutti i giorni, si resero pienamente conto, che anche la musica è pienamente spiegabile (quindi comprensibile), tramite equazioni e teoremi matematici, convinzione sulla quale anche ai giorni nostri, sono pochi a nutrire dei dubbi. Una delle applicazioni degli studi pitagorici sulla musica, fu l’Intonazione Pitagorica (basata appunto sulla scala pitagorica), la quale in questa sede sarebbe superfluo approfondire, ne accenno solamente quale ulteriore “Confutazione” dello stretto collegamento tra Musica e Matematica.

Nota: Do1 Re1 Mi1 Fa1 Sol1 La1 Si1 Do2
Frequenza: 1 9:8 81:64 4:3 3:2 27:16 243:128 2

*Il numerino susseguente la nota, indica l’ottava di appartenenza della medesima (Do1 rappresenta il Do nella prima ottava, Do2 quello della seconda, ecc). Il “Tono” corrisponde a 9:8, il “Semitono” a 256:243. L’esercizio per il quale, da sempre, si ricerca un collegamento tra la Natura e la Simbologia Numerica, deriva anche dal fatto che i Pitagorici, individuarono molte delle “Costanti Numeriche” che avevano a che fare con le cose del mondo. Essi ritenevano che queste costanti, potessero consentirci di capire a fondo molte realtà fisiche e anche quelle Metafisiche, essendo l’Arte secondo il concetto platonico (la musica è una delle tecniche artistiche) una “Mimesi” della natura e della vita, non esisteva dubbio alcuno su questo collegamento diretto.
Una di queste famose “Costanti” la conosciamo perfettamente tutti, mi riferisco a Π (pi greco), il famoso “3,14…” che utilizziamo nella determinazione dell’area del cerchio, nel calcolo del volume del cilindro, di quello della sfera, ecc.

Archimede

Archimede

Questo valore fondamentale è conosciuto anche come “Costante di Archimede”, ma il matematico siracusano non fu certo l’unico a comprenderne l’importanza. Leonardo Fibonacci (matematico pisano del 1170) lavorò moltissimo alla sua ottimizzazione (puntando alle sue approssimazioni migliori), ma il “Fibonacci” è considerato tuttora uno dei matematici fondamentali, in quanto comprese e descrisse le caratteristiche matematiche della cosiddetta “Sequenza di Fibonacci”.

La sequenza 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89 …ecc.

fibonacci

Leonardo Pisano detto Fibonacci

nella quale ogni termine è la somma dei due che lo precedono, presenta mille stupefacenti “Caratteristiche Matematiche”, che la collegano ad un’altra discussa costante “Matematico/Geometrica” la cosiddetta “Sezione Aurea”, della quale cercherò di farvi scoprire i misteri. L’importanza per l’Arte, così come per molte manifestazioni naturali, della costante “nascosta” nella sequenza di Fibonacci, ci porterà certamente all’obiettivo dichiarato, ma per rivalutare la matematica non certo per svilire l’Arte.

spirale di Fibonacci

spirale di Fibonacci

Dalla rappresentazione grafica della sequenza di Leonardo Fibonacci, si ricava facilmente l’altrettanto nota “Spirale di Fibonacci”, uno dei “Segni” che più chiaramente possiamo leggere con i nostri occhi anche in natura. Vi sono molte spirali che si presentano evidenti anche in Natura e, se molte cose del mondo assumono di fatto una “Matrice comune”, evidentemente non può essere un caso, queste costanti devono avere una importanza particolare.

nella Ragnantela la spirale di Archimede

nella Ragnantela la spirale di Archimede

La “Spirale di Archimede” procede con una diversa dinamica rispetto alla spirale logaritmica (quella di fibonacci), ad esempio essa compare  sempre nella ragnatela. Si vede chiaramente che la spirale che il Ragno realizza (a partire dal centro), allargandosi “a passo costante” verso l’esterno, è la vera “chiave di volta” di questa enigmatica struttura ingegneristico/naturale. Oltre a costituire un aspetto “strutturalmente” importante per la ragnatela, la “Spirale di Archimede”, ha anche un fondamentale aspetto funzionale: Il ragno attraverso le sue spire, mantiene il totale controllo su ogni centimetro quadrato del suo “Terreno di caccia”, garantendosi così la migliore resa “Sforzi/Benefici”.

Tutti sappiamo che il Ragno può attendere la sua preda, fermo immobile nel centro della sua tela, risparmiando energie, in una delle migliori espressioni di efficienza dell’intero mondo dei predatori.
Il Ragno esegue la spirale di Archimede “istintualmente”, come pescando da una “Memoria Comune dell’Universo”, è incredibile infatti constatare che questa stessa spirale, è la “Matrice” di forma sulla quale “si adagiano” alcune tipologie di galassie.

Ngc 1232 una galassia spirale

Ngc 1232 una galassia a spirale

La spirale di Fibonacci invece è la “linea guida”, per la forma del guscio nella Conchiglia Nautilus o nella Chiocciola, volgarmente chiamata “Lumaca”.

Spirale nella chiocciola

Spirale nella chiocciola

La spirale nella conchiglia Nautilus

La spirale nella conchiglia Nautilus

La disposizione a “Spirale di Fibonacci” garantisce la massima insolazione ai semi del girasole, evitando ogni sovrapposizione e quindi ombre indesiderate.

Spirale nel Girasole

Spirale nel Girasole

La spirale di Fibonacci è chiaramente individuabile, anche nella disposizione dei petali della Rosa, oltre che nella disposizione dei semi nel Girasole.

