Arte e Pensiero Unico

Posted in Filosofia dell'arte, Tecnica Vs Concetto, l'Arte in ogni Arte on agosto 13th, 2021 by Francesco

di Francesco Campoli

Recentemente sul mio profilo Facebook, ho pubblicato una serie di brani di gruppi fondamentali nella  storia della musica, il “Fil rouge” che li lega,  al di la degli stili e delle epoche, curiosamente sono tutti gruppi Inglesi.

Fil Rouge

Fil Rouge alla G.A.M. di Roma di Paola Grossi Gondi

Ogni fenomeno particolarmente evidente, è utile per accendere delle sane riflessioni, tutti i gruppi musicali che ho citato sono stati strumento della “rivoluzione musicale” e di conseguenza dell’intera Storia dell’Arte.
I gruppi più importanti della mia lista, posso ripeterla ancora una volta sono: Deep Purple, Led Zeppelin, Pink Floid, Dire Straits, The Police, Rolling Stones, ecc. per brevità mi fermo, ma l’elenco non si esaurisce certo qui potete fidarvi.
Wikipedia ad esempio ne cita 767 solo parlando dei Gruppi rifereribili a quel periodo.
Certamente non sono tutti attori protagonisti della rivoluzione musicale, ma senz’altro hanno tutti contribuito ad un grande movimento, socialmente e sociologicamente rilevante anche nel costume sociale.
Non ho citato i Beatles, anche se sicuramente anche loro hanno contribuito molto alla Storia della Musica, perchè odio il “Pensiero unico“, in tutti i campi ma ancora di più nell’Arte.
Uno dei totem del “Pensiero unico” nel mondo della musica, è la “Santificazione” dei Beatles, perorata da tutti i critici musicali allineati, mentre ad esempio la “Verve” veramente rivoluzionaria di Kandinsky, di Picasso, di Mark Chagall, di Marcel Duchamp, ecc. ancora oggi nel 2021, trova ancora gente che ne contesta l’immenso livello artistico.

John Lennon

John Lennon

I Beatles sono stati un fenomeno quasi inconsapevole, non sono mai stati quelli che lavorassero ossessivamente per imporre svolte veramente epocali alla Storia, contrariamente all’idea “Mainstream” a cui sopra accennavo.
Molte delle “Hit” più rivoluzionarie e profonde dei Beatles, quelle più creative, ricche di contenuti socio-spirituali, più che al gruppo in quanto tale, in realtà furono frutto del genio artistico di John Lennon.
Non mi interessa affrontare il discorso sotto l’aspetto squisitamente musicologico, per questo ci sono perfino fior di istituzioni universitarie in tutto il mondo, che lo fanno ad un livello filologicamente ben più dettagliato e scientifico del mio.

Musicologia Tor Vergata

Musicologia Università di Tor Vergata a Roma

Uno scanner P.E.T.

Un moderno PET-Scanner

Mi interessa la Musica in quanto tale, in quanto elemento centrale nel “Corpus” universale dell’Arte.

La Musica spesso è utilizzata come potente stimolo creativo, anche da Artisti che si esprimono preferibilmente in altre discipline artistiche.
Quanti di Noi – cito immodestamente anche me in prima persona – coadiuvano il proprio “Percorso Creativo“, accompagnandolo con brani musicali particolarmente evocativi.
La capacità della Musica di generare emozioni, la rende in se un potente strumento creativo, proprio per la sua azione di “attivazione emotiva” estremamente diretta e profonda.
Il “tunneling“  con il proprio Status emozionale – per usare in modo figurativo una gergalità Informatica – indotto dalla Musica, è così penetrante, perché la Musica è elaborata contemporaneamente in diversi distretti del nostro Cervello.
La certezza di queste informazioni cliniche, è sempre più solida con l’avvento dei nuovi strumenti diagnostici e di ricerca, in particolare la P.E.T. (Positron Emission Tomography.
La Tomografia a emissione di positroni), è una tecnica diagnostica medica di massima precisione con una minima invasività radioattiva, al contrario di altre note forme di indagine.

Immagini PET risposta del cervello alla musica

La P.E.T. può essere utilizzata per scandagliare il cervello senza particolari rischi e, quindi, può essere impiegata “in continuo” (ad esempio in sincronia con l’ascolto di un brano musicale), ottenendo immagini biologiche dinamiche, che mostrano in tempo reale, le risposte agli stimoli indotti dalla musica.
Questo materiale di indagine è utile a comprendere le tante dinamiche della stimolazione indotta dalla Musica, in particolare le zone dell’Encefalo che si attivano nell’occasione.
L’uso di queste immagini mediche, ha reso evidente che, di fronte ad opere d’Arte, anche se declinate nelle più diverse tecniche, a livello cognitivo e interpretativo, si presenta sempre l’attivazione di aree cerebrali paragonabili.
Sono molte le indagini neuro-scientifiche che cercano di decrittare il complesso rapporto tra Arte e mente umana, a mio avviso, quello a cui portano facilmente, è soprattutto l’identificazione di una specifica “Entità delle reazioni“.

