Arte e Profondità di Pensiero

Posted in Filosofia dell'arte, l'Arte in ogni Arte on maggio 10th, 2021 by Francesco

di Francesco Campoli


Molte volte nei miei articoli ho citato Joseph Beuys,  il grande Artista tedesco, “Trans-disciplinare” come amo definirlo, perchè incarnava molti tratti di quello che per me è un vero Artista.
Joseph Beuys con i suoi lavori perseguiva anche i grandi valori a livello sociologico, assolutamente non si è mai limitato alla sola componente estetica.
Per me è un vero Artista colui che pratica l’Arte soprattutto come esercizio di Pensiero, con l’ausilio della specifica tecnica che ritiene più funzionale a dar corpo alla propria “Azione creativa”.
Quando dico Tecnica non intendo solo una di quelle presenti tra le classiche declinazioni delle Arti visive o di quelle Plastiche ma quella “necessaria” in funzione del messaggio che intende proporre.
Più volte su “Sculturaecultura” ho chiarito che per me l’Arte va intesa nella più estesa delle accezioni, cioè quella che prende origine dalla Poesia, la forma d’Arte più vicina al cuore e al Pensiero.
In questa ottica Olistica dell’Arte, considero Beuys tra i più vicini a questa concezione “globale”.
L’Arte prende forza e credibilità quando l’artista nella vita è passato attraverso eventi ed incontri estremamente segnanti, vale sicuramente per me ma ne ho letti nelle biografie di tanti Artisti oltre a quelli che ho incontrato nella mia vita.

joseph beuys divisa luftwaffe

Joseph beuys in divisa da aviatore della Luftwaffe

Nel caso di Beuys potremmo citare il suo “incontro” con le tribù Tartare, che lo raccolsero dopo l’abbattimento nei cieli della Crimea dell’aereo della Luftwaffe sul quale operava durante la seconda guerra mondiale.
Fu raccolto e curato con metodi ancestrali, dagli Sciamani della Tribù che lo accolse e questa esperienza, oltre ad avergli regalato un nuovo capitolo della sua esistenza, rappresentò un punto di svolta della sua vita.
Da allora prese coscienza della totale integrazione dell’Uomo con la natura alla quale appartiene, sviluppando quella Coscienza Ecologica che gli fu da ispirazione anche nella sua Arte.
Queste esperienze forti e talvolta tragiche, rappresentano l’ humus  a supporto dei contenuti e quei Valori che sono componenti essenziali di un “Processo Creativo“.

Josef Beuys e Handy Warhol

Joseph Beuys e Andy Warhol

Invece della solita foto, ho scelto un Video che documenta il suo incontro con Andy Warhol, perchè è emblematico della considerazione della quale Beuys godeva anche presso i grandi miti del “mondo artistico” del suo tempo.
Andy Warhol gli dedicò diversi lavori, in particolare quelli in sua memoria, nella sua classica rappresentazione Pop/Iconica, come aveva già fatto con Marylin Monroe e con tanti altri importanti icone del suo tempo.
Pur comprendendo bene che Beuys rappresentava la sua Antitesi, nelle idee politiche e nei contenuti artistici, Warhol ne era affascinato e ne aveva grande considerazione.

Beuys by andy warhol

Beuys by Andy Warhol "In Memory"

Io lo cito sempre nella sua frase più emblematica: “Ogni Uomo è un Artista“, frase che lui stesso ha ripetutamente  spiegato in varie occasioni, ma che tutt’ora continua a sollevare grandi discussioni.
Anche se proprio in questi giorni ricorre il centenario dalla sua nascita, Joseph Beuys (12 maggio 1921), non è questo il luogo nel quale approfondire la sua filosofia creativa, ma va chiaramente ricordato che, visto che le sue affermazioni gli sono sopravvissute, è evidente che la sua attività artistica, ha avuto un valore così rilevante che gli è valsa l’immortalità.
La “Scultura sociale” di Beuys, prendeva le mosse dalla forte convinzione che L’Arte potesse influenzare la Società, consolidandone i “Valori comuni”, cambiandola in meglio.
A testimonianza che sia ampiamente riuscito in questo suo nobile intento, ci sono tanti progetti, dei quali, quello che ritengo emblematico, è la sua famosa mega installazione “7000 Querce“.

7000 querce

7000 Querce di Joseph Beuys

7000 Querce” che gli è sopravvissuta e, anzi, ha avuto il suo pieno compimento dopo la sua morte.
Io sono stato a Kassel una diecina di anni dopo la sua morte e, proprio in quei giorni, si parlava proprio del fatto che era stata piantata l’ultima Quercia di quel grande “Polmone Verde” figlio della sua grande “Opera” , entrando a far parte del contesto sociale di quella città, proprio come lui aveva previsto.

7000 querce kassel

7000 Querce a kassel

La sua “7000 querce” veniva descritta come una “Scultura/Happening”, a quel tempo non avevamo coniato il concetto di “Arte Performativa” che dobbiamo particolarmente alle Opere e al successo di Marina Abramovic.
7000 querce“ fu messa in atto disponendo in maniera artistica 7000 monoliti di Basalto, che ogni donatore poteva “adottare”, e con il ricavato di ogni donazione, il singolo “Monolite” era associato ad una giovane Quercia, che poi sarebbe stata  piantata a Kassel, dando vita ad un grande “polmone verde” che sarebbe vissuto per secoli, dato che l’aspettativa di vita della Quercia è circa 500 anni, infatti spesso l’icona della Quercia è usata come simbolo stesso della vita.

Beuys a Kassel

Beuys a Kassel da il via a 7000 Querce

Beuys fu uno dei fondatori del Movimento dei Verdi in Germania, che portava avanti un programma fortemente ecologista, in seguito se ne dissociò indignato, perchè quel “Movimento”, diventando Partito, aveva trasformato quei moti sinceramente ecologisti, in delle basi ideologiche al servizio della conquista, di quel Potere che lui per tutta la sua vita aveva sempre orgogliosamente avversato.
L’azione di “7000 Querce“ venne attuata applicando un concetto molto simile a quello che attualmente chiamiamo “Crowdfunding“.
Molti artisti, anche con l’aiuto dei Social Network, lo stanno adottando ai giorni nostri.
Con il “Crowdfunding” in questo periodo poco edificante del mondo dell’Arte si sta cercando un surrogato alla funzione sociale dei Mecenati, che più che un finanziatore “tout court”, si poteva immaginare come un ponte culturale, tra l’Artista e la Società a lui contemporanea.
Come esempio di Crowdfunding sul quale appoggiare progetti artistici ai giorni nostri, il primo che mi viene in mente, è lo scultore italiano “Jago“.

Jago

Lo scultore italiano Jago

Jago“ ha messo in atto il Crowdfunding per sostenere diverse sue opere recenti, ma concependo l’azione non solo dal punto di vista economicistico, ma per ribadire la proprietà “Sociale” dell’ Opera d’Arte, che, cosa che in pochi pensano, è ribadita dalla creazione di musei pubblici.

Sozial Plastik

la "Soziale Plastik" di Beuys

Beuys fu veramente un antesignano in questa pratica, non solo per il sostegno economico ai propri progetti, ma soprattutto per ribadire la funzione sociale e sociologica del suo lavoro Artistico e dell’Arte in generale.
Istintivamente ogni Artista sa che la sua proposta deve superare le Convenzioni sociali, se non altro in funzione Maieutica, proprio perchè rappresenta una forma di Comunicazione alternativa che è sempre più importante, dal momento che, la Comunicazione “istituzionalizzata”, è sempre più infarcita di un certo conformismo peloso, “Politically Correct“.

C’è chi coltiva scientemente una certa capacità di Astrazione, una forma di Pensiero essenziale nel Processo Creativo, l’evoluzione di una Idea, in particolare di una vera Idea Artistica nasce quasi sempre da un anelito di Evoluzione.
Un Artista guarda lontano per definizione, nel senso più ampio e bello del termine, ma proprio per questo, talvolta può apparire come fosse disallineato dalla realtà.
Ma questo è il suo “mestiere”, non si può pensare ad un Artista come una entità scollegata dalla società del suo tempo anzi, spesso è proprio dalla volontà di andare oltre quella realtà, che animicamente è portato a rifiutare, che mette in atto attività creative che possano influire positivamente su quella realtà.

malati mentali manicomi

Vita di cosiddetti "matti" nei vecchi Manicomi

Per capire un Artista e la sua Arte, non si può prescindere dalla sua realtà storica, nella consapevolezza che è come se lui la vedesse da una diversa angolazione il punto di vista che propone nelle sue Opere.
Creare un’ Opera d’Arte è una sorta di distillazione dell’ Assoluto, nasce sempre con un piede nel suo tempo e l’altro nell’eternità.
Non è semplice per l’Artista riuscire a gestire l’immergersi in questa “Dimensione alternativa”, se non c’è un supporto di Coscienza e Conoscenza, riallinearsi con la realtà può diventare un problema.
Se l’Idea creativa non ha un forte radicamento Sociale e Storico, il suo può divenire quasi un viaggio senza ritorno.
Non sono rari i casi di Artisti che, hanno avuto brutte esperienze dalla “Necessità animica”  di scalzare le cattive convenzioni del proprio tempo.
Scontrarsi con le Convenzioni sociali, cercare di cambiarle, di denunciarne gli anacronismi, in tempi neanche troppo lontani, poteva valere l’Ostracismo sociale che, purtroppo, spesso prendeva la forma del Manicomio.

dino campana

il poeta Dino Campana

Alda Merini

Alda Merini

Sono tristemente noti i casi di Alda Merini o di Dino Campana, ne ho parlato in un mio precedente articolo su Sculturaecultura e di tanti altri purtroppo.
La moderna Neuropsicologia, è da tempo convenuta sul fatto che la creatività è fattore fondamentale del processo di Pensiero, quella particolare dinamica che caratterizza l’ “Homo Sapiens” in buona parte anche nei confronti dei suoi confratelli “Primati“.
La comprensione e la soluzione di problemi di qualunque genere, è frutto della sovrapposizione e dell’incrocio di più Livelli di Pensiero.

  • Il Pensiero Divergente: La capacità della Mente di produrre una serie di possibili soluzioni alternative a una dato problema (non fermarsi alla prima soluzione ma cercare quella migliore).
  • Il Pensiero Laterale: per il quale si intende una modalità di Problem Solving attraverso l’osservazione del problema da diverse angolazioni, al di là quindi della Logica Sequenziale.
  • E il Pensiero Creativo: quello che Einstein definiva “Il modo nel quale l’Intelligenza si diverte”, nei secoli la Creatività è sempre stata considerata una prerogativa divina, non a caso alla parola Dio si associa spesso il sinonimo di “Creatore“, dei livelli descritti, è quel livello che più di tutti ci rende ad immagine e somiglianza di Dio.

Dante Alighieri Il Sommo Poeta

Va da se che lo stadio creativo del Pensiero umano, è quello che lo qualifica a livello superiore, e che, guarda caso, un pò contiene anche gli altri “Layer”.
L’Opera d’Arte comunica in modo più diretto un determinato messaggio, perchè obbliga al fruitore l’abbandono della Logica Sequenziale, che ci obbligherebbe ad una lunga elaborazione prima di poter razionalizzarne la comprensione.
Questi livelli di Pensiero, sono gli strumenti che ci hanno accompagnato nella nostra Evoluzione, ecco perchè il Pensiero Creativo è assolutamente imprescindibile per l’Uomo e con esso la sua massima espressione l’Arte.
La Creatività è una opportunità a disposizione di chiunque, a patto che si ponga la briga di pensare.
“Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute a caunoscenza”, il nostro grande padre “Dante Alighieri” ancora una volta ci viene in aiuto in quella fucina poetica che è la “Divina commedia“, tra le allegorie poetiche si celano (Ma poi neanche tanto), messaggi fondamentali per ritrovare la strada giusta, la “Diritta via che era smarrita”.

Livelli di pensiero

Libertà di pensiero

In questa completa disponibilità di ogni uomo del libero Pensiero, Beuys inserisce quel “Ogni uomo è un artista”.
Ogni uomo comprende i messaggi dell’Arte, costitutivamente, come per un Leone è naturale mordere, per una Pecora brucare, ogni uomo può esercitare l’Arte, in quanto costituente la sua natura, viva nella sua “Struttura di Pensiero“.
La “Soziale Plastik” (la “Scultura Sociale”), è parte caratterizzante di questa concezione dell’Arte di Joseph Beuys, una visione così innovativa al suo tempo, da entrare in collisione con il “Pensiero unico” dei suoi contemporanei.
Capita spesso che l’Artista sia avversato nella sua contemporaneità, perchè se lavora bene è destabilizzante per gli “Stereotipi sociali“, specialmente nei confronti dei più consolidati.
Gli stereotipi sono tranquillizzanti, meno complessi da gestire rispetto ai “Livelli di Pensiero, è destabilizzante in senso assolutamente positivo.
Beuys fu professore alla Kunstakademie di Düsseldorf, una collocazione accademica, frutto anche delle sue benemerite attività Socio-culturali, ma che mal si confaceva alla sua natura rivoluzionaria.

bauhaus

il Bauhaus

La Kunstakademie di Düsseldorf, ai suoi tempi fu roccaforte dell’ Arte Informale, oltre che nucleo di una larga comunità di importanti Artisti di quel tempo (come ad esempio Gerhard Richter) oltre che sede  del Noto “Gruppo Fluxus“, una sorta di “Bauhaus” come quello diretto da Kandinsky o della “Scuola di Francoforte” di Adorno che riviveva dopo l’esperienza della guerra e soprattutto nella Germania del Post Olocausto.
La convinzione Parmenidea di  Joseph Beuys che in ogni Uomo possieda “In Nuce” la piena capacità di “Creare”, lo portò appunto ad enunciare quel “Ogni uomo è un artista”, e al conflitto con l’allora Direttore, che arrivò a licenziarlo per la sua propensione ad accettare alle selezioni dell’Accademia, a suo dire studenti tecnicamente poco dotati.
Beuys sosteneva giustamente che fosse necessario accettare questi in particolare, che pur avendo grandi  attitudini creative, erano quelli maggiormente bisognosi di imparare.
Una logica assolutamente corretta visto che la concretizzazione di un’ Opera d’Arte, è più un fatto di Pensiero che di Tecnica, ben conoscendo l’iter del Processo Creativo.
Sapeva bene Beuys che la tecnica è un fattore secondario, a maggior ragione se coltivata ossessivamente come si attua in molte strutture accademiche.
Nessun pittore può riprodurre il colore del tramonto, per quanto egli possa cercare il massimo dell’iperrealismo, chiunque troverà una incoerenza del colore, dei riflessi, dell’atmosfera.
Quella che proviamo di fronte al mare è essenzialmente una forte emozione ancestrale, in un dipinto avremo sempre una similitudine, un falso, abbiamo più emozioni davanti all’astratto, perchè quello solo di emozioni è fatto.
Il cosiddetto astratto non sarà mai un un falso, quelle forme e quei colori non sono mai una forma già esistente,  quindi é un allargamento della realtà, la sua propria realtà.
L’Arte è sempre Verità, ma questo è tutto un altro Articolo.

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Arte e Scienza

Posted in Filosofia dell'arte on giugno 2nd, 2014 by Francesco

di Francesco Campoli


Come è d’uopo inizio sempre ogni articolo su “Sculturaecultura” con un “incipit“, un “cappello” teso ad indurre interesse sull’argomento che con l’articolo intendo condividere.

Mi sembra ormai inutile ribadire l’intento “maieutico“, che più volte ho dichiarato apertamente, sapete tutti che è praticamente ingenito in ognuno dei miei scritti su questo blog.

busto di socrate

busto di Socrate al Louvre

Ma l’obiettivo fondante è sempre e comunque cercare di costruire un’ opinione condivisa, cosciente dell’intendere il concetto di Arte, nell’auspicio che sia la meno “conformista”.

