Arte e Intelligenza Artificiale

Posted in Filosofia dell'arte, Tecnica Vs Concetto on aprile 29th, 2023 by Francesco

di Francesco Campoli

Come succede oramai costantemente da qualche anno, l’Informazione “Mainstream“, ogni tanto si satura di un particolare argomento, questa volta sembra essere proprio l’ora dell’Intelligenza Artificiale.
Avrà colpito tutti che non esiste angolino della Comunicazione mediatica, dove non si richiami l’attenzione della Pubblica Opinione su questo argomento, l’Intelligenza Artificiale viene tirata in ballo anche se si tratta delle ricette dei Tagliolini al Tartufo.
Quando questo fenomeno accade, normalmente è facile sospettare una strategia comunicativa coordinata, ma siccome non amo essere annoverato tra i complottisti, cercherò di chiarire meglio alcuni aspetti, tanto per aiutare me stesso e i lettori a decrittare eventuali “Fake news“.
Per non cadere io stesso nel “Mainstream“, avrei dovuto specificare meglio: “La cosiddetta“, Intelligenza Artificiale o addirittura, “Le Intelligenze Artificiali”.
La definizione di “Intelligenza artificiale”, infatti è molto diversa a seconda delle varie declinazioni della stessa, prendiamo il caso della definizione dell’enciclopedia “Treccani”:
“Si chiama Intelligenza Artificiale (A.I.) quel settore dell’Informatica che studia la possibilità di costruire computer che siano in grado di riprodurre il funzionamento di alcune capacità della mente umana o, nel caso della cosiddetta “Intelligenza Artificiale Forte”, dell’intero pensiero umano”.

Occhio di HAL9000

"Occhio di HAL9000" nel Film 2001 Odissea nello Spazio

L’enormità di ciò che troviamo scritto nella definizione sulla Enciclopedia “Treccani“, di solito molto circostanziata e prudente, deve farci pensare sull’impreparazione di chi scrive sull’argomento:
Se fosse possibile una tale tecnologia, saremmo veramente molto più avanti di quanto in realtà siamo, ma quello che mi ha spinto ad affrontare l’argomento su “Sculturaecultura“, è che nella Comunicazione, si parla disinvoltamente e in tutte le salse, di “Intelligenza artificiale” in grado di produrre “Opere d’Arte”.
Qualche zelante “Pennivendolo“, più sensazionalista degli altri, si spinge addirittura a sostenere che la Intelligenza Artificiale, molto presto sostituirà completamente gli Artisti.
Sparare corbellerie più grosse di quelle che sarebbe “comunemente civile”, ormai sembra diventata pratica comune, chi afferma cose del genere, evidentemente o vuole veramente esagerare o non è consapevole della sua ignoranza, sino al sospetto di malafede.
Io come sempre non potevo esimermi dal proporre la mia solida e ragionevole “via Maieutica” su questa “Vexata quaestio“.
Il tema centrale, tanto per sintetizzare, è assolutamente il solito e si riassume nella domanda: “Cos’è Arte ?” il Focus dal quale origina tutto questo mio Blog.
Gli affezionati lettori di Sculturaecultura, sanno bene che la risposta non può che essere sempre piuttosto articolata e complessa, praticamente, ogni Articolo presente qui su “Sculturaecultura“, si prefigge di fare luce su questo controverso argomento.
Definire l’Arte è sempre molto complicato e, come più volte ho accennato, il Concetto di Arte, ad esempio, è sempre legato alla Cultura di riferimento e soprattutto ha una sua evoluzione in senso “Storico”, cambia cioè col passare dei secoli, ma avrei anche potuto dire “dei giorni”, visto che procede di pari passo con la Coscienza Sociale e Antropologica delle Comunità.

mirò

Arte la rappresentazione secondo Joan Mirò

Tutte le riflessioni e i resoconti storici che ho proposto negli anni, in tanti articoli precedenti, in origine servivano prima di tutti a me stesso, per capire come col mio lavoro di Artista, avrei potuto contribuire realmente al movimento Artistico dare un apporto che potesse essere veramente mio.
In questo concitato periodo storico, ha contribuito moltissimo ad ingigantire la già grande confusione generale sull’Arte, l’evoluzione avuta da “Midjourney“, che è una Applicazione che, come tante altre, poggia su una complessa architettura di “Algoritmi” tra i quali, alcuni, di originati dagli studi sull’Intelligenza Artificiale.
A differenza di “Chat Gpt“, applicazione anch’essa molto nota in questo campo, invece di rispondere all’ interlocutore con un Testo (che spesso si rivela abbastanza cervellotico), produce immagini (anche Iperrealistiche) apparentemente coerenti con il “Prompt“, cioè la domanda che viene inserita dall’utente nell’Interfaccia.

Midjourney

Midjourney l'Interfaccia

Ma andiamo per ordine, ogni volta che ci troviamo di fronte ad un Computer, dobbiamo sempre tenere presenti le moltissime persone che sono state coinvolte nella “Programmazione” del codice che li fa funzionare, che in genere sono Team più o meno numerosi e multidisciplinari.
Alcune delle “Software house” che fanno questo genere di lavoro le conosciamo bene, anche perchè i titolari, hanno ormai una pervasività mediatica tale, da essere ogni giorno sui giornali di tutto il mondo.
Microsoft, Google, Apple, IBM, Adobe, Oracle, ecc, hanno in mano i dati presenti nei nostri P.C.
Dall’avvento del cosiddetto Web 2.0, cioè da quando gli “applicativi” si sono trasformati in Web service sul web, le “Web application“, gli E- Mail service, i vari Cloud, ecc. gli risparmiano anche la briga di doverli copiare in giro con i cosiddetti “Bot”.

Cloud computing

Schema del Cloud computing

Elon Musk

Il Nostro Garante per la Privacy, nei giorni scorsi ha prodotto un comunicato piuttosto minaccioso, puntando il dito verso il servizio “Chat GPT“, che aveva addirittura portato al blocco di questa applicazione di Intelligenza Artificiale dal territorio Italiano.
Chat GPT è una delle A.I. di nuova generazione, ad oggi tra le più famose, è un progetto/Brand di  “Open A.I.” (Società Fondata da Elon Musk e attualmente nelle mani di Microsoft), che dietro compilazione di una richiesta testuale (i “Prompt” appunto) elabora risposte, sotto forma di testo ad essi coerente, riferendosi ad una enorme base di dati.
La questione sollevata dal “Garante per la tutela dei dati personali“, riguardava principalmente  la mancanza di chiarezza nella gestione dei “Dati sensibili“, che la piattaforma acquisisce, ma ad oggi sembra ormai tutto chiarito, visto che l’applicazione è tornata tranquillamente a funzionare anche per gli utenti italiani.
Sopra ho citato “En passant” il supercalcolatore “HAL 9000“, inquietante protagonista cibernetico del profetico film “2001 Odissea nello spazio” del 1968, del regista cult “Stanley Kubrick“, genio creativo prestato alla filmografia, che fu l’assoluto antesignano della questione Intelligenza Artificiale.

2001 odissea nello spazio

2001 odissea nello spazio di Stanley Kubrick

L’intelligenza Artificiale nei Computer, già al tempo generava grandi inquietudini, non mi soffermo sul livello di questo film, che meritatamente entrò da subito nella storia del cinema (come diversi altri capolavori di Kubrick), vincendo anche un Premio Oscar.
Lo consiglio a chiunque non lo avesse mai visto, anche solo per la fantastica colonna sonora, “2001 Odissea nello Spazio“, è fondamentale per rendersi conto che questa ancestrale paura, di essere surclassati o addirittura resi schiavi delle Macchine cibernetiche non è nata certamente in questi giorni, parliamo di una narrazione catastrofistica che nel caso di specie, origina nel 1968, cioè più di 50 anni fa.

Stanley Kubrick

Stanley KubrickKubrick

Attraverso il film, Kubrick sollevò enormi interrogativi, che oggi ancora riecheggiano, si sente di nuovo parlare di “Emergenza Intelligenza Artificiale”, ma oggi, si ha la sensazione che quello che allora appariva piuttosto fantasioso, possa veramente accadere.
Puntando il dito verso i giganti dell’informatica dell’epoca (I.B.M. in testa), Stanley Kubrick prospettò scenari che troviamo riproposti oggi, ma siccome a dispetto di quello che si legge, un reale impatto socio/Antropologico sulla nostra Società è al di la di essere imminente, non foss’altro per i limiti tecnologici che sono ben al di la dall’essere superati, questa campagna comunicativa così battente e dai toni ansiogeni, io lo leggo come uno dei tanti tentativi per destabilizzare le già instabili masse.
Dall’alto della sua geniale creatività, Kubrick raccontò da par suo quell’ansia latente che ancora scopriamo più viva che mai, dando l’idea che sia un vulnus strutturale nella nostra struttura mentale.
Kubrick nonostante i limitati mezzi cinematografici dell’epoca, in un contesto evidentemente fantascientifico, con la poetica incalzante che lo ha sempre caratterizzato in tutta la carriera, raccontò una storia incredibile per l’epoca.
Il film vedeva protagonista una “Intelligenza Artificiale” ribelle, alla quale era delegata la gestione di una astronave in viaggio verso Marte, con una dinamica narrativa che all’epoca definirei praticamente profetica, visto che il semplice concetto di Intelligenza Artificiale  era veramente difficile da comprendere per il pubblico, dato lo sviluppo dell’Informatica era assolutamente agli albori.

Informatica, una nuova frontiera del pensiero umano

Informatica, una nuova frontiera del pensiero umano

Alla luce della piccola guerra del Garante italiano per la privacy, all’Intelligenza Artificiale, ci siamo resi nuovamente conto che la paura delle “Macchine da calcolo“, nonostante l’integrazione ormai cogente dell’Informatica nella nostra vita, non solo persiste, ma anzi, possiamo dire che inopinatamente è addirittura peggiorata.
Nella coscienza di massa, certe paure, purtroppo albergano maggiormente dove l’ignoranza e la superficialità regnano  incontrastate.
Manca la consapevolezza della nostra forza Spirituale e dei mezzi intellettivi, bagaglio essenziale del nostro intelletto e della nostra Anima.
Una narrazione fondata sulla Menzogna, come quella alla quale stiamo assistendo in questi giorni, caparbiamente mirata contro L’Arte e gli Artisti, ha tutto l’aspetto di una macchinazione diabolica.
Il mood dei vari articoli sull’ Intelligenza Artificiale, apparsi praticamente ovunque in questo periodo, ha quasi sempre lo stesso tenore, una comunicazione concertata per essere usata in modo ingannevole, ha l’evidente impronta di Arimane, una comunicazione sempre più vicina alla cultura materialistica, che sta dilaniando la società dei nostri giorni.

San Giovanni Paolo II

San Giovanni Paolo II

San Giovanni Paolo II ci ha sempre messi in guardia dal sottovalutare gli artifici del male, dalla visione semplicistica nella quale  il diavolo non esiste e il semplice pensarlo sarebbe da creduloni.
Escludere a priori che il maligno possa tessere oscure, sofisticate, strategie, per fare il suo “mestiere”, può essere molto pericoloso.
Non sono qui a trattare un argomento così complesso e controverso, tra l’altro non ne ho alcun titolo, a parte alcune passate esperienze personali, voglio solo ricordare che certe manifestazioni, che apparentemente sembrerebbero da attribuire solo alla “cattiveria umana” (come ad esempio il Nazismo), potrebbero aver avuto origini ben più complesse di quelle che a prima vista possono apparire.
Il maligno si può presentare sotto varie forme, possessioni, incarnazioni, ma anche semplicemente tramite la sollecitazione di devianze latenti della natura umana.
Tutti conosciamo bene le attività “Luciferiche”, dove il male lavora prevalentemente sulle dinamiche distorte dell’Ego umano, ma le attività diaboliche di estrazione Arimanica, invece, hanno a che fare con il Materialismo e l’avidità che caratterizzano la Società attuale ovunque nel Mondo, un vero veleno spirituale per l’Essere Umano.
Ci sono uomini nelle cui mani si concentrano enormi risorse finanziarie, potere e controllo, qualcosa che in questo senso assomiglia molto al “lavoro” del malefico.
Possiamo dire che le trame di Arimane, sembrano proprio ciò che ogni giorno di più si va delineando nella nostra Società proprio a partire dal mondo dell’Informatica.
Le inquietanti persone delle quali stiamo parlando, hanno conquistato un potere pervasivo e tracotante, molto rapidamente, perché supportato dagli enormi guadagni che le Web Technologies gli hanno consentito di accumulare.
Questi personaggi, dei quali non voglio nemmeno pronunciare i nomi, senza nessun titolo, pontificano su tesi e scenari futuri, atteggiandosi a guide del nuovo corso mondiale, cosa che per ruolo non gli compete affatto.
Ho già detto che di solito non mi annovero tra i “Complottisti, ma credo di possedere una ottima capacità deduttiva, oltretutto, i ripetuti Alert, che nel tempo ci sono arrivati dalle grandi anime, anche del mondo li considero messaggi da non trascurare e non mi riferisco solo a San Francesco, che comunque Papa Bergoglio ha voluto rievocare con la scelta del suo nome Pontificale.
Da sempre l’Arte è stata una grande alleata dello Spirituale, sin anche evidenziando una stretta commistione nei ruoli, tanti Artisti furono religiosi al contempo lavorando sempre con Dio nel cuore.

Beato Angelico patrono internazionale degli Artisti

Beato Angelico, Frate Domenicano, Artista, Patrono Universale degli Artisti

Basta fare un giro per la nostra Italia, nelle sue chiese, nei suoi musei, tantissime delle Opere d’Arte esposte, sono testimonianze preziose di questa millenaria Alleanza.
Per non ripetermi circa Vasilij Kandinski, o Piet Mondrian, voglio ricordare la famiglia Bach nel mondo della Musica o,  Wolfgang Amadeus MozartPierluigi da Palestrina, ecc. come ripeto sempre, l’Arte è in ogni Arte, non serve citare solo artisti plastici e visuali.

Pierluigi-da-Palestrina

Pierluigi da Palestrina

Vaticinare una imminente fine degli Artisti e dell’Arte, sostenendo che essi possano essere sostituiti equalitariamente dall’azione meccanica di un Computer, è la vera negazione dell’Arte, della sua valenza spirituale, un altro di quegli indizi dello sfrontato “Mentire” che ci dovrebbe immediatamente far aprire gli occhi.
Cercare di neutralizzare l’Arte, strumento da sempre al servizio del Bene, è un’altra mossa subdola per indebolire la presenza salvifica dello Spirito nel mondo, preparando il terreno a Scenari “alternativi”.

Piet Mondrian

Piet Mondrian

Il primario indizio di una azione concertata del mondo del male, è il costante ricorso alla menzogna, il parametro più evidente, presentare come ineluttabili verità, cose che palesemente non hanno ne capo e ne coda, ha lo scopo di forzare la credulità popolare, il che purtroppo non è solo indice di una decadenza della Coscienza Sociale, ma l’evidenza dello sfruttamento strategico di carenze nella genesi del Pensiero.
Tra l’altro va detto che non è che parliamo di una invenzione comunicativa particolarmente innovativa, i Retori, usavano questo artificio già in epoca Ellenistica, in un discorso pieno di incontestabili ovvietà, inserivano la tesi che volevano sostenere, in modo che assumesse uno “Status di affidabilità” che gli derivasse dal contesto credibile che avevano preventivamente preparato.
Papa Francesco recentemente durante il suo Viaggio a Manila, ha puntato il dito sulle continue manifestazioni di presenza del maligno, anche lui lo definisce “Il padre della Menzogna“, richiamando da par suo la nostra attenzione sulla diabolica pratica del “Mentire”, è molto chiaro nel seguente Video.

Papa Francesco

Papa Francesco "Il maligno è il Padre della Menzogna"

La consapevolezza nell’opinione pubblica, che molti degli scenari preconizzati da Kubrick sembrano purtroppo concretizzarsi, contribuisce ad amplificare queste tristi fobie.
All’epoca del lancio del Film, si ipotizzò addirittura che l’acronimo “H.A.L.” derivasse dalla traslitterazione del Logo “I.B.M.” :
Prendendo le lettere precedenti (nell’ordine alfabetico) a quelle che compongono I.B.M. traslitterando (I → H,  B → A, e  M → L) si ottiene appunto H.A.L.
Arthur C. Clarke coautore della sceneggiatura insieme a Kubrick, smentì seccamente tale fantasiosa supposizione, ribadendo quanto già chiarito nel suo libro (“La sentinella“, quello dal quale in seguito nacque il film),  H.A.L. deriverebbe dall’abbreviazione di “Heuristically Algoritmic programmed computer”.
quasi 60 anni dopo, appare come una definizione praticamente divinatoria.

2001 Odissea nello Spazio

2001 Odissea nello Spazio

In realtà la tecnologia sulla quale si basa questa Intelligenza Artificiale (ma sarebbe più corretto chiamarla Machine Learning), è l’applicazione all’informatica delle Reti Neurali di tipo “Transformer” , che con l’ausilio di vari Algoritmi, sembrerebbe conferire alle Macchine la capacità di fare scelte autonome.
L’allocuzione Intelligenza Artificiale, per come è usata in questi giorni è più o meno una Etichetta di Marketing, estremamente generalista, in realtà di Reti Neurali, ne esistono una pletora, la “Transformer” è solo una di queste complesse strutture logiche.
Queste strutture logiche simulano “grosso modo” la risposta delle connessioni neuronali naturali, che proprio per questo, sono molto studiate nelle “Neuroscienze” e sono applicate nella ricerca in Pedagogia e in Neuropsichiatria.

neuroscienze

Le Neuroscienze, lo studio delle dinamiche psico-emotive del Cervello

La rete neurale “Transformer” è un tipo di Rete Neurale molto specifica (senza entrare nelle curve di questo argomento piuttosto complesso), nella versione “Transformer 3″ (Generative Pre-trained Transformer 3), è stata progettata per essere utilizzata in applicazioni inerenti il Linguaggio Naturale Umano (NLP, Natural Language Processing).
I nostri Navigatori satellitari (anche quelli dello Smartphone), applicano diffusamente questo genere di architetture (ad esempio quando calcolano i percorsi, come ci sono Reti Neurali utilizzate per definire i “Modelli previsionali” sui quali si basano le “Previsioni metereologiche“, Reti neurali molto diverse dalla “Transformer”, più adatte ad operare in “Sistemi Caotici” com’è l’Atmosfera del nostro Pianeta.
I nostri “Liners” più moderni, attraversano i mari e i cieli di tutto il mondo con l’aiuto delle moderne Previsioni meteorologiche.
L’applicazione messa a punto da “Open A.I.”, funziona basandosi appunto sul cosiddetto “Trasformatore pre-allenato”, il modo di “Ordinare” e di “Richiamare” l’immensa mole di informazioni disponibili, in modo da individuare quelle coerenti con una determinata frase di ricerca.
Non è affatto un caso che queste Applicazioni di “Intelligenza Artificiale”, abbiano una “interfaccia utente” che origina l’elaborazione a partire da una “descrizione testuale”.

chatgpt tecnologia apprendimento

Chat G.P.T. risponde anche su se stessa

Dalla frase che introduciamo nel box testuale, la Struttura Neurale cibernetica, applicando una serie di Algoritmi (in piccola parte anche Euristici), attua una scrematura statistica tra i vocaboli dei quali dispone, in base ad altri algoritmi, costruisce dei Testi, basandosi su regole statistiche messe a punto confrontando tutti i testi dei quali può disporre.
L’apparente successo di queste Applicazioni è funzione dell’immensa mole di dati che gli sono stati fatti “digerire”:
Testi, Libri, Email, Discorsi, Notiziari, Giornali, è questo il motivo per il quale, si cerca sempre di più di espandere le “Basi di dati”.
Dopo una robusta elaborazione “Chat G.P.T.”, produce un risultato testuale, talvolta estremamente suggestivo.
Uso la definizione “Suggestivo”, in quanto, è proprio la “vicinanza” della risposta, con la struttura del nostro linguaggio naturale (grazie alla Rete Neurale Transformer), riesce a suggestionarci a tal punto, da sollecitare la nostra percezione in modo estremamente emozionale, come avviene nella modalità alla quale siamo abituati dalla nascita.
La simulazione di “Intelligenza” nel testo di risposta, non è poi neanche troppo Artificiale, dato che nell’ultima versione, sembra sia stato introdotta nel processo una fase di validazione postuma, una sorta di “supervisione umana” che verificherebbe la coerenza del testo prodotto.

controllo A.I.