Certamente non si può affermare che, un Essere umano (ma non solo), messo a confronto con una Opera d’Arte, non abbia reazioni consistenti, addirittura, nel caso della cosiddetta “Sindrome di Stendhal“, la reazioni neurologiche sono addirittura eccessive, tali da ingenerare addirittura attività simil-epilettiche.
Anche dopo secoli, da quando si ha contezza di questa particolare reazione pur con l’utilizzo di strumenti d’indagine sempre più sofisticati, le reali dinamiche di queste reazioni non sono facili da comprendere completamente, a causa del complesso feedback che si rileva nelle persone colpite da questa “sindrome” psico-neurologica.
Dato per assodato che la musica è di per se uno strumento creativo, che ormai possiamo facilmente associare a reazioni molto specifiche, è particolarmente interessante sapere che, non esistono particolari differenze tra le reazioni ad un’opera a carattere figurativo stilisticamente classica, rispetto ad una “Informale” di concezione moderna o contemporanea anzi, semmai si rileva il contrario.
L’Arte “classica” rappresenta una sorta di rassicurazione a livello percettivo, visto che la “decodifica”, non prevede un particolare impegno cognitivo, ne genera feedback emotivi particolarmente volenti.
L’Arte in quanto attività qualificante del Pensiero, è trasversale a molte dinamiche peculiari delle singole Tecniche, ma non è il caso di entrare qui in dettagli troppo tecnici, mi limiterò ad argomentare sul settore che meglio conosco.
L’indagine Neuro-scientifica fa riferimento a strutture cognitive molto consolidate, quello che stupisce è che alcuni Artisti sembrano avere una innata capacità di gestire queste “Strutture di Percezione“, siano esse riferibili alle Arti figurative (o Visuali), sia peculiari delle altre discipline artistiche.
L’Artista può attraversare il proprio Percorso Creativo, in modo paragonabile a prescindere dalla tecnica che sceglierà di utilizzare, quindi la Eco Artistica nella sua più alta essenza, va ricercata a livelli superiori.
Il Messaggio artistico in se è una Struttura Comunicativa di livello elevato, anche perchè in genere è elevata la sua destinazione.
Il contenuto poetico di un’Opera tenta di parlare più allo Spirito che al mero “Intelletto“, non perchè quest’ultimo sia disdicevole, ma dal momento che questo, è essenzialmente conseguenza esperienziale, risponde a logiche percettive completamente diverse, appunto perchè “logiche“.
Molta della Logica, poggia sulla dottrina scientifica, che, proprio per sua insita costituzione, è costantemente in divenire, come è giusto che sia.
La Scienza è costantemente in fase di sviluppo, di affinamento, mentre lo Spirito, per chi ne ammette l’esistenza, vive di per se già a livelli più elevati e, costitutivamente, dispone di strumenti percettivi che potremo definire “intuitivi“.
Questi strumenti percettivi assoluti, l’Intelletto non li ha ancora completamente sviluppati, forse proprio perchè il Pensiero meramente scientifico, ha nella confutazione proprio uno degli “strumenti” essenziali, chi se ne serve in via esclusiva, non può concepire che si possa affidarsi all’intuizione.
Se il Pensiero scientifico ha i suoi limiti strutturali, figuriamoci nel “Pensiero unico“, dove il rifiuto di parametri diversi da quelli “convenzionali” è un Valore fondativo.
Il “Pensiero unico” è già, di per se, un laccio all’Intelletto, in particolare se esso già vive l’esclusione della componente percettiva Emozionale.
Ai nostri giorni purtroppo si sta addirittura cristallizzando il ricorso al cosiddetto “Pensiero Politicamente corretto“, che è una ulteriore restringimento del Pensiero unico, in accordo con le convenzioni sociali, la vera antitesi dell’Arte.
L’Arte fa’ della Apertura di Pensiero il vero e proprio “vessillo di battaglia”, ecco perché la cesura della vera Arte con la Società si sta sempre più allargando, non solo per l’ignoranza sempre più dilagante.

I cinque sensi

I cinque sensi

L’idea originaria di Pensiero Scientifico, la dobbiamo essenzialmente a René Descartes (Cartesio), che con il suo concetto di “Res cogitans e res extensa“, introducendo già al tempo, la differenziazione tra Pensiero Razionale e  Pensiero intuitivo.
Cartesio considerava il vero “Pensiero intuitivo” quello dello Spirito, dal momento che, al suo tempo, il concetto di “Spirito” era addirittura argomento scontato.
Fu proprio la puntualizzazione di Cartesio sul Valore del Dubbio (Cogito ergo sum), che cominciò a far percepire lo Spirito, come  facilmente ingannabile dai Sensi Umani.
I cosiddetti Cinque sensi hanno proprio nella “umanità” la loro insita limitazione, ma in realtà, ai nostri giorni, si stà andando sempre più verso un allargamento del numero dei Sensi “disponibili”.
In particolari ambiti, si arriva addirittura a diciassette ma, essendo lo Spirito (per come l’avrebbe definito San Girolamo) “Eco Divina che ancora giace nell’Essere Umano”, la fallibilità dei Sensi spirituali, dovrebbe essere addirittura minore rispetto a quella dei Sensi fisici, a meno di inquinarli con la frequentazione del “Male”, ma questo, come al solito, è tutto un altro Articolo.