Questo “ambizioso” progetto appare ogni giorno di più un’aspirazione utopica dal momento che, è proprio il conformismo lo stato d’animo più comune nell’esprimere opinioni su questo dibattuto argomento, purtroppo sempre più frequente.
Anche a fronte di un’ apparente, generale, crescita d’interesse – non foss’altro a giudicare dalle file per accedere alle mostre più in voga – questa apparente contraddizione, a mio avviso è indice invece di un fenomeno ben preciso, rilevabile purtroppo anche in molte altre attività sociali proprie di questa nostra decadente società.
Crearsi una opinione propria, difenderla anche da linciaggi “apparentemente” autorevoli, (quello di taluni critici ad esempio), non è certo l’approccio più comodo.
Conformarsi è meno “emotivamente dispendioso”, è più facilmente accettato dalla “massa” a dispetto dall’ allure intellettuale delle attività a sfondo artistico, generalmente intese come elitarie.
L’ utilizzo della parola “massa” – che non a caso ho virgolettato – parrebbe ingiustificato se applicato al mondo dell’Arte, è invece divenuto un termine giustificabile, dal momento che “essere interessati all’Arte”, è ritenuto un comportamento socialmente qualificante, dal quale non si può più prescindere pena l’autocollocazione in un “cluster sociale” vicino all’emarginazione.
Dichiarare di aver visto la mostra del momento, deve necessariamente accompagnarsi all’aver visto l’ultimo film di tendenza, all’ aver letto il più recente degli “Istant Book” o all’ aver presenziato al concerto del momento.
E’ in quest’ ottica piuttosto superficiale, “edonista“, che sorgono molti degli equivoci di fondo – come ad esempio, che Arte e Bello siano sinonimi, equivoco che su “Sculturaecultura”, sin dai primi articoli, ho ampiamente stigmatizzato.

statistiche sculturaecultura

Statistiche di Sculturaecultura

Dai riscontri che ricevo, (circa 3.000 visitatori unici al mese su questo Blog), la necessita di far luce sul concetto di Arte appare piuttosto sentita, non foss’ altro in virtù della particolare condizione socio-economica che stiamo vivendo.
Lo status quo della nostra struttura sociale “scricchiola”, sollevando inesorabilmente pesanti dubbi esistenziali e, costringendoci, volenti o nolenti, a cercare nuovi e più cogenti punti di riferimento.
Il disastroso contesto di crisi che attraversiamo da almeno cinque anni – figlio del crollo delle “certezze” economiche quale incongruo surrogato della “compiutezza dell’ Essere” – aveva visto eleggere a Moloch il “Dio Danaro”.
Si è creato un “idolo” trasversale anche alle “classi sociali”, (definizione che se accettata, di per sè configura una partizione in senso economicistico dell’Umanità), un idolo al quale sacrificare la maggior parte della propria Etica e della propria Morale, nella vana speranza di felicità su questa terra, anche a dispetto del resto del genere Umano.
Il crollo di questa effimera certezza, ogni giorno più conclamato ed evidente, ha generato e continua a generare in molti, la necessità di ridefinire radicalmente il proprio “Panel valoriale”, talvolta, con l’istituzione di altri Moloch, magari a sfondo paraspirituale (es. quel fenomeno conosciuto come “new age“), che assume forme sempre più radicali, configurandosi talvolta in una insana “voglia di credere“, da qui, anche il fenomeno in grande espansione delle “Leggende Metropolitane“.

morbo di morgellon

Le cosiddette scie chimiche

Storielle e/o panzane, anche delle più fantasiose (per non dire cervellotiche), vengono accettate con atteggiamenti di creduloneria sconcertanti, come purtroppo abbiamo avuto modo di rilevare anche tra molti eletti in parlamento.
Ridefinire i propri valori è sempre un’ operazione enormemente complessa, talvolta dilaniante come i molti suicidi dei quali abbiamo sentito riferire, quasi quotidianamente, sugli organi di informazione.
Questo genere di accadimenti, tristemente, testimoniano che questa “rivisitazione” obbliga ad attuare un analisi a posteriori della propria esperienza di vita, degli obiettivi raggiunti e/o mancati non sempre è affrontata nella chiave giusta.
Tornare analiticamente sui sui propri passi esistenziali, è un’attività che necessita sempre dell’uso della logica, una ferrea, consolidata logica, non sempre patrimonio intellettuale di tutti, magari provati da esperienze inaspettate e con la prospettiva di un “domani”, che, obiettivamente, appare tutt’ altro che dorato e ancor meno facile da prevedere nei suoi futuribili assetti.
Il positivo però esiste anche in questo sconcertante scenario: diviene naturale cercare un modo di “far luce” sul Kaos che quotidianamente ci si presenta davanti, una confusione magari amplificata anche dal pressapochismo (o dalla malafede) dei molti, che a vario titolo, propongono la personale, salvifica, ricetta (ogni riferimento ai populisti che vanno per la maggiore non è assolutamente non casuale).

albero del Budda

l'albero del Budda

Moltissime di queste “ricette”, che tutto prevedono forchè la necessità di sederci sotto al grande albero (come fece anche il Budda) a cercare attentamente nella nostra anima (la piccola scintilla di universo che tutto contiene), quella luce necessaria ad illuminare finalmente l’impervia strada rappresentata dal nostro incerto futuro, proprio come in un uno scenario neo-illuminista, che però beneficia dell’ evoluzione in scienza e coscienza, che la società e l’individuo hanno avuto dai tempi di Kant.
L’ Arte, a mio modesto avviso, può essere avvicinata, metaforicamente, al grande albero di buddista memoria, arte che finalmente, possiamo comprendere nella sua reale funzione.
Arte non è “rappresentazione della realtà” (Arte Mimetica), ma il contrario, e il mezzo per svincolarci da essa in senso spazio/tempo/cognitivo, anche perchè un approccio maggiormente spirituale, evidenzierebbe che la “cosiddetta realtà” è tutto, forchè reale.
L’ incontro dell’Uomo con l’ Arte, deve essere pensato come una attività biunivoca, al contrario della consueta modalità fruitoria, sostanzialmente a carattere passivo, che non rende l’Essere parte attiva in quella che sopra, non a caso, ho definito “liturgia”.
L’Arte “Catartica”, rituale, nella cui liturgia  l’Artista non è il “sacerdote”, ma che come spesso ho detto, deve rappresentare il “ponte”, il costruttore di Link assoluti con l’essenza di universo che è in noi, che ci avvolge e ci comprende quale elementi costitutivi, nella più piena visione Parmenidea.

Parmenide di Elea

Parmenide di Elea

Questo “incipit”, che ormai tende ad includere l’intero articolo, più che un “Teaser” (riemerge  il mio passato di pubblicitario), vuole lasciar intuire l’estensione della tesi complessa, l’ impervio confronto (Arte e Scienza) che ho scelto come argomento di questo articolo.
Il titolo di questo articolo, appare quasi come un “ossimoro“, una apparente, provocatoria, “contraddizione in termini”.
Come spesso ho ribadito nei miei scritti precedenti, l’uso della euclidea “reductio ad absurdum“, è il metodo dimostrativo che tra tutti mi è più congegnale.
E’ facile comprendere che desidero dimostrare che questa apparente contraddizione, in realtà, non esiste, che semmai, invece di un confronto, Arte e scienza, sono utili se viste come frecce nella stessa faretra, strumenti per l’acquisizione di una piena “Coscienza”.
Ma purtroppo anche questa purtroppo è una parola abusata e magari anche mal’usata.
L’abuso di un termine, rende consueto il suo uso, e tutto quello che è consueto è “scontato”, rende apparentemente inutile una attensione semantica verso quell’espressione.
In realtà la sua etimologia (con-scienza), chiarisce molto intuitivamente il suo reale significato, sarebbe da intendere  appunto nella sua accezione “neo-illuminista” alla quale sopra accennavo.
L’intento retrocognitivo della reductio ad absurdum, pur sussistendo, deve rappresentare un modo efficace di perseguire una reale consapevolezza nell’interlocutore , una piena “coscienza” appunto.
Quanto anticipato nel lungo incipit, in realtà, vuole essere il primo passo di una immodesta speculazione filosofica, ben più articolata che quindi, per essere plausibilmente prospettata, richiedeva quanto esposto in antefatto.
Il superamento dell’ Arte in quanto rappresentazione della realtà, è un punto fermo di tutto il ragionamento (e forse anche dell’intero Blog) – non è un caso che siamo nella categoria del blog che ho chiamato “Filosofia dell’Arte” – questa è una categoria che ho creato proprio perchè per quanto mi concerne, tra le due “discipline”, vedo moltissimi punti di contatto, anzi, le vedo spesso compenetrarsi rispettivamente.
Ogni scienza, portata ai suoi livelli estremi, assume caratteri di filosofici e dando per dimostrata la vicinanza tra Arte e Filosofia, ecco, che ci siamo avvicinando a grandi passi verso il dichiarato obiettivo (rischiando di cadere nel più classico dei sillogismi paradossali).
Un esempio che ho già portato in uno degli articoli di maggior successo: “Arte e matematica” si può trovare nella “Sezione aurea”, o anche nella Sequenza di Fibonacci della quale contestualmente ho discettato ampiamente.

Pentagono sezione aurea

La sezione aurea nel pentagono regolare

In un altro mio articolo precedente:  “Arte contro tecnica“, cerco di mettere in risalto le “colpe” del nostro “Sistema formativo” in generale, ed in particolare quello delle Scuole d’ Arte, dei Licei Artistici e delle Accademie di belle Arti.
L’enorme mole del programma di “Storia dell’Arte” distoglie i docenti dall’ obiettivo formativo originario, la generazione di nuovi “Creatori” d’ Arte.
Salvo rari e particolari casi, tutto l’iter formativo verte intorno ad un intensivo bombardamento dei discenti a base di Tecniche – antiche e moderne – e su un recursivo ripercorrere la nostra “Storia dell’ Arte”, non evidenziando chiaramente la chiave di lettura “storica” di quanto presentato.
Si  continua a creare l’equivoco che la vera Arte, sia praticamente sempre riferibile ad un qualcosa di antico, e che l’approccio dell’artista moderno e contemporaneo, sia solo un disperato tentativo da parte di “operatori” tecnicamente inadeguati.
Passa facilmente il concetto che, non potendo competere con la bravura tencica dei loro predecessori storici, essi si arrabattino a cercare uno spazio in un alveo ormai definitivamente colonizzato da “quelli classici” tentando pratiche non ortodosse, velleitarie.
Nella testa dei futuri artisti (e purtroppo anche di molti futuri critici (molti dei quali purtroppo sono ormai “attuali”, si è creata l’errata convinzione che l’unica Arte sia quella che caratterizzante il nostro illustre passato.

Quadro di antiquariato

Quadro di antiquariato

Tanto per essere chiari, qui ribadisco – repetita juvant – che “non è l’antico che fa necessariamente Arte”, anche perchè, la parola antico (come anche moderno), è relativa ad una collocazione temporale e di conseguenza ad un determinato contesto socio-culturale (Es. “Il Risorgimento”), ogni epoca poggia su un contesto socio-culturale le cui dinamiche lo caratterizzano anche sotto l’aspetto della percezione valoriale ed estetica.

In effetti di Arte ancora più “antica” della nostra – così come tecniche artistiche nettamente alternative alle nostre – e radicate in dinamiche socio-culturali completamente diverse dalle nostre (ne parlo ampiamente nel mio precedente articolo “Arte e Antropologia“), ne esistono veramente a volontà.
Risulta evidente quindi che, per evolvere come artisti è necessario liberarsi dal “pantano” (mai definizione fu maggiormente ingiusta), della nostra “Estetica Decadente”.

la pittura del canaletto

la pittura del "Canaletto"

Non vi è dubbio che l’Arte di Raffaello, di Leonardo, come quella prima di loro di Giotto e senza potersi concedere dall’escludere, il Caravaggio, il Tintoretto, Tiziano, Pietro da Cortona, scultori come Bernini, Canova e di nuovo Michelangelo Buonarroti medesimo (e mi fermo solo per un’ ovvia ragione di spazio), fù  una meravigliosa finestra, affacciata su un meraviglioso panorama, ma che purtropp, ora, impedisce spesso a molti di noi italiani il “guardare oltre” l’orizzonte davanti ai nostri occhi.
Si inibiscono i nuovi artisti, che se non sono delle identita volitive, fanno fatica a guardare verso quell’infinito, vero obiettivo dell’ Artista schiettamente inteso.
Questa mia apparentemente “sacrilega” ma ben radicata convinzione, per fortuna non è solo mia – come invece verrebbe naturale di pensare – ma è confortata da molti altri artisti che fortunatamente ho avuto modo di conoscere, dei quali, fortunatamente ho avuto modo di ascoltare personalmente l’opinione.
L’ultima che ricordo – solo in ordine di tempo – è riferibile ad un mio carissimo amico, con il quale ho avuto il piacere di cenare poco prima delle recenti festività: mi riferisco al pittore Giuseppe De Matthaeis,

il Pittore Giuseppe de Matthaeis

il Pittore Giuseppe de Matthaeis

classe 1946, allievo di Guttuso e Mazzacurati all’Accademia di belle Arti di Roma, che nelle nostre infinite e spesso – purtroppo – notturne  discussioni sull’Arte, sulla origine creativa dei sui suoi vecchi e nuovi lavori e delle rispettive esperienze creative.
Giuseppe mi racconta che solo ora, alla splendida età di 68 anni (vista la forma e l’energia che ancora possiede), comincia a liberarsi dei pesanti condizionamenti, generati in lui dalla frequentazione dell’Accademia di Belle Arti.

- La Partita - Giuseppe de Matthaeis

- La Partita - Giuseppe de Matthaeis

Stiamo parlando comunque di un professionista che ha frequentato l’Accademia in tempi nei quali l’anticonformismo veniva agitato come una bandiera di libertà, ed i professori erano del calibro di quelli sopra citati.
Figurarsi ora, epoca nella quale il conformismo e l’omologazione sono religione per molti di coloro che si formano nelle strutture statali di formazione artistica.
C’è da dire che per molti, questo trend delle “Post Avanguardie”, rappresenta l’unica forma di” Identità Artistica” alla quale si sono riusciti a ricondurre.
C’è chi “rinnega” il secolo appena trascorso e le sue “evoluzioni/rivoluzioni”, ricacciandosi mani e piedi legati, alla suddetta Arte “Mimetica” (di maniacale imitazione della natura).
Sto parlando ovviamente dei “Neo-Iperrealisti” che ripercorrono malamente (in quanto ritardatari e quindi anti-creativi), la strada degli Iperrealisti come John De Andrea, che a mio avviso, già erano discutibili nel post “Pop Art”, figuriamoci ai nostri giorni.

de andrea

"Susan" di John De Andrea

Il mio provocatorio paragone tra Arte e Scienza, che come spero di aver dimostrato in quanto le ritengo entrambe “figlie della ragione”,  è meno velleitario di quanto potesse sembrare ad una prima analisi.
Magari pensando ad una ragione intesa con una significato maggiormente allargato, comprendente aspetti animici, filosofici e perchè no magico-sciamanici che sono componenti fondanti dell’ Uomo in quanto tale, e a maggior ragione se pensato quale artista.

sanguisughe

Sanguisughe succhiano il sangue di un paziente

Avete mai sentito qualcuno, vantare il valore della medicina antica, nella quale la cura migliore era la purga e/o il far succhiare il sangue “malato” del malcapitato paziente mediante delle disgustose sanguisughe – e parlo dei tempi di mio nonno nel 1935 non ai tempi del “dottor Purgone” magistralmente rappresentato da Moliere ne “Il malato immaginario“.
Forse ho scelto l’esempio sbagliato…. visto che qualche “nostalgico delle sanguisughe esiste ancora – e non solo in Cina – anche ai giorni nostri, ma voglio considerare anche questo uno di quei passaggi della sopradetta “reductio ad absurdum“.
Scherzi a parte, ritengo che siano in pochi coloro che si farebbero operare per applicare un “By pass” Aorto-Coronarico o anche solo un’ appendicite, in un “gabinetto medico” (mai nome fu più azzeccato) del XIV secolo.

by pass

By pass Aorto-Coronarico

Le tecniche come le scienze evolvono, l’ Arte “moderna”, si è evoluta anch’essa a vantaggio di un’ Arte più “ampia”, più piena di concetti e simboli più o meno contemporanei, se vogliamo, secondo il mio modo di intendere, più tendente all’ Arte assoluta, quell’ Arte radicata nell’animo e nell’intelletto profondo di ogni “vero” artista, così come in quelli di qualsiasi Essere Umano conscio di questo suo “Status”.
Quello che al limite può cambiare, è la posizione di ognuno nei confronti dell’atto artistico, non certo la misteriosa attrazione “costitutiva” che ogni Essere Umano ha nei confronti di un’ opera d’Arte che sia degna di questo nome.

Aquila in volo

Aquila in volo librato

Ognuno di noi è in grado di apprezzare la bellezza di un cielo notturno, dell’onda violenta che s’infrange su una scogliera, cosi come il volo di un’aquila sulle termiche di un costone di montagna battuto dal sole o i profumi della natura dopo un temporale.
In queste situazioni non vi  è bellezza, ma la sensazione primordiale di essere ricondotti all’universo al quale apparteniamo e che ci appartiene.
Al di la di forme, colori, tecniche, simboli o materiali costituenti, un’ opera d’ Arte comunica che in essa possiamo rispecchiarci e, di riflesso, possiamo scorgere in noi la scintilla di universo che ci ha generato.
Il piacere che ne riceviamo è la contezza dell’immensa fortuna che sappiamo di avere nel farne parte, a fronte dell ‘immensa paura di “perderci” in quell’ infinito, quell’infinito profondo, inesplorato, che alla fin fine siamo noi stessi, come unicum e contestualmente quale “insieme” con i nostri “fratelli in spirito”.
Parmenide e Pitagora sono la stessa cosa, così come Aristotele e Platone, come Kandinsky e Raffaello, o Mondrian e Botticelli, Chagall e Piero della Francesca.
Prendendo coscienza di ciò avremo compreso l’ Arte, quando sapremo leggere il “Trait d’union”, il “filo rosso” (proprio come quello che Paola Grossi Gondi ha tentato di rappresentare nell’androne della G.A.M. di Roma)

"Filo rosso" di Paola Grossi Gondi

il “Fil Rouge” che ricollega tutte queste “apparenti” contraddizioni, così,  non si vedrà più una contraddizione nell’ accostare Arte e Scienza, come immodestamente ho fatto nel titolo.
Forse non è possibile farlo consciamente, ma magari, scopriamo che spiritualmente, siamo già capaci di percepirlo, ma forse anche questo è tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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La Forza dell’Arte