A.I. controllo umano

In realtà, come detto sopra, il testo che si riceve in risposta, ha basi essenzialmente statistiche derivanti da una approfondita analisi sulla consequenzialità e la ricorsività delle parole.
La “Rete Neurale Transformers”, in questa applicazione produce un testo di elevatissima attendibilità statistica, basata su enormi quantità di contenuti coerenti con l’argomento in oggetto.
Questa elevata “attendibilità statistica” sulle probabili sequenze di parole,  la loro interazione nella “Nuvola dei vocaboli” (words cloud), ci fa sembrare questo genere di testo assolutamente accettabile, coerente con ciò che abbiamo digitato e in accordo con le regole grammaticali e semantiche alle quali siamo abituati.
Il testo prodotto da Chat G.p.T, risulta particolarmente attendibile, con il maggior numero di informazioni inserite nella stringa che diamo in “pasto” all’Interfaccia.
Nelle specifiche applicazioni di elaborazione grafica, come  Midjourney, il processo è molto simile, solo che al Prompt testuale, con grande dispendio di potenza di calcolo (che richiede anche un discreto tempo),

Prompt Manager di Midjourney

Il Prompt Manager di Midjourney

l’applicazione produce quattro immagini, che risultano coerenti con la “descrizione testuale” inserita dall’Utente. Queste immagini possono essere ulteriormente rielaborate, in proprio con i classici programmi di grafica “Stand Alone”, come Photoshop, Gimp, Corel Draw, Illustrator ecc. oppure rimettendosi in coda nell’applicazione, cercando di adeguare meglio il “Prompt”, verificando che vengano prodotte immagini più vicine ai nostri desiderata.
Lungi da me la volontà di sminuire il grande lavoro di programmazione informatica, in se molto interessante, ma questa applicazione usa una serie di algoritmi per elaborare immagini, già presenti nei Database di riferimento, quindi le sue scelte, non sono per nulla creative, di conseguenza come possono essere minimamente paragonabili a quelle “Create” da un Artista.
Come accennato sopra, la “Rete neurale Transformers” riferisce circa immagini disponibili, coerenti con il Prompt digitato e che rispondono ai parametri statistici definiti, l’algoritmo farà il resto.
Alle immagini scelte, su indicazione dell’utente si può eventualmente applicare anche lo stile grafico di un Artista specifico.
Se ad un Prompt si aggiunge  “In style of Kandinsky”, si andrebbe ad attivere un Algoritmo che applicherebbe il “Modello grafico” del “Maestro dello Spirituale nell’Arte“, una sorta di sintesi Grafico/Statistico ad emulazione dello stile di Vasilij Kandinsky (o di qualsiasi altro pittore che si volesse ricalcare).

Fuga di Vasilij Kandinsky

"Fuga" di Vasilij Kandinsky

Non credo esista nulla di più meccanico e meno “artistico” del processo che ho appena descritto.
Chi cita le immagini prodotte con l’Ausilio di “Midjourney”, accostandogli l’aggettivo “Artistico”, proferisce una Blasfemia multipla:
Nella operazione Informatico/Statistica, ovviamente non vi è nulla di Creativo, ogni immagine elaborata deriva da qualcosa che è già presente nei Database che sono stati forniti all’Intelligenza Artificiale, questo è l’esatto opposto di ciò che fa un Artista.
Negli articoli che ho letto si  confonde l’Arte con la Pittura, come se fossero sinonimi, quando la Pittura è solo una delle  tecniche con le quali si può fare Arte, quando rileviamo questo errore, evidentemente chi scrive o parla o è un totale incompetente o la superficialità è la sua linea guida di elezione.
Molte volte in questo Blog ho citato le Muse, alle quali può essere ricondotta ogni specifica forma artistica, in ossequio al rispettivo mito e dalla specifica Genesi.

muse ispiratrici dell'Arte

"Muse dell'Arte" - Museo deriva proprio da Muse

Parlando di Arte in modo così superficiale e poco competente, si dimentica che la produzione artistica spazia dalla Poesia, alla Scultura, alla Musica, alla Danza, ecc. non vedo proprio come queste attività creative e interpretative, proprie dell’identità umana dalla notte dei tempi, possano essere declinate tramite degli Algoritmi statistico/informatici, è già complesso farlo se si dispone di una Intelligenza Vera, se non la si usa nella maniera corretta.
Un team di persone spesso assolutamente avulse dalla Storia dell’Arte, costruisce elaborazioni tramite un Computer, da sempre definito un “Cretino veloce”, perchè la sua funzione peculiare è l’enorme rapidità nell’esecuzione di calcoli e funzioni matematiche.
Attingendo ad una “Palette” di Opere visuali create da persone le più diverse, nelle epoche più diverse – che tra l’altro non tutte sono realmente realizzate da veri Artisti – al massimo è una pura operazione “grafica”.
Non mi sento di offendere i Grafici, che pure non sono Artisti, sono professionisti che per formazione sono vicini a degli Illustratori, quindi non hanno nulla a che vedere con l’Arte.
Chi scrive di questi argomenti e arriva a dire che si tratta di macchine (o web application), che producono Arte, usando l’Intelligenza Artificiale, si dovrebbe vergognare nel firmare il proprio pezzo, non solo perchè offende gli Artisti nel loro impegno di una vita, ma perchè offende l’Intelligenza (Quella vera che Dio ci ha donato), i Lettori/Spettatori, che non sono ignoranti e superficiali come questa gente crede, e comunque, per primario imprinting umano, di fronte ad ogni rappresentazione, le persone si aprono sempre emozionalmente, e questo deve essere imprescindibilmente rispettato.
Chi fa il giornalista di “professione” ha il dovere di informare correttamente, dovrebbe essere sempre dalla parte dei  lettori perchè gli conferiscono questa importantissima delega ad indagare, non ad ingannare.
Dopo aver scritto una baggianata così colossale, come minimo, deontologicamente si dovrebbe avere la creanza di rimettere il proprio tesserino all’Albo professionale.

Carta Stampata

La "Carta Stampata" i grandi Quotidiani

Il flusso di informazioni sul “Web”, purtroppo ormai comprende anche i grandi Quotidiani, la cosiddetta “Carta stampata”, che una volta rappresentava anche una sorta di garanzia di affidabilità della notizia, per inseguire le dinamiche “Acchiappaclick”, sempre più spesso ha completamente abdicato alla sua fondamentale funzione professionale.
Complice l’utilizzo superficiale degli Hastag nei “Social Media“, si è generato un grande “Fritto misto” informativo, che non è affatto sottoposto alla verifica della veridicità delle fonti, cosa che e sempre stata il segno distintivo della professione Giornalistica.
Io reputo che il mio lavoro Artistico abbia radici profonde nella Cultura del mio tempo, che risente in pieno della enorme eredità storica della quale sono assolutamente consapevole, come si può minimamente parlare d’Arte se a produrre immagini è un computer, per quanto guidato da algoritmi assolutamente ben ingegnerizzati.
Il movimento Artistico Contemporaneo, anche se talvolta può apparire, non genera mai contenuti svincolati dalla realtà, non foss’altro emotiva ed emozionale, senza poi trascurarne mai l’ apporto sociologico, che è componente fondante dell’Arte Contemporanea.
Non esiste nulla di più deleterio di un’Arte che si piega al flusso comunicativo generale, su “Sculturaecultura” ho più volte stigmatizzato addirittura la figura del “Committente“, proprio perchè cozza con il concetto di Artista nel quale mi riconosco.
Lavorare sotto precise direttive altrui, sottomette l’Arte al ruolo di mero artigianato, di una prestazione d’Opera manuale, magari anche di altissima qualità, ma che rappresenta una completa abdicazione a quel “Processo creativo” che invece è caratterizzazione dell’identità creativa dell’Artista, nel processo sopra ampiamente descritto, di “Processo Creativo” non si può minimamente parlare.
Il percorso creativo di un Artista, è sempre in continua evoluzione, in virtù della continua evoluzione del concetto di Arte.
Questa parola fondamentale è assolutamente sovrautilizzata, oserei dire abusata, violentata nel suo significato profondo e reale, figuriamoci se può anche essere riferito agli elaborati di un Computer.
Il “mood” ineludibilmente per praticare la nostra professione, è sicuramente la “Creatività” e quella non può essere in alcun modo standardizzata, sarebbe praticamente un ossimoro.
Nella mia concezione Arte è sinonimo di “Pensiero”, la forma più elevata del Pensare, più volte ho ribadito che l’Arte è  concettualmente vicina alla “Filosofia“, che sicuramente non è una scienza esatta, ma è il metodo migliore di esercitare la disciplina del “Pensiero”, il Pensiero è parte integrante del Processo Creativo.
Cartesio” ci assiste con la sua espressione più famosa: “Cogito ergo sum” (Penso! quindi sono!),  “Descartes” con lei riassume la caratteristica peculiare dell’Uomo.
Il Pensiero è atto Umano uno di quelli che più avvicina l’umano al Divino, come senza ombra di dubbio è l’Arte, entrambi sono funzione dell’Intelligenza, che per nessuna ragione può o potrà mai essere Artificiale.
Potrà succedere che i Computer arriveranno a produrre qualcosa di simile alla scelta logica, che magari sarà ottenuta con varie forme di Reti Neurali incrociate in tempo reale, ma questo non è neanche di la da venire, anche perchè non esiste una piattaforma tecnologica che lo tecnicamente lo consenta.
Fare questo necessita inoltre un incremento drastico delle capacità di calcolo, non sarà certamente in questo secolo, la Legge di Moore è piuttosto chiara in merito, ma come al solito, questo è tutto un’altro Articolo.

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Arte e Guerra

Posted in Estetica e Bellezza, Filosofia dell'arte on marzo 18th, 2022 by Francesco

di Francesco Campoli

Innanzi tutto mi devo scusare con i tanti amici che seguono assiduamente il mio Blog.
Questa volta il mio Articolo su SCULTURAECULTURA arriva con un po’ di ritardo rispetto alle cadenze abituali.
Purtroppo, come avrete immaginato, il ritardo è conseguenza di un tragico “cambio di programma”.
L’intento più volte dichiarato di SCULTURAECULTURA è trattare il tema dell’Arte, non in modo astratto e autoreferenziale, ma mettendola al centro della Vita e della Cultura del nostro tempo, esattamente in questo tempo, dove tutto appare sempre più una triste Farsa, invece quella che vediamo esplodere intorno a noi, assume ognigiorno di più i contorni di una Tragedia.
Ho voluto riscrivere l’Articolo ex novo, anche se ormai quello già scritto era ormai in via di pubblicazione, perché gli eventi epocali di questi giorni, non possono passare sotto traccia.
La Guerra in Ucraina ci ha colto impreparati, non perchè eravamo distratti, ma perchè ormai nella nostra testa, tutta orientata ad una malintesa autorealizzazione, la parola Guerra, nel linguaggio corrente “Politically correct“, sembra non dover essere contemplata.

Colosseo Ucraina

Il Colosseo illuminato con i colori della bandiera Ucraina

Per quanto mi concerne, certi accadimenti non devono essere affrontati senza far sorgere in se delle profonde domande esistenziali, come Essere Umano in generale, ma a maggior ragione per si picca di essere un Artista.
Scrivo “essere” invece che “fare”, non per un errore ortografico, ma nella consapevolezza che l’Artista non è un mestiere, una professione come le altre, ma coinvolge il proprio modo di essere, di vivere le emozioni, quelle personali, ma soprattutto gli stati d’animo collettivi.
Nulla di peggio di una guerra, che sicuramente ha risvolti sociologici e “sociali”, di grado esiziale, specialmente sui più piccoli che saranno le generazioni su cui si baserà il domani.

La Guerra è dissecante anche a livello esperienziale, spesso al punto di farci vivere una sorta di distacco dalla realtà, anche se si ritiene di essere individui emotivamente solidi.

Ucraina Guerra Milano

Milano manifestazione contro la Guerra in Ucraina

Le emozioni che si vivono in queste situazioni sono così dirompenti che è necessario analizzare, capire e soprattutto non smarrire la propria umanità.
La Dicotomia sorge in noi cercando di trovare un senso ad azioni inumane che, evidentemente, un senso non ce l’ hanno.
Se veramente, prima o poi (meglio prima), vogliamo dar reale valore all’affermazione “Mai più guerre”, che suona purtropo assolutamente retorica, ognuno deve fare veramente la sua parte.
Per gli Artisti è fondamentale misurarsi – professionalmente e umanamente – con tutte queste sconvolgenti emozioni, senza nascondersi dietro ad un malinteso simulacro di bellezza.
Retoricamente ci difendiamo sempre con le stesse scontate affermazioni, senza fare veramente passi più concreti.
Quando ripeto ossessivamente che, il superficiale accostamento di Arte e Bellezza, è un errore concettualmente madornale, mi riferisco proprio a chi nell’Arte cerca solo il “Bello” relegando l’Arte ad una mera funzione Estetica, oltretutto, “il Bello”, è un parametro assolutamente soggettivo e strettamente legato al contesto culturale di riferimento.
La vera Arte deve avere soprattutto una enorme valenza Etica, se non altro in virtù della sua penetrante efficacia comunicativa, talvolta veramente dirompente, che realmente è in grado di cambiare il mondo.
Vedere ripetersi continuamente il triste fenomeno della Guerra, ai nostri giorni, in ogni angolo della terra e nelle più svariate realtà socio-culturali mostra il senso del fallimento evolutivo di interi popoli.
La Guerra è la dimostrazione patente che questa regressione si conferma anche a livelli ancor più “globali”.
Uso la parola “globali” per stigmatizzare quanto quest’ultima, spesso sia usata in modo scorretto, in particolare nella descrizione dei fenomeni socio-economici che, come stiamo ormai chiaramente vedendo, stanno disarticolando la struttura stessa della Comunità Umana del nostro tempo.
Da molto tempo ormai, con “Globalizzazione”, si sottintende solo il fenomeno economico, invece, quello con cui ogni giorno ci scontriamo, non è solo un fenomeno economico, ma è prima di tutto, l’evidenza dell’allargarsi di crepe fatali nella struttura dell’intero  Organismo Sociale.
Queste fratture concettuali nei Principi socio-culturali (che noi stessi ci siamo sbrigati a canonizzare), rendono instabile e inadeguato un Sistema che invece si dovrebbe rispecchiare in Principi realmente “Etici”.
Le dinamiche socio-economiche sarebbero le prime che dovrebbero essere viste con la “lente” etica, ma invece si vede nel benessere economico come l’unico indice della Civiltà di una Nazione, questo diventa un principio estremamente pericoloso per la tenuta del “Patto sociale”.
Sappiamo tutti che questo metro di valutazione è sbagliato, ma sempre più siamo portati a girare lo sguardo ad accettare supinamente il concetto.
Non è strano per la gente dare per scontato che un benestante è anche una brava persona, mentre è più che evidente, che persone che hanno disponibilità economiche fuori dal comune, non sempre le conseguono in modo onesto ed eticamente ineccepibile.

Oligarchia

Oligarchia

In questi giorni sentiamo spesso la parola Oligarchi, usata come sinonimo di “Estremamente Ricco”, ma questo non è altro che il perpetuarsi del medesimo errore: Avere una visione essenzialmente Economicistica.
L’Oligarchia è essenzialmente una modalità elitaria di gestione del potere, non solo in forma etimologica (olígoi = pochi e arché = governo, “governo di pochi), ma soprattutto in termini politici.
Gli Oligarchi gestiscono il Potere, sono “Potenti”, non necessariamente sono  “Ricchi”, infatti, semmai sarebbe il meccanismo per il quale, questo genere di “Potenti” alla fine diventa sempre immensamente ricco.
Il principio è molto ben spiegato da Platone, in particolare nel suo trattato in forma dialogica “La Repubblica”.

Platone la Repubblica

Platone "La Repubblica"

Cito sempre Platone per mille motivi, nel libro VIII de “La Repubblica”, la forma di potere Oligarchica è molto ben circostanziata, invito chi non conoscesse quei passi a rivederseli, come al solito, gli scritti di Platone sono sempre estremamente illuminanti.
“La Repubblica” nei principi (ovviamente non in termini assoluti), non deve colpire perché sembra un riuscitissimo esercizio di preveggenza, per quanto stupefacente è semplicemente un ottimo esempio di “Speculazione Filosofica“.
Anche Aristotele nel suo “Politica” tratta diffusamente il tema, gli antichi Filosofi greci, proprio perché ritenevano fondamentale la gestione del Potere nella “Polis“, ragionavano molto sulla ripartizione Potere nella struttura gestionale delle loro “Città Stato”.
La gestione del Potere nella Democrazia da dêmos (Popolo’) e da kratéō (Comando), che come noto è stata ideata e applicata proprio dagli antichi Greci,  è un fattore assolutamente dirimente, non è un caso che tra i più grandi filosofi ne hanno profondamente ragionato.
Questo una volta di più, dimostra quanto la Filosofia sia sintesi razionale del Pensiero, come più volte ho scritto anche su SCULTURAECULTURA, l’Arte, essendo figlia prediletta della Filosofia, è l’altra forma essenziale del “Pensiero collettivo”.
La Filosofia è la forma analitica e razionale del “Pensare”, l’Arte è la forma di Pensiero più emozionale e creativo, a mio avviso la modalità più rappresentativa dell’ Essenza Umana.
Purtroppo Filosofia e Arte non sono le due uniche compagne del cammino evolutivo dell’Uomo,  la Guerra è stata da sempre un terribile “carattere recessivo“, e purtroppo “rigurgita” abbondantemente dalle pagine peggiori della Storia dell’ Umanità.
Al di la della terminologia para-genetica, questa esecrabile modalità di “risoluzione delle controversie”, non è una componente congenita, ma peggio, molte volte è stata e continua ad essere, una scelta “razionale”, spietata.
La Guerra mira solo alla conquista di vantaggi politici, territoriali e alla fin fine economici.
Anche nell’antico mondo greco, l’ Oligarchia sconfinava regolarmente nella “Plutocrazia“, dal Greco antico ploûtos (ricchezza) e krateín (potere), infatti sarebbe appunto più corretto chiamare così, il predominio di un ristretto nucleo di Ricchi sull’intero Organismo sociale.
La Plutocrazia è da sempre uno di quei “Caratteri recessivi” proprio della Russia, nella sua età “Sovietica” e ancor prima nella sua forma Zarista.
Questo per ricordare a me prima ancora che agli altri, che purtroppo esistono nei popoli, problemi socio-culturali “endemici”  e che la soluzione agli stessi, deve essere vista come la ricerca di una vera e propria “forma di evoluzione collettiva” delle rispettive Società.
La Guerra come “mezzo di risoluzione delle controversie”, è un evidente problema evolutivo dell’intero Genere umano,  anche la nostra coltissima Costituzione lo richiama diffusamente.
Nel testo fondamentale sul quale fu costruita la nostra Nazione, i rapporti Etico-sociali e quelli Economici, sono trattati addirittura in due differenti Titoli (Titolo II e Titolo III).

Benedetto Croce

Benedetto Croce

Non è un caso che uno dei Padri Costituenti, che definirei senza tema di smentita tra i più rappresentativi, fu Benedetto Croce, grande Filosofo anche lui, e in grandi passi della Costituzione italiana, si legge chiaramente la sua modalità ontologica e di costruzione del Pensiero.
Croce, anche per via del suo interesse accademico per l’Estetica, fu anche un apprezzatissimo Filosofo dell’Arte (vicino alla visione di Hegel) ad ulteriore conferma che, queste due discipline del Pensiero sono assolutamente complementari.
La rispettiva complementarità si evidenzia in modo ancor più eclatante, se si pensa che l’altro grande Filosofo, vicino anch’egli alla dottrina dell’ Estetica Hegeliana, Giovanni Gentile, che militò su fronti politici assolutamente opposti rispetto a quelli sostanzialmente “Liberali” di Benedetto Croce.

Giovanni Gentile

Giovanni Gentile

Giovanni Gentile fu l’ ideologo del Mussoliniano Partito Fascista, tant’è vero che alla fine venne ucciso dai Partigiani del G.A.P..
A mio modesto avviso, per le ragioni sopra esposte, è estremamente importante che l’Arte si confronti con la Guerra, ma non come magari ha fatto per secoli, come mero megafono celebrativo.
Così come avvenne per le vite dei Santi, gli Artisti molto spesso furono chiamati dai loro Committenti, a raccontare e celebrare le imprese di guerra di illustri antenati o di loro fidati Capitani di Ventura.
Non fanno eccezione neanche Michelangelo Buonarroti e Leonardo da Vinci, anche se per varie ragioni queste commissioni alla fine non si concretizzarono.