Share and Enjoy:
  • Facebook
  • Google Bookmarks
  • email
  • LinkedIn
  • Twitter
Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Arte e Coronavirus

Posted in Estetica e Bellezza, Filosofia dell'arte, Il "Valore" dell'Arte on novembre 14th, 2020 by Francesco

di Francesco Campoli

In questo difficile momento in presenza della sussistente Pandemia, siamo tutti presi a difenderci dall’attacco del “Coronavirus“, non potevo non approfittare dell’intento introspettivo da molti dichiarato – spesso in forma assolutamente retorica – per scrivere finalmente un nuovo articolo su “Sculturaecultura“.
Questo evento da tutti percepito come epocale, e senz’altro lo è, però sembra avere effetti tra i più disparati (talvolta, purtroppo anche disperanti), a seconda della personale struttura emotiva.
Questo concetto piuttosto complesso, ai più è praticamente sconosciuto almeno nella sua accezione più tecnica, per noi gli operatori del mondo dell’Arte, è un concetto estremamente importante.
Tutto dipende dal “Valore” che si da all’Arte, come ormai tutti saprete, da sempre cerco di mettere in guardia dal leggere l’Arte solo nella sua dimensione estetica, personalmente all’Arte, attribuisco sempre una grande valenza Spirituale come tra l’altro era per Kandinskj e prima ancora di Goethe.

Lo spirituale nell,arte vasilij kandinskij

Lo spirituale nell'arte Vasilij Kandinskij

Per inquadrare meglio il microrganismo che in questi mesi si impone prepotentemente alle cronache, va detto che “Virus” in Latino significa “Veleno“.
Questo termine illustra fin troppo bene l’effetto di questi microrganismi sugli esseri che colpisce, per fortuna non sempre ci dobbiamo riferire a Virus letali, comunque, certamente questo genere di infezioni non sono mai una iniezione di salute e benessere.
Il vero nodo della situazione particolare che stiamo vivendo, sono le azioni che siamo costretti a mettere in atto per difenderci, perchè interagiscono moltissimo con la nostra psiche, con il nostro “Stato emozionale“.
Le specifiche percezioni sono assolutamente personali e ovviamente proporzionali alla nostra dimestichezza con le questioni filosofico/esistenziali.
Non bisogna essere certo dei luminari delle “Neuroscienze” per capire che, in casi come questi, avviene una sorta di “Rebound” emozionale.

neuroscienze

Le neuroscienze

All’inizio si vive una sorta di disorientamento, di immobilismo, come è stato evidente nel periodo di stretto “Lockdown” che abbiamo recentemente vissuto, scambiato da Analisti superficiali, come una straripante “Coscienza sociale” finalmente riconquistata dal Popolo italiano.
Questa valutazione cozza duramente con le manifestazioni vicine all’insubordinazione (talvolta con forti accenni di Insurrezione), ai quali invece abbiamo assistito soprattutto negli ultimi giorni, nell rischio incombente di un nuovo periodo di clausura generalizzata.
In realtà quella stasi sociale che appariva quasi prona, nascondeva invece un rifiuto della realtà oggettiva, in questi casi, come è noto, la mente reagisce appunto con un rimbalzo emotivo, sia nel singolo che a livello di “Organismo sociale” (vicino a quello concepito da Marx e Engel).
Al di la del concetto “Funzionalista“, sia nell’accezione sociologica che in quella antropologica, che inteso come mera allegoria è piuttosto intuitivo, al contrario è una teoria sociologica piuttosto complessa, ma non essendo questa una sede accademica di trattazione della scienza sociale, ci possiamo accontentare di comprendere semplicemente le dinamiche utili a comprendere meglio la nostra condizione animico-emozionale.

Curva Stress

La reazione all’evento stressante ha solo due possibili polarità: Una reazione a carattere positivo, ricca di stimoli creativi, di reazioni serene, felici, talvolta addirittura euforiche, oppure, al contrario, possono emergere reazioni negative, come nella Sindrome da Stress post-traumatico, infelicità, mestizia, tristezza e purtroppo, in casi estremi, anche manifestazioni conclamate di “Depressione“.
In situazioni eccezionalmente critiche, come può essere un Attacco Virale Globale, l’Essere umano è naturalmente portato ad interrogarsi sui perché, magari non sempre lo fa in modo totalmente lucido, ma è un comportamento “naturale”, oserei dire una “Caratteristica evolutiva“, un modo per cercare di acquisire strumenti utili all’Evoluzione della specie e in particolare alla sua conservazione.
Ed è proprio la disponibilità di “Strumenti” di comprensione, che determina la direzione del “Rebound emozionale” sopra descritto, che è evidentemente funzione delle conoscenze specifiche e limiti culturali o funzionali sussistenti, reagire ad una sollecitazione emozionale così invasiva non è cosa semplice, soprattutto perché facilmente sfugge all’elaborazione razionale e soprattutto perchè non esiste possibilità di un “Problem Solving” individuale.
Non avendo particolari chances di mettere in atto delle efficaci contromisure personali, sarebbe d’aiuto un cosiddetto “Compito di realtà“, ma al di fuori di un mero esercizio teorico, mancano i presupposti sociologici per poterlo progettare, essendo di fronte ad un evento praticamente sconosciuto dovendo risalire alla “Spagnola” del 1918 per trovare un evento paragonabile a livello emozionale.