Posted in Filosofia dell'arte, Il "Valore" dell'Arte on marzo 13th, 2013 by

di Francesco Campoli

Finalmente eccomi tornato su “Sculturaecultura” a trattare degli argomenti che per me, rappresentano gli stimoli più importanti: L’Arte, l’identità e il sentire di un’artista.
Come è ormai arcinoto, mi interessa molto il rapporto dell’Arte con la società e la cultura dalla quale attinge valori e contenuti.
Di questi ultimi elementi, in senso sociologico e antropologico ho già parlato molto, dei primi sinceramente un po’ meno, ma dopo gli ultimi accadimenti nella mia vita personale, posso affermare di averne compreso il motivo.
Questa minore ”disposizione” a trattare questi aspetti, è da ricondurre ad una sorta di riservatezza personale, che potrei spingermi a definire “pudore”.
Intuendo che non sarei riuscito a mantenermi nell’alveo di in una pura “Speculazione Teoretica”, ho evitato di appoggiarmi troppo al sentire personale.
Cerco di spiegare meglio queste affermazioni: In un articolo precedente, ho “confessato” un immodesto uso del “metodo socratico”, che nel mio intento rappresenta una sorta di “Road map” editoriale di questo Blog.
Nell’approccio “Maieutico”,  l’interlocutore seppur indirizzato dalla proposta di una “Tesi“, deve poter mantenere piena libertà di giudizio, deve far propri i concetti proposti, mettendo in gioco le proprie prerogative personali allo scopo di valorizzarle e nella speranza di svilupparle.
Un’altra caratteristica del blog  anch’essa fortemente voluta, è la forma di dialogo che gli articoli presentano, in questo anche se in dialogo avviene “nero su bianco”, lascia sempre aperto il “canale” di ritorno.
Nell’ottica dialogica la comunicazione deve essere sempre biunivoca, la mente dell’interlocutore in questa condizione mantiene sempre una attività intensa, non foss’altro che per concepire eventuali domande.
Il miglior interprete di questo approccio comunicativo fu Platone, il miglior allievo di Socrate appunto.
Trovo nel “Dialogo platonico”  un’ affinità col mio ideale di rapporto Artista/Fruitore.
In questa forma, si può configurare la metodologia a mio avviso più corretta nella “fruizione” di un’Opera d’Arte,  l’interlocutore deve restare sempre parte attiva, proprio per dar pieno corpo alla dinamica da me auspicata.
Una provenienza troppo “auto-referenziale” dei contenuti é senz’altro contraria a questa linea di indirizzo, oltre ad essere a livello “emotivo personale” ben più impegnativa.
La causa del ritardo nella pubblicazione del mio nuovo articolo (in genere gli articoli hanno cadenza mensile), oltre che alle vacanze natalizie (purtroppo ormai dimenticate), è stata causata dalla comparsa di un problema di salute.
Per fortuna ora posso affermare che non fosse nulla di veramente grave, ma che oltre ad avermi portato all’ospedale, il disturbo mi ha debilitato veramente in modo considerevole.
Oltre all’oggettiva incompatibilità dei sintomi che manifestavo con il lavoro di scrittura, la vera problematica è stata la grande carenza di energia che si è presentata durante e dopo la comparsa il problema di salute accennato sopra.
Durante la convalescenza, ho avuto più volte l’idea di usare il tempo che mi si rendeva disponibile per redigere con calma l’articolo “del mese”.
La netta carenza di energia mi stroncava sul nascere ogni smania creativa, questa carenza di “Forza”, mi impediva nella scultura (per la quale credo sia chiaro il dispendio energetico necessario), ma anche nella scrittura che non è un processo “fisico” (oltre che intellettuale) come la scultura, senza quella “Forza” non mi riusciva di concepire qualcosa di interessante per il blog.
Questa strana “simmetria” tra carenza di “Forza Fisica” e assenza di “Vis Creandi”, mi ha colpito e mi ha fatto scattare finalmente l’idea giusta.
Siccome sono convinto che nulla avviene per caso, ho deciso di sfruttare questo spunto, figlio di questa incresciosa situazione e sviluppare un articolo su questo tema per sottoporlo alla riflessione di voi affezionati lettori.
Inizio col dichiarare “ex ante” la mia “attrazione“ per il pensiero di “Rudolf Steiner”, nel caso di specie, per il modo di concepire la “malattia” del filosofo “Goetheano”.

Rudolf steiner

Rudolf Steiner

Steiner suggerisce il sussistere di uno stretto rapporto, tra le sfide “Karmiche” specifiche di ogni Uomo/Anima e le malattie (o gli infortuni) che ne “intersecano” l’ esistenza.
Steiner in estrema sintesi tratteggia la malattia come uno “strumento”, un mezzo attraverso il quale l’ Essere continua a perseguire la sua evoluzione spirituale.
In verità, per essere più precisi, egli postula addirittura che l’Anima ben conoscendo le sue “carenze” spirituali, scelga in autonomia le malattie ad essa maggiormrnte “utili” a colmare le proprie “Lacune Karmiche”.
L’anima sarebbe in grado di riverberare le “Magagne spirituali” che l’affliggono sul “Corpo fisico” , che le “materializza” sotto forma di malattie.
Sembrerebbe una teoria ad alto tenore speculativo, invece Steiner si è premunito di suggerire soluzioni piuttosto concrete, fondando in seno alla “Società Antroposofica” un consesso medico scientifico che diede vita alla “Medicina antroposofica“.
Per quanto mi riguarda non sono la persona più adatta ad avere un atteggiamento fideistico, la mia logica Razionale (ma non certo “Razionalista“), che mi sentirei di definire “Scolastica” (Intendo ovviamente la filosofia di Ruggero Bacone e Tommaso D’Acquino), mi ha costretto a riconoscere un valore nei suggerimenti di Rudolf  Steiner.
Confrontando ad esempio il suo approccio con le “Guarigioni Inspiegate”, che regolarmente avvengono nei santuari di tutto il mondo, non si può non intravvedere una sostenibilità delle tesi sopra esposte.
Il caso di Lourdes in Francia è a mio avviso un possibile esempio della concretezza della proposta di Rudolf Steiner.
In effetti le guarigioni “miracolose” delle quali a Lourdes abbiamo costante e puntuale documentazione, potrebbero effettivamente essere ricollegabili al ristabilimento di “Condizioni spirituali” più “Sane” da parte del malato.
Una volta che il “Corpo astrale”  è rinforzato a livello spirituale (ad esempio con l’ausilio della fervida preghiera), si possono manifestare straordinarie riverberazioni “salvifiche” anche sul “Corpo Fisico”, quello del quale abbiamo maggiore contezza rispetto agli altri “Corpi sottili“.
Per “preghiera” intendo ovviamente una “attività spirituale”, a prescindere dalla specifica confessione religiosa alla quale aderisce il fedele e ovviamente, non necessariamente formulata secondo un “canone” accettato a livello curiale.
Questa attività si può svolgere nelle modalità più varie, anche compatibilmente con gli approcci liturgico/rituali che in ogni confessione sono spesso chiaramente canonizzate.
La “Medicina Antroposofica” persegue la “Guarigione” attraverso “Rimedi”, che non sempre prendono forma di farmaco (anche se lo intendiamo come preparazione omeopatica).
Le terapie con farmaci omeopatici (quindi già di base molto poco invasivi), vengono integrati con la “somministrazione” di “Soluzioni Spirituali” additive, spesso in forma di lettura di talune delle molteplici conferenze di Steiner o magari in libri, ritenuti utili dal “Medico antroposofico”.
Non è questo il luogo nel quale approfondire un pensiero piuttosto complesso e articolato, ma per rientrare nel tema del Blog, uno dei rimedi che Rudolf Steiner consiglia quale “Pratica curativa” (guarda guarda), si chiama “Arteterapia”,  che comprende anche l’ “Euritmia Terapeutica”, che per rimanere nel “Parallelismo Artistico” potremmo assimilare alla danza.

missione universale dell'arte

Steiner La missione universale dell'Arte

Anche io mantengo ovviemente un attento spirito critico sulle teorie “steineriane”, ma devo dire che approfondendole, trova pane per i suoi denti anche il “Positivista”  più intransigente.
Dal momento che Steiner non era un medico,  si potrebbe facilemente obiettare sulla sua competenza in materia, ma vi sono tanti incredibili riscontri su una sua oggettiva conoscenza della disciplina di Ippocrate, ovviamente considerando che egli percorre strade terapeutiche di mera derivazione spirituale.
La commistione del trascendentale con delle “pratiche di guarigione”, sorge dalla notte dei tempi, anche per una “Euclidea” Reductio ad absurdum non può non essere almeno valutata come “antitesi” alla “medicina convenzionale.”
Un riscontro sulla sua competenza (ma magari lui avrebbe preferito Conoscenza nella sua accezione più ampia), è la sua ben nota “Predizione” della “Encefalopatia spongiforme Bovina”, tristemente nota come il “Morbo della Mucca Pazza”.
Durante una conferenza nel 1923, Steiner discettando sull’alimentazione in generale, in un periodo nel quale neanche si concepivano le origini di una simile malattia, “predisse” il tristemente noto morbo
Come ora ben sappiamo, il “Morbo delle mucca pazza” si genera in bovini alimentati forzatamente con la carne (vi sono riscontri anche tra la popolazione ovina sottoposta allo stesso trattamento).
La BSE (questo è il nome scientifico del morbo della mucca pazza), si scatenò realmente negli anni 70 in Inghilterra, propagandosi poi in tutto il mondo Italia compresa.

Morbo della mucca pazza

Morbo della mucca pazza

Questa malattia animale si generò quando degli allevatori inglesi senza scrupolo, presero ad alimentare i loro bovini aggiungendo una integrazione carnea.
Lo scopo era accelerare notevolmente il loro accrescimento e di conseguenza aumentare esponenzialmente l’ utile, che per l’ allevatore è ovviamente proporzionale al peso degli animali macellati.

Questi animali come predetto da Rudolf Steiner nella famosa conferenza del 13 gennaio del 1923, cominciarono a sviluppare la malattia degenerativa del cervello, che in virtù dei sintomi che presentano, li fa apparire come impazziti.
Gli animali a causa dell’accumulo del malefico “Prione” (la proteina che instaura la malattia), cominciano ad ammalarsi in modo pienamente rispondente alle previsioni di Rudolf Steiner.
Il Prione assunto con l’alimentazione carnea, si propagò anche all’uomo, causando molti decessi e per questo questo episodio viene tutt’ora, strumentalmente, reso come evidenza di insalubrità dell’alimentazione onnivora, dal movimento Vegetariano/Vegano, come avrete avuto modo di leggere, se avete seguito il link della conferenza su detta.
Sarebbe molto interessante approfondire le affermazioni di Steiner nell’agricoltura, che è quella definita “Biodinamica”, che si sta prepotentemente affermando nel novero delle “scelte alimentari” di grande qualità.
Rudolf Steiner in base alle sue , ha suggerito anche una pedagogia di nuova concezione, la cosiddetta “Pedagogia Waldorf”,  seguita in tutto il mondo come metodo formativo “Olistico”, uso cioè ad integrare lo sviluppo spirituale del Bambino/Anima, nell’istruzione  scolastica convenzionale.
Al lavoro “spirituale” viene ovviamente integrata l’attività sulle materie dell’istruzione tradizionale, con risultati talvolta molto molto interessanti.
Mi fermo qui perché non ho affrontato il rapporto Malattia/Energia creativa, per fare l’apologia di Rudolf Steiner, che non ha certo bisogno della mia legittimazione, visto che vanta figure ben più prestigiose di me che hanno condiviso pienamente l’approccio “Antroposofico”.
Questo Blog è dedicato all’Arte e alle sue implicazioni nelle dinamiche tra gli Esseri umani e le strutture culturali  nelle quali si aggregano, non è quindi necessario approfondire oltre, è’ utile però fare alcuni esempi specifici del mondo dell’arte (ve ne sono anche molti in altri settori), visto che questo è il nostro tema.
Tra gli artisti più famosi ispirati da Steiner, troviamo nientemeno che alcuni geni universalmente riconosciuti.

Vassilij Kandinskij

Vassilij Kandinskij

Kandinskij, mutuò dagli studi Steineriani – specialmente quelli su Johann Wolfgang von Goethe – le sue riflessioni nel suo saggio più noto “Lo spirituale nell’arte“, che oltre a raccontare le sue scelte artistiche rivoluzionarie, può essere definito la pietra miliare del suo approccio all’arte .

Kandinskij "Lo spirituale nell'Arte"

Kandinskij "Lo spirituale nell'Arte"

Non posso non citare  soprattutto Joseph Beuys che fu’ anche un vero e proprio aderente alla “Società Antroposofica”, che fù fondata dallo stesso Steiner dopo la sua uscita dalla “Società Teosofica”.

Joseph Beuys con Andy Warhol

Joseph Beuys con Andy Warhol

Joseph Beuys ebbe una visione dell’Arte che concettualmente mi è molto congegnale, non tanto negli aspetti formali (o meglio assolutamente informali), ma quanto per certe sue prese di posizione, in relazione alla formazione artistica.
Ebbe grandi scontri con il rettore della Kunstakademie tanto che alla fine nel 1972 venne licenziato per aver ammesso ai corsi anche gli studenti che non avevano superato le prove di ammissione.
Secondo lui e in seguito alla sua esperienza “Antroposofica”, gli studenti che non superano le prove di idoneità, sono i più “bisognosi” di frequentare un’accademia artistica, a loro va rivolta maggiormente l’attenzione dell’insegnante.
Ovviamente la “Pedagogia Waldorf” di concezione Steineriana, che prevede un uso intensivo dell’arte nell’iter pedagogico degli allievi, lo vedeva perfettamente aderente, oltretutto fu sempre convinto dell’azione “Sociale” dell’Arte, anche in ambiti non squisitamente formativi.Ad un certo punto del suo percorso artistico concepì la “Soziale Plastik”, la “Scultura Sociale” con l’intento di utilizzare l’impatto dell’Arte sull’organismo sociale, un’altro dei punti di contatto con la mia visione dell’Arte del quale non ero al corrente.
Non voglio fare l’elenco dei punti collimanti con le mie idee, ma anche lui era un sostenitore dell’approccio “Maieutico/Socratico” che più volte ho avuto modo di citare, sul mio rapporto tra Artista e Fruitore delle opere d’arte.
L’esempio migliore dell’influsso positivo dell’arte sul pensiero e soprattutto sull’Anima umana, fu nel caso di Beuys il suo recupero dalla catechizzazione che la propaganda Nazista attuava “a tappeto”, in quel triste periodo vissuto allora dalla Germania.

Arte Antroposofica

Arte Antroposofica

Questo “recupero” come al solito prese avvio da un apparente casualità, che non può non essere interpretata come un evento “sincronico“.

Durante la seconda guerra mondiale, in quanto pilota di bombardieri della “Luftwaffe“,  Beuys cadde con il suo aereo in Crimea, durante un’azione di bombardamento.
Venne raccolto da una tribù Tartara che lo curò attraverso delle ritualità sciamaniche, tipiche di quei luoghi.
Visse un periodo presso questo “particolare” consesso sociale e, la sua vita ne  fu sconvolta definitivamente.
La sua vita cambiò totalmente grazie a questa sua esperienza di cultura sciamanica, della quale tra l’altro si conosce molto poco, ma di una cosa si può essere certi, non fu assolutamente un caso.
Io tra l’altro non ero al corrente di questa esperienza di Beuys quando scrissi “Artista o Sciamano“, quindi sono contento di avere più di un punto intellettuale di contatto, con questo grande dell’Arte moderna.
Mi conforta molto avere un compagno così prestigioso, nel cammino su un sentiero difficile e estremamente interessante da indagare, credo che sia un percorso artisticamente molto stimolante, non sono molti i modi per un artista di lasciare aperti dei canali comunicativi così imponenti.

Piet Mondrian

Piet Mondrian

Anche Piet Mondrian è da annoverare tra i geni dell’arte influenzati da Steiner, esiste più di un dato in relazione a questa affermazi

one, tra cui una famosa lettera dello stesso Mondrian, nella quale il grande “Spiritualista del colore” si dichiarava aderente ai riferimenti spirituali di Rudolf  Steiner.
Ma oltre ai suddetti artisti visuali, Steiner ebbe influsso anche su grandi della letteratura come Franz Kafka o grandi architetti come Frank Lloyd Wright, che ne fu il continuatore con l’architettura “organica”, mutuata dai concetti che Steiner applico al suo Goetheanum, tutt’ora esistente a Dornach in svizzera.

Goetheanum progetto Rudolf Steiner

Goetheanum progetto Rudolf Steiner

Mario Merz

Mario Merz

Tra gli artisti italiani vicini alla filosofia steineriana posso sicuramente citare “Mario Merz”, al quale oltre a quest’interesse, mi lega molto anche l’attrazione per la “Sequenza di Fibonacci” e per le “Spirali”, delle quali ho parlato ampiamente in uno dei miei precedenti articoli “Arte e matematica”.

Mario Merz Spirali al Foro di Cesare

Mario Merz Spirali al Foro di Cesare

Mole Antonelliana (Torino) Sequenza di Fibonacci

Mario Merz Mole Antonelliana (Torino) Sequenza di Fibonacci

Per tornare alla questione della malattia, in rapporto alla “Forza Creativa”, voglio arrivare finalmente a  quanto ho intuito da questa esperienza, che ripeto non è stata per fortuna affatto grave, ma mi ha consentito, di formulare l’ipotesi che vado ad esporre: Più volte ho detto e ribadito, che a mio avviso l’Arte è “Creazione”, nell’accezione più ampia che si possa intendere, compresa la sua forte  componente spirituale.