Battaglia di Cascina Michelangelo Buonarroti

Michelangelo Buonarroti "La Battaglia di Cascina"

Solo in epoca più recente, in particolare in quella Moderna, la Guerra venne finalmente fortemente stigmatizzata dagli Artisti, uno degli  esempi più eclatante fu Pablo Picasso.
Il grande artista spagnolo con il suo celeberrimo dipinto “Guernica“, denunciò e descrisse crudamente il barbaro bombardamento della cittadina basca da parte dell’aviazione nazista durante la guerra civile spagnola.
Il noto dipinto di Picasso (attualmente esposto al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid), fu al centro di una famosa diatriba tra il grande artista e un potente gerarca Nazista.
Si narra che questo comandante Nazista (che era stato inviato da Hitler per gestire le operazioni in appoggio al Generalissimo Francisco Franco), a colloquio con Picasso, disse al grande Pittore spagnolo: “Maestro, l’avete fatto voi questo orrore? Pablo Picasso gli rispose seccamente: “No l’avete fatto voi !!!”.

Guernica Picasso

Guernica Picasso

Personalmente io considero “Guernica” una delle grandi cesure tra la concezione storica dell’Arte in forma rappresentativa, appunto quella malintesa come omologa di “Bellezza”.
Una delle peggiori dimostrazioni dell’oppressione Nazista, fu in particolare quella sull’Arte Moderna, ci fu addirittura una accanita campagna di distruzione di moltissime Opere d’Arte, estremamente preziose, sia artisticamente che storicamente.
La propaganda Hitleriana definiva quella evoluzione al di fuori dei cliché convenzionali dell’Arte Classica “Arte degenerata” e lavorava ossessivamente per farla scomparire, forse anche perché Hitler, come molti sapranno, era un Pittore oltremodo fallito, tant’è vero che spregiativamente è stato più volte apostrofato “Imbianchino”, aggiungo io senza offesa per gli imbianchini.
In verità anticamente, già Hieronymus Bosch aveva già scelto di allontanarsi dai soggetti aulici tipici di molti suoi contemporanei.

Hieronymus Bosch La Tentazione

Hieronymus Bosch La Tentazione

Georges Braque

Georges Braque

La destrutturazione dell’immagine pittorica, già ricercata da Paul Cézanne e poi canonizzata nel “Cubismo” di Picasso e del suo amico George Braque, aveva appunto lo scopo di allontanarsi dal concetto di “Belle Arti” a favore di un’Arte più emozionale, simbolica ed essenziale, più vicina alla sintesi poetica dell’Artista che alla mera rappresentazione com’era sempre stato.

Napoleone Bonaparte

Napoleone Bonaparte

Uno dei più importanti committenti di dipinti sull’epica della Guerra fu Napoleone Buonaparte, che scelse di comunicare la retorica di Guerra mediante l’Arte.
Per celebrare le sue imprese di conquista e sostenere la sua immagine di grande conquistatore ordinò moltissimi lavori ai più importanti artisti dell’epoca.

Giovanni Fattori Autoritratto

Giovanni Fattori

Persino Giovanni Fattori, non certo un guerrafondaio, ricevette molte commissioni in tema di grandi battaglie e rievocazioni di scene militari, ma usò sempre la sua maestria tecnica in uno stile che definirei “documentale”.
Le sue opere a tema bellico presentano ad esempio Divise sempre estremamente accurato, ma al contrario, non usò mai esaltare le attività belliche, come invece fecero molti dei suoi colleghi, nel corso dei secoli.

Giovanni Fattori battaglia di Magenta

Giovanni Fattori battaglia di Magenta

La battaglia di Waterloo William Sadler

La battaglia di Waterloo di William Sadler

Come ho raccontato sopra, l’Arte talvolta fu assolutamente asservita alla retorica della Guerra, in particolare come mezzo di propaganda ma in realtà, quella che poi cambiò, fu la libertà dell’Artista di scegliere i soggetti da rappresentare e sempre più spesso si trovò a stigmatizzarne gli orrori.

Quando l’artista eseguiva progetti imposti dai suoi committenti, era un mero surrogato della Fotografia,  nell’evoluzione moderna del concetto di Arte, Artisti come il su citato Picasso, rappresentarono soprattutto le personali emozioni che la guerra suscitava in loro, noi Artisti contemporanei, anche a causa dell’occultamento mediatico che di solito vela le guerre dei potenti , ci siamo confrontati poco con quello che continua ad essere il medesimo orrore.
Le guerre attuali sono molto diverse da quelle affrontate nei campi. La battaglia di Magenta si svolse nei campi, quella di Waterloo avvenne in una sperduta località belga, le battaglie, in tempi recenti, purtroppo hanno avuto le nostre città citta come teatro.

guerra ucraina

guerra in Ucraina, Mariupol distrutta il 90 per cento

La Siria, il Libano l’ex Jugoslavia e adesso le grandi città Ucraine, potrebbero essere molte delle nostre città.
I palazzi distrutti, gli Ospedali, le Scuole, potrebbero essere le nostri, stavolta gli Autobus colpiti in mezzo agli incroci e i Tank in coda sulle normali autostrade, ci lasciano sgomenti, inebetiti, anche per le modalità incomprensibili.
In realtà queste immagini inquietanti, diverse nell’ Outlook ma identiche nei contenuti, sono le stesse che troviamo nei bassorilievi sull’Arco di Costantino, duemila anni fa, niente di nuovo sotto questo cielo.

Fregio con La Battaglia di Ponte Milvio

Arco di Costantino fregio con La Battaglia di Ponte Milvio

Roma arco di Costantino

Roma arco di Costantino

In realtà hanno tutte un denominatore comune: Il Male, non a caso in questi casi, in molti tratteggiano profili da Anticristo per i rispettivi protagonisti.

Ungaretti da poeta illuminato, ci ha rivelato gli orrori umani nelle trincee della prima guerra mondiale.
Richiama magistralmente in noi, immagini da gironi danteschi, rese ancora più crude attraverso il linguaggio “Ermetico” che sicuramente è il più adatto per tratteggiare poeticamente quegli orrori e soprattutto le emozioni destabilizzanti che facevano sorgere nei malaugurati attori.

Uomini in armi che si dibattono nel fango delle trincee come dannati dopo il giudizio universale.
Oggi raramente gli eserciti si affrontano totalmente sul campo, le trincee sono le barricate stradali, i missili arrivano da centinaia di kilometri di distanza, li viviamo distaccati, quasi fossero la ribalta di uno stupido videogame.
Molti dei focolai tutt’ora in armi ci sono praticamente sconosciuti, ma stavolta, in Ucraina è assolutamente diverso.

San Martino del Carso Ungaretti

Poesia San Martino del Carso di Giuseppe Ungaretti

Nelle accademie, nei Licei artistici e nelle scuole d’Arte non si insegnano tecniche adeguate a rappresentare lo sgomento che tutti noi proviamo.
Siamo spaventati soprattutto nel pensare che quel Male, probabilmente è anche parte di noi, con le parole di oggi, diremmo che è “Endemico” e nessuno se ne può sentire escluso.
Una cosa è certa gli Artisti in genere sanno leggere introspettivamente in se, quel Male riescono anche ad intravvederlo, ma non sappiamo ancora dipingere i quadri giusti, non abbiamo ancora i colori giusti, forse perchè quelli che abbiamo sono per “Belle Arti” e, nella guerra, non c’è proprio nulla di bello.
Siamo creativi, dovremmo saper urlare lo schifo per l’inutile morte di un bambino, ma la Guerra è distruzione, l’antitesi esatta della creazione.
Ci dovremo lavorare, dobbiamo trovare strumenti giusti, fare monumenti con brandelli di muri crollati, piramidi con i sacchi di sabbia, tappeti di schegge di vetri scoppiati.
L’Arte, lo sappiamo da un pezzo, perchè ce l’ha detto e ripetuto molto chiaramente Theodore Adorno, nel suo “Teoria Estetica“.
Abbiamo necessità di riconfigurare il ruolo per l’Arte, abbandonare l’esteticamente bello sostituendolo con il dannatamente vero.
Era appena finita la guerra quando Adorno scrisse quel suo saggio, un Filosofo ebreo, che sapeva bene che nulla sarebbe stato più come prima, in ogni guerra l’unica arma contro quell’orrore è l’Arte e la sua potente valenza taumaturgica.
Sono passati più di settant’anni e dovremmo stupirci di non aver capito ancora, che questo è un concetto fondamentale, l’Arte non è una bella statua in giardino o un bel quadro colorato in salotto, non possiamo continuare a pensare all’Arte come ad una vecchia modalità per descrivere Uomini e cose del passato.
L’Arte è viva e deve portare verità ogni giorno, deve aiutare a costruire il futuro, un futuro che nasca dentro le nostre anime più che nel nostro portafoglio, ma anche questo, come al solito, sarebbe tutto un altro articolo.

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Arte e Retorica

Posted in Filosofia dell'arte on luglio 24th, 2018 by Francesco

Di Francesco Campoli,

Tutti i frequentatori di “Sculturaecultura“, ormai, conoscono il  filo rosso che lega il mio “Blog”, alla mia personale ricerca artistica, anzi, probabilmente lo potrei descrivere proprio come la sua formale redazione.
Per cercare di comprenderne il successo, ho riflettuto spesso sulle possibili ragioni, sono giunto alla conclusione che, forse, è proprio questo esperimento socio – culturale la ragione dell’apprezzamento del pubblico e di molti addetti ai lavori, come se si fosse tutti in un “reality”, sulla nascita di un’opera d’arte, un reality, però, stavolta, pieno di contenuti e di alti obiettivi.
Credo sia inutile mostrare le statistiche fornite dal provider – come invece ho fatto in altri articoli precedenti – ma posso confermare che, il trend di 1.000 nuovi visitatori al mese, si manifesta addirittura in crescita, di questo non posso che ringraziare, onorato per l’apprezzamento.
Non vorrei enfatizzare troppo questo mio impegno, però mi piace ribadire che ritengo estremamente  importante che, un artista eserciti per primo estrema chiarezza sul suo lavoro.
Lo deve fare in ossequio ai suoi collezionisti, e nei confronti della Società, alla quale cerca di offrire il suo contributo altrimenti, lascia la porta aperta ad esegesi fin troppo libere, da parte di critici prezzolati e interessati a tutto, forché agli sforzi di chi, l’Arte la fa veramente.

Solisti di Perugia

Concerto Sinfonico

Non starò qui a ribadire che, purtroppo, questo, è reso sempre più necessario, in ragione della decadenza delle  attività,  tradizionalmente deputate all’incontro tra il lavoro di un artista e il pubblico, come le mostre, le fiere, i concerti, le pièce teatrali, i balletti, gli happening di Poesia, ecc.
L’approccio superficiale, che la società contemporanea e i media, hanno nei confronti dell’Arte, è tutt’altro che illuminista e men che meno “illuminato”.
Le aziende, sempre più in crisi e sempre più piccole e prive di risorse, non tengono più fede al loro tradizionale ruolo di Mecenati, mentre le istituzioni, sono sempre pronte a ribadire la scarsa valenza economica del mondo dell’Arte, commettendo un errore sociologicamente madornale.
Quella che può sembrare la solita rivendicazione di un artista che cerca di valorizzare il proprio lavoro, vuole essere invece un momento di forte denuncia.
Ho la speranza che, almeno chi frequenta questo Blog (e per fortuna sono tanti), apra gli occhi e prenda coscienza  di una triste e pericolosa evenienza che si sta verificando nel nostro Paese.
Sembrerebbe che io stia usando un tono decisamente allarmista, ma questo è legato all’enorme valore che personalmente attribuisco all’Arte e alla sua funzione.
L’Arte è sempre stata una attività fondamentale nell’evoluzione dell’Uomo, anche in senso antropologico – come ho avuto modo di chiarire ampiamente in un articolo precedente – ma è ancor più fondamentale, perchè è testimonianza della storia emozionale dell’Essere umano.

Arti Visuali

Arti Visuali

Come è ormai noto, non mi riferisco mai alle sole “Arti visuali“, ma a tutte le Arti conosciute e a quelle che probabilmente ancora dobbiamo canonizzare o addirittura inventare, perchè  nulla vieta di pensare che, prima o poi, non troveremo qualche nuovo modo, di evocare emozioni e raccontare paure e moti dell’anima, personali o collettivi che siano.
Non è così aleatorio come potrebbe apparire, ad esempio, basti prendere atto che, il Cinema viene chiamato “settima arte“, segno che, prima, ne ‘erano considerate solo 6, poi ne venne accettata una settima.
In realtà la lista delle Arti, originariamente includeva anche la Retorica, considerata allora come la “settima Arte“, ed ecco che si comincia a delineare meglio la ragione del titolo di questo articolo, comunque consiglio a tutti coloro che volessero approfondire meglio, di seguire “Questo Link“.

Ricapitolando, della cronologia degli eventi si occupa la Storia, la storia dell’ArteLa musa Clio sul carro della storiainvece, non è altro che lo studio dell’Arte in relazione al trascorrere del tempo, considerata anche la variazione di sensibilità culturale connessa col passaggio del tempo.
La “Vera” Arte però, è lo specchio delle emozioni più profonde nell’animo umano, ecco perchè, l’Arte non può essere solo sinonimo di Estetica, di “Bello”, come molto spesso si sente affermare.
Sono il primo ad essere cosciente che, ho dovuto aggiungere l’aggettivo “Vera”, alla parola Arte, ma purtroppo esiste un discrimine, tra le attività che non sono Arte, ma che erroneamente  (spesso per superficialità e/o ignoranza), vengono considerate tali.
Questo articolo, forse un po’ anomalo per questo Blog, che, di norma, nasce per essere una sorta di racconto della mia personale catarsi, fare il racconto dell’affanno di un artista che vive ogni giorno la sua professione.
Spero che ormai sia chiaro che, sono un artista che cerca di dare un contributo – piccolo o grande che sia -alla società, all’Essere umano, non cerco di creare begli oggetti, un compito che portano avanti con grande successo i “Designer”.
Con il mio lavoro, cerco di accendere nel pubblico, nei miei collezionisti, quella scintilla di ragione, che aggiunta a quel soffio di universo, dimostri che siamo potenzialmente fatti ad immagine e somiglianza di Dio.
Stavolta vorrei mettere l’accento su una cosa che ritengo estremamente importante, e cioè la comunicazione che spesso viene costruita attorno all’Arte.
Ritengo sia molto grave influenzare negativamente la percezione dell’Arte, perchè l’Arte è l’anima di un popolo, che in essa conserva la propria identità emotiva.

Rudolf Steiner

Rudolf Steiner

Ripeto perchè non vi siano equivoci, non parlo dell’identità antropologica di un popolo, per quello ci sono già i politici che ci puntano sempre di più, ma parlo dell’anima di un popolo, quella componente spirituale comune, così come la tratteggiava Rudolf Steiner, una cosa molto più delicata e importante.
In altri casi, come ad esempio i diritti umani, quelli degli animali, le dinamiche socio-politiche di attualità, sui social-media, si scuotono fortemente le coscienze, spero che questa mia riflessione, sia utile a far nascere almeno una meditazione, perchè questo è uno degli obiettivi più importanti per un artista.
Il concetto di Retorica, in realtà è ben più ampio di quello che immaginiamo a primo impatto, l’Arte di convincere attraverso la parola – che in realtà nasce ad Atene con i Sofisti, nella seconda metà del V secolo A.C. – ed è da considerare un’Arte, proprio per la ragione che ho esposto sopra.
Attraverso gli “Artifici retorici” maneggiati con sapienza, si possono generare o richiamare emozioni estremamente profonde, così basiche da riuscire ad indurre stati d’animo estremamente intimi, positivi o negativi, che talvolta possono essere anche  estremamente negativi.
Nella storia, purtroppo esistono esempi assolutamente tristi e sconcertanti e posso utilizzare il peggiore degli esempi, con il quale è sempre difficile misurarsi, ma forse il più emblematico nei secoli recenti: il Nazismo, o “Nazionalsocialismo” che dir si voglia.

Il Nazionalsocialismo

Il Nazionalsocialismo

La cosa tristemente interessante ed estremamente inquietante, di questa tragedia dell’identità umana, è proprio che originò da un lavoro di comunicazione così organico, articolato e strutturato, che, personalmente, a ripensarci mi lascia ancora stupefatto.
Chi conosce la mia lunga e complicata storia professionale, sa che la mia vita passata (Come la chiamo io), mi ha visto parte attiva in moltissime campagne di comunicazione, nel decennio nel quale ho lavorato come Marketing Manager e Profiler, in una Agenzia Pubblicitaria.
Non è la forza di persuasione della comunicazione che mi stupisce, ovviamente la conosco bene, ma è il livello di influenza che il Nazionalsocialismo è riuscito ad ottenere.
Trasformare quello che all’epoca, era da considerare il Popolo culturalmente più evoluto, praticamente in ogni settore della società, nel popolo che ha compiuto, quasi ciecamente, alcune delle più inconcepibili efferatezze che memoria dell’Uomo ricordi, è realmente una cosa sulla quale interrogarsi profondamente.
Bisogna interrogarsi anche guardando in se stessi con sospetto e soprattutto con moltissimo spirito critico.
Personalmente mi sono sempre posto domande pressanti su questo periodo buio per l’umanità, sui perchè, ma anche soprattutto sul come, questione non trascurabile, non solo per spiegare il titolo dell’articolo, ma per cercare di capire questo incredibile fenomeno.
Per spiegare meglio, mi viene in aiuto proprio una sorta di sillogismo: “Se la Retorica può essere Arte, allora l’Arte può essere Retorica”.
Capisco che filosoficamente questa può sembrare una Speculazione fin troppo spericolata, ma “il fine giustifica i mezzi” come avrebbe detto il principe di Machiavelli.

Il Principe di Machiavelli

Il Principe di Machiavelli

In realtà, l’Arte della parola, quella alla quale sarebbe più giusto riferirsi in ambito artistico, in effetti sarebbe l’Oratoria.
L’oratoria  non ha l’obiettivo  esclusivo di convincere un uditorio, ma è strumento (Organon Aristotelico), da impiegare insieme ad altri, (la Logica, la Linguistica, la Grammatica, la Filosofia, i Sillogismi ecc.), per instaurare con l’uditorio un rapporto essenzialmente estetico.
Quante volte abbiamo sentito dire, “come parla bene”, magari rivolto  ad un politico, ma come ho accennato sopra e tantissime altre volte, non è l’Estetica l’obiettivo dell’Arte, al limite è il contrario, l’Estetica, per  come la concepì Alexander Gottlieb Baumgarten, è una branca della filosofia che come scopo primario, ha l’obiettivo di decrittare l’Arte.
Non bisogna dimenticare che questo blog, nasce proprio attorno all’interrogativo per me fondamentale: Cos’è l’Arte? e a mio modo di vedere, ogni strumento, anche se patentemente  speculativo, può essere utile a capire.
La Retorica, che utilizza la parola con un obiettivo, e che può essere intesa anch’essa come una forma d’Arte, di conseguenza, è estremamente utile cercare i punti di contatto.
Il riflettore che ho voluto puntare sulla parola “Retorica”, vuol’essere principalmente un modo per mettere in risalto la potenza comunicativa insita nell’Arte.
La creazione dell’Arte, in modalità Retorica, subliminale, può essere una forma di comunicazione subdola, nascosta e per questo estremamente potente.
Non voglio entrare in un discorso psicologico troppo tecnico, ma è proprio in questo che Arte e Retorica quasi si toccano.

Comunicazione Subliminale

Comunicazione Subliminale

Subliminale, etimologicamente origina da “Sub” cioè “Sotto” e “Limen” cioè “Limite”, un’azione comunicativa che poggia su quelle sensazioni sotto il livello della coscienza, troppo deboli per essere riconosciute scientemente, ma che proprio in virtù di ciò possono indurre messaggi di estrema potenza, che raggiungendo direttamente il sistema limbico, non sono gestibili dal nostro “Io” conscio.
L’Io conscio ha vari nomi, a seconda della disciplina che entra in tema, ma in pratica, è costituito semplicemente da tutto quello che ci costruiamo a livello cognitivo attraverso cultura ed esperienza, che a qui tempi non mancava certo al popolo tedesco.
Non è il caso qui di affrontare gli studi su Hegel di Theodor Adorno, uno dei massimi esponenti e coordinatore della celeberrima “Scuola di Francoforte” – istituto che io cito spesso, perchè la considero la culla della cultura sociologica del tempo.