Coronavirus

Coronavirus

Ragionare per “Convenzioni” più che una semplificazione, di fatto, è sempre un “ossimoro“, è certamente più chiarificante ragionare sul valore reale delle parole, ed è sempre una opportunità preziosa per guardare le cose da un diverso punto di vista.

Affrontare un problema da diverse ottiche, serve sempre a comprendere meglio i termini di un problema.
Un Attacco Virale Globale è convenzionalmente chiamato “Pandemia” quando il contagio (ascrivibile ad un medesimo “agente patogeno“), è allargato a tutto il Pianeta.
Al contrario la parola “Epidemia“, erroneamente usata per indicare una infezione circoscritta ad una specifica area geografica, in realtà, etimologicamente deriva da ἐπιδήμιος «che è nel popolo», composta da “ἐπί” (Epì) «sopra» e “δῆμος” (Demos) «popolo»), quindi significa “Sopra al Popolo”, di conseguenza, “semanticamente” riferibile ad un gruppo di persone e non ad un’area “geografica”.

pandemia

Pandemia

Pandemia invece è derivante dal greco πανδήμιος (Pandemos), composta da παν, (Pan) “Tutto” e δῆμος (Demos), di conseguenza significa “Tutto il Popolo”, quindi contrariamente a ciò che normalmente si tende a credere, non ha una connotazione “geografica” ma è riferita all’Uomo in quanto Essere umano, Ente universale non limitato da Convenzioni geografiche, cioè quelle che abitualmente definiamo “Confini“.

Confine convenzionale

Questa lunga premessa è importante per poi riportare il ragionamento nel giusto alveo, cioè quelle utile alle tematiche artistiche proprie di questo “Blog“.

Ciò che riguarda profondamente l’Uomo nella sua essenza, sicuramente può essere letto anche dal punto di vista “spirituale“, da non confondere assolutamente con quello “Religioso“.
Parlando di Religione si entrerebbe tra i soliti, rispettivi distinguo di carattere “Teologico“, per non dire anche di quelli “Liturgici” delle specifiche confessioni.
Questo non è affatto nelle mie intenzioni, anche se, come è ormai noto, le “Religioni comparate” sono uno degli elementi caratterizzanti della mia “Poetica” e del mio “Processo creativo“.

Teologia di Raffaello Sanzio

La Teologia di Raffaello Sanzio

Molto spesso in questi miei articoli ho dichiarato di comprendere l’Arte nella “Sfera spirituale“,  ma non voglio concentrare il discorso esclusivamente nell’ambito della “Trascendenza“, e pur senza per questo ritenermi un “relativista“, penso che questo sia un modo sociologicamente accettabile per guardare agli accadimenti della nostra Storia.

popoli migranti

Popoli migranti al confine Turco

Ogni evento catastrofico può essere letto in una chiave alternativa, semiologica, simbolica.

Un’epidemia virale che di fatto sconvolgerà il sistema Economico/Sanitario al quale eravamo abituati, è lo “Stereotipo” perfetto di un evento che è naturale interpretare in senso “Millenaristico“.
L’evento Coronavirus ha messo in evidenza la fragilità dell’attuale Sistema Economico approccio economico strettamente utilitaristico ed economicistico, volendo potremmo pensarlo come un evento da leggere addirittura in senso “escatologico“.
Ogni giorno in tutti i telegiornali, in tutti i “Talk show“, oltre al vaticinio di un “Sistema economico” sull’orlo del collasso, che, a Pandemia finita, non sarebbe affatto in grado di ritornare allo stato pre-Covid, lo fa apparire in tutta la sua inconsistenza.
Riflettendoci fuori dai condizionamenti emozionali, in realtà parliamo di pochi mesi di lotta contro il Virus, ma secondo i grandi Soloni internazionali dell’Economia, rischiamo di essere trascinati in un gorgo recessivo dissecante.
Non voglio qui analizzare tutte le dinamiche scandalose di questo tipo di  Struttura organizzativa strettamente “Materialista”, ma non posso non ricordare che, con il crollo del Sistema economico crollerebbe anche il “Sistema sociale” Ente al quale si da sempre minima importanza ma che in realtà è quello che concretizza il “Patto sociale“.
Le funzioni nell’ organizzazione sociale sono strettamente connesse, anche perchè le attività sociali in genere, necessariamente attingono alle risorse economiche generali, (questo avviene particolarmente per quelle dedicate al sociale) derivanti dalle varie classi di tassazione.
Un Sistema economico come quello nel quale viviamo, basato ormai sulla massimizzazione dei tornaconti personali e al mantenimento di privilegi acquisiti, anche a discapito del prossimo, alla fine non può che disgregarsi.
Il collegamento diretto dell’Arte con il “Sociale“, risiede in particolare in quella funzione che sempre più viene riconosciuta all’Artista: La stigmatizzazione delle dinamiche del suo tempo e soprattutto la ” Denuncia”.
Ci sono correnti artistiche che fanno della “Denuncia Sociale” la loro stessa ragione di vita, come ad esempio il fenomeno della “Street Art”, che vede in “Bansky“, uno dei suoi esponenti più famosi,

Balloon girl Banksy

e “Lucamaleonte” uno dei massimi rappresentanti di questa corrente in Italia, molto conosciuto anche nel mondo.