Spirale nei petali della rosa

Spirale nei petali della rosa

Anche la disposizione delle foglie sul fusto della pianta del girasole (ma anche in moltissime altre specie botaniche), prevede una disposizione delle foglie sul fusto su una traiettoria, che si avvolge con il passo della ormai nota spirale.

Fillotassi nelle piante

Fillotassi nelle piante

Questa caratteristica è così comune nel mondo delle piante, che in botanica è stata studiata e compresa già ai tempi dei greci e prende il nome di “Fillotassi”, ulteriore importante esempio di presenza della “Sequenza di Fibonacci” in qualità di “Costante Significativa”.
La Costante che si evince dalla sequenza di fibonacci, è la famosa “Φ” (Phi), nota appunto come “Sezione Aurea”, alla quale molti artisti e molti architetti (che già nell’antichità avevano una connotazione comune), hanno attinto quale “impalcatura” delle loro opere e dei loro progetti. 1,6180…ecc. chiamata anche “la Costante di Dio”, per la sua ricorrenza in moltissime situazioni nell’intero universo, per i più convinti, rappresenterebbe  la “Firma Occulta” del Creatore.

La ricorrenza della “Sezione Aurea”, oltre a rappresentare la dinamica dell’albero genealogico delle api in un alveare, cosi come quella della dinamica della riproduzione dei Conigli (il miglior esempio di efficienza nella riproduzione), è facilmente rilevabile anche nell’uomo: L’esempio più facile da vedere è nel sorriso “perfetto”, nel quale possiamo notare che la proporzione tra la dimensione di un dente nei confronti del suo omologo seguente, segue indiscutibilmente il “Rapporto Aureo”. )

Fidia sezione aurea

Fidia e la sezione aurea

Molto più modestamente in molti la chiamano “Costante di Fidia”, scultore e architetto greco al quale dobbiamo moltissime sculture e templi (ad esempio il Partenone di Atene). Sembrerebbe che nelle Opere  d’Arte, nella quali la costante “Aurea”, è stata rilevata (a prescindere dalla volontà “Cosciente” dell’artista di inserirvela), si percepisce una sorta di “Bellezza Immanente”, che nulla ha in comune con il “Concetto Estetico di Bellezza” (anche a questo ho dedicato un interessantissimo articolo nel blog). Ciò che vi si percepisce lo potremmo definire un “Valore” assoluto, rilevabile da chiunque anche in modo inconscio.

Le Corbousier

Le Corbousier

Anche Le Corbusier lo storico architetto/designer svizzero/francese, che rivoluzionò l’architettura e il design del suo tempo (e anche del nostro). Attraverso l’uso del “Rapporto Aureo” (nella scia di Fidia), cercava la “Bellezza Assoluta” in accordo con l’efficacia nella fruizione, la “Bellezza della Funzione” il sogno di ogni architetto o designer. La “Sezione Aurea” la ritroviamo in molti dei suoi progetti, anche perchè molti dei suoi progetti, furono “proporzionati”, attraverso l’uso del suo “Modulor”, una “scala di grandezze” mutuata dal “Rapporto Aureo”.

Il Modulor di Le Corbousier

Il Modulor di Le Corbousier

Il “Modulor” puntava a realizzare una “Ergonomia Estetica” in “Armonia Aurea” con l’ ”Essere” Umano. Il “Modulor” partiva dal concetto che l’Uomo è proporzionato all’Universo, nel quale universo, il Rapporto Aureo rappresenta la linea guida fondamentale.
Dal “Modulor” derivarono molti progetti famosi di Le Corbusier, come la celeberrima “Chaise longue LC4”, che inserita in spazi progettati in accordo alla medesima filosofia, sarebbe un esempio di perfetta “Ergonomia”.

La Chaise long di Le Corbousier

La Chaise long di Le Corbousier

Per arrivare giustamente anche ad Internet, si dice che molti web designer, vedano nella “sezione aurea”, la proporzione migliore sulla quale costruire i loro “Template”, voi che ne dite?

Sculturaecultura layout spirale

Sculturaecultura layout Sezione Aurea

Scherzi a parte potrei continuare con molti altri esempi la dimostrazione dell’interazione della Sezione Aurea con una  “Estetica Assoluta”, perchè sembra quasi che  “Valorizzi” qualsiasi cosa tocchi, quasi una sorta di “Pietra Filosofale”, sarebbe inutile, ormai è chiaro che esempi ce ne sono fin troppi. Ecco quindi che  l’accostamento della matematica all’arte, alla luce di questi fatti, può apparire un pò meno “blasfemo”. Ai tempi di Pitagora la distanza tra Arte e Matematica, non era affatto percepita come evidente, così come non esisteva molta distanza, tra l’approccio “Magico Naturale” di uno Sciamano, quello Simbolico/Magico degli Gnostici Medievali o quello Magico/Spirituale di un Alchimista. A questo scopo potremmo citare il “Parmigianino”, noto come pittore, ma anche come fervente alchimista.

Parmigianino

Girolamo Francesco Maria Mazzola: il Parmigianino

Va detto che anche il Parmegianino cita Socrate e Platone, in particolare i famosi “Solidi Platonici” che sono tra le forme più “citate” nella storia dell’arte:

Diogene Parmigianino

Diogene indica il Dodecaedro "La Quintessenza" il Parmigianino

I “Solidi Platonici” sono così chiamati, in quanto rappresentano un contributo del più famoso discepolo di Socrate: Platone appunto. Su questi solidi poggia l’intera ricerca alchemica, nei Solidi Platonici la “Sezione Aurea”, è una presenza fondante, un esempio chiarificante è il Dodecaedro Platonico.

il dodecaedro nel Diogene

diogene il dodecaedro

Il Dodecaedro regolare è la “Solidificazione” del Pentagono, uno dei simboli più importanti a causa del suo ferreo collegamento con il Rapporto Aureo. Il pentagono contiene in se 5 “Triangoli Aurei”, unendo i vertici opposti è molto facile individuarli, a loro volta al centro descrivono un ulteriore pentagono regolare, all’interno del quale si possono iscrivere 5 nuovi triangoli in proporzione aurea e di nuovo, essi inscrivono un nuovo pentagono regolare e così via per una infinita quantità di volte.