Theodor Adorno

Theodor Adorno

La scuola di Francoforte, fu importante anche perchè tra i tanti, aveva l’obiettivo di precorrere e preparare i tempi moderni, in ottica sociale ma anche evolutiva.
Adorno, dopo gli orrori della guerra, riprese in mano la “Scuola”, decimata nei componenti, dagli orrori della Shoah, e, ovviamente ebbe il problema di rivedere gli elaborati del Board (che oggi chiameremmo comitato scientifico), tutta gente che anche ora rappresenta un faro della cultura moderna.
Oltre al già citato Adorno. parliamo di Leo Löwenthal, Franz Neumann, Franz Oppenheimer, Eric Fromm, Herbert Marcuse, Walter Benjamin, Max Horkheimer, Friedrich Pollock e Jurgen Habermas (l’erede più significativo della scuola).
Dopo un grosso lavoro di riordino e revisione dei contenuti, Adorno disse una frase rimasta famosa, sicuramente durissima, ma che è giusto che riecheggi quasi ossessivamente, anche ai giorni nostri: “dopo Auschwitz, ogni filosofia idealistica che giustifichi la realtà, non ha più senso”.
Ho avuto molte occasioni per sottoporre quesiti diretti sul Nazionalsocialismo a studiosi tedeschi, a religiosi, sia cattolici che protestanti, ma anche a comuni cittadini, e devo dire che tutti sono accomunati dal medesimo riserbo.
L’ho sempre trovato un atteggiamento controverso, talvolta appare quasi come una latente vergogna, altre volte l’ho percepita quasi come una sorta di stizzita omertà, comunque, di certo non ho mai percepito indifferenza.
La cosa più strana, è che tutto questo, avviene ancora più di ottant’anni dopo, evidentemente, l’argomento è stato oggetto di una faticosa catarsi generale nell’opinione pubblica teutonica, magari indotta dalle autorità federali, ma non ancora del tutto elaborata.
Come ho già detto, sui motivi non voglio entrare (anche perchè non sarebbe questa la sede più adatta), ma i modi, invece sono estremamente calzanti per il contesto.
Tutti purtroppo sanno che, l’attore principale del Nazionalsocialismo, era Adolf Hitler, come leader del Partito nazionalsocialista dei lavoratori, maggiormente e tristemente noto come Partito Nazista, che al di la dei futuri sviluppi dittatoriali, in realtà passò attraverso regolari elezioni, nel 1933.
Nella neonata Repubblica di Waimar, generatasi sulle ceneri dell’impero, dopo la disfatta nella prima guerra mondiale, furono indette le elezioni esattamente il 5 marzo 1933 alle quali il partito Nazionalsocialista stravinse.

Elezioni Per il Reichstag tenute il 5 Marzo 1933
Partiti politici del Reichstag 6 giugno
1920
4 maggio
1924
7 dicembre
1924
20 maggio
1928
14
settembre
1930
31 luglio
1932
6 novembre
1932
5 marzo
1933
Partito Comunista (KPD) 4 62 45 54 77 89 100 81
Partito Socialdemocratico (SDP) 102 100 131 153 143 133 121 120
Partito di Centro 65 81 88 78 87 97 90 93
Partito Popolare Nazionale (DNVP) 71 95 103 73 41 37 52 52
Partito Nazionalsocialista

(NSDAP)

12 107 230 196 288
Altri partiti 98 92 73 121 122 22 35 23

Adolf Hitler

Adolf Hitler

chi dice che la Costituzione che nacque al decadere dell’impero, non fosse sufficientemente ben articolata, al punto di consentire in modo praticamente istituzionale, la nascita della dittatura Nazista, ma tant’è, il resto lo conosciamo bene, anche perchè, la nascita del “Ventennio”, in Italia, pur con i dovuti distinguo, in pratica, ricalcò quasi pedissequamente l’esperienza Tedesca.
Ciò che in questa sede mi interessa stigmatizzare, è la funzione portante che l’Arte ebbe nella propaganda usata per consolidare il progetto Hitleriano.
La cosa che rinforza questa affermazione, è che, uno dei ministri più importanti dell cancellierato Hitleriano, fu appunto il Ministro della Propaganda: Paul Joseph Goebbels, e non fu assolutamente un caso.

Paul Josef Goebbels

Paul Josef Goebbels

Tutto il sistema comunicativo messo in piedi da Goebbels, passava proprio attraverso la gestione dell’Arte e della cultura.
Quello che più volte ho ribadito nei miei articoli, è cioè che quando si parla di Arte, è da intendersi tutte le più ampie declinazioni della medesima: Poesia, Musica, Teatro, passando alle Arti visuali a quelle plastiche ecc, tutte attività che consentono di generare Arte e quindi di usare la sua potenza subliminale.
La propaganda Nazista conosceva bene questo assioma, analizzando con  attenzione le varie attività comunicative a sostegno del Nazionalsocialismo, si può notare che non venne trascurato alcun mezzo, per sfruttare la forte sensibilità del popolo tedesco a tutte le declinazioni dell’Arte.
Il motivo l’ho accennato prima, l’Arte è essenzialmente emozione, o meglio induzione dell’emozione, la creazione di stati d’animo, più o meno generalizzatima sempre estremamente profondi e basilari.

Main Kampf di Adolf Hitler

Main Kampf di Adolf Hitler

Il fatto che Hitler volesse essere un pittore, come lui stesso ha raccontato ampiamente nel “Mein Kampf” –  il suo libro autobiografico e manifesto del Nazionalsocialismo – è solo una parte della spiegazione di questo impegno a tutto campo sull’Arte come mezzo di propaganda.
Si narra che egli fosse un pittore di scarsissimo talento, che essendo stato rifiutato all’Accademia delle Belle Arti di Vienna, avesse sviluppato una sorta di paranoia al riguardo, ma non fu realmente così.
Quello che realmente percepiva il Furer, proprio perchè aveva dimestichezza col mezzo pittorico, avendo realizzato realizzato centinaia di dipinti, alcuni dei quali recuperati a guerra finita e tutt’ora nelle disponibilità degli U.SA..
Effettivamente il consiglio che l’Accademia diede ad Hitler motivando il diniego, era assolutamente circostanziato.

Il Cortile di Adolf Hitler

Il Cortile di Adolf Hitler

Basta osservare uno dei tanti quadri del futuro Furer, per essere in accordo con la commissione dell’accademia, che gli consigliò di frequentare la facoltà di architettura, infatti la sua percezione della prospettiva è sicuramente inappuntabile.
Dobbiamo pensare che comunque a quei tempi, in pittura cominciavano ad affermarsi gente del calibro di Kandinsky, Mondrian, e più in la Chagall, Picasso e tutti i grandi dell’Arte moderna.
Non era caso un caso che questi maestri della ricerca artistica, del concetto, dello spirito, fossero invisi al dittatore.
Per noi ormai è assodato che l’Arte non è rappresentazione della realtà, o peggio quell’imitazione della realtà, che si toglie anche la minima  possibilità di essere mediazione artistica della realtà.
In Realtà Goebbels questo lo aveva già capito, e iniziò la crociata contro quella che comunicativamente era definita
Arte Degenerata (entartete Kunst), mettendola in controcanto all’Arte classica.
Aveva capito la potenza di quei lavori, della mente e del cuore di quegli artisti che stavano stracciando intere pagine di Storia dell’Arte, con esercizi di libertà e spiritualità che certo non erano gli obiettivi del regime Nazista.

Goebbels inaugura la mostra "Arte Degenerata"

Goebbels inaugura la mostra "Arte Degenerata"

“Arte Degenerata”, la definirono in occasione di quella famosa mostra (o meglio tristemente famosa), la mostra “Arte Degenerata” fu inaugurata nel 1937 a Monaco, e vennero esposte le opere non gradite al regime, che in quanto a degenerazione, sappiamo tutti, aveva ben poco da imparare.
Furono sequestrate ed epurate da Musei e “KunstHalle” opere di artisti che oggi consideriamo dei geni assoluti, molti artisti furono esiliati e, quelli di religione ebraica, avviati nei campi di sterminio.
Ma la guerra dell’Arte e all’Arte non si fermò alla pittura, ma Hitler e Goebbels sapevano bene che l’Arte vive in ogni disciplina, e scorre in mille rivoli trasportando anima e libertà, l’esatta antitesi di un regime sanguinario che tutt’ora sembra impossibile abbia potuto silenziare l’anima di un popolo considerato a ragione il più civile a quell’epoca.
La guerra totale non vide solo artisti disgustati da quella barbarie, ma anche geni della musica come Richard Wagner oltraggiati nella memoria, e con il consenso del figlio, Sigfried, amico di Hitler e Goebbels, viene eletta come la musica del regime, che erige un teatro Il “Festspielhaus” solo per suonare la musica di Wagner, libera da impuri, cioè da esecutori e direttori di religione ebraica.
Ma anche la danza venne sottoposta alle attenzioni del ministro della propaganda, che la finanziò sostanziosamente.

Mary Wigman

la coreografa Mary Wigman

A mero esempio non ci si può esimere dal citare i “Deus ex machina” della danza di regime: Rudolf von Laban, e la  sua allieva Mary Wigman che con la sua invenzione della “Tanz Drama”, adottando nelle sue performance musiche di Wagner e strutturando le sue coreografie quasi come azioni ginniche, schematiche, nel rispetto dell’antica tradizione dei danzatori teutonici, si legò a filo doppio alla struttura Nazionalsocialista, nella quale si riconosceva pienamente.
Ci sono moltissimi artisti che si compromisero, anche convintamente con il Nazionalsocialismo, come ad esempio Carl Orff, il musicista famoso per aver musicato i “Carmina Burana”, testi medievali scoperti in un antico monasteromedievale e che risulterebbero essere stati scritti da alcuni monaci.
Si configurano in canti monodici, strutturati in modo molto simile al canto gregoriano, ma dai contenuti tutt’altro che liturgici.

Carl Orff

il musicista Carl Orff

I Carmina Burana, nell’intento di Orff devono richiamare emozioni ancestrali, io oserei definirli “subliminali”, e specialmente nel famosissimo “O Fortuna” sembra esserci pienamente riuscito.
Ci sono molte leggende (o verità collaterali), sul Nazionalsocialismo, che la sua controversa ascesa al potere e le efferatezze che tutti ben conosciamo, sembrano confermare, ma come ho scritto sopra, questo è un argomento delicato e non siamo nella sede giusta per ragionarci sopra.
La cosa estremamente importante, che invece mi piace sottolineare, è il “sacro terrore” che Hitler e i suoi accoliti mostrarono nei confronti dell’Arte, e verso quegli artisti che cominciavano a prendere coscienza della forza protettrice dei loro lavori, dello Spirituale nell’Arte che citava ripetutamente Vassily Kandinsky, sempre sostenuto da Piet Mondrian e da molti altri artisti del Bauhaus.
Ne ho parlato diffusamente in vari articoli, ed in particolare su “Artista o Sciamano“, credo proprio che possa essere in quella scintilla di Luce Universale, che risiede la vera essenza dell’Arte.

Chi continua a parlare di Arte solo come sinonimo di “Bello” mente, spesso, neanche sapendo di mentire.
“L’Arte è Magia liberata dalla menzogna di essere verità”, diceva lucidamente Theodor Adorno, e chi mente sapendo di mentire, invece, non solo fa un danno, ma lo fa volontariamente e questo, è molto più grave.
Diceva sempre Adorno, “Il tedesco è una persona che non può dire una bugia senza crederci”, evidentemente aveva capito molto di più di quello che gli viene normalmente attribuito, sul Nazismo e su molto altro della Germania del suo tempo.
Un argomento sul quale si potrebbe dire veramente molto, ma come ho sempre detto, questo sarebbe tutto un’altro articolo.

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La Forza dell’Arte

Posted in Filosofia dell'arte, Il "Valore" dell'Arte on marzo 13th, 2013 by

di Francesco Campoli

Finalmente eccomi tornato su “Sculturaecultura” a trattare degli argomenti che per me, rappresentano gli stimoli più importanti: L’Arte, l’identità e il sentire di un’artista.
Come è ormai arcinoto, mi interessa molto il rapporto dell’Arte con la società e la cultura dalla quale attinge valori e contenuti.
Di questi ultimi elementi, in senso sociologico e antropologico ho già parlato molto, dei primi sinceramente un po’ meno, ma dopo gli ultimi accadimenti nella mia vita personale, posso affermare di averne compreso il motivo.
Questa minore ”disposizione” a trattare questi aspetti, è da ricondurre ad una sorta di riservatezza personale, che potrei spingermi a definire “pudore”.
Intuendo che non sarei riuscito a mantenermi nell’alveo di in una pura “Speculazione Teoretica”, ho evitato di appoggiarmi troppo al sentire personale.
Cerco di spiegare meglio queste affermazioni: In un articolo precedente, ho “confessato” un immodesto uso del “metodo socratico”, che nel mio intento rappresenta una sorta di “Road map” editoriale di questo Blog.
Nell’approccio “Maieutico”,  l’interlocutore seppur indirizzato dalla proposta di una “Tesi“, deve poter mantenere piena libertà di giudizio, deve far propri i concetti proposti, mettendo in gioco le proprie prerogative personali allo scopo di valorizzarle e nella speranza di svilupparle.
Un’altra caratteristica del blog  anch’essa fortemente voluta, è la forma di dialogo che gli articoli presentano, in questo anche se in dialogo avviene “nero su bianco”, lascia sempre aperto il “canale” di ritorno.
Nell’ottica dialogica la comunicazione deve essere sempre biunivoca, la mente dell’interlocutore in questa condizione mantiene sempre una attività intensa, non foss’altro che per concepire eventuali domande.
Il miglior interprete di questo approccio comunicativo fu Platone, il miglior allievo di Socrate appunto.
Trovo nel “Dialogo platonico”  un’ affinità col mio ideale di rapporto Artista/Fruitore.
In questa forma, si può configurare la metodologia a mio avviso più corretta nella “fruizione” di un’Opera d’Arte,  l’interlocutore deve restare sempre parte attiva, proprio per dar pieno corpo alla dinamica da me auspicata.
Una provenienza troppo “auto-referenziale” dei contenuti é senz’altro contraria a questa linea di indirizzo, oltre ad essere a livello “emotivo personale” ben più impegnativa.
La causa del ritardo nella pubblicazione del mio nuovo articolo (in genere gli articoli hanno cadenza mensile), oltre che alle vacanze natalizie (purtroppo ormai dimenticate), è stata causata dalla comparsa di un problema di salute.
Per fortuna ora posso affermare che non fosse nulla di veramente grave, ma che oltre ad avermi portato all’ospedale, il disturbo mi ha debilitato veramente in modo considerevole.
Oltre all’oggettiva incompatibilità dei sintomi che manifestavo con il lavoro di scrittura, la vera problematica è stata la grande carenza di energia che si è presentata durante e dopo la comparsa il problema di salute accennato sopra.
Durante la convalescenza, ho avuto più volte l’idea di usare il tempo che mi si rendeva disponibile per redigere con calma l’articolo “del mese”.
La netta carenza di energia mi stroncava sul nascere ogni smania creativa, questa carenza di “Forza”, mi impediva nella scultura (per la quale credo sia chiaro il dispendio energetico necessario), ma anche nella scrittura che non è un processo “fisico” (oltre che intellettuale) come la scultura, senza quella “Forza” non mi riusciva di concepire qualcosa di interessante per il blog.
Questa strana “simmetria” tra carenza di “Forza Fisica” e assenza di “Vis Creandi”, mi ha colpito e mi ha fatto scattare finalmente l’idea giusta.
Siccome sono convinto che nulla avviene per caso, ho deciso di sfruttare questo spunto, figlio di questa incresciosa situazione e sviluppare un articolo su questo tema per sottoporlo alla riflessione di voi affezionati lettori.
Inizio col dichiarare “ex ante” la mia “attrazione“ per il pensiero di “Rudolf Steiner”, nel caso di specie, per il modo di concepire la “malattia” del filosofo “Goetheano”.

Rudolf steiner

Rudolf Steiner

Steiner suggerisce il sussistere di uno stretto rapporto, tra le sfide “Karmiche” specifiche di ogni Uomo/Anima e le malattie (o gli infortuni) che ne “intersecano” l’ esistenza.
Steiner in estrema sintesi tratteggia la malattia come uno “strumento”, un mezzo attraverso il quale l’ Essere continua a perseguire la sua evoluzione spirituale.
In verità, per essere più precisi, egli postula addirittura che l’Anima ben conoscendo le sue “carenze” spirituali, scelga in autonomia le malattie ad essa maggiormrnte “utili” a colmare le proprie “Lacune Karmiche”.
L’anima sarebbe in grado di riverberare le “Magagne spirituali” che l’affliggono sul “Corpo fisico” , che le “materializza” sotto forma di malattie.
Sembrerebbe una teoria ad alto tenore speculativo, invece Steiner si è premunito di suggerire soluzioni piuttosto concrete, fondando in seno alla “Società Antroposofica” un consesso medico scientifico che diede vita alla “Medicina antroposofica“.
Per quanto mi riguarda non sono la persona più adatta ad avere un atteggiamento fideistico, la mia logica Razionale (ma non certo “Razionalista“), che mi sentirei di definire “Scolastica” (Intendo ovviamente la filosofia di Ruggero Bacone e Tommaso D’Acquino), mi ha costretto a riconoscere un valore nei suggerimenti di Rudolf  Steiner.
Confrontando ad esempio il suo approccio con le “Guarigioni Inspiegate”, che regolarmente avvengono nei santuari di tutto il mondo, non si può non intravvedere una sostenibilità delle tesi sopra esposte.
Il caso di Lourdes in Francia è a mio avviso un possibile esempio della concretezza della proposta di Rudolf Steiner.
In effetti le guarigioni “miracolose” delle quali a Lourdes abbiamo costante e puntuale documentazione, potrebbero effettivamente essere ricollegabili al ristabilimento di “Condizioni spirituali” più “Sane” da parte del malato.
Una volta che il “Corpo astrale”  è rinforzato a livello spirituale (ad esempio con l’ausilio della fervida preghiera), si possono manifestare straordinarie riverberazioni “salvifiche” anche sul “Corpo Fisico”, quello del quale abbiamo maggiore contezza rispetto agli altri “Corpi sottili“.
Per “preghiera” intendo ovviamente una “attività spirituale”, a prescindere dalla specifica confessione religiosa alla quale aderisce il fedele e ovviamente, non necessariamente formulata secondo un “canone” accettato a livello curiale.
Questa attività si può svolgere nelle modalità più varie, anche compatibilmente con gli approcci liturgico/rituali che in ogni confessione sono spesso chiaramente canonizzate.
La “Medicina Antroposofica” persegue la “Guarigione” attraverso “Rimedi”, che non sempre prendono forma di farmaco (anche se lo intendiamo come preparazione omeopatica).
Le terapie con farmaci omeopatici (quindi già di base molto poco invasivi), vengono integrati con la “somministrazione” di “Soluzioni Spirituali” additive, spesso in forma di lettura di talune delle molteplici conferenze di Steiner o magari in libri, ritenuti utili dal “Medico antroposofico”.
Non è questo il luogo nel quale approfondire un pensiero piuttosto complesso e articolato, ma per rientrare nel tema del Blog, uno dei rimedi che Rudolf Steiner consiglia quale “Pratica curativa” (guarda guarda), si chiama “Arteterapia”,  che comprende anche l’ “Euritmia Terapeutica”, che per rimanere nel “Parallelismo Artistico” potremmo assimilare alla danza.

missione universale dell'arte

Steiner La missione universale dell'Arte

Anche io mantengo ovviemente un attento spirito critico sulle teorie “steineriane”, ma devo dire che approfondendole, trova pane per i suoi denti anche il “Positivista”  più intransigente.
Dal momento che Steiner non era un medico,  si potrebbe facilemente obiettare sulla sua competenza in materia, ma vi sono tanti incredibili riscontri su una sua oggettiva conoscenza della disciplina di Ippocrate, ovviamente considerando che egli percorre strade terapeutiche di mera derivazione spirituale.
La commistione del trascendentale con delle “pratiche di guarigione”, sorge dalla notte dei tempi, anche per una “Euclidea” Reductio ad absurdum non può non essere almeno valutata come “antitesi” alla “medicina convenzionale.”
Un riscontro sulla sua competenza (ma magari lui avrebbe preferito Conoscenza nella sua accezione più ampia), è la sua ben nota “Predizione” della “Encefalopatia spongiforme Bovina”, tristemente nota come il “Morbo della Mucca Pazza”.
Durante una conferenza nel 1923, Steiner discettando sull’alimentazione in generale, in un periodo nel quale neanche si concepivano le origini di una simile malattia, “predisse” il tristemente noto morbo
Come ora ben sappiamo, il “Morbo delle mucca pazza” si genera in bovini alimentati forzatamente con la carne (vi sono riscontri anche tra la popolazione ovina sottoposta allo stesso trattamento).
La BSE (questo è il nome scientifico del morbo della mucca pazza), si scatenò realmente negli anni 70 in Inghilterra, propagandosi poi in tutto il mondo Italia compresa.