Omaggio a Gigi Proietti

Lucamaleonte omaggio a Proietti

Non è nel tema di questo articolo, ma in realtà quella della Denuncia Sociale non è esclusivo appannaggio delle correnti contemporanee, magari in forma meno totalizzante, anche diversi artisti del passato si sono sentiti chiamati a richiamare l’attenzione pubblica, come ad esempio Giuseppe Pellizza da Volpedo (famoso il sue “Quarto Stato”),

Quarto Stato Giuseppe Pellizza da Volpedo

"Quarto Stato" di Giuseppe Pellizza da Volpedo

o  “Renato Guttuso” che fu anche Senatore della Repubblica o posso chiamare in causa “Aligi Sassu” che sentiva particolarmente questa tematica e, non solo perchè mi onora della sua amicizia, mi fa piacere citare  “Caio Gracco” (in quanto contemporaneo (con qualche anno in più di Bansky), per le sue iniziative di denuncia delle incongruenze sociali del nostro tempo, come la sua “Così ci vogliono“.

Caio Gracco così ci vogliono

"Così ci vogliono" Caio Gracco

Personalmente ho cercato di dare il mio contributo con una proposta “alternativa”, come quella di “Social Threefolding” un sistema economico e di organizzazione sociale, proposto da “Rudolf  Steiner“  sistema sul quale ho cercato di porre l’accento con questa scultura presentata in una mostra diversi anni fà.

"Social Threefolding" Francesco Campoli

Questa mia indicazione/provocazione, non vuole proporre il Sistema di Steiner come alternativa nello specifico, ma per far capire che esistono delle alternative, anche a prescindere dai Sistemi Social-comunisti che purtroppo abbiamo conosciuto in tutte le loro controindicazioni.

Nelle realtà che hanno concretizzato l’ideale Marxista, addirittura si è arrivati a prevaricare le libertà dell’individuo a favore dell’Idea, cosa che tra l’altro non era nelle indicazioni del filosofo tedesco.

Karl Marx

Karl Marx

Principalmente mi interessava una organizzazione sociale fondata anche sull’aspetto animico dell’Essere umano, nel “Fil Rouge” della mia visione artistica.

Das Kapital Marx

Das Kapital Marx

La Società prefigurata da Steiner e da lui ampiamente articolata in diverse Conferenze pubbliche (anche tra gli operai di grandi fabbriche della Germania del suo tempo), metteva in primo piano il rapporto spirituale tra l’Essere umano e la Società in particolare nella relazione con gli altri Esseri Umani, in particolare nell’ottica dell’evoluzione delle rispettive Anime e nello “Spirito” dei popoli.

Personalmente, questo è un punto di vista che tengo in gran conto, tanto è vero che spesso, molti dei miei lavori cercano di alzare l’attenzione sulla “Vexata questio”.
L’inconsapevolezza del valore animico dell’individuo, delle sue appartenenze culturali e soprattutto della sua interazione con la Struttura sociale, sono all’origine di un altro esecrabile fenomeno, universalmente definito “Il Razzismo”.
In verità non è la cosiddetta “Razza” a scatenare quelle che sono le nefandezze che tutti ben conosciamo, ma appunto le dinamiche sociali e antropologiche che ho messo in evidenza.
Ad esempio ho affrontato questo tema nella mia scultura “Racial divide” e in quelle della sua serie, come memento di un problema trascurato ma soprattutto no compreso nelle sue reali dinamiche.

Racial divide Francesco Campoli

"Racial divide" Francesco Campoli

Rudolf Steiner

Rudolf Steiner

Secondo il mio modo di vedere, non è così sbagliato definire “Diabolico” il sistema capitalistico attualmente “vigente”, anche se forse quello che vediamo non è realmente il Capitalismo prefigurato da Adam Smith.

A dire il vero il termine “Capitalismo” fu coniato dal Karl Marx, nel suo celeberrimo saggio “Il Capitale“, il testo madre al quale si rifanno le ideologie di origine marxista.

Adam Smith

Adam Smith

Adam Smith non era un economista come si potrebbe pensare, ai suoi tempi (1790) l’economia no era una disciplina accademica, come la conosciamo oggi, ma era un Filosofo come Marx del resto.
La parvenza di scientificità che danno all’Economia le istituzioni Universitarie, in realtà è smentita dalle molteplici specializzazioni, master e dottorati che poi propongono.
Le stesse distinzioni che vanno per la maggiore, il “Liberismo“, contrapposto all’approccio economico Keinesiano,  fondato sulle teorie dell’economista inglese John Maynard Keynes (1933), se approfondite, mostrano una filosofia di fondo talmente diversa, da apparire concetti assolutamente avulsi tra loro.