L’artista nella sua funzione di “Creatore”, esercita uno sforzo che alla luce della mia esperienza, necessita di una energia più che concreta, anche sul piano fisico, a dimostrazione che l’Essere deve sempre essere inteso nella sua “Completezza, che nel caso dell’artista deve anche essere divenire “Compiutezza”.
Al di là dell’artificio semantico, io vedo in queste due parole che sembrano sinonimi, un’enorme differenza:
L’Essere è completo per definizione, come sostiene Parmenide che lo paragona ”concettualmente” ad una sfera perfetta, onnicomprensiva (per gli antichi Greci la sfera rappresentava la perfezione),

Parmenide di Elea

Parmenide di Elea

“Essere” perfettamente inscritto nel suo spazio e nel suo tempo, al di fuori del quale nulla sussiste.
L’Essere “Compiuto” invece è un passo (o più di uno) oltre la dotazione “di serie” parmenidea, l’Essere “Compiuto” ha fatto un percorso di consapevolezza e di coscienza, su ciò che ha ricevuto con la vita e che quindi vive ed opera, essenzialmente per contribuire al bene dell’ intera umanità.
Quindi il “Torpore artistico” causato dall’ indebolimento delle “Forze Animiche” dell’Essere/Artista, non è altro che l’evidenza della necessità di collocare l’Arte,fra le attività spirituali e, che essa nulla ha a che vedere con altre sfere di differente Valore.
Mi sembra quindi utile ribadire ancora una volta, l’estraneità dell’Arte dai giudizi di “Estetica”  come ad esempio “è Bello o è brutto”, giudizio che è doppiamente sbagliato, in quanto espresso come concetto assoluto.
L’espressione “Bello o Brutto” non ha senso perché, senz’altro, contiene dei “condizionamenti di carattere culturale“.
La sensibilità estetica è di tipica derivazione antropologica e culturale e dipende dall’ambiente in cui è solito muoversi, colui che formula il giudizio estetico stesso, basti pensare al popolo Padaung, un piccolo sottogruppo dei Karen-Bwe che vive tra Birmania e Tailandia.

Donne Giraffa

Donne Giraffa

Qui si giudicano “belle” le donne con un collo di lunghezza patologica, che neanche Amedeo Modigliani avrebbe avuto il coraggio di rappresentare.

Il collo femminile visto da Modigliani

Il collo femminile visto da Modigliani

In conclusione l’uso nella “Medicina Antroposofica” dell’ ”Arteterapia”, allo scopo di perseguire la “guarigione” attraverso i benefici “Taumaturgici” dell’arte, non è un’idea così balzana.

Come ho scritto in un altro precedente articolo di grande successo, questa consapevolezza cambia molto la funzione sociale dell’artista, ma anche le modalità e soprattutto i “motivi” per godere e possedere un’ Opera d’Arte.

Che l’ Arte ci possa allontanare la malattia operando un’evoluzione dell’Anima e  migliorare il mondo? …l’Arte, con la Forza Animica che possiede, alla fine, aiuterà il mondo a cambiare?…l’Artista, con la Forza che impiega nella “Creazione” di un’opera d’Arte, contribuisce al bene dell’ “Umanità”?
Tutti argomenti piuttosto stimolanti, ma anche questi sono tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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Arte o Investimento

Posted in Il "Valore" dell'Arte on ottobre 13th, 2012 by Francesco

di Francesco Campoli

Nei precedenti articoli “il valore dell’arte”, “valore o valori” , “Arte ed Espressione”, in pratica una serie di riflessioni sul tema molto controverso del “valore dell’arte”, mi ero ripromesso di tornare a breve sull’argomento.
Seppure consideri questo tema molto importante, devo dire che ho trovato di volta in volta più interessante affrontare altri argomenti.
L’attribuzione di un valore ad un’ Opera d’arte, oltre che sul piano antropologico e sociologico, è importante anche per un altro motivo: da questo dipende la sopravvivenza di un artista, in quanto “Creatore/Ricercatore” , ma anche dell’ ”Essere umano Artista”, la cui terrena condizione, impone la “quasi” quotidiana necessità di nutrirsi.
Alcune evenienze apparentemente casuali, hanno riportato la mia attenzione sull’argomento in questione e risvegliato in me il desiderio di tornare a scriverne.
Nella mia quotidiana “navigazione” tra diversi “media” (non solo il web ovviamente), sui quali mi informo e dai quali prendo spunto per le “riflessioni” che poi vi sottopongo su “Sculturaecultura”, mi sono imbattuto in diverse “proposte”, che definire “Indecenti” è assolutamente eufemistico.

proposta indecente
proposta indecente

Voglio sperare che queste “sollecitazioni”  non abbiano un nesso strategico, altrimenti ci sarebbe veramente da preoccuparsi.
Credo comunque, che queste argomentazioni “economiciste”, siano solo una triste costante che  non ti aspetteresti mai in un consesso che tratta di Arte.
In queste varie “occasioni di comunicazione”, personaggi di ogni genere consigliavano l”Arte” quale strumento di investimento, in forme più o meno “fantasiose”.
Tanto per ribadire un altro argomento varie volte affrontato nel blog, quando costoro parlano d’Arte, si riferiscono (sbagliando sapendo di sbagliare), esclusivamente ad “Opere d’arte”, che potremmo definire “titolari di un corpo fisico”.
Facendo appello ad una definizione molto diffusa nel periodo Ellenistico, si riferiscono alle sole “Arti Comuni” (quelle che richiedono un impegno manuale), escludendo quindi le “Arti Liberali”, quelle che poggiano su un impegno prevalentemente concettuale (la Poesia ad esempio), che non avendo un “Corpo Materiale”, non si prestano facilmente ad essere associate ad un valore economico.
Ho letto di valutazioni sul mondo dell’arte di pura matrice “economicista”, sino a udite bene, “la “Quotazione in borsa”, come un qualunque prodotto finanziario o come un normale “Future“.
Se avete letto con attenzione molti dei miei articoli passati (come ad esempio “Artista o Sciamano“), sapete bene la mia opinione sulla funzione (anche di interesse sociale) dell’Opera d’arte, potete immaginare la reazione “allergica” a ciò quando ciò mi si presentava davanti agli occhi.
So bene come tutti voi che l’attribuzione di Valore a un’Opera d’arte, purtroppo è “funzione” di diversi (spesso contrastanti), fattori che nulla hanno in comune con l’importanza dei contenuti, di volta in volta oggetto di “Trattazione Artistica”.
Molti di questi fattori sono convenzioni dure a morire, ad esempio l’età “storica” dell’Opera.
Di norma la “Collocazione cronologica” ha influenza sul Valore commerciale di un “oggetto d’ antiquariato”, ma nulla ha in comune con il “Valore Artistico” di un Opera d’Arte.
L’Arte presente in un’opera d’Arte è un valore assoluto, almeno per come lo intendo io.

Quadro d'antiquariato
Quadro d’antiquariato

Come riferivo sopra, mi sono “casualmente” imbattuto in varie proposte di Arte/Investimento, che non esiterei a definire aberranti, se riferite ad Opere d’arte, che nel bene o nel male sono “Patrimonio dell’umanità” proprio in virtù dei “Valori” che le permeano.
Tutte queste “sollecitazioni”, facevano leva sulla medesima “Reason Why” (il mio passato di pubblicitario ogni tanto rigurgita, quantomeno nel lessico).
Se vogliamo “brutalizzare” questa allocuzione tecnica, potremmo definire la “Reason Why” un “Supporto razionale utile a rafforzare lo stimolo emotivo all’acquisto”.
In una “strategia di vendita” relativa a un qualsiasi prodotto commerciale, questa “Motivazione d’acquisto” potremmo anche definirla “accettabile”, nel caso di un’Opera d’arte mi sentirei di definirla un’ assurdità, oltretutto di scarsa “Onestà intellettuale”.
Ho verificato, che le sollecitazioni che ho personalmente registrato, potrei onestamente definirle: “Primus inter Pares”, tra una marea di altre “bagatelle” di genere Economico/Artistico.
Desidero portarle alla vostra attenzione a puro titolo di esempio, visto che purtroppo mi riferisco ad un ben più ampio contesto, di spropositata inappropriatezza.

ArtInvestor
ArtInvestor

Per primo mi è capitato davanti il libro, “ArtInvestor ” di “Edgar Quadt”, che ormai sembra vantare diverse riedizioni.
Il suo autore sembrerebbe molto apprezzato, tant’è vero che “Arteconomy 24”, canale d’Arte (sempre a sfondo “economico”) del “Sole 24 Ore”, (l’ autorevole quotidiano ufficiale della “Confindustria Italiana), gli ha dedicato un’intervista.

edgar-quadt
edgar quadt

Cito testualmente dall’intervista all’autore (se non l’avete letta):
Nel capitolo “L’arte della formazione di capitali” si sostiene che gli investimenti in arte rimangono positivi anche in situazioni borsistiche estreme (nei giorni di “Bear Market”). Crede che ciò verrà confermato in questo momento?”.
Lascio a voi la valutazione nel merito e soprattutto la possibilità di leggere tutta l’intervista online se la ritenete di vostro interesse.
Pensate che non sia concepibile un approccio del genere parlando di Opere d’arte, (o meglio del famigerato “Mercato dell’arte”)?
A Roma si dice “al peggio non c’è mai fine”, andate a vedere il sito della banca “Monte dei paschi di Siena”,

mps maket value
Monte dei Paschi di Siena Art maket value

che ha creato l’ “Mps Art Market Value Index”: “L’indice del valore del mercato dell’Arte”, una cosa più e meno come il “Nasdaq Index” (indice dei titoli azionari di Aziende Tecnologiche), alla borsa a “Wall Street”.

L'Arte di collezionare Arte contemporanea di Ludovico Pratesi
L’Arte di collezionare Arte contemporanea di Ludovico Pratesi

Ma noi italiani si sa….. abbiamo il “Business dell’Arte” nel sangue……infatti c’è un altro autore italiano, che ha scritto un saggio che ci insegna a fare soldi “collezionando” arte contemporanea.
L’autore propone un approccio strategico, teso a creare “Valore Aggiunto” (chiamatelo pure guadagno), costruendo una collezione di Opere contemporanee (ricordate la differenza tra Arte Moderna e Arte Contemporanea…), per carità un legittimo approccio speculativo (in senso economicistico, non certo metodologico), ma è proprio il modo migliore per rapportarsi a delle opere d’arte?
Ovviamente i “guru” dell’ “Arte-Finanza”, non disdegnano di cercare i loro interlocutori (o magari “Investitori”) anche su Facebook, la “Nuova frontiera del business” online.
Propongono un nuovo percorso attraverso l’Arte, che non implica necessariamente la visione o l’ascolto delle Opere in oggetto.
Basta leggere delle schede “Tecnico-Economiche” e relazionarsi al proprio “Advisor” (chiamatelo Consulente se vi piace di più), come per un qualsiasi altro prodotto finanziario.

Spero che il mio approccio “Maieutico”, che ho ampiamente dichiarato in altre stesure sul blog, continui a risultare evidente.
Alle domande che pongo desidererei che trovaste risposte personali, visto che non mi ritengo un vostro “Maestro”, ma una persona che riflette a voce alta (se preferite a “Web Alto”, ci tengo molto che vi costruiate un’ opinione pienamente informata, su ciò che ho appena riferito.
Spesso nelle mie esposizioni in questo blog, mi rifaccio ad antichi saggi o a filosofi di epoca illuminista appoggiandomi ai loro costrutti, stavolta desidero “evocare” un signore vissuto in epoca molto più recente: Theodore Adorno.

theodor adorno
il filosofo Theodor Adorno

Il filosofo tedesco di madre italiana (come si evince chiaramente dal cognome), nasce a Francoforte nel 1909 e non è certamente meno erudito dei suoi illustri predecessori, ma aveva una visione dell’arte, più allargata e temporalmente vicina a noi.
La sua opera più conosciuta “Minima Moralia”, contiene una delle definizioni dell’Arte che io amo di più:
L’arte è magia liberata dalla menzogna di essere verità”.
E’ ovvio che con questa affermazione, Theodore Adorno, allude anche alle svolte epocali che l’Arte ebbe proprio ai suoi giorni, allontanandosi di fatto definitivamente, dal ruolo “Documentario” che sino ad allora interpretava prevalentemente.
Non dovendo più attendere al “ruolo storico” di rappresentazione (simulazione) della realtà (Mimesi), l’Arte, si era ormai appropriata delle sue nuove funzioni (ne ho già accennato in altri articoli precedenti) svolgendo un ruolo prevalentemente “Catartico”.
Il rifiuto della funzione originaria, si manifestò in vari tempi e in vari modi:

  • l’abbandono della forma classica con “Vassilij Kandinskij”
  • la rivoluzione nell’uso del colore con “Claude Monet
  • lo stravolgimento della prospettiva con “Mark Chagalle”.
    Vassily Kandinsky

    Vassily Kandinsky

    Kompositio VIII

    Composition VIII

claude-monet
Claude Monet

Impression du soleil levant
Monet Impression du soleil levant

Mark Chagall
Mark Chagall

Marc Chagalle La Promenade
Marc Chagalle La Promenade

artisti li cito esclusivamente per mia personale convinzione, senza reconditi desideri di riscrittura della Storia dell’Arte (così evitiamo polemiche sul nascere), mi par già di sentire i cori scandalizzati degli accademici.
L’Arte Moderna si avviava ormai verso la funzione “Catartica” alla quale accennavo sopra, (così come la descrive Aristotele nel suo “Poetica”):
Per portare un esempio contemporaneo ad Adorno, potremmo ritrovare quest’approccio nell’opera di Jackson Pollock .

Jackson Pollock
Jackson Pollock

full fathom five
full fathom five -Pollock -

Tutti noi conosciamo le difficoltà (esistenziali e caratteriali) del famoso artista statunitense:
E’ mia modesta convinzione, che la sua “Drip Painting”, fosse si un atto artistico, ma che molta della sua forza originasse proprio dall’intento “Catartico” che muoveva il suo creatore.
Pollock fu sempre alle prese con i suoi problemi con l’alcol, che poi lo portarono alla morte, in un incidente stradale che l’artista ebbe, mentre guidava completamente ubriaco.

Adorno oltre alla sua attività di filosofo, annoverava anche la direzione del famoso “Istituto per gli studi sociali” di Francoforte (dal quale originò la famosa scuola di Francoforte).
Qui si studiava e si approfondiva la filosofia e la sua integrazione (non utopica) con l’organismo sociale, storicamente un “pallino” dell’ “Intellighenzija” tedesca dell’epoca.
A questi alti obiettivi, lavorarono molti personaggi di riconosciuta competenza nei loro campi specifici, collaborarono nella scuola di Francoforte:

Leo Loewenthal

Leo Loewenthal

Il sociologo della letteratura Leo Löwenthal, il politologo Franz Leopold Neumann, il filosofo Herbert Marcuse, lo psico-sociologo Erich Fromm, il critico letterario e filosofo Walter Benjamin non sono che eccellenze di una lista ancora più nutrita.

Herbert Marcuse

Herbert Marcuse

Il “brodo di coltura” al quale attingevano questi illustri pensatori, originava dalla grande filosofia illuminista, con in più i contributi di Hegel, Marx, Freud ecc., tutto rivisitato attraverso il metodo “Critico Costruttivo” , cercando alternative sociologicamente più sostenibili, rispetto al sistema duale Capitalismo/Marxismo, che all’epoca già si confrontavano duramente (almeno sul piano filosofico).

erich fromm

Erich Fromm

Affermava sempre Theodore Adorno, “Il compito attuale dell’arte è di introdurre il caos nell’ordine” e, quando parlava dell’ordine, si riferiva all’ordine delle cose a quel tempo.
Non dimentichiamo che la Germania di quel tempo, cominciava a veder germogliare i semi del Nazionalsocialismo e che, essendo Adorno ebreo, non ne fù certamente contento, infatti gli accadimenti lo portarono presto all’esilio.
Per Theodore Adorno, la funzione dell’arte divenne anche “Memoria della vita offesa”, per evidenziare la dissonanza che lacera il tessuto del mondo, la disarmonia dell’Essere.
Si riferiva ai noti fatti di Auschwitz (dei quali parlò molto spesso), quale macchia indelebile sul “Genere umano”.
Auschwitz influenzò molto il suo pensiero, la sua identità in quanto tedesco che oltretutto aveva dedicato grandi sforzi intellettuali, all’evoluzione della società e del pensiero.
Diceva Adorno: “Auschwitz ha dimostrato inconfutabilmente il fallimento della cultura.
Il fatto che tutto ciò sia potuto accadere in mezzo a tutta la tradizione filosofica, dell’arte e delle scienze illuministiche, dice molto di piú che essa, testimonia che lo spirito, non è riuscito a raggiungere e modificare gli uomini.
In quelle regioni stesse con la loro pretesa enfatica di autarchia, sta di casa la non verità.
Tutta la cultura dopo Auschwitz, compresa la critica urgente ad essa, è spazzatura.”

Parole amare ma comprensibili, di chi all’evoluzione della cultura tedesca aveva tentato di contribuire, cercando di far si che essa si integrasse fattivamente col “Sistema sociale”.
“Quando l’arte non si traduce in critica diventa trasfigurazione consolatoria e ingannevole, complice dell’orrore dell’uomo”.
”La vera arte non cede all’estetismo, al kitsch e alle leggi funzionali del mercato “perché essa è conoscenza” non un oggetto da vendere.”

Ho volutamente usato le parole di Adorno e non le mie, le ho virgolettate ed evidenziate per rendere evidente la primogenitura di questi concetti, ma non credo che avrei potuto scrivere meglio il mio pensiero.
L’arte parla del mondo in cui viviamo ma in realtà non parla che di sé, quindi il rapporto arte-realtà è inesistente.”, anche queste non sono parole mie, ma voi trovate una motivazione migliore all’Arte Moderna?
La negazione della “forma estetica tradizionale” e delle “Norme tradizionali della bellezza” poiché sono divenute ideologiche” è tipica di Adorno e della Scuola di Francoforte.
La scuola di Francoforte fu una vera e propria fucina di filosofia destinata a volare ai più alti livelli, non avrebbe potuto essere altrimenti visto il livello dei collaboranti dell’ ”Istituto per gli studi Sociali” che si “coagularono” intorno a Theodore Adorno.
Filosofi, sociologi, critici e politologi, attenti all’iterazione delle dinamiche economiche con le differenti dinamiche artistiche, in quanto molto spesso esse secondo la loro (e la mia) convinzione, interferiscono con la “Coscienza sociale”.
L’arte (Künste in tedesco), fu un elemento fondamentale per la scuola di Francoforte, così come è rimasta tutt’oggi nella società “teutonica”.
Anche Walter Benjamin (grande collaboratore di Adorno), trattò ampiamente d’Arte, in particolare in una delle sue opere più famose: Il saggio ”L’opera d’Arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”.