Morbo della mucca pazza

Morbo della mucca pazza

Questa malattia animale si generò quando degli allevatori inglesi senza scrupolo, presero ad alimentare i loro bovini aggiungendo una integrazione carnea.
Lo scopo era accelerare notevolmente il loro accrescimento e di conseguenza aumentare esponenzialmente l’ utile, che per l’ allevatore è ovviamente proporzionale al peso degli animali macellati.

Questi animali come predetto da Rudolf Steiner nella famosa conferenza del 13 gennaio del 1923, cominciarono a sviluppare la malattia degenerativa del cervello, che in virtù dei sintomi che presentano, li fa apparire come impazziti.
Gli animali a causa dell’accumulo del malefico “Prione” (la proteina che instaura la malattia), cominciano ad ammalarsi in modo pienamente rispondente alle previsioni di Rudolf Steiner.
Il Prione assunto con l’alimentazione carnea, si propagò anche all’uomo, causando molti decessi e per questo questo episodio viene tutt’ora, strumentalmente, reso come evidenza di insalubrità dell’alimentazione onnivora, dal movimento Vegetariano/Vegano, come avrete avuto modo di leggere, se avete seguito il link della conferenza su detta.
Sarebbe molto interessante approfondire le affermazioni di Steiner nell’agricoltura, che è quella definita “Biodinamica”, che si sta prepotentemente affermando nel novero delle “scelte alimentari” di grande qualità.
Rudolf Steiner in base alle sue , ha suggerito anche una pedagogia di nuova concezione, la cosiddetta “Pedagogia Waldorf”,  seguita in tutto il mondo come metodo formativo “Olistico”, uso cioè ad integrare lo sviluppo spirituale del Bambino/Anima, nell’istruzione  scolastica convenzionale.
Al lavoro “spirituale” viene ovviamente integrata l’attività sulle materie dell’istruzione tradizionale, con risultati talvolta molto molto interessanti.
Mi fermo qui perché non ho affrontato il rapporto Malattia/Energia creativa, per fare l’apologia di Rudolf Steiner, che non ha certo bisogno della mia legittimazione, visto che vanta figure ben più prestigiose di me che hanno condiviso pienamente l’approccio “Antroposofico”.
Questo Blog è dedicato all’Arte e alle sue implicazioni nelle dinamiche tra gli Esseri umani e le strutture culturali  nelle quali si aggregano, non è quindi necessario approfondire oltre, è’ utile però fare alcuni esempi specifici del mondo dell’arte (ve ne sono anche molti in altri settori), visto che questo è il nostro tema.
Tra gli artisti più famosi ispirati da Steiner, troviamo nientemeno che alcuni geni universalmente riconosciuti.

Vassilij Kandinskij

Vassilij Kandinskij

Kandinskij, mutuò dagli studi Steineriani – specialmente quelli su Johann Wolfgang von Goethe – le sue riflessioni nel suo saggio più noto “Lo spirituale nell’arte“, che oltre a raccontare le sue scelte artistiche rivoluzionarie, può essere definito la pietra miliare del suo approccio all’arte .

Kandinskij "Lo spirituale nell'Arte"

Kandinskij "Lo spirituale nell'Arte"

Non posso non citare  soprattutto Joseph Beuys che fu’ anche un vero e proprio aderente alla “Società Antroposofica”, che fù fondata dallo stesso Steiner dopo la sua uscita dalla “Società Teosofica”.

Joseph Beuys con Andy Warhol

Joseph Beuys con Andy Warhol

Joseph Beuys ebbe una visione dell’Arte che concettualmente mi è molto congegnale, non tanto negli aspetti formali (o meglio assolutamente informali), ma quanto per certe sue prese di posizione, in relazione alla formazione artistica.
Ebbe grandi scontri con il rettore della Kunstakademie tanto che alla fine nel 1972 venne licenziato per aver ammesso ai corsi anche gli studenti che non avevano superato le prove di ammissione.
Secondo lui e in seguito alla sua esperienza “Antroposofica”, gli studenti che non superano le prove di idoneità, sono i più “bisognosi” di frequentare un’accademia artistica, a loro va rivolta maggiormente l’attenzione dell’insegnante.
Ovviamente la “Pedagogia Waldorf” di concezione Steineriana, che prevede un uso intensivo dell’arte nell’iter pedagogico degli allievi, lo vedeva perfettamente aderente, oltretutto fu sempre convinto dell’azione “Sociale” dell’Arte, anche in ambiti non squisitamente formativi.Ad un certo punto del suo percorso artistico concepì la “Soziale Plastik”, la “Scultura Sociale” con l’intento di utilizzare l’impatto dell’Arte sull’organismo sociale, un’altro dei punti di contatto con la mia visione dell’Arte del quale non ero al corrente.
Non voglio fare l’elenco dei punti collimanti con le mie idee, ma anche lui era un sostenitore dell’approccio “Maieutico/Socratico” che più volte ho avuto modo di citare, sul mio rapporto tra Artista e Fruitore delle opere d’arte.
L’esempio migliore dell’influsso positivo dell’arte sul pensiero e soprattutto sull’Anima umana, fu nel caso di Beuys il suo recupero dalla catechizzazione che la propaganda Nazista attuava “a tappeto”, in quel triste periodo vissuto allora dalla Germania.

Arte Antroposofica

Arte Antroposofica

Questo “recupero” come al solito prese avvio da un apparente casualità, che non può non essere interpretata come un evento “sincronico“.

Durante la seconda guerra mondiale, in quanto pilota di bombardieri della “Luftwaffe“,  Beuys cadde con il suo aereo in Crimea, durante un’azione di bombardamento.
Venne raccolto da una tribù Tartara che lo curò attraverso delle ritualità sciamaniche, tipiche di quei luoghi.
Visse un periodo presso questo “particolare” consesso sociale e, la sua vita ne  fu sconvolta definitivamente.
La sua vita cambiò totalmente grazie a questa sua esperienza di cultura sciamanica, della quale tra l’altro si conosce molto poco, ma di una cosa si può essere certi, non fu assolutamente un caso.
Io tra l’altro non ero al corrente di questa esperienza di Beuys quando scrissi “Artista o Sciamano“, quindi sono contento di avere più di un punto intellettuale di contatto, con questo grande dell’Arte moderna.
Mi conforta molto avere un compagno così prestigioso, nel cammino su un sentiero difficile e estremamente interessante da indagare, credo che sia un percorso artisticamente molto stimolante, non sono molti i modi per un artista di lasciare aperti dei canali comunicativi così imponenti.

Piet Mondrian

Piet Mondrian

Anche Piet Mondrian è da annoverare tra i geni dell’arte influenzati da Steiner, esiste più di un dato in relazione a questa affermazi

one, tra cui una famosa lettera dello stesso Mondrian, nella quale il grande “Spiritualista del colore” si dichiarava aderente ai riferimenti spirituali di Rudolf  Steiner.
Ma oltre ai suddetti artisti visuali, Steiner ebbe influsso anche su grandi della letteratura come Franz Kafka o grandi architetti come Frank Lloyd Wright, che ne fu il continuatore con l’architettura “organica”, mutuata dai concetti che Steiner applico al suo Goetheanum, tutt’ora esistente a Dornach in svizzera.

Goetheanum progetto Rudolf Steiner

Goetheanum progetto Rudolf Steiner

Mario Merz

Mario Merz

Tra gli artisti italiani vicini alla filosofia steineriana posso sicuramente citare “Mario Merz”, al quale oltre a quest’interesse, mi lega molto anche l’attrazione per la “Sequenza di Fibonacci” e per le “Spirali”, delle quali ho parlato ampiamente in uno dei miei precedenti articoli “Arte e matematica”.

Mario Merz Spirali al Foro di Cesare

Mario Merz Spirali al Foro di Cesare

Mole Antonelliana (Torino) Sequenza di Fibonacci

Mario Merz Mole Antonelliana (Torino) Sequenza di Fibonacci

Per tornare alla questione della malattia, in rapporto alla “Forza Creativa”, voglio arrivare finalmente a  quanto ho intuito da questa esperienza, che ripeto non è stata per fortuna affatto grave, ma mi ha consentito, di formulare l’ipotesi che vado ad esporre: Più volte ho detto e ribadito, che a mio avviso l’Arte è “Creazione”, nell’accezione più ampia che si possa intendere, compresa la sua forte  componente spirituale.

L’artista nella sua funzione di “Creatore”, esercita uno sforzo che alla luce della mia esperienza, necessita di una energia più che concreta, anche sul piano fisico, a dimostrazione che l’Essere deve sempre essere inteso nella sua “Completezza, che nel caso dell’artista deve anche essere divenire “Compiutezza”.
Al di là dell’artificio semantico, io vedo in queste due parole che sembrano sinonimi, un’enorme differenza:
L’Essere è completo per definizione, come sostiene Parmenide che lo paragona ”concettualmente” ad una sfera perfetta, onnicomprensiva (per gli antichi Greci la sfera rappresentava la perfezione),

Parmenide di Elea

Parmenide di Elea

“Essere” perfettamente inscritto nel suo spazio e nel suo tempo, al di fuori del quale nulla sussiste.
L’Essere “Compiuto” invece è un passo (o più di uno) oltre la dotazione “di serie” parmenidea, l’Essere “Compiuto” ha fatto un percorso di consapevolezza e di coscienza, su ciò che ha ricevuto con la vita e che quindi vive ed opera, essenzialmente per contribuire al bene dell’ intera umanità.
Quindi il “Torpore artistico” causato dall’ indebolimento delle “Forze Animiche” dell’Essere/Artista, non è altro che l’evidenza della necessità di collocare l’Arte,fra le attività spirituali e, che essa nulla ha a che vedere con altre sfere di differente Valore.
Mi sembra quindi utile ribadire ancora una volta, l’estraneità dell’Arte dai giudizi di “Estetica”  come ad esempio “è Bello o è brutto”, giudizio che è doppiamente sbagliato, in quanto espresso come concetto assoluto.
L’espressione “Bello o Brutto” non ha senso perché, senz’altro, contiene dei “condizionamenti di carattere culturale“.
La sensibilità estetica è di tipica derivazione antropologica e culturale e dipende dall’ambiente in cui è solito muoversi, colui che formula il giudizio estetico stesso, basti pensare al popolo Padaung, un piccolo sottogruppo dei Karen-Bwe che vive tra Birmania e Tailandia.

Donne Giraffa

Donne Giraffa

Qui si giudicano “belle” le donne con un collo di lunghezza patologica, che neanche Amedeo Modigliani avrebbe avuto il coraggio di rappresentare.

Il collo femminile visto da Modigliani

Il collo femminile visto da Modigliani

In conclusione l’uso nella “Medicina Antroposofica” dell’ ”Arteterapia”, allo scopo di perseguire la “guarigione” attraverso i benefici “Taumaturgici” dell’arte, non è un’idea così balzana.

Come ho scritto in un altro precedente articolo di grande successo, questa consapevolezza cambia molto la funzione sociale dell’artista, ma anche le modalità e soprattutto i “motivi” per godere e possedere un’ Opera d’Arte.

Che l’ Arte ci possa allontanare la malattia operando un’evoluzione dell’Anima e  migliorare il mondo? …l’Arte, con la Forza Animica che possiede, alla fine, aiuterà il mondo a cambiare?…l’Artista, con la Forza che impiega nella “Creazione” di un’opera d’Arte, contribuisce al bene dell’ “Umanità”?
Tutti argomenti piuttosto stimolanti, ma anche questi sono tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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Arte o Investimento

Posted in Il "Valore" dell'Arte on ottobre 13th, 2012 by Francesco

di Francesco Campoli

Nei precedenti articoli “il valore dell’arte”, “valore o valori” , “Arte ed Espressione”, in pratica una serie di riflessioni sul tema molto controverso del “valore dell’arte”, mi ero ripromesso di tornare a breve sull’argomento.
Seppure consideri questo tema molto importante, devo dire che ho trovato di volta in volta più interessante affrontare altri argomenti.
L’attribuzione di un valore ad un’ Opera d’arte, oltre che sul piano antropologico e sociologico, è importante anche per un altro motivo: da questo dipende la sopravvivenza di un artista, in quanto “Creatore/Ricercatore” , ma anche dell’ ”Essere umano Artista”, la cui terrena condizione, impone la “quasi” quotidiana necessità di nutrirsi.
Alcune evenienze apparentemente casuali, hanno riportato la mia attenzione sull’argomento in questione e risvegliato in me il desiderio di tornare a scriverne.
Nella mia quotidiana “navigazione” tra diversi “media” (non solo il web ovviamente), sui quali mi informo e dai quali prendo spunto per le “riflessioni” che poi vi sottopongo su “Sculturaecultura”, mi sono imbattuto in diverse “proposte”, che definire “Indecenti” è assolutamente eufemistico.

proposta indecente
proposta indecente

Voglio sperare che queste “sollecitazioni”  non abbiano un nesso strategico, altrimenti ci sarebbe veramente da preoccuparsi.
Credo comunque, che queste argomentazioni “economiciste”, siano solo una triste costante che  non ti aspetteresti mai in un consesso che tratta di Arte.
In queste varie “occasioni di comunicazione”, personaggi di ogni genere consigliavano l”Arte” quale strumento di investimento, in forme più o meno “fantasiose”.
Tanto per ribadire un altro argomento varie volte affrontato nel blog, quando costoro parlano d’Arte, si riferiscono (sbagliando sapendo di sbagliare), esclusivamente ad “Opere d’arte”, che potremmo definire “titolari di un corpo fisico”.
Facendo appello ad una definizione molto diffusa nel periodo Ellenistico, si riferiscono alle sole “Arti Comuni” (quelle che richiedono un impegno manuale), escludendo quindi le “Arti Liberali”, quelle che poggiano su un impegno prevalentemente concettuale (la Poesia ad esempio), che non avendo un “Corpo Materiale”, non si prestano facilmente ad essere associate ad un valore economico.
Ho letto di valutazioni sul mondo dell’arte di pura matrice “economicista”, sino a udite bene, “la “Quotazione in borsa”, come un qualunque prodotto finanziario o come un normale “Future“.
Se avete letto con attenzione molti dei miei articoli passati (come ad esempio “Artista o Sciamano“), sapete bene la mia opinione sulla funzione (anche di interesse sociale) dell’Opera d’arte, potete immaginare la reazione “allergica” a ciò quando ciò mi si presentava davanti agli occhi.
So bene come tutti voi che l’attribuzione di Valore a un’Opera d’arte, purtroppo è “funzione” di diversi (spesso contrastanti), fattori che nulla hanno in comune con l’importanza dei contenuti, di volta in volta oggetto di “Trattazione Artistica”.
Molti di questi fattori sono convenzioni dure a morire, ad esempio l’età “storica” dell’Opera.
Di norma la “Collocazione cronologica” ha influenza sul Valore commerciale di un “oggetto d’ antiquariato”, ma nulla ha in comune con il “Valore Artistico” di un Opera d’Arte.
L’Arte presente in un’opera d’Arte è un valore assoluto, almeno per come lo intendo io.

Quadro d'antiquariato
Quadro d’antiquariato

Come riferivo sopra, mi sono “casualmente” imbattuto in varie proposte di Arte/Investimento, che non esiterei a definire aberranti, se riferite ad Opere d’arte, che nel bene o nel male sono “Patrimonio dell’umanità” proprio in virtù dei “Valori” che le permeano.
Tutte queste “sollecitazioni”, facevano leva sulla medesima “Reason Why” (il mio passato di pubblicitario ogni tanto rigurgita, quantomeno nel lessico).
Se vogliamo “brutalizzare” questa allocuzione tecnica, potremmo definire la “Reason Why” un “Supporto razionale utile a rafforzare lo stimolo emotivo all’acquisto”.
In una “strategia di vendita” relativa a un qualsiasi prodotto commerciale, questa “Motivazione d’acquisto” potremmo anche definirla “accettabile”, nel caso di un’Opera d’arte mi sentirei di definirla un’ assurdità, oltretutto di scarsa “Onestà intellettuale”.
Ho verificato, che le sollecitazioni che ho personalmente registrato, potrei onestamente definirle: “Primus inter Pares”, tra una marea di altre “bagatelle” di genere Economico/Artistico.
Desidero portarle alla vostra attenzione a puro titolo di esempio, visto che purtroppo mi riferisco ad un ben più ampio contesto, di spropositata inappropriatezza.

ArtInvestor
ArtInvestor

Per primo mi è capitato davanti il libro, “ArtInvestor ” di “Edgar Quadt”, che ormai sembra vantare diverse riedizioni.
Il suo autore sembrerebbe molto apprezzato, tant’è vero che “Arteconomy 24”, canale d’Arte (sempre a sfondo “economico”) del “Sole 24 Ore”, (l’ autorevole quotidiano ufficiale della “Confindustria Italiana), gli ha dedicato un’intervista.

edgar-quadt
edgar quadt

Cito testualmente dall’intervista all’autore (se non l’avete letta):
Nel capitolo “L’arte della formazione di capitali” si sostiene che gli investimenti in arte rimangono positivi anche in situazioni borsistiche estreme (nei giorni di “Bear Market”). Crede che ciò verrà confermato in questo momento?”.
Lascio a voi la valutazione nel merito e soprattutto la possibilità di leggere tutta l’intervista online se la ritenete di vostro interesse.
Pensate che non sia concepibile un approccio del genere parlando di Opere d’arte, (o meglio del famigerato “Mercato dell’arte”)?
A Roma si dice “al peggio non c’è mai fine”, andate a vedere il sito della banca “Monte dei paschi di Siena”,

mps maket value
Monte dei Paschi di Siena Art maket value

che ha creato l’ “Mps Art Market Value Index”: “L’indice del valore del mercato dell’Arte”, una cosa più e meno come il “Nasdaq Index” (indice dei titoli azionari di Aziende Tecnologiche), alla borsa a “Wall Street”.

L'Arte di collezionare Arte contemporanea di Ludovico Pratesi
L’Arte di collezionare Arte contemporanea di Ludovico Pratesi

Ma noi italiani si sa….. abbiamo il “Business dell’Arte” nel sangue……infatti c’è un altro autore italiano, che ha scritto un saggio che ci insegna a fare soldi “collezionando” arte contemporanea.
L’autore propone un approccio strategico, teso a creare “Valore Aggiunto” (chiamatelo pure guadagno), costruendo una collezione di Opere contemporanee (ricordate la differenza tra Arte Moderna e Arte Contemporanea…), per carità un legittimo approccio speculativo (in senso economicistico, non certo metodologico), ma è proprio il modo migliore per rapportarsi a delle opere d’arte?
Ovviamente i “guru” dell’ “Arte-Finanza”, non disdegnano di cercare i loro interlocutori (o magari “Investitori”) anche su Facebook, la “Nuova frontiera del business” online.
Propongono un nuovo percorso attraverso l’Arte, che non implica necessariamente la visione o l’ascolto delle Opere in oggetto.
Basta leggere delle schede “Tecnico-Economiche” e relazionarsi al proprio “Advisor” (chiamatelo Consulente se vi piace di più), come per un qualsiasi altro prodotto finanziario.