Resta fermo il concetto che desideravo evidenziare e cioè, che la Filosofia, come avviene in ogni altro contesto è quella che da la stura per comprendere le attività Umane.
Dalla filosofia non si può prescindere in ogni disciplina, esiste sempre una possibile analisi filosofica, se non addirittura una specifica teoria, ovviamente questo vale anche nel campo dell’Arte.

Benedetto Croce e l'Estetica dell'Arte

Come più volte ho scritto in vari articoli, non è un caso che in Italia continui a sussistere l’equivoco “Arte sinonimo di bello“, che limitano l’evoluzione dell’Arte contemporanea e financo dell’Arte Moderna, purtroppo la “Tesi filosofica” di Benedetto Croce, è uno dei fondamenti delle analisi dei nostri Storici dell’Arte, tra l’altro, senza che siano elaborate le opportune “Antitesi” e peggio ancora nessuno neanche azzarda una “Sintesi” .

John Maynard Keynes

John Maynard Keynes (1933)

Il sistema economico attuale, ormai praticamente “Pensiero Unico globalizzato“, ha generato diffidenza, mancanza di rispetto delle regole di convivenza civile, prevaricazione sul prossimo il tutto giustificato da una competitività estremizzata che giustificherebbe ogni mezzo che porti ad acquisire posizioni di vantaggio,
La cosa si nota particolarmente nel modo di comportarsi negli “spazi sociali”, (Condomini, Supermercati, Mezzi pubblici, Ospedali, Amministrazioni Pubbliche, Luoghi di Lavoro, ecc.) che  vorrei far sommessamente notare, “Casualmente”, questi spazi sono il teatro principale della guerra al Covid 19.

Su certe cose non uso parlarne neanche tra gli addetti ai lavori, ma mi richiamerei all’utilizzo rituale dei simboli messo in atto recentemente anche da Sua Santità Papa Francesco, che in una piazza San Pietro spettralmente deserta, sotto una poco rassicurante tempesta di pioggia e vento, ha praticato pratcamente un rituale esorcistico, benedicendo Urbi et Orbi con un grande ostensorio con all’interno il “Corpus Christi” alla presenza di un Crocifisso, che già era stato protagonista in situazioni molto simili del remoto passato e della sacra Icona Della Vergine “Salus Populi Romani” per l’occasione traslata dalla basilica di Santa Maria Maggiore, da dove normalmente vigila sulla salute del popolo romano.

Bergoglio Urbi et Orbi contro il Coronavirus

Urbi et Orbi contro Il Coronavirus

Simboli Religioni

Simboli di varie Religioni

L’Arte è una disciplina che fa ampio uso di simboli (come tra l’altro quasi tutte le manifestazioni legate alla spiritualità).

Chi non è avvezzo alle dinamiche della Creazione Artistica, a primo acchito potrebbe non avere contezza di questa realtà, purtroppo quello che è assolutamente più nefasto, è che questa “distrazione”, spesso accade anche a molti attori del mondo artistico.
l’Arte è espressione simbolica della “realtà“, anche quando apparentemente cerca vie espressive nella rappresentazione figurativa, come ampiamente dimostra la Storia dell’Arte.
In un mio “precedente articolo” su “Sculturaecultura“, ho parlato largamente della potenza dei simboli e ancor più chiaramente della scelta dell’Artista di rappresentare simbolicamente situazioni e sensazioni.
L’uso dei simboli non è per mantenere un approccio “Esoterico“, segreto, ma più semplicemente per costringere l’interlocutore a pensare, a sforzarsi di comprendere.
L’Artista è colui che vive in nome e per conto della comunità esperienze, che sarebbero magari troppo forti in forma Essoterica, non alla portata emotiva di tutti.
Spesso ho definito l’artista uno  “Sciamano“, semplicemente perchè può rappresentare una “Via”, se necessario espressa in forma simbolica, l’Arte come stimolo alla consapevolezza.
Proseguendo con il parallelismo con lo sciamanesimo, ho scritto che l’opera d’Arte è più o meno come un “Feticcio”, ovviamente parlo di una vicinanza di carattere propiziatorio, esteticamente le due cose hanno veramente poco in comune, ma non è così per quanto riguarda l’azione “apotropaica“, l’accostamento non deve far sorridere.
Più che bellezza, l’opera d’Arte crea una potente aura di positività, ed è anche per quello che spesso ci sono opere d’Arte a guardia di importanti piazze, di luoghi Santi o spesso di porti, anch’essi “porte” da e verso l’ignoto, da sempre accostato al mare.

Colosso di Rodi (Barclay)

Colosso di Rodi (Barclay)

La Statua della Libertà può rappresentare un esempio, come lo era al suo tempo il “Colosso di Rodi”, guarda caso eretto da un popolo come gli antichi Greci, una popolazione anch’essa a forte connotazione sciamanica.
Altra annotazione che a mio avviso vale la pena di fare, è che probabilmente è anche per questo nella antica Ellade presero corpo altre forme d’Arte estremamente importanti, assimilabili a rituali “Catartici” come la “Tragedia Greca“, veri e propri rituali collettivi a sfondo sciamanico, che da questa forma di attività collettiva prendevano la loro ragion d’essere.
L’analisi in effetti potrebbe essere assolutamente ampliata, finora abbiamo fatto riferimento a quelle che nel Medio evo erano definite ”Arti Liberali“, tutte quelle Arti che danno per risultato un oggetto fisico, che si possono immaginare come una “condensazione” delle Emozioni, ma molte altre forme d’Arte (come ad esempio la Poesia, la Musica, la Danza), sono frutto di happening momentanei, opere immateriali nate per rilasciare all’istante quell’Aura positiva della quale accennavo sopra.
Queste attività non vanno pensate come “Opere disperse”, semplicemente perchè come ormai è ampiamente dimostrato, non solo da Albert Einstein.