Il pentagono regolare

Il pentagono regolare Microcosmo e Macrocosmo

Nel pentagono regolare nasce l’icona più rappresentativa nel mondo della magia, : il Pentacolo.

Pentacolo

Pentacolo

I triangoli “Aurei” lo descrivono chiaramente e, iscritti nel Pentagono regolare, che è la figura del Micro e del Macrocosmo e come dimostrato nella figura qui sopra, “simbolicamente” li contiene entrambi, iteratamente l’uno nell’altro in perfetta proporzione (seguite i colori), dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo. Anche nel mondo dell’arte, ricorrono spesso i “Solidi Platonici”, come  a sancire una comunione non così improbabile. Un esempio abbastanza recente e significativo è “L’ultima Cena” di Salvator Dalì, opera nella quale Il Dodecaedro rappresenta il “contenitore”, nel quale avviene la nascita della massima espressione della liturgia cristiana: La “Eucaristia”.

dodecaedro dali'

Dali'.."L'ultima cena"

Salvador Dali'

Salvador Dali'

Il riferimento Simbolico/Alchemico di Salvador Dalì è evidentissimo, il Solido Platonico in questione, rappresenta il “Quinto Elemento” alchemico”, la “Quintessenza” (l’Etere Aristotelico), l’Elemento Euclideo che insieme ad Aria, Fuoco, Acqua e Terra, rappresenta la componente essenziale dell’universo, quella che ne colma gli spazi apparentemente vuoti, per i credenti la “Conoscenza” intesa con una accezione integrale, lo spirito del Cristo appunto.

La lezione del Lucedello

La lezione del Lucedello

Nel dipinto del Lucidello che vediamo a sinistra,   (un pittore fiammingo), che rappresenta chiaramente una importante lezione, dell’allievo Johann Neudörffer e il suo maestro Nicolas Neufchatel nel quale il Dodecaedro (La quintessenza), ritorna prepotentemente.
Nel quadro del Lucidello, il Dodecaedro è inserito quale “metafora” di “Conoscenza” trasmessa nei suoi aspetti più alti.
Un altro importante simbolo campeggia su tutta la scena, il “Quadrato Magico”.

Il Quadrato magico introdurrebbe un’altra variabile matematica, che spesso viene definita la “Costante della Magia”, con una similitudine magari un pò azzardata con la Φ (Phi).
Il “Quadrato magico”, è una tabella quadrata (una Matrice matematica), nella quale la somma dei numeri presenti in ogni riga, in ogni colonna e in entrambe le diagonali da sempre lo stesso numero.

Melencolia I Durer

Melencolia I di Durer

Qui a sinistra si può vedere un dettaglio di un notissima incisione di Albrecht Dürer “Melencolia I“, il pittore incisore che notoriamente frequentava ambienti “Neoplatonici” dei suoi tempi.

Durer autoritratto 1498

Durer autoritratto 1498

Vi sarebbero molte evidenze anche sulla costante della magia e quindi sul “Quadrato magico”, ma questo articolo stà diventando veramente troppo lungo. Per gli interessati è sufficiente seguire questo link, si troveranno approfondimenti maggiori anche dell’aspetto matematico della questione, ad ulteriore conferma che un collegamento Arte-Matematica esiste eccome. Per verità andrebbe citato un’altro imprescindibile sostenitore della “Sezione Aurea, ” Fra Luca Pacioli” (che vediamo ritratto nel quadro qui sotto), fu lui a denominare Phi “Divina Proporzione”.

Jacopo de' Barbari Ritratto di Fra Luca Pacioli

Jacopo de' Barbari Ritratto di Fra Luca Pacioli

L’immancabile “Solido Platonico” che sembra catalizzare l’attenzione di Luca Pacioli e del suo allievo, è l’ennesima riprova che anche Jacopo de Barbari (il ritrattista), riconosce una dignità particolare a questa figura geometrica. Una importanza tanto particolare da farne elemento paritario (se non preponderante) nella composizione del ritratto, con la figura del frate francescano. L’opera di divulgazione più conosciuta di questo matematico”particolare”, fu “De Divina Proporzione”, che annovera quale illustratore un discreto pittore, scenziato, ingegnere e diciamolo pure genio indiscusso a tempo pieno: Leonardo da Vinci. Entrambi questi personaggi furono chiamati alla corte di Ludovico il Moro a Milano, fu li che condivisero le loro “Sapienze”, con vari influssi reciproci, tanto che molti storici dell’arte, si affanano ancora oggi a cercare i prodromi di “De Divina Proporzione” nelle opere di Leonardo. Entrambi condividevano i saperi euclidei, che gia allora erano fondamentali per chiunque facesse il pittore, così come il matematico o l’ingegnere, figuriamoci Leonardo che era tutte queste cose insieme. Il “De Divina Proporzione”, era una riedizione de “Gli Elementi” di Euclide, Fra Luca Pacioli nel rivederla e aggiornarla, certo non disdegnò l’aiuto del genio di Vinci. Quest’opera non è solo un’opera matematica, ma ha ambizioni ben più larghe, tanto che sfiora anche l’astronomia, cercando di indagare le leggi del sistema solare allora conosciuto. Anche Keplero trovò grande ispirazione in Euclide, tanto che inizialmente sposò completamente la teoria che i pianeti e le orbite fossero collegabili ai solidi platonici: Gia Platone stesso collego i solidi in questione, ognuno dei quali ricordiamolo ha un rapporto specifico con la “Costante di Dio”, ai costituenti (simbolici) dell’universo.