Spero che il mio approccio “Maieutico”, che ho ampiamente dichiarato in altre stesure sul blog, continui a risultare evidente.
Alle domande che pongo desidererei che trovaste risposte personali, visto che non mi ritengo un vostro “Maestro”, ma una persona che riflette a voce alta (se preferite a “Web Alto”, ci tengo molto che vi costruiate un’ opinione pienamente informata, su ciò che ho appena riferito.
Spesso nelle mie esposizioni in questo blog, mi rifaccio ad antichi saggi o a filosofi di epoca illuminista appoggiandomi ai loro costrutti, stavolta desidero “evocare” un signore vissuto in epoca molto più recente: Theodore Adorno.

theodor adorno
il filosofo Theodor Adorno

Il filosofo tedesco di madre italiana (come si evince chiaramente dal cognome), nasce a Francoforte nel 1909 e non è certamente meno erudito dei suoi illustri predecessori, ma aveva una visione dell’arte, più allargata e temporalmente vicina a noi.
La sua opera più conosciuta “Minima Moralia”, contiene una delle definizioni dell’Arte che io amo di più:
L’arte è magia liberata dalla menzogna di essere verità”.
E’ ovvio che con questa affermazione, Theodore Adorno, allude anche alle svolte epocali che l’Arte ebbe proprio ai suoi giorni, allontanandosi di fatto definitivamente, dal ruolo “Documentario” che sino ad allora interpretava prevalentemente.
Non dovendo più attendere al “ruolo storico” di rappresentazione (simulazione) della realtà (Mimesi), l’Arte, si era ormai appropriata delle sue nuove funzioni (ne ho già accennato in altri articoli precedenti) svolgendo un ruolo prevalentemente “Catartico”.
Il rifiuto della funzione originaria, si manifestò in vari tempi e in vari modi:

  • l’abbandono della forma classica con “Vassilij Kandinskij”
  • la rivoluzione nell’uso del colore con “Claude Monet
  • lo stravolgimento della prospettiva con “Mark Chagalle”.
    Vassily Kandinsky

    Vassily Kandinsky

    Kompositio VIII

    Composition VIII

claude-monet
Claude Monet

Impression du soleil levant
Monet Impression du soleil levant

Mark Chagall
Mark Chagall

Marc Chagalle La Promenade
Marc Chagalle La Promenade

artisti li cito esclusivamente per mia personale convinzione, senza reconditi desideri di riscrittura della Storia dell’Arte (così evitiamo polemiche sul nascere), mi par già di sentire i cori scandalizzati degli accademici.
L’Arte Moderna si avviava ormai verso la funzione “Catartica” alla quale accennavo sopra, (così come la descrive Aristotele nel suo “Poetica”):
Per portare un esempio contemporaneo ad Adorno, potremmo ritrovare quest’approccio nell’opera di Jackson Pollock .

Jackson Pollock
Jackson Pollock

full fathom five
full fathom five -Pollock -

Tutti noi conosciamo le difficoltà (esistenziali e caratteriali) del famoso artista statunitense:
E’ mia modesta convinzione, che la sua “Drip Painting”, fosse si un atto artistico, ma che molta della sua forza originasse proprio dall’intento “Catartico” che muoveva il suo creatore.
Pollock fu sempre alle prese con i suoi problemi con l’alcol, che poi lo portarono alla morte, in un incidente stradale che l’artista ebbe, mentre guidava completamente ubriaco.

Adorno oltre alla sua attività di filosofo, annoverava anche la direzione del famoso “Istituto per gli studi sociali” di Francoforte (dal quale originò la famosa scuola di Francoforte).
Qui si studiava e si approfondiva la filosofia e la sua integrazione (non utopica) con l’organismo sociale, storicamente un “pallino” dell’ “Intellighenzija” tedesca dell’epoca.
A questi alti obiettivi, lavorarono molti personaggi di riconosciuta competenza nei loro campi specifici, collaborarono nella scuola di Francoforte:

Leo Loewenthal

Leo Loewenthal

Il sociologo della letteratura Leo Löwenthal, il politologo Franz Leopold Neumann, il filosofo Herbert Marcuse, lo psico-sociologo Erich Fromm, il critico letterario e filosofo Walter Benjamin non sono che eccellenze di una lista ancora più nutrita.

Herbert Marcuse

Herbert Marcuse

Il “brodo di coltura” al quale attingevano questi illustri pensatori, originava dalla grande filosofia illuminista, con in più i contributi di Hegel, Marx, Freud ecc., tutto rivisitato attraverso il metodo “Critico Costruttivo” , cercando alternative sociologicamente più sostenibili, rispetto al sistema duale Capitalismo/Marxismo, che all’epoca già si confrontavano duramente (almeno sul piano filosofico).

erich fromm

Erich Fromm

Affermava sempre Theodore Adorno, “Il compito attuale dell’arte è di introdurre il caos nell’ordine” e, quando parlava dell’ordine, si riferiva all’ordine delle cose a quel tempo.
Non dimentichiamo che la Germania di quel tempo, cominciava a veder germogliare i semi del Nazionalsocialismo e che, essendo Adorno ebreo, non ne fù certamente contento, infatti gli accadimenti lo portarono presto all’esilio.
Per Theodore Adorno, la funzione dell’arte divenne anche “Memoria della vita offesa”, per evidenziare la dissonanza che lacera il tessuto del mondo, la disarmonia dell’Essere.
Si riferiva ai noti fatti di Auschwitz (dei quali parlò molto spesso), quale macchia indelebile sul “Genere umano”.
Auschwitz influenzò molto il suo pensiero, la sua identità in quanto tedesco che oltretutto aveva dedicato grandi sforzi intellettuali, all’evoluzione della società e del pensiero.
Diceva Adorno: “Auschwitz ha dimostrato inconfutabilmente il fallimento della cultura.
Il fatto che tutto ciò sia potuto accadere in mezzo a tutta la tradizione filosofica, dell’arte e delle scienze illuministiche, dice molto di piú che essa, testimonia che lo spirito, non è riuscito a raggiungere e modificare gli uomini.
In quelle regioni stesse con la loro pretesa enfatica di autarchia, sta di casa la non verità.
Tutta la cultura dopo Auschwitz, compresa la critica urgente ad essa, è spazzatura.”

Parole amare ma comprensibili, di chi all’evoluzione della cultura tedesca aveva tentato di contribuire, cercando di far si che essa si integrasse fattivamente col “Sistema sociale”.
“Quando l’arte non si traduce in critica diventa trasfigurazione consolatoria e ingannevole, complice dell’orrore dell’uomo”.
”La vera arte non cede all’estetismo, al kitsch e alle leggi funzionali del mercato “perché essa è conoscenza” non un oggetto da vendere.”

Ho volutamente usato le parole di Adorno e non le mie, le ho virgolettate ed evidenziate per rendere evidente la primogenitura di questi concetti, ma non credo che avrei potuto scrivere meglio il mio pensiero.
L’arte parla del mondo in cui viviamo ma in realtà non parla che di sé, quindi il rapporto arte-realtà è inesistente.”, anche queste non sono parole mie, ma voi trovate una motivazione migliore all’Arte Moderna?
La negazione della “forma estetica tradizionale” e delle “Norme tradizionali della bellezza” poiché sono divenute ideologiche” è tipica di Adorno e della Scuola di Francoforte.
La scuola di Francoforte fu una vera e propria fucina di filosofia destinata a volare ai più alti livelli, non avrebbe potuto essere altrimenti visto il livello dei collaboranti dell’ ”Istituto per gli studi Sociali” che si “coagularono” intorno a Theodore Adorno.
Filosofi, sociologi, critici e politologi, attenti all’iterazione delle dinamiche economiche con le differenti dinamiche artistiche, in quanto molto spesso esse secondo la loro (e la mia) convinzione, interferiscono con la “Coscienza sociale”.
L’arte (Künste in tedesco), fu un elemento fondamentale per la scuola di Francoforte, così come è rimasta tutt’oggi nella società “teutonica”.
Anche Walter Benjamin (grande collaboratore di Adorno), trattò ampiamente d’Arte, in particolare in una delle sue opere più famose: Il saggio ”L’opera d’Arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”.

Walter Benjamin

Walter Benjamin

Questo titolo è una pietra miliare dalla quale partire, per riflettere su questa (relativamente) “nuova” condizione dell’opera d’arte.
La riproducibilità, venne a contrapporsi alla condizione antecedente, nella quale un’opera d’Arte poteva essere solamente “unica e irripetibile”.
Si è molto dibattuto e ancora si continua a dibattere animatamente, sul fatto che sia sufficiente pensare, progettare un’opera, con l’obiettivo di farla duplicare, perchè si possa parlare ugualmente di “Arte”?.
Anche in epoche non proprio recenti esiteva questa pratica, magari ricorrendo alla maestria tecnica di un’altro essere umano.

 Walter Benjamin "l'opera d'arte nell'epoca della riproducibilità"

Walter Benjamin "l'opera d'arte nell'epoca della riproducibilità"

Questa casistica era prassi comune nelle antiche botteghe d’arte, anche quelle dei pittori e scultori più celebrati.
Benjamin mette in guardia dalla perdita dell’ ”Aura dell’opera d’Arte”, che a suo avviso decade nei multipli, disperdendo quel “lascito d’anima” che ogni artista addiziona ad ogni suo lavoro.
Stesso ragionamento può essere applicato ad altre forme d’arte, ad esempio ad un concerto, orchestrato e diretto direttamente dal suo compositore, o messo a confronto con delle registrazioni fonografiche.
Seppure tecnicamente ben fatte, nelle registrazioni non si ha la stessa “Aura”, per dirla con il glossario di Benjamin.
Anche questo sarebbe un argomento estremamente interessante da approfondire, necessario a definire meglio e a comprendere il concetto di “Arte”, ma senza dubbio anche questo sarebbe tutto un altro articolo…

Francesco Campoli

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Artista o Sciamano

Posted in Filosofia dell'arte on aprile 12th, 2012 by

di Francesco Campoli

Nel mio esplorare l’Arte in tutti i sui aspetti non posso trascurarne gli aspetti antropologici, se non altro per inquadrarla meglio nell’ambito socio-culturale, che rappresenta una delle sue aree di pertinenza che più salta agli occhi. In un articolo precedente ho già accennato all’aspetto antropologico dell’Arte, senza mancare di citare la funzione dell’artista nel suo contesto socio-culturale. Antropologicamente la “Cultura” va intesa nel senso più ampio del termine, quale Ente caratterizzante della sfera sociale umana, la cultura è la condivisione di “Panel Valoriali” e dinamiche sociali collettivamente riconosciute e non l’insieme delle attività attinenti all’Arte, come spesso e volentieri, erroneamente viene intesa. Questa condivisione di valori e il riconoscimento di attività sociali (talune accettate, mentre altre socialmente invise), è l’aspetto fondante della specificità di una identità socio-culturale. Con il termine “Cultura”, più tecnicamente, si definisce un “organismo sociale” nel quale si condividono “valori” comuni, che in molti casi definiscono addirittura i “confini” della comunità medesima, come ad esempio avviene in comunità che si riconoscono in una specifica religione o, magari, ad individui che nascono in una specifica area geografica. Essendo l’Arte uno degli aspetti fondamentali di una “Cultura” (checché se ne dica), non si può non inquadrare antropologicamente anche la figura dell’artista, se non altro per cercare di dargli la giusta collocazione nel “Patto Sociale”. Seppure a prima vista l’accostamento nel titolo di questo articolo possa apparire strano, in effetti preavvisa molto sul suo contenuto, ma, sono certo, che la curiosità dei lettori non sia soddisfatta da questa minima anticipazione.

Professionisti

Professionisti

Innanzi tutto mi preme chiarire il mio definizione di “patto sociale”,  concetto nel quale tendo ad inserire anche il “compito” svolto delle varie “figure professionali”, nel contesto sociale di riferimento. Il medico ha il compito di custodire la salute di coloro che a lui si rivolgono, normalmente, a fronte dell’assunzione di questo importante impegno, gli viene riconosciuto un “rango” tra i più alti nella scala sociale propria di quel contesto. Un ingegnere, con la sua conoscenza, concorre alla progettazione e alla realizzazione delle strutture tecnologiche necessarie a “consolidare” l’ Habitat del vivere comune. Anche in questo caso, la società, riconosce giustamente a chi svolge questo ulteriore compito fondamentale, una dignità sociale perlomeno pari a quella del medico su citato. Per quanto concerne l’artista, quasi mai il riconoscimento di uno status sociale così elevato è altrettanto universale come negli esempi citati precedentemente. Per comprendere il valore della funzione dell’artista in una comunità, è necessario inquadrare bene la sua funzione nell’organismo sociale, per dar modo di classificarlo ad un livello di “considerazione sociale” proporzionato al suo reale apporto, che io, personalmente, ritengo ancor più fondamentale. Esaurita la funzione “documentaria” delle opere d’Arte, in virtù della quale l’apporto dell’artista al suo nucleo sociale era sufficientemente chiara, è necessario ridefinire la sua funzione, dopo l’avvento dell’arte informale o, come usa chiamarla sbagliando: Arte “Moderna”. L’opera d’Arte perdendo la sua funzione di “rappresentazione” della realtà (mimesi), consente all’artista di conquistarsi un ruolo socialmente molto più importante. Chi da allora intenda ritagliarsi un suo spazio nel mondo dell’Arte, si assume il compito di rappresentare i “valori” umani più “alti”, quelli più vicini all’essenza di “Umanità” stessa, che nulla hanno a che fare con l’Estetica, ne tanto meno con la “bellezza”, come invece spesso erroneamente usa credere. Certamente la perdita dell’oggettività della rappresentazione, in molti, ha aperto grandi problematiche nell’interpretazione delle opere. Non essendoci più l’oggettività, ne la necessità di elevatissime skills nelle tecniche (come invece poteva rilevarsi in un Agnolo Bronzino), dare un giudizio valore su ciò che si ha davanti diviene molto più impegnativo. Il coinvolgimento nell’interpretazione di sfere, (come ad esempio quella emotiva ed emozionale), sino ad allora poco prese in considerazione, rende questa attività molto complessa, anche tutt’ora, nonostante ormai l’arte informale sia parte integrante del nostro panorama percettivo. In molti fruitori, ma anche in tanti addetti ai lavori, si è consolidata l’idea che di un’opera d’Arte si possa dare una valutazione “soggettiva” (a me piace/a me non piace), sostituendola alla precedente valutazione su base oggettiva (del genere “è rappresentato” bene o male). Io sono certo che invece l’Arte sia sempre stata un “concetto assoluto”, non a caso insisto sulla mia tesi da quando ho iniziato a scrivere questo blog (anzi questo è il motivo per il quale il blog è nato), cercando di far concordare convintamente almeno i miei lettori, su una definizione di Arte pienamente condivisa, di conseguenza assolutamente non soggettiva. A mio modesto avviso, da questo fraintendimento di fondo, nasce l’equivoco dell’Arte sinonimo di “bello”, alla quale a suo tempo contribuì molto la visione di Benedetto Croce:

Benedetto Croce

Benedetto Croce

L’arte non può essere riflessione o giudizio, non ha nulla a che fare né con l’utile né col piacere né con la morale. Dunque è completamente autonoma. L’unico scopo dell’arte è l’arte stessa ovvero la bellezza artistica. Per Benedetto Croce, se un’opera non è “portatrice di bellezza”, non è un’ opera d’Arte. Molta dell’opinione pubblica e accademica italiana, ancora oggi è molto influenzata dalla visione “crociana”, ma spero che ormai dopo tante parole, almeno i miei lettori, concordino con me che questo è lontanissimo  dall’essere vero. Mi sembra inutile ribadire che questo principio crociano, che in parte deriva anche dalla concezione di Baumgarten (fondatore della moderna Estetica), può a malapena essere applicato alla funzione  “decorativa”, che inopportunamente molte opere d’Arte hanno svolto in altri periodi storici e che purtroppo, spesso e volentieri continuano a svolgere, anche ai giorni nostri. La decorazione  non è da considerare Arte, il decoratore è un artigiano non un artista, per quanto possa svolgere il suo mestiere in modo sublime. C’è da dire che per la decorazione, il rango di opera d’Arte viene meno “per definizione”. In Estetica, l’opera d’Arte deve mancare di una funzione utilitaristica, di una funzione pratica (lo ribadisce anche Croce dopo Baumgarten), l’opera d’Arte non può avere una funzione, quindi su questo tema non vi è alcun ulteriore luogo a procedere. Ho parlato molto della distinzione tra artista ed artigiano in un mio precedente articolo, soprattutto di come questo equivoco sia tuttora perpetrato nei licei artistici italiani, qualora abbiate la compiacenza di andare a rileggerlo sono certo che concorderete con me.

Probabilmente la proliferazione delle varie figure di critico, che sempre più spesso ci troviamo a dover ascoltare ai “vernissage”, è dovuta proprio alle incertezza che si è ingenerata su molte delle nostre attività artistiche. Spesso e volentieri, nei consessi artistici, il critico di turno parla ancora prima dell’artista, prima che egli possa spiegare gli obiettivi del proprio lavoro.

critico d'arte

Ascolta il critico all'opera sulle opere

Sembrerebbe non essere possibile un “tunneling emozionale” diretto, tra l’artista e il fruitore delle sue opere. Ci fanno apparire scontata la necessità di qualcuno che “santifichi” il lavoro dell’artista. Il Critico come “Sacerdote”, il solo preposto a somministrare il “sacramento artistico”, a legittimare l’artista in nostro nome e per nostro conto. Ovviamente non ho usato questi termini virgolettati a caso, anzi: Il parallelismo para-religioso non è casuale, così come non è casuale che la religione sia da comprendere tra le dinamiche tipicamente “Culturali”. Sono millenni che l’uomo si dibatte in questo equivoco, concordando o meno sulla necessità di un “filtro esterno”, al proprio personale “Senso del Trascendente”. Il “Senso interiore del Divino” è innato in ogni uomo, anche se si professa ateo. Esso vive a prescindere dalla disponibilità o meno di un “ministro” che lo gestisca in nostra vece.

congregazione per la dottrina della fede

congregazione per la dottrina della fede

Come tutti sappiamo, ci sono alcune persone che legittimate da articolate strutture gerarchiche, si arrogano il compito di canonizzare i tratti della “Fede”, di certificare l’aderenza o meno del fedele ai precetti, che, in molti casi, sono essi stessi a definire. Non essendo questo articolo un trattato di “Teologia Comparata”, vi risparmio esempi circostanziati di come questo fenomeno sia individuabile praticamente in ogni “Credo”. Mi preme però prendere le distanze dalla necessità di “ministri” (i critici ), dispensatori di “precetti di ortodossia artistica”, non per partito preso, ma per un motivo fondamentale della mia concezione del fare Arte, in tutte le sue declinazioni. Per quanto mi riguarda, credo che, nei confronti dell’Arte, esista una “coscienza interiore” che ogni uomo possiede innata , parimenti al senso del trascendente, che guarda caso si ripropone in tutte le culture, siano esse quelle antiche o dei nostri giorni. Il rapporto con un’opera d’Arte deve essere personale, se un “sacerdote” esiste (etimologicamente sacerdote deriva da Sacer (sacro) e Dot (fare), quindi “colui che fa ciò che è sacro”),  quello è l’artista medesimo. Sono certo che la pantomima delle spiegazioni preventive del critico di turno debba essere assolutamente evitata, proprio in ossequio a quanto sopra argomentato. Cosa c’è di più normale che lasciar parlare le opere d’Arte? E’ sufficiente pensare che, se l’artista è un vero artista, le sue opere sono nate proprio a questo scopo. Tornando alla collocazione sociale dell’artista e al suo compito nel contesto socio-culturale di riferimento, secondo me, l’artista ha un ruolo paragonabile a quello di uno Sciamano.

Sciamano Aborigeno Australiano

Sciamano Aborigeno Australiano

Nelle culture (Organizzazioni sociali) che ne prevedono la figura e l’operato (qui si comincia a capire il titolo dell’articolo), lo Sciamano è un ruolo che investe una persona del nucleo sociale a prescindere dalla sua volontà. Essere Sciamano è una ineluttabilità per colui che viene toccato da questo dono/maledizione.

sciamano pellerossa

sciamano pellerossa

Si dice che chi rifiuta il “dono” patisca pene e sofferenze indicibili, sino anche a rischiare la follia. Prendo a sostegno della mia tesi anche la prospettiva di questa condizione, mi viene di pensare alle vicessitudini psichiatriche di Antonio Ligabue, Vincent Van Gogh, Jean Michel Basquiat, Edvard Munch e molti altri sofferti artisti. Tra i poeti che hanno vissuto questa condizione troviamo l’esempio di Alda Merini, che trascorse molti anni in manicomio, prima che il suo “abbandonarsi” alla forza taumaturgica della poesia, gli restituisse la libertà e la dignità sociale che le spettava.