Walter Benjamin

Walter Benjamin

Questo titolo è una pietra miliare dalla quale partire, per riflettere su questa (relativamente) “nuova” condizione dell’opera d’arte.
La riproducibilità, venne a contrapporsi alla condizione antecedente, nella quale un’opera d’Arte poteva essere solamente “unica e irripetibile”.
Si è molto dibattuto e ancora si continua a dibattere animatamente, sul fatto che sia sufficiente pensare, progettare un’opera, con l’obiettivo di farla duplicare, perchè si possa parlare ugualmente di “Arte”?.
Anche in epoche non proprio recenti esiteva questa pratica, magari ricorrendo alla maestria tecnica di un’altro essere umano.

 Walter Benjamin "l'opera d'arte nell'epoca della riproducibilità"

Walter Benjamin "l'opera d'arte nell'epoca della riproducibilità"

Questa casistica era prassi comune nelle antiche botteghe d’arte, anche quelle dei pittori e scultori più celebrati.
Benjamin mette in guardia dalla perdita dell’ ”Aura dell’opera d’Arte”, che a suo avviso decade nei multipli, disperdendo quel “lascito d’anima” che ogni artista addiziona ad ogni suo lavoro.
Stesso ragionamento può essere applicato ad altre forme d’arte, ad esempio ad un concerto, orchestrato e diretto direttamente dal suo compositore, o messo a confronto con delle registrazioni fonografiche.
Seppure tecnicamente ben fatte, nelle registrazioni non si ha la stessa “Aura”, per dirla con il glossario di Benjamin.
Anche questo sarebbe un argomento estremamente interessante da approfondire, necessario a definire meglio e a comprendere il concetto di “Arte”, ma senza dubbio anche questo sarebbe tutto un altro articolo…

Francesco Campoli

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Arte e Matematica

Posted in Filosofia dell'arte, l'Arte in ogni Arte on giugno 14th, 2012 by

di Francesco Campoli

Dopo aver tentato di “reinserire” l’artista nel contesto sociale, tentato di rivedere la funzione dell’opera d’arte per il singolo e per la collettività, messo in discussione il modo di attribuire “Valore” alle opere d’arte, messi in discussione i licei artistici e le accademie d’arte, nella loro funzione formativa per gli artisti, sconfessato i critici d’arte e le loro esegesi delle opere, “a prescindere” dalle scelte artistiche di chi le ha realizzate, oltre a tante altre riflessioni personali che trovate leggendo questo blog, vorrei tentare ora un’altra “operazione impossibile”: Cercare un collegamento tra l’Arte e la Matematica e se esiste scoprirne i perchè. In effetti avevo gia tentato speculazioni simili in alcuni articoli precedenti, sempre alla ricerca del “filo rosso” che collega tutte le forme d’Arte, quello che “Matematicamente” parlando potremmo definire il “Comune Denominatore”.
Individuare questo “Comune Denominatore”, equivale ad individuare il perno sul quale “ruota” l’Arte di ogni genere e di ogni stile, sia essa Poesia, Musica, Pittura, Scultura ecc. L’intento provocatorio di Accostare Arte e Matematica, ad alcuni lettori potrà sembrare quasi una bestemmia, specialmente per coloro che vedono l’Arte attraverso preconcetti “fantasiosi”, alla fin fine sono proprio questi preconcetti che desiderei abbattere. L’ Arte per più di qualcuno è sinonimo di sregolatezza, di “Espressione” in libertà, c’è chi la descrive come un “Dono” per pochi eletti, il che presuppone automaticamente che solo pochi illuminati la possono capire. Con la mia analisi e le mie provocazioni, tendo a sostenere che l’essenza dell’Arte è insita in ogni “Essere” e che anzi, ne è un importante costituente, va da se che è necessario accordarsi sul temine Arte.
Torniamo quindi a quella che io definisco la “Main Question”, l’ interrogativo centrale di SCULTURAECULTURA: Cos’è Arte? Come è ormai noto io credo nell’artista “Creatore”, nell’artista “Ricercatore”, in piena similitudine ad altri “professionisti” della ricerca, l’artista Sciamano “ponte” tra l’umanità e lo spirito e che sostengo che la razionalità “illuminista”, aggiunga un qualcosa al lavoro dell’artista, o almeno non lo sminuisce di certo.
Sono certo di poter dare un contributo a questa comune ricerca, con le mie opere, lavorando sulla concretezza dei contenuti, con una metodica quasi scientifica, ma lasciando aperta una porta verso l’universo, come credo sia giusto in ogni vero artista.
Cerco di dimostrare la bontà delle mie convinzioni, tentando una seria confutazione, una sorta di “Reductio ad Absurdum” nella migliore tradizione Socratica.

Socrate

Socrate

Come avrete certamente notato, l’intera linea editoriale di questo blog, è costruita sul metodo Socratico, del quale faccio un ampio e “immodesto” uso. Il “Metodo Socratico” per chi non ne conoscesse i termini, prevede il “Dialogo” tra Maestro e Discepolo, un dialogo fatto di stimoli e domande mirate, che il “Maestro” offre al discepolo per far emergere, la “Conoscenza Immanente”, bagaglio innato in ogni “Essere”. L’obiettivo è aiutare a costruire una coscenza critica personale, molto più utile di un bagaglio pleonastico di nozioni e di dogmi conformisti. Per il solo fatto di essere parte del creato, quell’ “Organismo Comune” che chiamiamo “Natura”, ogni “Essere” (per come lo intende Parmenide), è intriso del “Soffio Divino” che gli ha dato vita,

Parmenide

Parmenide

“Conoscenza Immanente”, che purtroppo non tutti sanno far fruttare come si dovrebbe. Anche se quella Maestro-Discepolo, non è l’esatta configurazione del rapporto comunicativo che stiamo istaurando, in ogni caso ritengo che la validità “comunicativa” del metodo socratico, sia assolutamente fuori discussione e, anche se immodestamente, continuerò ad usarlo. Il cosiddetto metodo Socratico fu convintamente adottato anche dal più illustre dei discepoli di Socrate. Parlo ovviamente di Platone, che lo utilizza in modo esclusivo nei suoi “Dialoghi”, dai quali ho attinto molte delle informazioni che sto per citare. In particolare mi riferisco al “Timeo”, un dialogo non a caso con un “Pitagorico” quale egli stesso fù, dialogo nel quale Platone ormai in età matura, avanza molte delle teorie sulle quali si fonda la moderna scienza.

platone

Platone

Io credo nella nostra “Memoria Cosmica”, un qualcosa di molto simile alla “Conoscenza Immanente” che richiamavo sopra, un “Ente” molto importante per cercare di confutare l’intuizione, che la Matematica possa facilmente essere collegata all’arte, e siccome non credo si possa discutere l’importanza della matematica nella vita dell’uomo, per “qualità transitiva”, lo stesso dev’essere accettato nei riguardi dell’arte.
Vorrei iniziare da un esempio e circostanziarlo per bene: Il legame tra Musica e Matematica, che ovviamente non mi sento di far passare come la scoperta del secolo, ma che indubbiamente rappresenta l’esempio migliore per argomentare su questo tema. La scoperta del mio amore per l’Arte, passa per una passione giovanile per la musica (in particolare per la chitarra), concretizzatosi poi in seguito in un rapporto più “Maturo”, per il Blues, il Jazz e le loro “Evoluzioni” in chiave moderna. Parlo quindi sapendo sufficientemente quello che dico, non sono un “Compositore” (un artista della musica), al massimo mi potrei definire uno discreto Musicista. Tutt’ora partecipo a qualche “Jam Session” , suonando con amici di vecchia data (anche considerata l’anagrafe), alcuni dei quali sono tutt’ora musicisti di professione. Nel pieno rispetto delle ragioni che sostengo sin dalla nascita di questo blog, pur suonando discretamente (tecnicamente) un paio di strumenti, non mi considero un “artista della musica”, al massimo uno scarso “Artigiano della musica”.
A chi non ha letto un mio precedente articolo su questo tema, per comprendere meglio questa affermazione, potrebbe essere utile rispolverare “Arte contro tecnica”, un articolo di successo ancora presente nell’archivio del blog. Nel campo musicale ho rinunciato a quella “Ricerca”, a quella “Creazione” che a mio avviso, rappresenta la vera attività di un artista nel pieno delle sue funzioni. Dalla Musica dei primi passi, mi sono evoluto artisticamente verso la Scultura, passando ovviamente anche attraverso la pittura, senza una completa soddisfazione.
Per ragioni che non è il caso di andare ad approfondire ora, ritengo la Scultura più adatta alla mia “Poetica” in particolare la scultura in ceramica, ma prima o poi ne parleremo. Per arrivare al dunque, credo che sia noto a tutti che sul rigo musicale, oltre alla “Chiave”, nella quale deve essere eseguita la melodia, esiste sempre una “Frazione”, con la quale il “Compositore” indica il Ritmo, con il quale la sua composizione deve essere eseguita.

Le chiavi musicali

Le chiavi musicali

quattro quarti

quattro quarti

si sente spesso parlare dei famosi “4/4” (quattro quarti), dei “3/4” (tre quarti) ecc. una prima evidenza del collegamento che cerco di dimostrare.
Se pensiamo ad uno strumento a corde, come ad esempio l’Arpa, la Chitarra o il Violino (in realtà anche il Pianoforte sarebbe uno di questi), salta agli occhi che il musicista per produrre una specifica nota, schiaccia la corda con le dita in punti ben precisi della tastiera (matematicamente precisi).

Croma: Un Ottavo

Croma: Un Ottavo

In verità, in altri casi, può lasciar vibrare liberamente la corda medesima, che comunque ha una lunghezza accuratamente predeterminata dal Liutaio (la distanza tra Capotasto e Ponticello). Questo “Gesto Tecnico” che sembra scontato, in effetti ha un preciso significato matematico: Una corda schiacciata sulla tastiera ad un ½ della suddetta lunghezza (riecco le frazioni), suona la stessa nota sulla quale è intonata, ma ad un’ottava superiore.

due quarti

Nota da due quarti

Se la corda è schiacciata ai 3/4 della sua lunghezza riproduce una “quarta”, ai suoi 2/3 una “quinta”, ecc. Quando parliamo della “terza”, della “quarta”, della “quinta”, della “settima” ecc, ci si riferisce alla progressione della scala (do, re, mi, fa, sol, ecc.), che di norma evolve un “tono” alla volta, fatti salvi i casi di # (Diesis) e il b (Bemolle), ma non è questo il luogo per fare un trattato di “Teoria Musicale”.

Tasti corde chitarra

Posizione tasti sulle corde della chitarra

Quando parliamo di un “Accordo in Maggiore”, tutti i musicisti sanno che si suona rientrando nello schema: “Tonica+Modale+Dominante”, (prima/terza/quinta della scala), cosi come per un “Accordo in Settima” si aggiunge una nota, che è appunto la “Settima” nella progressione della scala a partire dalla nota Tonica. Pur se queste mie (per forza di cose) “sommarie” asserzioni, potrebbero apparire utili alla confutazione della mia “Tesi”, in effetti c’è un signore (illustre matematico), ben più competente e geniale del sottoscritto, che ha fatto molto di più sul collegamento tra Musica e Matematica, parlo ovviamente di Pitagora.

PitagoraPitagora nacque nell’isola di “Samo”, nella prima metà del VI secolo A.C, ma si trasferì nell’allora Magna Grecia (La parte del sud Italia colonizzata dai greci), dove a Crotone (nella moderna Calabria), costituì la nota scuola detta dei Pitagorici.
Per i suoi seguaci, il rispetto per il fondatore rasentava la venerazione assoluta (com’era uso comune nelle scuole dell’antica Grecia), in effetti più che una scuola come la intendiamo ai giorni nostri, quella Pitagorica era più vicina a quella che noi contemporanei definiremmo sociologicamente una setta. Nella Scuola Pitagorica lo studio approfondito della matematica, implicava anche l’approfondimento degli aspetti metafisici ad essa collegati o collegabili. Nella comunità pitagorica lo studio della Matematica (e di sua sorella Geometria), non escludeva gli aspetti pratici dell’esistenza sui quali essa insisteva, anzi, i pitagorici li ritenevano strettamente collegati. Per aspetti metafisici della Matematica, dobbiamo intendere l’uso simbolico dei numeri (riecco anche i Simboli), il loro collegamento diretto con alcuni importanti concetti filosofici e la ricorrenza di alcuni valori specifici: le Costanti Matematiche.
Al tempo si riteneva che la “Natura”, rispondesse pienamente ai “Precetti Geometrici” e non si può dire che si fosse molto lontani dalla realtà. Alle Costanti Matematiche spesso si attribuiva un importante significato simbolico, incredibilmente esse sono tutt’ora dei capisaldi della Geometria e della Matematica moderna (di conseguenza anche della Fisica), dico incredibilmente visto che alcune costanti, sono state comprese e dimostrate già 500 anni prima di Cristo. Non si deve essere tratti in inganno da questi continui “sconfinamenti” tra realtà e mito, per gli antichi greci (e non solo per loro), il mondo spirituale e quello materiale non erano così rigidamente “separati” come li concepiamo ai giorni nostri. I matematici studiando le teorie pitagoriche, allo scopo di accostarle alla pratica del mondo di tutti i giorni, si resero pienamente conto, che anche la musica è pienamente spiegabile (quindi comprensibile), tramite equazioni e teoremi matematici, convinzione sulla quale anche ai giorni nostri, sono pochi a nutrire dei dubbi. Una delle applicazioni degli studi pitagorici sulla musica, fu l’Intonazione Pitagorica (basata appunto sulla scala pitagorica), la quale in questa sede sarebbe superfluo approfondire, ne accenno solamente quale ulteriore “Confutazione” dello stretto collegamento tra Musica e Matematica.

Nota: Do1 Re1 Mi1 Fa1 Sol1 La1 Si1 Do2
Frequenza: 1 9:8 81:64 4:3 3:2 27:16 243:128 2

*Il numerino susseguente la nota, indica l’ottava di appartenenza della medesima (Do1 rappresenta il Do nella prima ottava, Do2 quello della seconda, ecc). Il “Tono” corrisponde a 9:8, il “Semitono” a 256:243. L’esercizio per il quale, da sempre, si ricerca un collegamento tra la Natura e la Simbologia Numerica, deriva anche dal fatto che i Pitagorici, individuarono molte delle “Costanti Numeriche” che avevano a che fare con le cose del mondo. Essi ritenevano che queste costanti, potessero consentirci di capire a fondo molte realtà fisiche e anche quelle Metafisiche, essendo l’Arte secondo il concetto platonico (la musica è una delle tecniche artistiche) una “Mimesi” della natura e della vita, non esisteva dubbio alcuno su questo collegamento diretto.
Una di queste famose “Costanti” la conosciamo perfettamente tutti, mi riferisco a Π (pi greco), il famoso “3,14…” che utilizziamo nella determinazione dell’area del cerchio, nel calcolo del volume del cilindro, di quello della sfera, ecc.

Archimede

Archimede

Questo valore fondamentale è conosciuto anche come “Costante di Archimede”, ma il matematico siracusano non fu certo l’unico a comprenderne l’importanza. Leonardo Fibonacci (matematico pisano del 1170) lavorò moltissimo alla sua ottimizzazione (puntando alle sue approssimazioni migliori), ma il “Fibonacci” è considerato tuttora uno dei matematici fondamentali, in quanto comprese e descrisse le caratteristiche matematiche della cosiddetta “Sequenza di Fibonacci”.

La sequenza 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89 …ecc.

fibonacci

Leonardo Pisano detto Fibonacci

nella quale ogni termine è la somma dei due che lo precedono, presenta mille stupefacenti “Caratteristiche Matematiche”, che la collegano ad un’altra discussa costante “Matematico/Geometrica” la cosiddetta “Sezione Aurea”, della quale cercherò di farvi scoprire i misteri. L’importanza per l’Arte, così come per molte manifestazioni naturali, della costante “nascosta” nella sequenza di Fibonacci, ci porterà certamente all’obiettivo dichiarato, ma per rivalutare la matematica non certo per svilire l’Arte.

spirale di Fibonacci

spirale di Fibonacci

Dalla rappresentazione grafica della sequenza di Leonardo Fibonacci, si ricava facilmente l’altrettanto nota “Spirale di Fibonacci”, uno dei “Segni” che più chiaramente possiamo leggere con i nostri occhi anche in natura. Vi sono molte spirali che si presentano evidenti anche in Natura e, se molte cose del mondo assumono di fatto una “Matrice comune”, evidentemente non può essere un caso, queste costanti devono avere una importanza particolare.

nella Ragnantela la spirale di Archimede

nella Ragnantela la spirale di Archimede

La “Spirale di Archimede” procede con una diversa dinamica rispetto alla spirale logaritmica (quella di fibonacci), ad esempio essa compare  sempre nella ragnatela. Si vede chiaramente che la spirale che il Ragno realizza (a partire dal centro), allargandosi “a passo costante” verso l’esterno, è la vera “chiave di volta” di questa enigmatica struttura ingegneristico/naturale. Oltre a costituire un aspetto “strutturalmente” importante per la ragnatela, la “Spirale di Archimede”, ha anche un fondamentale aspetto funzionale: Il ragno attraverso le sue spire, mantiene il totale controllo su ogni centimetro quadrato del suo “Terreno di caccia”, garantendosi così la migliore resa “Sforzi/Benefici”.