Solidi Platonici

Solidi Platonici

La Terra, immobile, plastica e solida, è legata l’Esaedro, il Cubo.
L’Acqua è associata all’Icosaedro, la forma meno mobile dopo il Cubo, la più grande e la meno acuta.
All’Aria si collega l’Ottaedro, forma intermedia per mobilità, anche come grandezza e acutezza; Al Fuoco si associa il Tetraedro, la forma più mobile, piccola e acuta, che chiamiamo anche Piramide, che meriterebbe da sola un’altro articolo, ma ve lo risparmio volentieri perchè non aggiungerebbe molto alla confutazione della”Tesi” che vengo a sostenere.
Forse però non è un caso che gli alchimisti sentissero Platone molto vicino, forse a causa della profonda “conoscenza”  dei “Solidi Platonici” o forse per molte altre cose. Esiste quindi un collegamento diretto anche tra Arte e Magia? Una bellissima domanda….., in parte si “legge” tra le righe, ma anche qui bisognerebbe accordarsi sul temine ”Magia” e come al solito non sarebbe facile. Va detto in mia parziale discolpa, quale sostenitore di tesi piuttosto “azzardate”, che nel bene e nel male anche qualcun’altro lo sostenne molto apertamente:  Sto parlando di Pablo Picasso, scusate se è poco.

Pablo Picasso

Pablo Picasso

“Dipingere non è un’atto “Estetico”, è una forma di magia, che deve fungere da mediatore tra questo mondo strano e ostile e noi stessi” Giuro che non avevo mai letto le parole del Maestro Picasso, non sicuramente prima di scrivere “Artista o Sciamano” o “Il Brutto dell’Arte“, mi sono arrivate davanti agli occhi ieri, durante le mie solite letture da comodino. Per qualcuno può non significare molto, che io e Pablo Picasso concordiamo su questo punto, pero a me conforta avere un così illustre collega che la pensava come me. Tutto certamente interessante, ma anche il rapporto tra Arte e Magia andrebbe approfondito, al dila di affermazioni più o meno estemporanee, e ancora una volta, sarebbe tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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Arte “moderna” e Poesia “Ermetica”

Posted in l'Arte in ogni Arte on marzo 22nd, 2012 by

di Francesco Campoli

Salve a tutti questo nuovo articolo, può essere collocato nel solco di un altro che scrissi qualche tempo fa, nel quale esprimevo il mio parere, sulla distinzione tra arte cosiddetta “moderna” e quella che definiremmo “classica”.
L’intero blog è dedicato all’ identificazione di quel “filo rosso” che lega tutte le opere d’Arte, un “feel” che percepiamo chiaramente qualsiasi forma esse si trovino ad assumere.
Ormai è noto che io non amo fare distinzione tra Arte “moderna” e Arte “classica”, o meglio considero che l’Arte, se è Arte, non necessiti di alcun altro aggettivo.
I valori che include le danno corpo e dignità, le danno contenuto e spessore a prescindere dalla tecnica con la quale è “creata”.
La mia “blasfemia artistica”, mi consente di dire che spesso c’è più Arte nella cosiddetta “Arte moderna”, che in quella che preferisco chiamare “Antica”.
Comprendo che questa sia una affermazione forte, sulla quale ho già speso molte parole, nel cercare di non essere frainteso.
Chi non avesse letto tutti gli articoli precedenti, nei quali ne parlo ampiamente, prima di gridare alla bestemmia abbia la compiacenza di andare a rileggerli.
Con il parallelismo che propongo nel titolo, desidererei fare ancora un po’ più di luce sui miei “oscuri” ragionamenti, che spiritosamente potrei definire “Ermetici”.
Mi rendo conto dell’uso spropositato che faccio delle virgolette, comincio a metterle anche nei titoli, ma purtroppo non riesco a farne a meno, specialmente cercando di spiegare le mie audaci prese di posizione.
Proprio come nella “Poesia Ermetica”, il titolo, più di ogni altro caso, è un “Continuum” (Einsteinianamente parlando) con il resto dell’elaborato.
Anticipo che personalmente vedo chiaramente un rapporto, tra Arte moderna e Arte Classica, simile a quello che si configura nel rapporto tra “Poesia Classica” e “Poesia Ermetica”, anche storicamente parlando.
Parafrasando una Proporzione Matematica, potrei dire che: l’arte “moderna sta all’arte classica, come la Poesia “Ermetica” sta alla Poesia “Classica”, vengo e mi spiego:
Cosi come pittura e scultura, hanno avuto altissimi punti di svolta a livello di “cifra stilistica collettiva”, oltre che di “Poetica”, a cavallo del “Novecento”, anche la Poesia ha seguito una evoluzione paragonabile, cosi come tante altre tecniche artistiche.

Marc Chagall "la passeggiata"

Marc Chagall "la passeggiata"

Marc Chagall

Marc Chagall

Per quanto concerne la pittura, possiamo prendere ad esempio Marc Chagall (con l’abbandono della prospettiva) e Vassilij kandinskij con l’abbandono delle “Forme” nella pittura, tra fine ottocento e il “Novecento”, fu messa in atto una profonda metamorfosi.