Alda Merini

la poetessa Alda Merini

Parlando ancora di poeti va citato il caso di Dino Campana.

dino campana

il poeta Dino Campana

Il suo rifiuto del sacro “dono” dell’Arte, in lui si concretizzo con la scrittura di un unico libro “I canti Orfici”, libro nel quale il viaggio “onirico” (che ne è il filo conduttore), ricorda moltissimo il viaggio “misterico” caratterizzante l’attività dello Sciamano. L’incompleta espressione del suo immenso talento, il rifiuto di mettere la sua Arte al servizio dell’umanità, portò Dino Campana a concludere tristemente la sua vita in un manicomio. Parimenti al dono sciamanico, il “dono artistico” non può essere rifiutato, se ce l’hai e lo rifiuti, il materialismo,  sul quale spesso si fonda questa scelta, in qualche modo distruggerà l’esistenza del pavido in virtù di una esistenza appiattita nel conformismo sociale. Un conto è non avere “mezzi cognitivi” che mettano in grado di valorizzare l’aspetto spirituale della vita, un conto è sopprimere volontariamente il richiamo del proprio “Karma”, un qualcosa di più del “destino, che, come in un ossessivo “Giorno della Marmotta“, ripresenterà all’anima la sfida che ha tentato di sfuggire

Sciamano Indiano

Sciamano Indiano

A fronte di questa viltà si riceverà in cambio solo l’omologazione, il pensiero inquadrato, castrante, dissecante per chi potrebbe sviluppare i propri talenti.
Senza scomodare Cristo e la “Parabola dei Talenti”, si potrebbe citare il “Sommo Poeta” Dante, che piazza all’inferno “Colui che per viltade fece il gran rifiuto“. Dante non identifica chiaramente il personaggio al quale rivolge questa accusa di “sacrilegio”, si dice che si riferisse a  Celestino V, il Papa che per paura del gravoso impegno, rifiutò il soglio pontificio ritirandosi poi in eremitaggio. Taluni altri esegeti del sommo poeta affermano che si tratti di Ponzio Pilato, il console romano in Israele, che si lavò le mani sull’ingiusta condanna irrogata a Gesù di Nazareth. Lo sciamano può essere immaginato come un “ponte” tra il mondo terreno e il mondo dello spirito, un ponte a disposizione dei membri della società nella quale è chiamato ad operare. L’artista ha un ruolo assolutamente paragonabile, questo ci si rende palesemente chiaro se abbiamo ben compreso che, l’ Arte afferisce al mondo della spiritualità, non certo a quello della manualità, anche per questo un’opera d’Arte  non può avere un prezzo, semmai ha un “Valore” che è tutta un’altra questione. Come è noto anche gli Sciamani godono di una dignità sociale ai massimi livelli della scala, riscuotono un enorme rispetto, purtroppo, nella società materialista dei nostri tempi, non è così per l’artista.

sciamano tibetano

Sciamano tibetano

Si tende a riconoscere senza remore il ruolo del medico così come quello dell’ingegnere (del professionista in generale), ma non si fa lo stesso per il ruolo dell’artista. Non si comprende che l’artista è il nostro tramite con il trascendente, soprattutto se il suo lavoro e la sua poetica, sono intrisi della necessaria purezza e onestà intellettuale. L’Arte non è un fatto di Estetica, piuttosto, assomiglia ad una pratica magica che l’Artista/Sciamano compie, in nome e per conto di coloro che hanno rifiutato il “sacro dono”, praticamente lavorando per salvargli l’anima. Un’opera d’Arte è una specie di “feticcio”, essa è in grado di assolvere pienamente la sua opera “taumaturgica”, anche se la si vive solo da fruitori. Nello sciamanesimo e in altre antiche culture animiste, il “feticcio” non era certo una pratica inconsueta. Lo Sciamano realizza per i suoi assistiti, dei “feticci”  ai quali tenta di conferire poteri magici. Il feticcio è la “concretizzazione” del suo operato presso gli spiriti, che egli va ad incontrare nel  viaggio sciamanico” e presso i quali cerca di ottenere soluzioni per coloro che a lui si rivolgono.

Feticci Magici

Feticci Magici

L’animo umano essendo puro spirito, nel mondo materiale (nella peggiore delle accezioni) vive molto male, ecco perché ha bisogno di mantenere un contatto, un legame (anche solo simbolico) con la propria “casa spirituale”. Parlo di quell’aldilà del quale sappiamo ancora molto poco e del quale, spesso, abbiamo una profonda paura, il terrore del non conosciuto appunto. Mettendo un quadro in casa, una scultura in una piazza, ascoltando una poesia o un concerto, riapriamo quel “tunnel” che ci rimette in contatto con il mondo origine del nostro spirito, che come dei feticci, danno la concreta speranza di mantenere aperta quella porta sull’universo. Amando l’opera d’Arte della quale ci siamo innamorati, senza conoscere il vero perchè, evitiamo di sentirci dissecati, separati dalla nostra metà più vicina alla verità. Ogni essere umano in modo assolutamente incomprensibile a livello razionale, percepisce una mancanza, uno iato che spesso cerca di colmare in modi non sempre ortodossi. Chi si lascia assalire dalla depressione, chi si abbandona alla droga o alle cattiverie più gratuite o alle abiezioni più squalificanti. Spesso sentiamo che la cattiveria umana, apparentemente, non ha un senso evidente, ma riflettendoci si comprende che è una forma di rivalsa, una vendetta scellerata contro il profondo dolore che, l’essere umano prova senza capirne coscientemente il perchè. Molti illustri psichiatri e impegnati psicologi, si chiedono il perché dell’aumento esponenziale della depressione e delle manifestazioni d’ansia patologica (ad esempio gli attacchi di panico), ma non trovano la giusta chiave di lettura per questa triste fenomenologia. Queste crescenti difficolta dipendono molto probabilmente dall’approccio completamente materialistico del nostro stile di vita. La rinuncia alla ricerca dell’altra metà di noi stessi, che non è da indirizzare solamente verso il  sesso opposto, ma anche e soprattutto nella ricerca della nostra parte spirituale, dispersa nello spazio/tempo cosmico, che  solo guardando dentro di noi possiamo tentare di esplorare. Senza quella parte fondamentale la carenza è troppo importante, perché in noi non si generino dinamiche dirompenti che rappresentano il nostro “inferno” già su questa terra.

Uomo della medicina

L'Uomo della medicina

L’Arte, quella vera ci può salvare, ecco perché è importante saperla riconoscere. L’artista diviene “l’uomo della medicina”, (come spesso lo Sciamano veniva chiamato), quello che con la potenza dei suoi feticci mantiene aperto il tunnell verso la nostra metà astrale, consentendoci almeno il guardare al di la ogni volta che lo vogliamo. L’artista crea “feticci”, “simboli” che hanno il potere di distruggere le nostre ansie, placare la sindrome da astinenza spirituale che senza preavviso sempre più spesso ci assale. Un’opera d’Arte agisce meglio di qualunque ansiolitico, di qualunque stupefacente, semplicemente perché agisce nella nostra sfera più profonda, quella dell’anima. L’anima quell’unica parte di noi che si conserverà per sempre, un alito di universo e l’universo, per definizione contiene tutto (anche noi) che ne siamo una componente essenziale.

simboli vari

simboli vari

Qualcuno obbietterà che un simbolo è solo un simbolo, ma dimentica che la nostra vita è piena di simboli infinitamente potenti, il materialismo che viviamo con sempre maggiore convinzione ci obnubila l’occhio mentale, impedendoci di vederne i profondi significati. Spesso si parla di significati nascosti nei simboli, invece essi sono li per noi, chiari come l’acqua di sorgente, basta aver voglia di sforzarsi di vedere, vedere con gli occhi del trascendente. Un’opera d’Arte è il modo più intuitivo di percepire il “valore” di un simbolo. Non è un caso che, quando ci troviamo al cospetto dell’opera “giusta”, saremmo pronti a “pagarla” qualsiasi somma, proprio perchè ne percepiamo l’enorme “valore”. Ci sarebbe da parlare molto a lungo della forza dei simboli, degli “Archetipi” che sono le fondamenta del pensiero umano, non è escluso che lo farò prima o poi, intanto, è importante almeno prendere coscienza di questa “fenomenologia”. L’ enorme potenza dei simboli, ci dovrebbe risultare ben evidente se, ad esempio, pensiamo alla Santa  Croce, a quali sentimenti essa è in grado di ridestare nei cristiani. Possiamo ragionare sul peso dei simboli nella magia e nell’alchimia, così come potremmo parlare dell’impatto dei simboli sulla psiche umana, come ben riferì Carl Gustav Jung nel suo ultimo saggio “L’Uomo e i Suoi Simboli”), ma questo sarebbe certamente tutto un altro articolo….

Francesco Campoli

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Arte e Festival di Sanremo

Posted in Filosofia dell'arte, l'Arte in ogni Arte on marzo 9th, 2012 by

di Francesco Campoli

Mentre scrivo immagino i volti di coloro che leggono il titolo di questo articolo, un pezzo che arriva dopo altri, che hanno cercato di argomentare sull’arte nella sua accezione più elevata.

Teatro Ariston Sanremo

Teatro Ariston Sanremo

Siamo rimbalzati dalla filosofia di Platone ed Aristotele a Parmenide, Kant, Heidegger e altri “giganti” della filosofia di tutti i tempi, gente che di Arte ed Estetica ha trattato con indiscutibile competenza.
Potrebbe sembrare che io sia uscito dal “seminato” scrivendo questo articolo, ma non è così.
Per una mia vecchia “deformazione professionale” (essendomi occupato di Marketing e Pubblicità), mi sono trovato a leggere i dati di ascolto del Festival di Sanremo con il solito atteggiamento attento alle dinamiche socioculturali.
Si parla di 12,5 milioni di spettatori con uno “share” mediamente intorno al 45%, numeri come questi non possono essere ignorati, anzi vanno almeno analizzati attentamente, almeno nel loro valore antropologico.
Ho già scritto dell’iterazione tra l’arte e l’antropologia, ad esempio delle manifestazioni artistiche presso gli Aborigeni australiani, ma ho sentito “addetti ai lavori”, usare molto spesso la parola Arte commentando il festival di Sanremo oltre che descrivendolo come grande evento culturale.
Tutto questo articolare sulla “nostre“ parole d’ordine, non poteva che far nascere in me una delle mie riflessioni, che costituiscono l’ossatura portante di questo blog.
Con l’appellativo artista, ci si riferisce ai cantanti che si esibiscono, agli “artisti” che scrivono i testi delle canzoni, a  coloro che compongono melodie e arrangiamenti.
Parlando di cultura non si può ignorare, che essa sia strettamente connessa al contesto sociale e temporale nel quale si palesa.
Non esiste cultura che non si collochi in almeno un “cluster”, della struttura sociale nella quale si viene ad instaurare.
Quali esempi consolidati, mi basti citare la cultura “Hippy” negli anni 60/70

Il Volkswagen hippy

Il furgoncino Volkswagen il mezzo hippy per definizione

o fatti i dovuti distinguo, la cultura “EMO” ai giorni nostri,la cultura “Hip Hop” e il “Graffitismo” che ne è emanazione diretta quale forma d’arte di questo segmento sociale.

Tipico look Emo

Tipico look Emo

Tutti movimenti culturali da classificare come tali in senso antropologico.
Sono sempre identità culturali riconducibili a dei “cluster” giovanili delle rispettive strutture sociali, ma Dio solo sa quanto sono differenti i “panel valoriali” ai quali si rifanno.
Va preso atto che “discendono” dal rispettivo contesto socio-contemporaneo.

hip hop graffito metropolitano

Graffito metropolitano Hip Hop

Non voglio lanciarmi in un trattato di scienze sociali, semplicemente desidero affermare che ogni cultura è degna di essere considerata, ed è giusto valutare se esiste un collegamento diretto con l’arte, realmente definibile tale.
E’ indubbio che tra le arti vada inclusa la musica, alla quale è vocata

La musa Euterpe

La musa Euterpe

la musa Euterpe, segno che questo status gli è riconosciuto sin dai tempi più antichi.
Nel caso del festival di Sanremo la musica accompagna i testi, che spesso si sente definire “vere e proprie poesie”, ma ovviamente non si possono non fare dei distinguo.
La poesia è senza dubbio arte, anzi, l’arte delle arti, infatti in tutte le forme d’arte si cerca di comprendere (consciamente o inconsciamente), la “poetica” specifica di quell’ artista.
In sintesi si cerca di intuire la struttura “Estetica” (vedi articolo Ridefinire l’Arte), sulla quale l’artista costruisce la sua produzione.
Aristotele nel suo trattato “Poetica”, oltre che a Poesia; Musica, Pittura, Scultura ecc. estende al teatro greco in tutte le sue forme (Tragedia, Epica e Commedia), questo concetto di chiara origine “Estetica”.
Aristotele canonizzò anche i concetti di “Mimesi” e “Catarsi”, in questi due  termini io intravedo il compito fondante dell’artista.
Così come nel teatro greco, l’attore cerca di far nascere forti emozioni, simulando nella rappresentazione (mimesi vuol dire appunto rappresentazione, imitazione), con l’obiettivo è che ne derivi una “Catarsi” (una purificazione), benefica per lo spettatore, ogni artista fa la stessa cosa con la sua arte (se è un vero artista).
Ognuno di noi sa che quando fruisce di un’opera d’arte, nella migliore delle ipotesi è di fronte ad una “rappresentazione”, eppure se ne lascia coinvolgere, emozionare.
Se l’artista ha fatto bene il suo “compito”, colui che ne fruisce prova una emozione, non necessariamente bella, ma che dentro di lui si configura come assolutamente vera.
Talvolta una emozione invasiva, talaltra sin anche invadente, emozione che l’artista ha volontariamente inteso generare nei fruitori della sua opera, spesso incaricandosi di provale per loro.
Io spiego con questo fenomeno, il fatto che al presunto artista, si riconosce benevolmente la definizione di genio collegato con la sregolatezza, quale come se fosse un “Valore” ineluttabilmente collegabile a chi “si incarica” di fare arte.
In fondo alla propria Ragione, si riconosce questo compito “sciamanico” all’artista, consentendogli una vena di follia, quella che in proprio non si ha il coraggio di liberare, e quindi la si delega all’artista.
Cos’è questo se non un atto catartico, l’opera prende vita delle emozioni reali dell’artista, che le mette a disposizione del pubblico, che ne prende atto condividendole e vivendole in modo profondo anche se virtuale.
Tornando allora al festival di Sanremo, quali emozioni fanno nascere i cosiddetti artisti al festival della canzone italiana?
Mi trovo davanti ad un altro “vaso di Pandora”, ma non mi tirerò certo indietro dall’aprirlo e dire la mia come al solito, anche se sò che rischierò di allungare un pò troppo l’articolo.
Sinceramente è piuttosto difficile individuare il germe dell’arte, nella maggior parte di ciò che sentiamo e vediamo al festival di Sanremo, comunque uno spunto interessante credo si possa trovare.
Per chi ha letto altri miei precedenti articoli, ho già parlato del mio modo di distinguere Arte da espressione, la differenza che vedo tra “Arte e tecnica” e soprattutto quella che ritengo la differenza tra Artista e Artigiano.
Anche al festival di Sanremo, si può riscontrare lo stesso “fenomeno” che si riscontra in altre performance artistiche.
I cosiddetti artisti spesso sono al massimo buoni (talvolta ottimi) artigiani: Operatori esperti nella loro specifica “tecnica”, ma che poco hanno a che vedere con l’arte.
Alcuni cantanti sono particolarmente intonati, nella voce di altri si riscontrano “colori” estremamente particolari, in altri si distinguono chiaramente grandi capacità interpretative, ma l’arte dov’è?
Ne ho già parlato nell’articolo: “l’Artista o la sua tecnica”, l’artista con qualsiasi Arte si misuri, ha il dovere di vedere “oltre”, di “sconfinare”, insomma di “ricercare” nel mondo delle emozioni o magari anche oltre, mettendo a disposizione del pubblico il frutto della sua ricerca.
Il “vulnus” è proprio qui, al Festival di Sanremo gli artisti/ricercatori, hanno sempre avuto magre soddisfazioni, questo denota la carenza di contenuti artistici, e la poca competenza di chi è chiamato a valutare, al massimo viene  promossa una buona “qualità artigiana”.
Gli esempi che personalmente ricordo sono diversi: Vasco Rossi al festival di Sanremo del 1983 si classificò al penultimo posto, con “Vita Spericolata” e poi sappiamo tutti come è andata a finire.
Furono scartati a Sanremo anche Lucio Battisti, Luigi Tenco, Lucio Dalla e altri, proprio i veri artisti/ricercatori.

La musa calliope

La musa calliope

Alcuni possiamo definirli veri e propri poeti oltre che ispirati musicisti, figli prediletti di Euterpe e di Calliope (musa della poesia), la “canzone” infatti è musica con in più poesia, infatti permette di ottenere dalla “rappresentazione” (l’esecuzione), il massimo di “spinta” emozionale possibile.

In questo novero è giusto citare in primo luogo Luigi Tenco e Lucio Dalla, entrambi cantautori, (compositori di musica e testi), estremamente preparati sul piano musicale (entrambi provenienti dall’ambiente Jazzistico).

Luigi Tenco

Luigi Tenco

Luigi Tenco aveva addirittura fatto l’arrangiatore alla “Ricordi”, ed entrambi avevano la poesia che gli scorreva nelle vene, in particolare Dalla.
Nel caso di Lucio Dalla dobbiamo sottolineare anche che la grande preparazione nelle esibizioni dal vivo, che gli derivavano dalla frequentazione del Jazz.

La qualità dagli innumerevoli concerti tenuti, ha rappresentato la strada maestra, attraverso la quale il cantautore bolognese ha consolidato nei decenni il rapporto con il suo pubblico.

annuncio morte luigi tenco

annuncio morte Luigi Tenco

Luigi Tenco spinse ai massimi confini la sua ricerca della catarsi, morì suicida a causa della sua esclusione dal festival di Sanremo, mise a disposizione le sue emozioni più estreme, per dimostrare quanto credesse nella sua arte, la Tragedia portata al suo compimento.
Non è facile esprimere opinioni su una persona che compie un gesto così estremo, non essere capiti è un destino comune a tanti artisti, ma io credo si debba attendere che il pubblico comprenda, magari accompagnandolo a capire, lavorando duro con coerenza.
Battisti invece è stato un esempio molto diverso, parliamo di un altro grande artista, che è maturato cammin facendo, mettendosi continuamente in discussione e rivedendo continuamente i propri contenuti e il suo approccio alla composizione.
Ai successi enormi della prima ora che lo videro coautore con Giulio Rapetti  (Mogol), di una lunghissima serie di album divenuti famosissimi, Battisti contrappose un lavoro di altissimo livello, assolutamente meno commerciale.

Lucio Battisti

Lucio Battisti

Nel 1972 fondò la sua casa discografica, la “NUMERO 1”, per non dover sopportare coercizioni di sorta nella sua ricerca musicale e avere massima libertà dai vincoli commerciali.
Furono i tempi de “Il mio canto libero”, brano entrato nella storia, nel 1982 nasce “E’ Già” il primo album senza Mogol, nel quale Battisti comincia a cercare nei suoi dischi un “mood” completamente nuovo, fondato su una poetica abissalmente diversa da quella della prima ora.
Lo sconvolgimento della poetica, lo portò a collaborare col poeta Pasquale Panella, che concettualmente condivideva pienamente anche la sua ricerca musicale.
Battisti evolve verso un suono molto più sofisticato e ai massimi livelli di modernità (anche per il largo impiego di musica elettronica, estremamente avanti per quei tempi.
I testi prendono un’aura estrema nel quale concretizzare un simbolismo ermetico, miscelandosi perfettamente con il tappeto musicale che li supportava.
Il nuovo sodalizio si concretizzò in C.S.A.R. primo risultato della sua frequentazione con la poesia Ermetica di Pasquale Panella, che Battisti riusciva a cantare  con grandissima disinvoltura, anche perché si confaceva moltissimo al suo modo di esecuzione.
L’ultimo album uscito poco prima della sua prematura scomparsa, nel 1994 si chiamerà “Hegel” a ribadire un ulteriore evoluzione della sua arte, un svolta che sottintendeva la filosofia, come primaria fonte di ispirazione.

Album Hegel Battisti

Album Hegel di Lucio Battisti

Il suo ultimo lavoro intitolato al noto filosofo dell’ “Assoluto”, evidenzia chiaramente la sua ferma intenzione di voler andare ben più al di là dei contenuti partoriti da Mogol.
I titoli di alcuni brani non lasciano adito a dubbi: oltre ad Hegel, c’è “Estetica”, “la Bellezza Riunita” ecc, il suo lavoro più ricco e ricercato.