Tutti sappiamo che il Ragno può attendere la sua preda, fermo immobile nel centro della sua tela, risparmiando energie, in una delle migliori espressioni di efficienza dell’intero mondo dei predatori.
Il Ragno esegue la spirale di Archimede “istintualmente”, come pescando da una “Memoria Comune dell’Universo”, è incredibile infatti constatare che questa stessa spirale, è la “Matrice” di forma sulla quale “si adagiano” alcune tipologie di galassie.

Ngc 1232 una galassia spirale

Ngc 1232 una galassia a spirale

La spirale di Fibonacci invece è la “linea guida”, per la forma del guscio nella Conchiglia Nautilus o nella Chiocciola, volgarmente chiamata “Lumaca”.

Spirale nella chiocciola

Spirale nella chiocciola

La spirale nella conchiglia Nautilus

La spirale nella conchiglia Nautilus

La disposizione a “Spirale di Fibonacci” garantisce la massima insolazione ai semi del girasole, evitando ogni sovrapposizione e quindi ombre indesiderate.

Spirale nel Girasole

Spirale nel Girasole

La spirale di Fibonacci è chiaramente individuabile, anche nella disposizione dei petali della Rosa, oltre che nella disposizione dei semi nel Girasole.

Spirale nei petali della rosa

Spirale nei petali della rosa

Anche la disposizione delle foglie sul fusto della pianta del girasole (ma anche in moltissime altre specie botaniche), prevede una disposizione delle foglie sul fusto su una traiettoria, che si avvolge con il passo della ormai nota spirale.

Fillotassi nelle piante

Fillotassi nelle piante

Questa caratteristica è così comune nel mondo delle piante, che in botanica è stata studiata e compresa già ai tempi dei greci e prende il nome di “Fillotassi”, ulteriore importante esempio di presenza della “Sequenza di Fibonacci” in qualità di “Costante Significativa”.
La Costante che si evince dalla sequenza di fibonacci, è la famosa “Φ” (Phi), nota appunto come “Sezione Aurea”, alla quale molti artisti e molti architetti (che già nell’antichità avevano una connotazione comune), hanno attinto quale “impalcatura” delle loro opere e dei loro progetti. 1,6180…ecc. chiamata anche “la Costante di Dio”, per la sua ricorrenza in moltissime situazioni nell’intero universo, per i più convinti, rappresenterebbe  la “Firma Occulta” del Creatore.

La ricorrenza della “Sezione Aurea”, oltre a rappresentare la dinamica dell’albero genealogico delle api in un alveare, cosi come quella della dinamica della riproduzione dei Conigli (il miglior esempio di efficienza nella riproduzione), è facilmente rilevabile anche nell’uomo: L’esempio più facile da vedere è nel sorriso “perfetto”, nel quale possiamo notare che la proporzione tra la dimensione di un dente nei confronti del suo omologo seguente, segue indiscutibilmente il “Rapporto Aureo”. )

Fidia sezione aurea

Fidia e la sezione aurea

Molto più modestamente in molti la chiamano “Costante di Fidia”, scultore e architetto greco al quale dobbiamo moltissime sculture e templi (ad esempio il Partenone di Atene). Sembrerebbe che nelle Opere  d’Arte, nella quali la costante “Aurea”, è stata rilevata (a prescindere dalla volontà “Cosciente” dell’artista di inserirvela), si percepisce una sorta di “Bellezza Immanente”, che nulla ha in comune con il “Concetto Estetico di Bellezza” (anche a questo ho dedicato un interessantissimo articolo nel blog). Ciò che vi si percepisce lo potremmo definire un “Valore” assoluto, rilevabile da chiunque anche in modo inconscio.

Le Corbousier

Le Corbousier

Anche Le Corbusier lo storico architetto/designer svizzero/francese, che rivoluzionò l’architettura e il design del suo tempo (e anche del nostro). Attraverso l’uso del “Rapporto Aureo” (nella scia di Fidia), cercava la “Bellezza Assoluta” in accordo con l’efficacia nella fruizione, la “Bellezza della Funzione” il sogno di ogni architetto o designer. La “Sezione Aurea” la ritroviamo in molti dei suoi progetti, anche perchè molti dei suoi progetti, furono “proporzionati”, attraverso l’uso del suo “Modulor”, una “scala di grandezze” mutuata dal “Rapporto Aureo”.

Il Modulor di Le Corbousier

Il Modulor di Le Corbousier

Il “Modulor” puntava a realizzare una “Ergonomia Estetica” in “Armonia Aurea” con l’ ”Essere” Umano. Il “Modulor” partiva dal concetto che l’Uomo è proporzionato all’Universo, nel quale universo, il Rapporto Aureo rappresenta la linea guida fondamentale.
Dal “Modulor” derivarono molti progetti famosi di Le Corbusier, come la celeberrima “Chaise longue LC4”, che inserita in spazi progettati in accordo alla medesima filosofia, sarebbe un esempio di perfetta “Ergonomia”.

La Chaise long di Le Corbousier

La Chaise long di Le Corbousier

Per arrivare giustamente anche ad Internet, si dice che molti web designer, vedano nella “sezione aurea”, la proporzione migliore sulla quale costruire i loro “Template”, voi che ne dite?

Sculturaecultura layout spirale

Sculturaecultura layout Sezione Aurea

Scherzi a parte potrei continuare con molti altri esempi la dimostrazione dell’interazione della Sezione Aurea con una  “Estetica Assoluta”, perchè sembra quasi che  “Valorizzi” qualsiasi cosa tocchi, quasi una sorta di “Pietra Filosofale”, sarebbe inutile, ormai è chiaro che esempi ce ne sono fin troppi. Ecco quindi che  l’accostamento della matematica all’arte, alla luce di questi fatti, può apparire un pò meno “blasfemo”. Ai tempi di Pitagora la distanza tra Arte e Matematica, non era affatto percepita come evidente, così come non esisteva molta distanza, tra l’approccio “Magico Naturale” di uno Sciamano, quello Simbolico/Magico degli Gnostici Medievali o quello Magico/Spirituale di un Alchimista. A questo scopo potremmo citare il “Parmigianino”, noto come pittore, ma anche come fervente alchimista.

Parmigianino

Girolamo Francesco Maria Mazzola: il Parmigianino

Va detto che anche il Parmegianino cita Socrate e Platone, in particolare i famosi “Solidi Platonici” che sono tra le forme più “citate” nella storia dell’arte:

Diogene Parmigianino

Diogene indica il Dodecaedro "La Quintessenza" il Parmigianino

I “Solidi Platonici” sono così chiamati, in quanto rappresentano un contributo del più famoso discepolo di Socrate: Platone appunto. Su questi solidi poggia l’intera ricerca alchemica, nei Solidi Platonici la “Sezione Aurea”, è una presenza fondante, un esempio chiarificante è il Dodecaedro Platonico.

il dodecaedro nel Diogene

diogene il dodecaedro

Il Dodecaedro regolare è la “Solidificazione” del Pentagono, uno dei simboli più importanti a causa del suo ferreo collegamento con il Rapporto Aureo. Il pentagono contiene in se 5 “Triangoli Aurei”, unendo i vertici opposti è molto facile individuarli, a loro volta al centro descrivono un ulteriore pentagono regolare, all’interno del quale si possono iscrivere 5 nuovi triangoli in proporzione aurea e di nuovo, essi inscrivono un nuovo pentagono regolare e così via per una infinita quantità di volte.

Il pentagono regolare

Il pentagono regolare Microcosmo e Macrocosmo

Nel pentagono regolare nasce l’icona più rappresentativa nel mondo della magia, : il Pentacolo.

Pentacolo

Pentacolo

I triangoli “Aurei” lo descrivono chiaramente e, iscritti nel Pentagono regolare, che è la figura del Micro e del Macrocosmo e come dimostrato nella figura qui sopra, “simbolicamente” li contiene entrambi, iteratamente l’uno nell’altro in perfetta proporzione (seguite i colori), dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo. Anche nel mondo dell’arte, ricorrono spesso i “Solidi Platonici”, come  a sancire una comunione non così improbabile. Un esempio abbastanza recente e significativo è “L’ultima Cena” di Salvator Dalì, opera nella quale Il Dodecaedro rappresenta il “contenitore”, nel quale avviene la nascita della massima espressione della liturgia cristiana: La “Eucaristia”.

dodecaedro dali'

Dali'.."L'ultima cena"

Salvador Dali'

Salvador Dali'

Il riferimento Simbolico/Alchemico di Salvador Dalì è evidentissimo, il Solido Platonico in questione, rappresenta il “Quinto Elemento” alchemico”, la “Quintessenza” (l’Etere Aristotelico), l’Elemento Euclideo che insieme ad Aria, Fuoco, Acqua e Terra, rappresenta la componente essenziale dell’universo, quella che ne colma gli spazi apparentemente vuoti, per i credenti la “Conoscenza” intesa con una accezione integrale, lo spirito del Cristo appunto.

La lezione del Lucedello

La lezione del Lucedello

Nel dipinto del Lucidello che vediamo a sinistra,   (un pittore fiammingo), che rappresenta chiaramente una importante lezione, dell’allievo Johann Neudörffer e il suo maestro Nicolas Neufchatel nel quale il Dodecaedro (La quintessenza), ritorna prepotentemente.
Nel quadro del Lucidello, il Dodecaedro è inserito quale “metafora” di “Conoscenza” trasmessa nei suoi aspetti più alti.
Un altro importante simbolo campeggia su tutta la scena, il “Quadrato Magico”.

Il Quadrato magico introdurrebbe un’altra variabile matematica, che spesso viene definita la “Costante della Magia”, con una similitudine magari un pò azzardata con la Φ (Phi).
Il “Quadrato magico”, è una tabella quadrata (una Matrice matematica), nella quale la somma dei numeri presenti in ogni riga, in ogni colonna e in entrambe le diagonali da sempre lo stesso numero.

Melencolia I Durer

Melencolia I di Durer

Qui a sinistra si può vedere un dettaglio di un notissima incisione di Albrecht Dürer “Melencolia I“, il pittore incisore che notoriamente frequentava ambienti “Neoplatonici” dei suoi tempi.

Durer autoritratto 1498

Durer autoritratto 1498

Vi sarebbero molte evidenze anche sulla costante della magia e quindi sul “Quadrato magico”, ma questo articolo stà diventando veramente troppo lungo. Per gli interessati è sufficiente seguire questo link, si troveranno approfondimenti maggiori anche dell’aspetto matematico della questione, ad ulteriore conferma che un collegamento Arte-Matematica esiste eccome. Per verità andrebbe citato un’altro imprescindibile sostenitore della “Sezione Aurea, ” Fra Luca Pacioli” (che vediamo ritratto nel quadro qui sotto), fu lui a denominare Phi “Divina Proporzione”.

Jacopo de' Barbari Ritratto di Fra Luca Pacioli

Jacopo de' Barbari Ritratto di Fra Luca Pacioli

L’immancabile “Solido Platonico” che sembra catalizzare l’attenzione di Luca Pacioli e del suo allievo, è l’ennesima riprova che anche Jacopo de Barbari (il ritrattista), riconosce una dignità particolare a questa figura geometrica. Una importanza tanto particolare da farne elemento paritario (se non preponderante) nella composizione del ritratto, con la figura del frate francescano. L’opera di divulgazione più conosciuta di questo matematico”particolare”, fu “De Divina Proporzione”, che annovera quale illustratore un discreto pittore, scenziato, ingegnere e diciamolo pure genio indiscusso a tempo pieno: Leonardo da Vinci. Entrambi questi personaggi furono chiamati alla corte di Ludovico il Moro a Milano, fu li che condivisero le loro “Sapienze”, con vari influssi reciproci, tanto che molti storici dell’arte, si affanano ancora oggi a cercare i prodromi di “De Divina Proporzione” nelle opere di Leonardo. Entrambi condividevano i saperi euclidei, che gia allora erano fondamentali per chiunque facesse il pittore, così come il matematico o l’ingegnere, figuriamoci Leonardo che era tutte queste cose insieme. Il “De Divina Proporzione”, era una riedizione de “Gli Elementi” di Euclide, Fra Luca Pacioli nel rivederla e aggiornarla, certo non disdegnò l’aiuto del genio di Vinci. Quest’opera non è solo un’opera matematica, ma ha ambizioni ben più larghe, tanto che sfiora anche l’astronomia, cercando di indagare le leggi del sistema solare allora conosciuto. Anche Keplero trovò grande ispirazione in Euclide, tanto che inizialmente sposò completamente la teoria che i pianeti e le orbite fossero collegabili ai solidi platonici: Gia Platone stesso collego i solidi in questione, ognuno dei quali ricordiamolo ha un rapporto specifico con la “Costante di Dio”, ai costituenti (simbolici) dell’universo.

Solidi Platonici

Solidi Platonici

La Terra, immobile, plastica e solida, è legata l’Esaedro, il Cubo.
L’Acqua è associata all’Icosaedro, la forma meno mobile dopo il Cubo, la più grande e la meno acuta.
All’Aria si collega l’Ottaedro, forma intermedia per mobilità, anche come grandezza e acutezza; Al Fuoco si associa il Tetraedro, la forma più mobile, piccola e acuta, che chiamiamo anche Piramide, che meriterebbe da sola un’altro articolo, ma ve lo risparmio volentieri perchè non aggiungerebbe molto alla confutazione della”Tesi” che vengo a sostenere.
Forse però non è un caso che gli alchimisti sentissero Platone molto vicino, forse a causa della profonda “conoscenza”  dei “Solidi Platonici” o forse per molte altre cose. Esiste quindi un collegamento diretto anche tra Arte e Magia? Una bellissima domanda….., in parte si “legge” tra le righe, ma anche qui bisognerebbe accordarsi sul temine ”Magia” e come al solito non sarebbe facile. Va detto in mia parziale discolpa, quale sostenitore di tesi piuttosto “azzardate”, che nel bene e nel male anche qualcun’altro lo sostenne molto apertamente:  Sto parlando di Pablo Picasso, scusate se è poco.

Pablo Picasso

Pablo Picasso

“Dipingere non è un’atto “Estetico”, è una forma di magia, che deve fungere da mediatore tra questo mondo strano e ostile e noi stessi” Giuro che non avevo mai letto le parole del Maestro Picasso, non sicuramente prima di scrivere “Artista o Sciamano” o “Il Brutto dell’Arte“, mi sono arrivate davanti agli occhi ieri, durante le mie solite letture da comodino. Per qualcuno può non significare molto, che io e Pablo Picasso concordiamo su questo punto, pero a me conforta avere un così illustre collega che la pensava come me. Tutto certamente interessante, ma anche il rapporto tra Arte e Magia andrebbe approfondito, al dila di affermazioni più o meno estemporanee, e ancora una volta, sarebbe tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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Arte e Festival di Sanremo

Posted in Filosofia dell'arte, l'Arte in ogni Arte on marzo 9th, 2012 by

di Francesco Campoli

Mentre scrivo immagino i volti di coloro che leggono il titolo di questo articolo, un pezzo che arriva dopo altri, che hanno cercato di argomentare sull’arte nella sua accezione più elevata.

Teatro Ariston Sanremo

Teatro Ariston Sanremo

Siamo rimbalzati dalla filosofia di Platone ed Aristotele a Parmenide, Kant, Heidegger e altri “giganti” della filosofia di tutti i tempi, gente che di Arte ed Estetica ha trattato con indiscutibile competenza.
Potrebbe sembrare che io sia uscito dal “seminato” scrivendo questo articolo, ma non è così.
Per una mia vecchia “deformazione professionale” (essendomi occupato di Marketing e Pubblicità), mi sono trovato a leggere i dati di ascolto del Festival di Sanremo con il solito atteggiamento attento alle dinamiche socioculturali.
Si parla di 12,5 milioni di spettatori con uno “share” mediamente intorno al 45%, numeri come questi non possono essere ignorati, anzi vanno almeno analizzati attentamente, almeno nel loro valore antropologico.
Ho già scritto dell’iterazione tra l’arte e l’antropologia, ad esempio delle manifestazioni artistiche presso gli Aborigeni australiani, ma ho sentito “addetti ai lavori”, usare molto spesso la parola Arte commentando il festival di Sanremo oltre che descrivendolo come grande evento culturale.
Tutto questo articolare sulla “nostre“ parole d’ordine, non poteva che far nascere in me una delle mie riflessioni, che costituiscono l’ossatura portante di questo blog.
Con l’appellativo artista, ci si riferisce ai cantanti che si esibiscono, agli “artisti” che scrivono i testi delle canzoni, a  coloro che compongono melodie e arrangiamenti.
Parlando di cultura non si può ignorare, che essa sia strettamente connessa al contesto sociale e temporale nel quale si palesa.
Non esiste cultura che non si collochi in almeno un “cluster”, della struttura sociale nella quale si viene ad instaurare.
Quali esempi consolidati, mi basti citare la cultura “Hippy” negli anni 60/70

Il Volkswagen hippy

Il furgoncino Volkswagen il mezzo hippy per definizione

o fatti i dovuti distinguo, la cultura “EMO” ai giorni nostri,la cultura “Hip Hop” e il “Graffitismo” che ne è emanazione diretta quale forma d’arte di questo segmento sociale.