Vassily Kandinsky

Vassily Kandinsky

Kandinsky "Composition VIII"

Kandinsky "Composition VIII"

Nella scultura possiamo citare August Rodin, quale precursore dell’abbandono della forma classica nella scultura, realizzava opere, che pur rimanendo fedeli allo stile statuario/monumentale classico,

Auguste Rodin 1891

Auguste Rodin 1891

furono estremamente innovative nei soggetti (talvolta anche trasgressivi per i suoi tempi) oltre che nel “non finito”, valorizzava il materiale nobile con il quale erano realizzate (prevalentemente marmo).

Rodin  tra l’altro sancisce l’abbandono della “Base”, tipica della scultura classica, nella quale talvolta era addirittura integrata nell’opera medesima.

Andromeda Auguste Rodin

Andromeda Auguste Rodin

Medardo Rosso fece il passo successivo. trasfigurando le forme e esplorando materiali “non tradizionali” (ad esempio la cera) che nella scultura “classica” naturalmente erano inconcepibili visto la funzione “monumentale” che le opere spesso ricoprivano.

Medardo Rosso

Medardo Rosso

Medardo Rosso Femme à la voilette 1893

Medardo Rosso Femme à la voilette 1893

Naturalmente non si può dimenticare Marcel Duchamp, che trasformò il concetto di scultura (e di cultura), ampliandolo provocatoriamente proprio per scardinare la “società conformista” tipica dell’epoca.

Marcel Duchamp

Marcel Duchamp

Seppure la rivoluzione culturale nell’arte, nella scienza, nella società in genere, sembravano aver rivoltato il comune sentire, egli riuscì a percepire il conformismo “travestito” da anticonformismo integralista.
Riuscì a smontarlo e a ridicolizzarlo attraverso le sue tante provocazioni, a partire da “la Fontaine” il famoso “Orinatoio decontestualizzato”, (del quale ho già parlato ampiamente in un articolo precedente).
Quella de “La Fontaine” è la provocazione certamente più famosa, ma non fu certo l’unica. Lo “Asciuga bottiglie”, fece altrettanto scalpore e, in questo caso Duchamp non lo firmò con lo pseudonimo di “Mutt” (con il quale firmò “La Fontaine”), ma lo firmo chiaramente con il suo nome.

Va detto che tra i vari travestimenti “artistici” di Marcel Duchamp, non figurano solo i suddetti, il più famoso e forse il più “pensato”, fu quello che lo trasformò nel suo “alter ego” femminile: Rrose Sélavy.

Rrose Selavy

Marcel Duchamp nei panni di Rrose Selavy

Per dar forza e credibilità a questa sua “versione femminile”, firmò molte opere e molti scritti con questo nome, sin anche ad intestarle il copyright della sua famosa “Fresh Widow”.

La finestra alla francese che Duchamp realizzò, sostituendo i vetri, con dei pannelli di pelle nera.

Marcel Duchamp Fresh Widow

Marcel Duchamp Fresh Widow

Al riguardo di questa pelle, prescrisse una lucidatura “manuale” giornaliera, che qualche “malalingua” assimilò ad un simulacro della “soddisfazione dei sensi” alternativa, alla quale doveva ricorrere (per conformismo appunto), una signora che recentemente avesse perduto l’amato (Widow significa appunto “Vedova”).

Celebre la sua frase “Mi sono costretto a contraddirmi per evitare di conformarmi ai miei stessi gusti!”, dal significato profondamente e genuinamente anticonformista.
Filippo Tommaso Marinetti e altri “Futuristi” come Umberto Boccioni completarono la “svolta”, contestualizzando la loro arte nell’epoca nella quale si trovavano a vivere, o meglio, nel futuro verso il quale si sentivano proiettati.

Futuristi Russolo Carrà Marinetti Boccioni Severini

Futuristi Russolo Carrà Marinetti Boccioni Severini

Per quanto riguarda l’Arte di tutte le Arti, la Poesia, la svolta del “Novecento la dobbiamo senz’altro a Giuseppe Ungaretti, il “padre nobile” della Poesia Ermetica.

giuseppe ungaretti

Giuseppe Ungaretti

Nacque a fine “Ottocento” ad Alessandria d’Egitto, in quanto suo padre lavorava alla costruzione del Canale di Suez, “casualmente” anche Filippo Tommaso Martinetti, il creatore di tante “Poesie Futuriste” nacque anche lui ad Alessandria d’Egitto (ma sarà proprio un caso?).
Dopo il periodo egiziano, si trasferisce a Parigi dove frequenta il ghota della cultura del tempo: Guillame Apollinaire, Pablo Picasso, Braque, De Chirico, Modiglioni, Soffici, Papini, Palazzeschi,  ritrova Marinetti e per suo tramite entra in contatto con Boccioni e con altri Futuristi.

umberto boccioni

umberto boccioni

Le “parole in libertà” stilisticamente rappresentano la parte letteraria del movimento “Futurista” di Marinetti, che ne seguì varie pubblicazioni, di scritti altrui e personali.

Umberto Boccioni 1913

Umberto Boccioni 1913

I contatti con Marinetti e i vari “Poeti Futuristi”, contribuirono senz’altro alla definizione della Poetica di Ungaretti e di conseguenza di tutti i “Poeti Ermetici”.
Ungaretti ebbe una vita difficile, intersecata con la guerra, esperienza dolorosa che però contribuì molto alla sua poetica, intrisa di sentimenti profondi e di intima sofferenza.