Georg Wilhelm Friedrich Hegel 1831

Georg Wilhelm Friedrich Hegel 1831

Purtroppo anche nel suo caso, possiamo definirlo il suo “lascito”, la sua eredità per tutti noi, visto che la prematura scomparsa, fermo il suo lavoro di artista/ricercatore.
Qualche malalingua ha avuto il coraggio di definire questi lavori di Arte/Ricerca pura, “deliranti”, quando quel fervore di ricerca dell’Assoluto, è semplicemente il suo “duro e puro” misurarsi con l’arte.
Arte e “Ragione” per rimanere in ambito filosofico (Kantiano in particolare), non sono assolutamente in contrasto, anche se questa affermazione, per molto tempo ancora resterà incomprensibile ai più.
Nella nostra società continuiamo a “venerare” gli Ingegneri e a percepire gli artisti come poco più che barboni, non comprendendo il loro enorme apporto all’umanità, a quella caratteristica umana che ci rende unici, “Assoluti”.
Un vero artista ci costringe ad usare gli occhi, le orecchie, il cervello, il cuore (intesi soprattutto nella loro accezione metaforica), offre la possibilità di percepire l’ “Assoluto”,  senza obbligatoriamente doverlo comprendere del tutto.
Quel Assoluto del quale siamo fatti e al quale dobbiamo necessariamente tornare, per dare un senso al nostro “esistere”.
Qui bisognerebbe far entrare in gioco, il più grande dei misteri che abbiamo di fronte: la “Morte”, non pensata come il contrario di “vita”, ma il punto dove spazio e tempo coincidono nel medesimo concetto.
Sarei anche pronto a chiamare in causa il genio, che della filosofia ha fatto concretamente una scienza, non il contrario come oggi sembra normale:  Albert Einstein, ma sicuramente anche questo sarebbe tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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Il Brutto dell’arte

Posted in Estetica e Bellezza, Filosofia dell'arte on febbraio 2nd, 2012 by

di Francesco Campoli

Il gioco di parole nel titolo , vuole essere uno stimolo a riflettere circa le mie affermazioni sull’arte, una piccola provocazione per spingere i lettori a comprendere meglio le mie convinzioni.
Bellezza e suo contrario, come insistono nel mondo dell’arte? come sono percepite dai fruitori? Non si può non farsi questa domanda, riflettendo sul mondo dell’arte e la sua evoluzione nei secoli.
Parlando superficialmente di arte, è molto facile sentir “sproloquiare” di bellezza, quale essenza fondante in un’opera d’arte, ma allora si può parlare di arte se viene rappresentato qualcosa di oggettivamente brutto?
Tra l’altro tra le pieghe di questa domanda, si inserisce anche il trito e “ritrito” confronto, tra arte figurativa e arte informale, diatriba che si collega al quesito esposto sopra, in quanto esiste ancora qualcuno che sostiene che la “cosiddetta” arte moderna, sia troppo brutta per essere arte.
Ci sono stati grandi artisti del passato, che spesso hanno rappresentato anche cose “esteticamente” non particolarmente gradevoli, magari con grande maestria tecnica e andando all’essenza della loro rappresentazione.
Pablo Picasso lo fece in Guernica, un’opera che desta l’interesse di almeno un milione di visitatori l’anno, ma che per varie ragioni, non può essere presa ad esempio di opera d’arte che si fonda sulla rapresentazione del bello.
Picasso concependo il “Cubismo”, probabilmente intendeva proprio superare  il tabù della bellezza nell’arte, a favore dell’essenza del messaggio, attraverso l’utilizzo di un simbolismo meno “velato”, che magari esisteva anche nell’arte classica.

Guernica Picasso

Guernica Picasso

Quest’opera è un manifesto contro gli orrori di tutte le guerre, prende spunto dal tragico bombardamento della città basca di Guernica, durante la guerra civile spagnola.
Tirare in ballo la “bellezza” in quest’opera d’arte,  non è certo automatico, la bellezza del colore altrettanto, avendo Picasso a scelto di non usarne.
C’è da dire che è difficile, immaginare una scelta migliore, per esaltare la drammaticità della situazione e il prevalere della violenza, su tratti umani più edificanti.
L’essenzialità del tratto, non toglie nulla al ventaglio di emozioni terribili che Picasso desiderava rappresentare, alla faccia degli esercizi di tecnica che magari possiamo trovare in Rembrandt,

La Ronda di Notte Rembrandt

La Ronda di Notte Rembrandt

troviamo invece simboli e simbolismo ai più alti livelli, forza espressiva e certezze nella composizione, skill certo non deficitarie tra le prerogative “tecniche” di Pablo Picasso.
Rimanendo comunque nel solco della riflessione iniziale, voglio portare un esempio al di fuori della poetica cubista, di disinteresse verso la “rappresentazione del bello” : Hyeronimus Bosh.
Un esempio a mio avviso particolarmente calzante.  Hyeronimus Bosh seppure ispirato da tematiche molto diverse da quelle viste sopra, si esprimeva prevalentemente su contenuti a sfondo religioso/filosofico ed esoterico, che andavano per la maggiore all’epoca dello scisma luterano.
Con grandissima tecnica e manualità, Bosh non si può certo dire che cerchi il bello, anzi, magari si può pensare ad una compiacenza nell’indugiare sulla sua bravura.

Hieronymus Bosch La Tentazione

Hieronymus Bosch La Tentazione

Il famoso pittore fiammingo, che con i suoi lavori ispirò al connazionale Erasmo da Rotterdamm, il famoso “Elogio della Follia”, a prima vista sembra mostrare un mood visionario.
In realtà andrebbe evidenziata la sua enorme creatività, oltre alla disponibilità di maestria pittorica di altissimo livello, una creatività strettamente compressa nella “forma”, infatti è ancora piuttosto lontano l’avvento dell’arte informale.

Erasmo da Rotterdam

Erasmo da Rotterdamm

Sembra incredibile che il riconoscimento della “follia creativa”, quale esercizio necessario all’evoluzione dell’umanità intera, resti tutt’ora argomento praticamente ignorato.
Come è noto nel 1.450 fu  Erasmo da Rotterdamm con “Elogio della follia” a porre scientemente la questione, ma giorni nostri, è ancora necessario un “reminder” continuo, per cercare di scardinare le “trappole antropologiche” e gli equivoci sociologici.
Molti di noi ricorderanno il famoso discorso di Steves Jobs (Fondatore della Apple Computer e della Pixar Animation), con il quale si rivolse agli studenti neolaureandi dell’ universita di Standford, negli Stati Uniti.
Quel discorso, che purtroppo può essere inteso come il testamento “spirituale” del geniale Steve, dopo che recentemente il cancro, ha vinto la “battaglia” che  Jobs aveva intrapreso ormai da diversi anni.
“Stay hungry, stay fulish”, “Siate affamati (di conoscenza), Siate folli (più che semplicemente creativi), cosi concludeva il suo mitico discorso (click sull’immagine sotto)

Steve jobs a Stanford

Steve jobs a Stanford

Questa ormai storica affermazione, sembra un vero “Deja Vu”, un “repetita” su un insegnamento, che l’umanità non ha ancora recepito a pieno.
Se si guarda bene sembra che le “migliori menti”, vogliano indicarci la strada giusta, in pochi riusciamo a comprendere.

Albert Einstein

Albert Einstein

Albert Einstein, non ci ha lasciato solo la “Teoria della relatività Generale” (una delle chiavi dell’universo), la “Teoria dei Quanti di luce”, la “teoria delle lenti gravitazionali” e tante altre “magie” della fisica.
Einstein (neanche tanto velatamente), ci lasciò il “solito” messaggio sulla “follia”.
La famosissima foto che vedete qui a fianco, è un messaggio per chiunque lo sappia capire.
Un genio universale che si consente uno sberleffo, non è una caduta di stile che il conformismo di maniera gli ha sempre voluto appioppare, ma è invece il solito “reminder” per l’umanità.
Non so se tutti lo hanno già percepito, nel caso non fosse, spero con queste mie righe di aver fatto la mia modesta parte.
Il grande genio Albert Einstein, oltre alla fisica aveva anche molti interessi spirituali, soprattutto va detto che non considerava le due “sfere” disgiunte.
Non per elevarmi al rango dei geni su menzionati, ma un passetto alla mia portata lo vorrei tentare, proponendo una delle mie solite provocazioni:
E’ possibile che nel mondo dell’arte, questo messaggio venga sempre più ignorato? che venga ignorato il compito per il quale un Artista (vero) assume pienamente senso?
Rompere il giogo dei conformismi e lavorare per l’evoluzione, è un compito fondamentale per un “Essere” umano, che cerchi di essere realmente tale.
Segnalo prima che lo facciano altri, che mi riconosco in questa teoria ma che non è mia, per sostenere una trattazione filosofica su questo argomento, andrebbero tirati in ballo Heidegger (e il suo “Essere e tempo”) oltre Nietzsche con il suo  “Superuomo”.
Il mio obiettivo però è “solo” smontare il “Conformismo dilagante nell’arte”, non rivoluzionare il mondo, anche se personalmente lo ritengo una sorta di sinonimo.
Questa piaga è sempre più imperante, in primis quale conseguenza delle mostre “stereotipate” partorite per convenienza dal critico di turno, che snatura i veri messaggi degli  artisti, intrappolandoli in mostre a tema, inventando un “linking” tra le opere esposte per puri scopi commerciali e sfruttarne la disponibilità.
Si và creando una sorta di “Junk Culture”, che usa l’arte (o pseudo tale), per far da cornice ai ristoranti nei musei, un’arte facile, un’arte “per tutti” nel senso peggiore del temine.
Mi fermo qui, ma mi permetto di ricordare a me e ai lettori, che  rompere gli schemi culturali, è uno dei “carismi” che competono ad un artista.
Reputo molti interrogativi estremamente interessanti, ma per discutere del bello e del brutto nell’arte, bisognerà parlare anche di “Estetica”, intese nella più profonda accezione filosofica, ma sicuramente anche questo è tutto un’altro articolo.

Francesco Campoli

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Arte e Antropologia

Posted in Estetica e Bellezza on gennaio 29th, 2012 by

di Francesco Campoli

In questo nuovo articolo, mi piace ricordare le mie intenzioni nella stesura di questo blog: lasciare all’interlocutore una risposta propria ma consapevole all’ interrogativo di fondante di questo blog: cos’è l’arte?
In ognuno di noi esiste il piacere “para-narcisistico”, di veder condivise le nostre idee, desidero andare oltre questo obiettivo autoreferenziale, procedendo però in modo raffinato, nella migliore accezione dell’aggettivo retorico.
In sintesi, nelle mie intenzioni, c’è la volontà di proporre una congrua quantità di argomenti a sostegno della mia tesi sull’Arte, per fare in modo che gli interlocutori, giungano consapevolmente a conclusioni in accordo con la tesi medesima.
Considero questo un compendio dell’attività di artista, in quanto, un’Opera d’Arte, nella mia convinzione, è una forma alternativa più diretta e sintetica di altre, di proporre contenuti ed emozioni.
L’artista pubblica la sua opera, con l’intenzione che sia condivisa nei contenuti o nelle emozioni che desidera provocare, in piena similitudine con il processo che descrivo sopra.
Ho esordito con questa lunga premessa per non essere machiavellico, intendo da subito richiamare l’attenzione su un fattore fondamentale della dinamica che desidero instaurare nel blog, per mio principio essa non può che essere pienamente bidirezionale.
L’importanza del fruitore è fondamentale soprattutto perché “influenza“ l’Opera con la sua personale schematica percettiva.
L’Opera d’Arte assume un suo significato in funzione del fruitore medesimo, in particolare in relazione alla sua cultura. E’ lo specifico “cluster” antropologico, che definisce i “valori” percepiti in un’Opera d’Arte, in correlazione al “panel” valoriale, comune tipici del nucleo culturale nel quale il fruitore si è formato .

Non è difficile intuire che, intendo mettere sul tavolo un altro parametro che personalmente ritengo utile per rispondere alla “key question” di questo articolo: L’Arte ha una stretta identità antropologica.
Specifiche tematiche estetiche, definite dall’artista all’atto della creazione dell’Opera, vengono riconosciute per specifiche caratteristiche – una di queste, è ad esempio può essere l’assenza di un utilizzo pratico (Che definisce invece l’Artigianato) – per le quali l’Opera assume lo “status” di Opera d’Arte.
E’ pienamente intuitivo che questa sensibilità è diversa tra i diversi popoli, quindi un’Opera può essere intesa come artistica in una specifica area antropologica, come può essere assolutamente incomprensibile in un’altra, anche per questioni di tipo sociale.

Arte Aborigena australiana

esempio di Arte Aborigena australiana

Questo legame tra l’antropologia e l’arte, è stato a lungo indagato dall’antropologo inglese Alfred Gell. Gell lavorò caparbiamente per produrre una definizione “scientifica” di “Opera d’Arte”.

l'antropologo Alfred Gell

l'antropologo inglese Alfred Gell

Utilizzo in particolare confronti antropologici piuttosto interessanti, come ad esempio la distanza geografica e culturale tra le etnie che prese in considerazione.
Gell propone una distinzione molto accurata (che vi risparmio), fra considerazioni di natura filosofica (in particolare di Estetica), ma fondamentalmente analizza l’iterazione dell’Opera con il contesto antropologico nel quale è nata ed insiste.
In particolare, lo stimolava la ricerca di un denominatore comune che collegasse l’Opera pletoricamente riconosciuta nella nostra cultura, messa a confronto con alcune Opere Aborigene, che nei rispettivi luoghi di origine, godono della definizione di Opera d’Arte (massivamente riconosciute come tali).
L’idea di ricercare un denominatore comune tra le casistiche individuate ha piena dignità scientifica, ma certamente non un fattore facile da individuare.
Questo carattere comune, probabilmente è collocato molto in alto, nella scala valoriale e percettiva dei rispettivi nuclei antropologici, probabilmente in ambito spirituale.
Io personalmente posso raccontare un aneddoto che reputo estremamente calzante  di questo fenomeno antropologico: Qualche anno fa un amico ravennate, sposò una ragazza brasiliana di Manaus (Amazzonia Brasiliana).

Manaus ponte sul rio delle Amazzoni

Manaus ponte sul rio delle Amazzoni

Quando questa ragazza lo raggiunse definitivamente in Italia, lui si affannò molto per fargli conoscere il nostro Paese in modo che si ambientasse rapidamente.
Io ero presente durante la sua visita a Roma e in quella a Venezia.
Notai la sua faccia di fronte alle bellezze di questi due gioielli figli della nostra storia, così ricchi d’arte e di architettura.
Alle insistenti richieste di lui, “Ti piace?” con gli occhi che a lui stesso brillavano dalla meraviglia, la risposta di lei si limitò ad  una laconica: “Linda….” (bella), pronunciata con uno smarrimento e un’assenza che tradiva i suoi pensieri:
“Che avrà di bello stò posto, mi sembrano tutti matti a rimirare queste case vecchie, tutte allagate intorno”…. Si vedeva chiaramente che proprio non comprendeva la nostra ammirazione.
Nella sua Cultura, intesa appunto in senso antropologico – in quanto tra l’altro ce ne era anche una accademica, visto che nel suo Paese era anche laureata e lavorava in una grande banca brasiliana – la “nostra” Arte, era totalmente lontana dalle sue corde emozionali, magari sarebbe stata più pronta ad ammirare un particolare bosco italiano (venendo dall’ Amazzonia cuore verde del Brasile), sicuramente più vicino alla sua realtà socio-culturale.
Ho sempre pensato che la bellezza delle nostre città d’Arte (come vengono chiamate), fossero un punto indiscutibile, uno stereotipo universalmente riconosciuto, come lo è il mare al tramonto o il sole sulle “tre cime di Lavaredo” o l’alba sul Monte Bianco.

Alba sul monte Bianco

Alba sul monte Bianco

tramonto sulle Tre cime di Lavaredo

tramonto sulle Tre cime di Lavaredo

Evidentemente invece esiste una differenza sostanziale tra bellezza ed Estetica, un discrimine strettamente legato anche alla propria origine antropologica, una differenza fondamentale tra il “bello percepito” e il “bello assoluto”, ma questo, come dico sempre, è tutto un’altro articolo.

Francesco Campoli

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Arte? per me immodestamente

Posted in Tecnica Vs Concetto on gennaio 13th, 2012 by

di Francesco Campoli

Cos’è l’arte?

Il bello di essere l’animatore di un blog è che “per definizione”, tutto il dibattito nasce dalla propria opinione, una opinione che (lo predìco), sicuramente non sarà condivisa dai “Totem” del mondo della cultura, per più di una ragione.
Ho ideato questo “blog” proprio con l’intenzione di provocare, inizio dal dare una mia definizione della parola Arte, sono sicuro che c’e’ già chi è pronto a definirmi presuntuoso.
Specialmente in Italia, dove “Arte” per molto tempo è stata solo sinonimo di “Antico” e che per ben noti motivi e’ sempre stata molto vicino al “Sacro”, è stata l’unica riconosciuta quale Arte con la “A” Maiuscola.

antico dipinto religioso frate con crocifisso

antico dipinto religioso frate con crocifisso

Come ben si sa in Italia le convenzioni sono sempre stagnanti e le consuetudini sono dure a morire, spesso per pigrizia mentale o magari per conformismo di maniera.
A tutt’oggi nel sentire comune degli italiani, non si ha una chiara definizione di Arte, purtroppo sopravvive ancora la distinzione con la cosiddetta “Arte moderna”, o “Arte Contemporanea” come se l’Arte non fosse un concetto assoluto, ma variasse nel tempo come la moda.
Non ci si rende conto che quella che appare una divisione, uno iato (in gran parte per merito di Kandinskji), è invece il punto di cerniera sul quale ruota molta della storia dell’Arte, che oserei direi si evolve, in una modalità meno formale di proporre l’arte, evitando l’equivoco storico di confondere l’Arte con la tecnica.

Vassily Kandinsky Composition 6 - anno 1913

Vassily Kandinsky Composition 6 - anno 1913

Per “noti critici” non è ancora univoco a quale artista attribuire la loro “patente” di numero uno, ci sono ancora dubbi sui grandi nomi dello scorso secolo, figuriamoci sui contemporanei “Viventi”.
A mio avviso ci sono due correnti di pensiero per definire l’Arte in assoluto: una la vede come forma di espressione comprensibile da tutti (almeno a livello percettivo) e un’altra che la vede come un metodo di espressione comprensibile a pochi, tanto è vero che ci sono gli “eletti” che “auto-referenzialmente”, sono sempre pronti li a spiegarcela.
Sicuramente esistono sensibilità diverse: quelle che definirei “primitive” e quelle più raffinate, recettive per le più piccole sfumature del “linguaggio” artistico, ma sono faccie diverse della stessa medaglia.
La capacità di “capire” è insita nell’uomo stesso, così come in parallelo, chiunque, volendolo, ha la capacità di esprimere se stesso in un linguaggio più “alto” (a livello di struttura del flusso comunicativo), di quella semplicemente verbale.
Cos’e’ allora l’Arte per me? Essenzialmente un modo di trasmettere “concetti”, (parola che etimologicamente deriva da “concepiti”), sostanzialmente comunicare, lanciare messaggi, attraverso tecniche tra le più diverse, utilizzate in modo strumentale alla presentazione del concetto/valore medesimo.
Teoricamente una opzione aperta a tutti, anche considerato che, agli esseri umani, persino a livello divino, viene riconosciuta piena dignità di uguaglianza.
Sinceramente bisogna anche ammettere che, questa forma di espressione  così elevata, realmente è nella piena disponibilità di pochi, quei pochi che lavorano seriamente per affinare ogni giorno la sensibilità abbinata alla tecnica necessaria.
Questi “pochi” sono coloro che hanno scelto consciamente, di rappresentare l’ “Anima creativa” dell’umanità, quelli che definiamo gli Artisti.
Gli artisti sono ricercatori, divulgatori di simboli e simbologie, che per loro vale la pena di proporre e rappresentare.
Purtroppo sempre di più vengono create sottocategorie della categoria generale “Arte”, e parallelamente il livello di validità dei progetti è in caduta libera, ovviamente questo non è certo per colpa dei fruitori, come talvolta si cerca di far credere.
Molti presunti “Artisti” lavorano solo per cercare una loro “originalità tecnica”, che distingua iconograficamente le opere che producono, lavorando sempre meno sui contenuti e creando nuovi inutili stereotipi, senza “valore“.
E’ questo che intendo per “separazione tra Arte e cultura……” ma questo è tutto un’altro articolo.

Francesco Campoli

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