Tipico look Emo

Tipico look Emo

Tutti movimenti culturali da classificare come tali in senso antropologico.
Sono sempre identità culturali riconducibili a dei “cluster” giovanili delle rispettive strutture sociali, ma Dio solo sa quanto sono differenti i “panel valoriali” ai quali si rifanno.
Va preso atto che “discendono” dal rispettivo contesto socio-contemporaneo.

hip hop graffito metropolitano

Graffito metropolitano Hip Hop

Non voglio lanciarmi in un trattato di scienze sociali, semplicemente desidero affermare che ogni cultura è degna di essere considerata, ed è giusto valutare se esiste un collegamento diretto con l’arte, realmente definibile tale.
E’ indubbio che tra le arti vada inclusa la musica, alla quale è vocata

La musa Euterpe

La musa Euterpe

la musa Euterpe, segno che questo status gli è riconosciuto sin dai tempi più antichi.
Nel caso del festival di Sanremo la musica accompagna i testi, che spesso si sente definire “vere e proprie poesie”, ma ovviamente non si possono non fare dei distinguo.
La poesia è senza dubbio arte, anzi, l’arte delle arti, infatti in tutte le forme d’arte si cerca di comprendere (consciamente o inconsciamente), la “poetica” specifica di quell’ artista.
In sintesi si cerca di intuire la struttura “Estetica” (vedi articolo Ridefinire l’Arte), sulla quale l’artista costruisce la sua produzione.
Aristotele nel suo trattato “Poetica”, oltre che a Poesia; Musica, Pittura, Scultura ecc. estende al teatro greco in tutte le sue forme (Tragedia, Epica e Commedia), questo concetto di chiara origine “Estetica”.
Aristotele canonizzò anche i concetti di “Mimesi” e “Catarsi”, in questi due  termini io intravedo il compito fondante dell’artista.
Così come nel teatro greco, l’attore cerca di far nascere forti emozioni, simulando nella rappresentazione (mimesi vuol dire appunto rappresentazione, imitazione), con l’obiettivo è che ne derivi una “Catarsi” (una purificazione), benefica per lo spettatore, ogni artista fa la stessa cosa con la sua arte (se è un vero artista).
Ognuno di noi sa che quando fruisce di un’opera d’arte, nella migliore delle ipotesi è di fronte ad una “rappresentazione”, eppure se ne lascia coinvolgere, emozionare.
Se l’artista ha fatto bene il suo “compito”, colui che ne fruisce prova una emozione, non necessariamente bella, ma che dentro di lui si configura come assolutamente vera.
Talvolta una emozione invasiva, talaltra sin anche invadente, emozione che l’artista ha volontariamente inteso generare nei fruitori della sua opera, spesso incaricandosi di provale per loro.
Io spiego con questo fenomeno, il fatto che al presunto artista, si riconosce benevolmente la definizione di genio collegato con la sregolatezza, quale come se fosse un “Valore” ineluttabilmente collegabile a chi “si incarica” di fare arte.
In fondo alla propria Ragione, si riconosce questo compito “sciamanico” all’artista, consentendogli una vena di follia, quella che in proprio non si ha il coraggio di liberare, e quindi la si delega all’artista.
Cos’è questo se non un atto catartico, l’opera prende vita delle emozioni reali dell’artista, che le mette a disposizione del pubblico, che ne prende atto condividendole e vivendole in modo profondo anche se virtuale.
Tornando allora al festival di Sanremo, quali emozioni fanno nascere i cosiddetti artisti al festival della canzone italiana?
Mi trovo davanti ad un altro “vaso di Pandora”, ma non mi tirerò certo indietro dall’aprirlo e dire la mia come al solito, anche se sò che rischierò di allungare un pò troppo l’articolo.
Sinceramente è piuttosto difficile individuare il germe dell’arte, nella maggior parte di ciò che sentiamo e vediamo al festival di Sanremo, comunque uno spunto interessante credo si possa trovare.
Per chi ha letto altri miei precedenti articoli, ho già parlato del mio modo di distinguere Arte da espressione, la differenza che vedo tra “Arte e tecnica” e soprattutto quella che ritengo la differenza tra Artista e Artigiano.
Anche al festival di Sanremo, si può riscontrare lo stesso “fenomeno” che si riscontra in altre performance artistiche.
I cosiddetti artisti spesso sono al massimo buoni (talvolta ottimi) artigiani: Operatori esperti nella loro specifica “tecnica”, ma che poco hanno a che vedere con l’arte.
Alcuni cantanti sono particolarmente intonati, nella voce di altri si riscontrano “colori” estremamente particolari, in altri si distinguono chiaramente grandi capacità interpretative, ma l’arte dov’è?
Ne ho già parlato nell’articolo: “l’Artista o la sua tecnica”, l’artista con qualsiasi Arte si misuri, ha il dovere di vedere “oltre”, di “sconfinare”, insomma di “ricercare” nel mondo delle emozioni o magari anche oltre, mettendo a disposizione del pubblico il frutto della sua ricerca.
Il “vulnus” è proprio qui, al Festival di Sanremo gli artisti/ricercatori, hanno sempre avuto magre soddisfazioni, questo denota la carenza di contenuti artistici, e la poca competenza di chi è chiamato a valutare, al massimo viene  promossa una buona “qualità artigiana”.
Gli esempi che personalmente ricordo sono diversi: Vasco Rossi al festival di Sanremo del 1983 si classificò al penultimo posto, con “Vita Spericolata” e poi sappiamo tutti come è andata a finire.
Furono scartati a Sanremo anche Lucio Battisti, Luigi Tenco, Lucio Dalla e altri, proprio i veri artisti/ricercatori.

La musa calliope

La musa calliope

Alcuni possiamo definirli veri e propri poeti oltre che ispirati musicisti, figli prediletti di Euterpe e di Calliope (musa della poesia), la “canzone” infatti è musica con in più poesia, infatti permette di ottenere dalla “rappresentazione” (l’esecuzione), il massimo di “spinta” emozionale possibile.

In questo novero è giusto citare in primo luogo Luigi Tenco e Lucio Dalla, entrambi cantautori, (compositori di musica e testi), estremamente preparati sul piano musicale (entrambi provenienti dall’ambiente Jazzistico).

Luigi Tenco

Luigi Tenco

Luigi Tenco aveva addirittura fatto l’arrangiatore alla “Ricordi”, ed entrambi avevano la poesia che gli scorreva nelle vene, in particolare Dalla.
Nel caso di Lucio Dalla dobbiamo sottolineare anche che la grande preparazione nelle esibizioni dal vivo, che gli derivavano dalla frequentazione del Jazz.

La qualità dagli innumerevoli concerti tenuti, ha rappresentato la strada maestra, attraverso la quale il cantautore bolognese ha consolidato nei decenni il rapporto con il suo pubblico.

annuncio morte luigi tenco

annuncio morte Luigi Tenco

Luigi Tenco spinse ai massimi confini la sua ricerca della catarsi, morì suicida a causa della sua esclusione dal festival di Sanremo, mise a disposizione le sue emozioni più estreme, per dimostrare quanto credesse nella sua arte, la Tragedia portata al suo compimento.
Non è facile esprimere opinioni su una persona che compie un gesto così estremo, non essere capiti è un destino comune a tanti artisti, ma io credo si debba attendere che il pubblico comprenda, magari accompagnandolo a capire, lavorando duro con coerenza.
Battisti invece è stato un esempio molto diverso, parliamo di un altro grande artista, che è maturato cammin facendo, mettendosi continuamente in discussione e rivedendo continuamente i propri contenuti e il suo approccio alla composizione.
Ai successi enormi della prima ora che lo videro coautore con Giulio Rapetti  (Mogol), di una lunghissima serie di album divenuti famosissimi, Battisti contrappose un lavoro di altissimo livello, assolutamente meno commerciale.

Lucio Battisti

Lucio Battisti

Nel 1972 fondò la sua casa discografica, la “NUMERO 1”, per non dover sopportare coercizioni di sorta nella sua ricerca musicale e avere massima libertà dai vincoli commerciali.
Furono i tempi de “Il mio canto libero”, brano entrato nella storia, nel 1982 nasce “E’ Già” il primo album senza Mogol, nel quale Battisti comincia a cercare nei suoi dischi un “mood” completamente nuovo, fondato su una poetica abissalmente diversa da quella della prima ora.
Lo sconvolgimento della poetica, lo portò a collaborare col poeta Pasquale Panella, che concettualmente condivideva pienamente anche la sua ricerca musicale.
Battisti evolve verso un suono molto più sofisticato e ai massimi livelli di modernità (anche per il largo impiego di musica elettronica, estremamente avanti per quei tempi.
I testi prendono un’aura estrema nel quale concretizzare un simbolismo ermetico, miscelandosi perfettamente con il tappeto musicale che li supportava.
Il nuovo sodalizio si concretizzò in C.S.A.R. primo risultato della sua frequentazione con la poesia Ermetica di Pasquale Panella, che Battisti riusciva a cantare  con grandissima disinvoltura, anche perché si confaceva moltissimo al suo modo di esecuzione.
L’ultimo album uscito poco prima della sua prematura scomparsa, nel 1994 si chiamerà “Hegel” a ribadire un ulteriore evoluzione della sua arte, un svolta che sottintendeva la filosofia, come primaria fonte di ispirazione.

Album Hegel Battisti

Album Hegel di Lucio Battisti

Il suo ultimo lavoro intitolato al noto filosofo dell’ “Assoluto”, evidenzia chiaramente la sua ferma intenzione di voler andare ben più al di là dei contenuti partoriti da Mogol.
I titoli di alcuni brani non lasciano adito a dubbi: oltre ad Hegel, c’è “Estetica”, “la Bellezza Riunita” ecc, il suo lavoro più ricco e ricercato.

Georg Wilhelm Friedrich Hegel 1831

Georg Wilhelm Friedrich Hegel 1831

Purtroppo anche nel suo caso, possiamo definirlo il suo “lascito”, la sua eredità per tutti noi, visto che la prematura scomparsa, fermo il suo lavoro di artista/ricercatore.
Qualche malalingua ha avuto il coraggio di definire questi lavori di Arte/Ricerca pura, “deliranti”, quando quel fervore di ricerca dell’Assoluto, è semplicemente il suo “duro e puro” misurarsi con l’arte.
Arte e “Ragione” per rimanere in ambito filosofico (Kantiano in particolare), non sono assolutamente in contrasto, anche se questa affermazione, per molto tempo ancora resterà incomprensibile ai più.
Nella nostra società continuiamo a “venerare” gli Ingegneri e a percepire gli artisti come poco più che barboni, non comprendendo il loro enorme apporto all’umanità, a quella caratteristica umana che ci rende unici, “Assoluti”.
Un vero artista ci costringe ad usare gli occhi, le orecchie, il cervello, il cuore (intesi soprattutto nella loro accezione metaforica), offre la possibilità di percepire l’ “Assoluto”,  senza obbligatoriamente doverlo comprendere del tutto.
Quel Assoluto del quale siamo fatti e al quale dobbiamo necessariamente tornare, per dare un senso al nostro “esistere”.
Qui bisognerebbe far entrare in gioco, il più grande dei misteri che abbiamo di fronte: la “Morte”, non pensata come il contrario di “vita”, ma il punto dove spazio e tempo coincidono nel medesimo concetto.
Sarei anche pronto a chiamare in causa il genio, che della filosofia ha fatto concretamente una scienza, non il contrario come oggi sembra normale:  Albert Einstein, ma sicuramente anche questo sarebbe tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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Ridefinire l’Arte: Qualcuno le deve pur fare!!!

Posted in Estetica e Bellezza, Filosofia dell'arte on febbraio 6th, 2012 by

di Francesco Campoli

La “Main Question” di questo blog, è ormai nota e dichiarata: “Cos’è l’Arte?”, un obiettivo ambizioso: Fare un po’ di chiarezza nell’odierno “mondo dell’arte”.
Non è una mia forma estrema di presunzione, come si potrebbe pensare, dato che non sono certo il primo a cercare questa risposta, é un interrogativo che ci può aiutare a contribuire alla sopra citata chiarezza.
Devo chiarire, a scanso di equivoci e prima che qualcuno salti sulla sedia, che non è che mi ritengo più competente di altri ben più illustri predecessori, che prima di me si sono posti la stessa domanda.
In realtà quindi, questa “spropositata” domanda è un mero “esercizio speculativo”, che personalmente mi sono imposto, per dare dei “Valori” alla mia “Ricerca artistica”.
Ho lasciato che per anni la “vocazione” artistica si consolidasse in me, per evitare di disperdermi in attività “artistoidi”, completamente fuori tema, come purtroppo ho visto fare, da molti cosiddetti artisti che mi è capitato di incontrare.
Professionalmente io arrivo dal tanto decantato mondo della comunicazione, in particolare negli ultimi anni (otto), ho lavorato nella pubblicità, un mondo che autoreferenzialmente di definisce “Creativo”.
Questo aggettivo aveva attratto anche me, che della creatività avevo sempre fatto un punto di forza.
Alla fine la pietosa bugia che vivevo tutti i giorni (con la quale si consolano ancora molti grafici ed “Art director”), ha mostrato la corda, non foss’altro per manifesta incoerenza con l’ “Environment sociologico”, che ci accerchia ineluttabilmente
Quando un vocabolo è tanto articolatamente abusato, è fondamentale ritrovarne il significato reale, o magari definirne uno nuovo, non costituire un nuovo “ismo”, come da sempre usa fare, ma riuscire ad arrivare all’essenza.
Sarebbe ora di uscire dagli stereotipi di arte, “interpretata” da “esegeti” spesso non richiesti di artisti ai più vari livelli, è ora farsene una coscienza propria, servirebbe all’umanità.
Non è una affermazione retorica, è piena coscienza della profonda funzione dell’arte, per chi come me vuole vivere d’arte, dargli una connotazione meditata, equivale a trovare la propria identità d’artista, consentendosi di lavorare a ragion veduta.
Nel mondo di oggi, spesso l’arte è confinata nella sua funzione estetica, l’ Estetica è una importante branca della filosofia, che si relaziona col “bello” e talvolta entra in contatto con l’arte.
Spesso molti sembrano non avere coscienza, che l’ “Estetica” non basta di certo per definire l’arte.
E’ senz’altro una riflessione interessante da fare insieme, ma non ora, ovviamente perchè anche questo è tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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Il Brutto dell’arte

Posted in Estetica e Bellezza, Filosofia dell'arte on febbraio 2nd, 2012 by

di Francesco Campoli

Il gioco di parole nel titolo , vuole essere uno stimolo a riflettere circa le mie affermazioni sull’arte, una piccola provocazione per spingere i lettori a comprendere meglio le mie convinzioni.
Bellezza e suo contrario, come insistono nel mondo dell’arte? come sono percepite dai fruitori? Non si può non farsi questa domanda, riflettendo sul mondo dell’arte e la sua evoluzione nei secoli.
Parlando superficialmente di arte, è molto facile sentir “sproloquiare” di bellezza, quale essenza fondante in un’opera d’arte, ma allora si può parlare di arte se viene rappresentato qualcosa di oggettivamente brutto?
Tra l’altro tra le pieghe di questa domanda, si inserisce anche il trito e “ritrito” confronto, tra arte figurativa e arte informale, diatriba che si collega al quesito esposto sopra, in quanto esiste ancora qualcuno che sostiene che la “cosiddetta” arte moderna, sia troppo brutta per essere arte.
Ci sono stati grandi artisti del passato, che spesso hanno rappresentato anche cose “esteticamente” non particolarmente gradevoli, magari con grande maestria tecnica e andando all’essenza della loro rappresentazione.
Pablo Picasso lo fece in Guernica, un’opera che desta l’interesse di almeno un milione di visitatori l’anno, ma che per varie ragioni, non può essere presa ad esempio di opera d’arte che si fonda sulla rapresentazione del bello.
Picasso concependo il “Cubismo”, probabilmente intendeva proprio superare  il tabù della bellezza nell’arte, a favore dell’essenza del messaggio, attraverso l’utilizzo di un simbolismo meno “velato”, che magari esisteva anche nell’arte classica.

Guernica Picasso

Guernica Picasso

Quest’opera è un manifesto contro gli orrori di tutte le guerre, prende spunto dal tragico bombardamento della città basca di Guernica, durante la guerra civile spagnola.
Tirare in ballo la “bellezza” in quest’opera d’arte,  non è certo automatico, la bellezza del colore altrettanto, avendo Picasso a scelto di non usarne.
C’è da dire che è difficile, immaginare una scelta migliore, per esaltare la drammaticità della situazione e il prevalere della violenza, su tratti umani più edificanti.
L’essenzialità del tratto, non toglie nulla al ventaglio di emozioni terribili che Picasso desiderava rappresentare, alla faccia degli esercizi di tecnica che magari possiamo trovare in Rembrandt,

La Ronda di Notte Rembrandt

La Ronda di Notte Rembrandt

troviamo invece simboli e simbolismo ai più alti livelli, forza espressiva e certezze nella composizione, skill certo non deficitarie tra le prerogative “tecniche” di Pablo Picasso.
Rimanendo comunque nel solco della riflessione iniziale, voglio portare un esempio al di fuori della poetica cubista, di disinteresse verso la “rappresentazione del bello” : Hyeronimus Bosh.
Un esempio a mio avviso particolarmente calzante.  Hyeronimus Bosh seppure ispirato da tematiche molto diverse da quelle viste sopra, si esprimeva prevalentemente su contenuti a sfondo religioso/filosofico ed esoterico, che andavano per la maggiore all’epoca dello scisma luterano.
Con grandissima tecnica e manualità, Bosh non si può certo dire che cerchi il bello, anzi, magari si può pensare ad una compiacenza nell’indugiare sulla sua bravura.

Hieronymus Bosch La Tentazione

Hieronymus Bosch La Tentazione

Il famoso pittore fiammingo, che con i suoi lavori ispirò al connazionale Erasmo da Rotterdamm, il famoso “Elogio della Follia”, a prima vista sembra mostrare un mood visionario.
In realtà andrebbe evidenziata la sua enorme creatività, oltre alla disponibilità di maestria pittorica di altissimo livello, una creatività strettamente compressa nella “forma”, infatti è ancora piuttosto lontano l’avvento dell’arte informale.