Nella sua opera la poesia perde i “fronzoli”, che storicamente ne erano sempre stati l’elemento distintivo, caratterizzante, condensandosi in una intensa “Concretezza Poetica”.
L’accezione “Poesia Ermetica”, è figlia della difficoltà di comprensione, per chi vi veniva in contatto senza la necessaria apertura mentale e sano desiderio di comprendere.
Tutti conoscono la “sintesi perfetta” della sua poesia più famosa: “Mattina”, scritta nel 1917
“M’illumino d’immenso”
In queste poche lettere, Ungaretti riesce a concentrare mirabilmente, tutte le sensazioni che nella sua anima, fa nascere un’alba su una spiaggia davanti al sole nascente.
Ma non è “Mattina”  necessariamente il più alto esempio della lirica di Giuseppe Ungaretti, anche se ne è la sintesi migliore:
Il suo “cimentarsi” con un tema “classico”, come il ricordo di una madre morta (la sua), ha tutta un’altra forza e tutta un’altra sensibilità:

La madre 1930

E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra,
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,
sarai una statua davanti all’Eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia.
Come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m’avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d’avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.

Utilizzare parole come scalpelli che scavano nelle emozioni, le pause come le ombre di un dipinto, gli aggettivi come i colori, i “Valori” come luci, le emozioni come velature, dov’è la differenza con il migliore dei dipinti o la più raffinata delle sculture?

Salvatore Quasimodo 1953

Salvatore Quasimodo 1953

Ungaretti apre la strada al “Nobel” a Salvatore Quasimodo e da la stura ad una nuova  grande tradizione della Poesia italiana.
Tanti  poeti ne hanno seguito le orme, costruendo la nuova casa della poesia italiana, anche appoggiansosi alle fondamenta create dagli “Ermetici” (Montale e Saba in prima linea ),  fino ai nostri giorni.
Facciamo l’ esempio di Alda Merini (poetessa per nulla “ermetica”), che con la sua vita e la sua arte, conferma che Poesia e sofferenza continuano ad andare a braccetto.

Alda Merini

Alda Merini

La sua esperienza nei manicomi del secolo scorso, ne fa un martire della poesia moderna, provate a cliccare sulla foto per sentirla recitare “Terra Santa” la sintesi migliore di quell’esperienza che le segnò la vita.
Scambiare un poeta per un pazzo potrebbe sembrare una cosa d’altri tempi, ma credetemi non è così.
Che svicola dai conformismi sociali, magari non viene internato, ma viene regolarmente emarginato, rigettato dalla società degli stereotipi.
Ungaretti aprì la via ad una nuova Poesia, ma si appoggiò sull’ Arte, quello zoccolo duro sul quale poggia ogni animo umano che ricerchi i “suoi Talenti”, in ogni settore dell’attività umana.
Come spesso ho fatto prima, mi viene di pensare ad Albert Einstein,  può apparire strana similitudine ma non lo è.
Einstein aprì la strada alla comprensione dell’universo, ricongiunse Spazio e Tempo, cosi come è già da sempre nel cuore dei Poeti.
Può la Fisica mutarsi in forma d’arte, caricarsi di poesia?
Un interrogativo affascinante, ma sicuramente anche questo sarebbe tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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Arte e Festival di Sanremo

Posted in Filosofia dell'arte, l'Arte in ogni Arte on marzo 9th, 2012 by

di Francesco Campoli

Mentre scrivo immagino i volti di coloro che leggono il titolo di questo articolo, un pezzo che arriva dopo altri, che hanno cercato di argomentare sull’arte nella sua accezione più elevata.

Teatro Ariston Sanremo

Teatro Ariston Sanremo

Siamo rimbalzati dalla filosofia di Platone ed Aristotele a Parmenide, Kant, Heidegger e altri “giganti” della filosofia di tutti i tempi, gente che di Arte ed Estetica ha trattato con indiscutibile competenza.
Potrebbe sembrare che io sia uscito dal “seminato” scrivendo questo articolo, ma non è così.
Per una mia vecchia “deformazione professionale” (essendomi occupato di Marketing e Pubblicità), mi sono trovato a leggere i dati di ascolto del Festival di Sanremo con il solito atteggiamento attento alle dinamiche socioculturali.
Si parla di 12,5 milioni di spettatori con uno “share” mediamente intorno al 45%, numeri come questi non possono essere ignorati, anzi vanno almeno analizzati attentamente, almeno nel loro valore antropologico.
Ho già scritto dell’iterazione tra l’arte e l’antropologia, ad esempio delle manifestazioni artistiche presso gli Aborigeni australiani, ma ho sentito “addetti ai lavori”, usare molto spesso la parola Arte commentando il festival di Sanremo oltre che descrivendolo come grande evento culturale.
Tutto questo articolare sulla “nostre“ parole d’ordine, non poteva che far nascere in me una delle mie riflessioni, che costituiscono l’ossatura portante di questo blog.
Con l’appellativo artista, ci si riferisce ai cantanti che si esibiscono, agli “artisti” che scrivono i testi delle canzoni, a  coloro che compongono melodie e arrangiamenti.
Parlando di cultura non si può ignorare, che essa sia strettamente connessa al contesto sociale e temporale nel quale si palesa.
Non esiste cultura che non si collochi in almeno un “cluster”, della struttura sociale nella quale si viene ad instaurare.
Quali esempi consolidati, mi basti citare la cultura “Hippy” negli anni 60/70

Il Volkswagen hippy

Il furgoncino Volkswagen il mezzo hippy per definizione

o fatti i dovuti distinguo, la cultura “EMO” ai giorni nostri,la cultura “Hip Hop” e il “Graffitismo” che ne è emanazione diretta quale forma d’arte di questo segmento sociale.