Molto chiaro anche il TED nelquale lo spiega il professor Carlo Rovelli un fisico italiano di fama mondiale.

il tempo non esiste Carlo Rovelli

"Il tempo non esiste" Prof Carlo Rovelli

\”Il tempo non esiste\” Carlo Rovelli

questa affermazione è molto importante per il collegamento che ha nella definizione di Arte per tutte le sue manifestazioni in forma immateriale, ma lo ha comunque anche per quelle a carattere materiale.
E’ un tema estremamente interessante, ma come dico sempre:
“Questo è tutto un altro Articolo”

Share and Enjoy:
  • Facebook
  • Google Bookmarks
  • email
  • LinkedIn
  • Twitter
Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Arte e “Processo Creativo”

Posted in Filosofia dell'arte on gennaio 27th, 2015 by Francesco

di Francesco Campoli

Eccoci qui, finalmente, dopo un bel po’ di tempo, per continuare a parlare d’ Arte, riflettendo insieme per andare al di là dei luoghi comuni che, superficialmente, vengono riproposti intorno a questa essenziale attività umana.
Desidero ripagare la vostra amicizia (bontà vostra siamo sempre di più) e soprattutto con un nuovo articolo più approfondito del solito, non solo per compensare qualche giorno di ritardo nella nuova pubblicazione, ma anche per accontentare coloro che mi chiedono di argomentare con ancora maggiore dettaglio.

statistiche al 1° gennaio

Sculturaecultura: statistiche al 1° gennaio

Come ho mostrato anche nel mio articolo precedente – proponendo un estratto delle statistiche degli accessi su “Sculturaecultura” – per informazione di tutti i lettori – voglio postare i numeri aggiornati ad “oggi”, con orgoglio, (visto che l’interesse è sempre molto alto e tendenzialmente crescente), ma senza vanità od ostentazione, perché capisco che il consenso crescente non è solo frutto della scelta “editoriale” controcorrente.
Crescono visitatori e il numero di pagine consultate (indice che i visitatori navigano più ampiamente nel blog), ma questo, non indica necessariamente che cresce l’adesione alle mie tesi (che pur cerco di circostanziare scrupolosamente), ma – cosa che considero ancora più importante – che crescono gli interessati ai contenuti proposti, cresce l’interesse nei confronti dell’Arte, un dato di fatto di per se estremamente più importante.
Gli accessi sostanzialmente constano di oltre 1.000 visitatori unici al mese (quindi nuovi) e di oltre 9.000 pagine viste, questo, in generale, evidenzia che esiste una necessità crescente di appagare un bisogno ancestrale dell’essere umano, di conoscere l’Arte, di capire, di “Sapere”, una cosa positiva in assoluto, a maggior ragione perché, l’Arte, è parte integrante dell’Essere, transfert delle emozioni più profonde.
Parlo di transfert non perché un’opera d’Arte trasporti le emozioni dell’artista che l’ha concepita – come erroneamente si pensa – ma esattamente il contrario: Essa attua il transfert delle emozioni già presenti nell’universo, che l’artista è chiamato a raccogliere, per renderle disponibili anche a chi, per i più svariati motivi, preferisce non lavorare sui suoi sensi, o ad esempio, non ritiene di avere tempo da dedicare a queste attività.
(Carl Gustav Jung, ha scritto un noto saggio sull’argomento: “Psicologia del Transfert“), che pubblicò nel 1946, un libro che anche ai nostri giorni rappresenta ancora un punto di riferimento per gli psicologi clinici, un libro nel quale Jung analizza un processo non particolarmente intuitivo, in grado di sollevare un gran numero di interrogativi in noi stessi e sul modo di relazionarci con le nostre emozioni.
L’Arte, nella mia visione, è una sorta di finestra sulle nostre emozioni, la sua attrattiva, è così profondamente stimolante, perché poggia  sul fatto che, contrariamente a quel che i più immaginano, di fronte ad un’opera d’Arte, siamo attori e non spettatori.
L’artista, come ho scritto in precedenza, è come uno sciamano, vive emozioni, percepisce emozioni “in nome e per conto”, il suo dono è creare un tunnel emotivo, con l’universo che è fuori e l’universo che è dentro, che “costituzionalmente” in una sorta di “curvatura” spazio/temporale del genere concretizzato e ampiamente dimostrato da Albert Einstein.
Macrocosmo e microcosmo, inner world and outside world, sono aspetti differenti, integranti, dello stesso percorso, ed eccoci quindi ritornare all’Alchimia junghiana, alla magia naturale, che non è altro che la presa di coscienza della necessità di una trasformazione, da “Piombo” (quale ci rendiamo conto di essere) in Oro, quell’essenza di Spirito della quale siamo portatori, solo specchiandosi nelle profondità dell’universo la nostra mente percepisce chiaramente quello che abbiamo dentro il cuore.