Erasmo da Rotterdam

Erasmo da Rotterdamm

Sembra incredibile che il riconoscimento della “follia creativa”, quale esercizio necessario all’evoluzione dell’umanità intera, resti tutt’ora argomento praticamente ignorato.
Come è noto nel 1.450 fu  Erasmo da Rotterdamm con “Elogio della follia” a porre scientemente la questione, ma giorni nostri, è ancora necessario un “reminder” continuo, per cercare di scardinare le “trappole antropologiche” e gli equivoci sociologici.
Molti di noi ricorderanno il famoso discorso di Steves Jobs (Fondatore della Apple Computer e della Pixar Animation), con il quale si rivolse agli studenti neolaureandi dell’ universita di Standford, negli Stati Uniti.
Quel discorso, che purtroppo può essere inteso come il testamento “spirituale” del geniale Steve, dopo che recentemente il cancro, ha vinto la “battaglia” che  Jobs aveva intrapreso ormai da diversi anni.
“Stay hungry, stay fulish”, “Siate affamati (di conoscenza), Siate folli (più che semplicemente creativi), cosi concludeva il suo mitico discorso (click sull’immagine sotto)

Steve jobs a Stanford

Steve jobs a Stanford

Questa ormai storica affermazione, sembra un vero “Deja Vu”, un “repetita” su un insegnamento, che l’umanità non ha ancora recepito a pieno.
Se si guarda bene sembra che le “migliori menti”, vogliano indicarci la strada giusta, in pochi riusciamo a comprendere.

Albert Einstein

Albert Einstein

Albert Einstein, non ci ha lasciato solo la “Teoria della relatività Generale” (una delle chiavi dell’universo), la “Teoria dei Quanti di luce”, la “teoria delle lenti gravitazionali” e tante altre “magie” della fisica.
Einstein (neanche tanto velatamente), ci lasciò il “solito” messaggio sulla “follia”.
La famosissima foto che vedete qui a fianco, è un messaggio per chiunque lo sappia capire.
Un genio universale che si consente uno sberleffo, non è una caduta di stile che il conformismo di maniera gli ha sempre voluto appioppare, ma è invece il solito “reminder” per l’umanità.
Non so se tutti lo hanno già percepito, nel caso non fosse, spero con queste mie righe di aver fatto la mia modesta parte.
Il grande genio Albert Einstein, oltre alla fisica aveva anche molti interessi spirituali, soprattutto va detto che non considerava le due “sfere” disgiunte.
Non per elevarmi al rango dei geni su menzionati, ma un passetto alla mia portata lo vorrei tentare, proponendo una delle mie solite provocazioni:
E’ possibile che nel mondo dell’arte, questo messaggio venga sempre più ignorato? che venga ignorato il compito per il quale un Artista (vero) assume pienamente senso?
Rompere il giogo dei conformismi e lavorare per l’evoluzione, è un compito fondamentale per un “Essere” umano, che cerchi di essere realmente tale.
Segnalo prima che lo facciano altri, che mi riconosco in questa teoria ma che non è mia, per sostenere una trattazione filosofica su questo argomento, andrebbero tirati in ballo Heidegger (e il suo “Essere e tempo”) oltre Nietzsche con il suo  “Superuomo”.
Il mio obiettivo però è “solo” smontare il “Conformismo dilagante nell’arte”, non rivoluzionare il mondo, anche se personalmente lo ritengo una sorta di sinonimo.
Questa piaga è sempre più imperante, in primis quale conseguenza delle mostre “stereotipate” partorite per convenienza dal critico di turno, che snatura i veri messaggi degli  artisti, intrappolandoli in mostre a tema, inventando un “linking” tra le opere esposte per puri scopi commerciali e sfruttarne la disponibilità.
Si và creando una sorta di “Junk Culture”, che usa l’arte (o pseudo tale), per far da cornice ai ristoranti nei musei, un’arte facile, un’arte “per tutti” nel senso peggiore del temine.
Mi fermo qui, ma mi permetto di ricordare a me e ai lettori, che  rompere gli schemi culturali, è uno dei “carismi” che competono ad un artista.
Reputo molti interrogativi estremamente interessanti, ma per discutere del bello e del brutto nell’arte, bisognerà parlare anche di “Estetica”, intese nella più profonda accezione filosofica, ma sicuramente anche questo è tutto un’altro articolo.

Francesco Campoli

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Arte e Antropologia

Posted in Estetica e Bellezza on gennaio 29th, 2012 by

di Francesco Campoli

In questo nuovo articolo, mi piace ricordare le mie intenzioni nella stesura di questo blog: lasciare all’interlocutore una risposta propria ma consapevole all’ interrogativo di fondante di questo blog: cos’è l’arte?
In ognuno di noi esiste il piacere “para-narcisistico”, di veder condivise le nostre idee, desidero andare oltre questo obiettivo autoreferenziale, procedendo però in modo raffinato, nella migliore accezione dell’aggettivo retorico.
In sintesi, nelle mie intenzioni, c’è la volontà di proporre una congrua quantità di argomenti a sostegno della mia tesi sull’Arte, per fare in modo che gli interlocutori, giungano consapevolmente a conclusioni in accordo con la tesi medesima.
Considero questo un compendio dell’attività di artista, in quanto, un’Opera d’Arte, nella mia convinzione, è una forma alternativa più diretta e sintetica di altre, di proporre contenuti ed emozioni.
L’artista pubblica la sua opera, con l’intenzione che sia condivisa nei contenuti o nelle emozioni che desidera provocare, in piena similitudine con il processo che descrivo sopra.
Ho esordito con questa lunga premessa per non essere machiavellico, intendo da subito richiamare l’attenzione su un fattore fondamentale della dinamica che desidero instaurare nel blog, per mio principio essa non può che essere pienamente bidirezionale.
L’importanza del fruitore è fondamentale soprattutto perché “influenza“ l’Opera con la sua personale schematica percettiva.
L’Opera d’Arte assume un suo significato in funzione del fruitore medesimo, in particolare in relazione alla sua cultura. E’ lo specifico “cluster” antropologico, che definisce i “valori” percepiti in un’Opera d’Arte, in correlazione al “panel” valoriale, comune tipici del nucleo culturale nel quale il fruitore si è formato .

Non è difficile intuire che, intendo mettere sul tavolo un altro parametro che personalmente ritengo utile per rispondere alla “key question” di questo articolo: L’Arte ha una stretta identità antropologica.
Specifiche tematiche estetiche, definite dall’artista all’atto della creazione dell’Opera, vengono riconosciute per specifiche caratteristiche – una di queste, è ad esempio può essere l’assenza di un utilizzo pratico (Che definisce invece l’Artigianato) – per le quali l’Opera assume lo “status” di Opera d’Arte.
E’ pienamente intuitivo che questa sensibilità è diversa tra i diversi popoli, quindi un’Opera può essere intesa come artistica in una specifica area antropologica, come può essere assolutamente incomprensibile in un’altra, anche per questioni di tipo sociale.

Arte Aborigena australiana

esempio di Arte Aborigena australiana

Questo legame tra l’antropologia e l’arte, è stato a lungo indagato dall’antropologo inglese Alfred Gell. Gell lavorò caparbiamente per produrre una definizione “scientifica” di “Opera d’Arte”.

l'antropologo Alfred Gell

l'antropologo inglese Alfred Gell

Utilizzo in particolare confronti antropologici piuttosto interessanti, come ad esempio la distanza geografica e culturale tra le etnie che prese in considerazione.
Gell propone una distinzione molto accurata (che vi risparmio), fra considerazioni di natura filosofica (in particolare di Estetica), ma fondamentalmente analizza l’iterazione dell’Opera con il contesto antropologico nel quale è nata ed insiste.
In particolare, lo stimolava la ricerca di un denominatore comune che collegasse l’Opera pletoricamente riconosciuta nella nostra cultura, messa a confronto con alcune Opere Aborigene, che nei rispettivi luoghi di origine, godono della definizione di Opera d’Arte (massivamente riconosciute come tali).
L’idea di ricercare un denominatore comune tra le casistiche individuate ha piena dignità scientifica, ma certamente non un fattore facile da individuare.
Questo carattere comune, probabilmente è collocato molto in alto, nella scala valoriale e percettiva dei rispettivi nuclei antropologici, probabilmente in ambito spirituale.
Io personalmente posso raccontare un aneddoto che reputo estremamente calzante  di questo fenomeno antropologico: Qualche anno fa un amico ravennate, sposò una ragazza brasiliana di Manaus (Amazzonia Brasiliana).

Manaus ponte sul rio delle Amazzoni

Manaus ponte sul rio delle Amazzoni

Quando questa ragazza lo raggiunse definitivamente in Italia, lui si affannò molto per fargli conoscere il nostro Paese in modo che si ambientasse rapidamente.
Io ero presente durante la sua visita a Roma e in quella a Venezia.
Notai la sua faccia di fronte alle bellezze di questi due gioielli figli della nostra storia, così ricchi d’arte e di architettura.
Alle insistenti richieste di lui, “Ti piace?” con gli occhi che a lui stesso brillavano dalla meraviglia, la risposta di lei si limitò ad  una laconica: “Linda….” (bella), pronunciata con uno smarrimento e un’assenza che tradiva i suoi pensieri:
“Che avrà di bello stò posto, mi sembrano tutti matti a rimirare queste case vecchie, tutte allagate intorno”…. Si vedeva chiaramente che proprio non comprendeva la nostra ammirazione.
Nella sua Cultura, intesa appunto in senso antropologico – in quanto tra l’altro ce ne era anche una accademica, visto che nel suo Paese era anche laureata e lavorava in una grande banca brasiliana – la “nostra” Arte, era totalmente lontana dalle sue corde emozionali, magari sarebbe stata più pronta ad ammirare un particolare bosco italiano (venendo dall’ Amazzonia cuore verde del Brasile), sicuramente più vicino alla sua realtà socio-culturale.
Ho sempre pensato che la bellezza delle nostre città d’Arte (come vengono chiamate), fossero un punto indiscutibile, uno stereotipo universalmente riconosciuto, come lo è il mare al tramonto o il sole sulle “tre cime di Lavaredo” o l’alba sul Monte Bianco.

Alba sul monte Bianco

Alba sul monte Bianco

tramonto sulle Tre cime di Lavaredo

tramonto sulle Tre cime di Lavaredo

Evidentemente invece esiste una differenza sostanziale tra bellezza ed Estetica, un discrimine strettamente legato anche alla propria origine antropologica, una differenza fondamentale tra il “bello percepito” e il “bello assoluto”, ma questo, come dico sempre, è tutto un’altro articolo.

Francesco Campoli

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Arte Vs Tecnica

Posted in Tecnica Vs Concetto on aprile 15th, 2011 by

di Francesco Campoli

Identificare l’arte con virtuosismi nell’uso delle tecniche espressive, è un errore che sussiste praticamente da sempre, questo in effetti non valeva neanche quando un opera era talmente fedele alla realta da risultare un efficace surrogato della fotografia che non era ancora stata inventata.

Eleonora da Toledo e Giovanni de' Medici

Eleonora di Toledo e Giovanni de' Medici

Qui a fiaco vediamo un’opera del Bronzino che ne evidenzia la maestria tecnica, realista al punto da eguagliare sostanzialmente una fotografia, ma concettualmente si può mettere sullo stesso piano un artista e una macchina fotografica, fossanche una Hasselblad.
Bronzino in questa opera, non ha fatto molto per distanziarsi dalla definizione di ottimo artigiano (so già che si griderà all’eresia), ma per quanto tecnicamente di altissimo livello, quest’opera in pratica è una fotografia, infatti Agnolo Bronzino poteva essere definito il fotografo di Cosimo de’ Medici.
Spesso si sente definire l’Italia come quel paese che detiene il 70% del patrimonio artistico mondiale, non sono daccordo con questa definizione.
Il nostro è un patrimonio di enorme valore storico, semmai un enciclopedia “a cielo
Aperto” della storia dell’arte, come è noto da quanto ho scritto sinora il mio concetto di arte, “immodestamente” è molto diverso.

Agnolo Bronzino Nano Morgante

Agnolo Bronzino ritratto del Nano Morgante

Bronzino nel 2010 è stato protagonista di una frequentatissima mostra, ed è stato celebrato in pompa magna da notissimi critici mostra pubblicizzata stavolta si veramente ad arte.
Che fosse il “fotografo” di corte è indiscutibile, basti vedere che Cosimo de’ Medici, gli commissionò il ritratto del suo nano preferito (ne teneva 5 a corte), per carità realizzato in modo tecnicamente superbo, e visto che di certo il soggetto non può essere definito dei più ispiranti, realizzato con una professionalità incontestabile, ma  di artistico ha ben poco, almeno secondo il mio impudente punto di vista.
C’e stato un periodo nel quale si è incorsi nell’errore opposto, considerando arte il modo più sconclusionato di mettere insieme colori e forme, senza soluzione di continuità.

Marcel Duchamp

Marcel Duchamp

Il mitico Marcel Duchamp, sotto questo profilo seppe (artisticamente) ben sottolineare questa ridicola tendenza.
Dadaista della prima ora, genio multi disciplinare, fece un gesto clamoroso presentando ad una mostra nel 1917, sotto lo pseudonimo di R. Mutt, la famosa “Fontana”, un orinatoio “decontestualizzato”, nella migliore tradizione dadaista.
Gli stessi dadaisti, che davano di se stessi la definizione di fautori dell’arte non arte, in effetti avevano l’obiettivo di ridefinire, ampliare il concetto di arte:
Ccercavano di interrompere l’escalation di stravaganze “pseudoartistiche”, che ormai sovrastavano una produzione artistica, fatta di contenuti più che di forme e di colori in libertà.

Marcel Duchamp La fontaine1917

Marcel Duchamp La fontaine1917

Duchamp desiderava sottolineare che l’opera, non prende corpo dalla manualità dell’artista, ma nel suo pensiero, elevandola da opera materiale ad opera spirituale.
L’opera prende significato (e quindi valore), per quello che l’artista gli conferisce con la sua visione personale, spesso alternativa rispetto al comune “sentire”  dell’ epoca nella quale essa nasce.

La confusione che ancora sussiste sull’arte è anche frutto dello scarsa propensione alla concretezza di chi si aggira a vario titolo nel mondo dell’arte.
Quelli che vengono etichettati quali artisti solo perché escono dalle scuole d’arte, spesso è volentieri sono talmente prigionieri dei propri anni di studio, che al massimo diventano degli ottimi artigiani.
Un’altro modo per prendere la “patente” di artista, è attendere che sia rilasciata da un critico di grido, ma spesso è rilasciata più per meriti commerciali che per meriti artistici.
I licei artistici le scuole d’arte e le accademie di belle arti, anche per conformarsi nelle tempistiche ad altri corsi di studio legalmente riconosciuti, mettono in atto l’errore più madornale che si possa commettere nell’arte:
Mano a mano che si evolve negli studi, si è costretti a scegliere delle specializzazioni, queste sono quelle incluse nell’offerta formativa dell’accademia di belle arti di Roma:

  • Pittura
  • Decorazione
  • Scenografia
  • Scultura
  • Grafica d’Arte
  • Grafica editoriale
  • Didattica e comunicazione dell’arte
  • Comunicazione e valorizzazione del patrimonio artistico contemporaneo
  • Teorie e Tecniche dell’Audiovisivo

Come se si potesse essere artisti a compartimenti stagni, come se si potesse confinare un genio in una singola tecnica espressiva, semmai è vero esattamente il contrario.
Leonardo da vinci e Michelangelo Buonarroti, sono degli esempi sin troppo lampanti che questo non ha proprio alcun senso, visto quello che hanno espresso dentro e fuori il mondo dell’arte.
L’artista vero è l’incarnazione della creatività, crea dunque è, con una parafrasi di cartesiana memoria.
Il vero artista crea sempre e in qualunque modo ritenga di esprimersi, altrimenti sente di non esistere,  come artista ne men che meno come essere umano.
Imbrigliare l’arte in categorie, è come ergere cancelli sul mare.
Non è per fare sempre confronti, ma parlando del periodo ellenistico e romano, un artista era uso cercare ispirazione evocando una delle ben note muse.

le muse ispiratrici

le muse ispiratrici

Entrando nell’aura spirituale di queste divinità, si svolgeva attraverso la forma di espressione di “specifica competenza”, la funzione di mediatore tra umano e trascendente, che per me è il compito reale di ogni artista.
L’artista canalizza la “conoscenza” mostrandola nella più piena delle forme di coscienza.
Rileggendo certi personaggi alla luce di questa constatazione, si capisce l’essenza della loro opera Essi non hanno mai confini, ne geografici ne di tecnica, men che meno di contenuti.
Quello che l’artista rappresenta, è sempre prevalentemente simbolico.

Dosso Dossi Giove che dipinge farfalle

Dosso Dossi Giove che dipinge farfalle

Rappresentando una farfalla non si fa un’ opera di entomologia, ma si rappresenta la leggiadria con la quale vola il nostro pensiero.
Ali brillanti di colore che nel volgere del volo apparentemente senza meta, si fondono con l’ambiente in cui esistono.
Nella dinamica del battito, i colori sfumano gli uni negli altri cosi come fanno i pensieri,  si diluiscono gli uni negli altri, collegati da fili sottili che ne travalicano i limiti generando un “pensiero primordiale”, senza soluzione di continuità, il pensiero emancipato dal nostro libero arbitrio, vicinissimo a quello del nostro creatore.
L’arte non è confinabile in nessuna tecnica, l’arte prevalentemente è puro simbolismo, talvolta magari anche inconsapevole, ma anche questo è tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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