Tipico look Emo

Tipico look Emo

Tutti movimenti culturali da classificare come tali in senso antropologico.
Sono sempre identità culturali riconducibili a dei “cluster” giovanili delle rispettive strutture sociali, ma Dio solo sa quanto sono differenti i “panel valoriali” ai quali si rifanno.
Va preso atto che “discendono” dal rispettivo contesto socio-contemporaneo.

hip hop graffito metropolitano

Graffito metropolitano Hip Hop

Non voglio lanciarmi in un trattato di scienze sociali, semplicemente desidero affermare che ogni cultura è degna di essere considerata, ed è giusto valutare se esiste un collegamento diretto con l’arte, realmente definibile tale.
E’ indubbio che tra le arti vada inclusa la musica, alla quale è vocata

La musa Euterpe

La musa Euterpe

la musa Euterpe, segno che questo status gli è riconosciuto sin dai tempi più antichi.
Nel caso del festival di Sanremo la musica accompagna i testi, che spesso si sente definire “vere e proprie poesie”, ma ovviamente non si possono non fare dei distinguo.
La poesia è senza dubbio arte, anzi, l’arte delle arti, infatti in tutte le forme d’arte si cerca di comprendere (consciamente o inconsciamente), la “poetica” specifica di quell’ artista.
In sintesi si cerca di intuire la struttura “Estetica” (vedi articolo Ridefinire l’Arte), sulla quale l’artista costruisce la sua produzione.
Aristotele nel suo trattato “Poetica”, oltre che a Poesia; Musica, Pittura, Scultura ecc. estende al teatro greco in tutte le sue forme (Tragedia, Epica e Commedia), questo concetto di chiara origine “Estetica”.
Aristotele canonizzò anche i concetti di “Mimesi” e “Catarsi”, in questi due  termini io intravedo il compito fondante dell’artista.
Così come nel teatro greco, l’attore cerca di far nascere forti emozioni, simulando nella rappresentazione (mimesi vuol dire appunto rappresentazione, imitazione), con l’obiettivo è che ne derivi una “Catarsi” (una purificazione), benefica per lo spettatore, ogni artista fa la stessa cosa con la sua arte (se è un vero artista).
Ognuno di noi sa che quando fruisce di un’opera d’arte, nella migliore delle ipotesi è di fronte ad una “rappresentazione”, eppure se ne lascia coinvolgere, emozionare.
Se l’artista ha fatto bene il suo “compito”, colui che ne fruisce prova una emozione, non necessariamente bella, ma che dentro di lui si configura come assolutamente vera.
Talvolta una emozione invasiva, talaltra sin anche invadente, emozione che l’artista ha volontariamente inteso generare nei fruitori della sua opera, spesso incaricandosi di provale per loro.
Io spiego con questo fenomeno, il fatto che al presunto artista, si riconosce benevolmente la definizione di genio collegato con la sregolatezza, quale come se fosse un “Valore” ineluttabilmente collegabile a chi “si incarica” di fare arte.
In fondo alla propria Ragione, si riconosce questo compito “sciamanico” all’artista, consentendogli una vena di follia, quella che in proprio non si ha il coraggio di liberare, e quindi la si delega all’artista.
Cos’è questo se non un atto catartico, l’opera prende vita delle emozioni reali dell’artista, che le mette a disposizione del pubblico, che ne prende atto condividendole e vivendole in modo profondo anche se virtuale.
Tornando allora al festival di Sanremo, quali emozioni fanno nascere i cosiddetti artisti al festival della canzone italiana?
Mi trovo davanti ad un altro “vaso di Pandora”, ma non mi tirerò certo indietro dall’aprirlo e dire la mia come al solito, anche se sò che rischierò di allungare un pò troppo l’articolo.
Sinceramente è piuttosto difficile individuare il germe dell’arte, nella maggior parte di ciò che sentiamo e vediamo al festival di Sanremo, comunque uno spunto interessante credo si possa trovare.
Per chi ha letto altri miei precedenti articoli, ho già parlato del mio modo di distinguere Arte da espressione, la differenza che vedo tra “Arte e tecnica” e soprattutto quella che ritengo la differenza tra Artista e Artigiano.
Anche al festival di Sanremo, si può riscontrare lo stesso “fenomeno” che si riscontra in altre performance artistiche.
I cosiddetti artisti spesso sono al massimo buoni (talvolta ottimi) artigiani: Operatori esperti nella loro specifica “tecnica”, ma che poco hanno a che vedere con l’arte.
Alcuni cantanti sono particolarmente intonati, nella voce di altri si riscontrano “colori” estremamente particolari, in altri si distinguono chiaramente grandi capacità interpretative, ma l’arte dov’è?
Ne ho già parlato nell’articolo: “l’Artista o la sua tecnica”, l’artista con qualsiasi Arte si misuri, ha il dovere di vedere “oltre”, di “sconfinare”, insomma di “ricercare” nel mondo delle emozioni o magari anche oltre, mettendo a disposizione del pubblico il frutto della sua ricerca.
Il “vulnus” è proprio qui, al Festival di Sanremo gli artisti/ricercatori, hanno sempre avuto magre soddisfazioni, questo denota la carenza di contenuti artistici, e la poca competenza di chi è chiamato a valutare, al massimo viene  promossa una buona “qualità artigiana”.
Gli esempi che personalmente ricordo sono diversi: Vasco Rossi al festival di Sanremo del 1983 si classificò al penultimo posto, con “Vita Spericolata” e poi sappiamo tutti come è andata a finire.
Furono scartati a Sanremo anche Lucio Battisti, Luigi Tenco, Lucio Dalla e altri, proprio i veri artisti/ricercatori.

La musa calliope

La musa calliope

Alcuni possiamo definirli veri e propri poeti oltre che ispirati musicisti, figli prediletti di Euterpe e di Calliope (musa della poesia), la “canzone” infatti è musica con in più poesia, infatti permette di ottenere dalla “rappresentazione” (l’esecuzione), il massimo di “spinta” emozionale possibile.

In questo novero è giusto citare in primo luogo Luigi Tenco e Lucio Dalla, entrambi cantautori, (compositori di musica e testi), estremamente preparati sul piano musicale (entrambi provenienti dall’ambiente Jazzistico).

Luigi Tenco

Luigi Tenco

Luigi Tenco aveva addirittura fatto l’arrangiatore alla “Ricordi”, ed entrambi avevano la poesia che gli scorreva nelle vene, in particolare Dalla.
Nel caso di Lucio Dalla dobbiamo sottolineare anche che la grande preparazione nelle esibizioni dal vivo, che gli derivavano dalla frequentazione del Jazz.

La qualità dagli innumerevoli concerti tenuti, ha rappresentato la strada maestra, attraverso la quale il cantautore bolognese ha consolidato nei decenni il rapporto con il suo pubblico.

annuncio morte luigi tenco

annuncio morte Luigi Tenco

Luigi Tenco spinse ai massimi confini la sua ricerca della catarsi, morì suicida a causa della sua esclusione dal festival di Sanremo, mise a disposizione le sue emozioni più estreme, per dimostrare quanto credesse nella sua arte, la Tragedia portata al suo compimento.
Non è facile esprimere opinioni su una persona che compie un gesto così estremo, non essere capiti è un destino comune a tanti artisti, ma io credo si debba attendere che il pubblico comprenda, magari accompagnandolo a capire, lavorando duro con coerenza.
Battisti invece è stato un esempio molto diverso, parliamo di un altro grande artista, che è maturato cammin facendo, mettendosi continuamente in discussione e rivedendo continuamente i propri contenuti e il suo approccio alla composizione.
Ai successi enormi della prima ora che lo videro coautore con Giulio Rapetti  (Mogol), di una lunghissima serie di album divenuti famosissimi, Battisti contrappose un lavoro di altissimo livello, assolutamente meno commerciale.

Lucio Battisti

Lucio Battisti

Nel 1972 fondò la sua casa discografica, la “NUMERO 1”, per non dover sopportare coercizioni di sorta nella sua ricerca musicale e avere massima libertà dai vincoli commerciali.
Furono i tempi de “Il mio canto libero”, brano entrato nella storia, nel 1982 nasce “E’ Già” il primo album senza Mogol, nel quale Battisti comincia a cercare nei suoi dischi un “mood” completamente nuovo, fondato su una poetica abissalmente diversa da quella della prima ora.
Lo sconvolgimento della poetica, lo portò a collaborare col poeta Pasquale Panella, che concettualmente condivideva pienamente anche la sua ricerca musicale.
Battisti evolve verso un suono molto più sofisticato e ai massimi livelli di modernità (anche per il largo impiego di musica elettronica, estremamente avanti per quei tempi.
I testi prendono un’aura estrema nel quale concretizzare un simbolismo ermetico, miscelandosi perfettamente con il tappeto musicale che li supportava.
Il nuovo sodalizio si concretizzò in C.S.A.R. primo risultato della sua frequentazione con la poesia Ermetica di Pasquale Panella, che Battisti riusciva a cantare  con grandissima disinvoltura, anche perché si confaceva moltissimo al suo modo di esecuzione.
L’ultimo album uscito poco prima della sua prematura scomparsa, nel 1994 si chiamerà “Hegel” a ribadire un ulteriore evoluzione della sua arte, un svolta che sottintendeva la filosofia, come primaria fonte di ispirazione.

Album Hegel Battisti

Album Hegel di Lucio Battisti

Il suo ultimo lavoro intitolato al noto filosofo dell’ “Assoluto”, evidenzia chiaramente la sua ferma intenzione di voler andare ben più al di là dei contenuti partoriti da Mogol.
I titoli di alcuni brani non lasciano adito a dubbi: oltre ad Hegel, c’è “Estetica”, “la Bellezza Riunita” ecc, il suo lavoro più ricco e ricercato.

Georg Wilhelm Friedrich Hegel 1831

Georg Wilhelm Friedrich Hegel 1831

Purtroppo anche nel suo caso, possiamo definirlo il suo “lascito”, la sua eredità per tutti noi, visto che la prematura scomparsa, fermo il suo lavoro di artista/ricercatore.
Qualche malalingua ha avuto il coraggio di definire questi lavori di Arte/Ricerca pura, “deliranti”, quando quel fervore di ricerca dell’Assoluto, è semplicemente il suo “duro e puro” misurarsi con l’arte.
Arte e “Ragione” per rimanere in ambito filosofico (Kantiano in particolare), non sono assolutamente in contrasto, anche se questa affermazione, per molto tempo ancora resterà incomprensibile ai più.
Nella nostra società continuiamo a “venerare” gli Ingegneri e a percepire gli artisti come poco più che barboni, non comprendendo il loro enorme apporto all’umanità, a quella caratteristica umana che ci rende unici, “Assoluti”.
Un vero artista ci costringe ad usare gli occhi, le orecchie, il cervello, il cuore (intesi soprattutto nella loro accezione metaforica), offre la possibilità di percepire l’ “Assoluto”,  senza obbligatoriamente doverlo comprendere del tutto.
Quel Assoluto del quale siamo fatti e al quale dobbiamo necessariamente tornare, per dare un senso al nostro “esistere”.
Qui bisognerebbe far entrare in gioco, il più grande dei misteri che abbiamo di fronte: la “Morte”, non pensata come il contrario di “vita”, ma il punto dove spazio e tempo coincidono nel medesimo concetto.
Sarei anche pronto a chiamare in causa il genio, che della filosofia ha fatto concretamente una scienza, non il contrario come oggi sembra normale:  Albert Einstein, ma sicuramente anche questo sarebbe tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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