Bush Painting nel Natal (Sudafrica)

Più sopra ho definito ancestrale questo bisogno di “Conoscenza” (ma anche e soprattutto di Coscienza), in quanto, il desiderio di “Sapere”, è una delle costituenti essenziali del nostro essere Uomini, non foss’ altro perché questo ci caratterizza profondamente e caratterizza (anche se spesso non si direbbe), la nostra specie (Homo), che non a caso è definita  Homo Sapiens, che si distingue rispetto ai suoi antenati (e ad altre specie), proprio per l’elevato  livello di conoscenza.
L’Uomo, già allora, sentiva la necessità di raccontare le proprie esperienze, la propria vita di tutti i giorni, le paure e/o le emozioni, attraverso forme di “proto-arte” come le cosiddette pitture rupestri, come usiamo definirle in italiano.
Questa denominazione italiana, nasce, perché in Italia, queste rappresentazioni primordiali, le abbiamo rinvenute soprattutto in zone definibili come rupestri.
In altre terre (come ad esempio il Sudafrica), le “pitture rupestri” sono definite “Bush Paintings”, perché li, invece, esse sono rinvenute prevalentemente in aree situate nella savana (il Bush appunto), che, come sappiamo da recenti scoperte, è stata l’habitat originario dei nostri più antichi progenitori.
Chi ha già letto qualcuno dei miei articoli precedenti, conosce già la mia opinione sulla “cosiddetta” Arte, che caratterizza epoche man mano sempre più vicine a noi.
Questa attività ancora è definita Arte, ma, molto spesso, secondo il mio modo di vedere, in realtà non lo era.
Si trattava fondamentalmente di un’ attività tecnica – ovviamente di livello enormemente più evoluto rispetto alle “Bush Paintings” – ma spesso realizzata solo a scopo puramente documentale, spesso, atta a soddisfare il narcisismo di un ricco mecenate, e feci l’esempio del Bronzino.
A prescindere dalla maestria tecnica dell’esecutore, sia pure essa di livello eccelso, io non posso concepire come Arte, qualcosa che, addirittura, era realizzata su commissione, nascendo quindi, al di fuori di uno specifico Processo Creativo, mancante quindi della fase fondamentale la “Creazione”.

Bronzino, Il nano Morgante

Bronzino, Il nano Morgante

Per “su commissione”, intendo che il soggetto dell’opera, è dettato dal committente (non ne parliamo neanche se ci riferissimo ad un ritratto), un committente che, spesso e volentieri, sceglieva anche la tecnica (magari in base al costo), o, addirittura che, in conseguenza della tecnica preferita sceglie l‘Artiere – che per il suo gusto – meglio interpreta la tecnica più gradita.

Ho usato il termine “Artiere” anziché Artista, proprio perché (si veda il dizionario), in origine, questi due termini erano assolutamente sinonimi.
Risulta quindi evidente che la creatività, non è che fosse la prima delle competenze ricercata in un artista del tempo del Bronzino.
E’ giusto considerare gli artisti dell’epoca (o con il massimo rispetto, Artieri), pienamente inseriti nella Storia dell’Arte, così come non sono da biasimare i committenti, che come d’uso al loro tempo cercavano un buon artigiano che abbellisse le loro lussuose magioni, o, fotografasse la loro effige o quella dei loro cari nel modo che essi ritenevano migliore.
La Storia, giustamente, ha una lettura cronologica degli eventi che si trova a studiare, ma è evidente che non è suo compito attribuire giudizi di merito o di qualità, men che meno sugli attori degli eventi medesimi.
Lo stesso fa la storia dell’Arte, studia e documenta “cronologicamente” l’evoluzione del concetto di Arte, in funzione del loro tempo storico.
Per fortuna, da allora, il profilo dell’artista si è veramente modificato, ma non è questo il motivo del mio argomentare, ho voluto fare tutto questo inciso per porre l’accento sul fatto che, Arte è un concetto dinamico, che nel tempo è destinato a cambiare, mettendoci ogni giorno di fronte al dilemma che è l’anima di questo blog: cos’è Arte? la domanda alla quale ognuno di noi, se vuol essere veramente artista, è obbligato a porsi prima di mettersi a scolpire, a dipingere, a suonare, a poetare.
Non è facile, di primo acchito, pensare come artista un uomo di 40.000 anni fa. intento a graffiare le rocce, a tracciare sulle pareti con sassi di arenaria, colorando con terre e pigmenti primitivi.
Pensare a questa persona, male in arnese, più artista di colui che, magari abbigliato in ricchi abiti damascati, agisce in nome e per conto di un illustrissimo committente, è un esercizio “apparentemente” piuttosto “eretico”, in particolare in Italia dove il peso di millenni di storia dell’Arte continuano a rappresentare un fardello più che un plus culturale.
Per questa ragione, ho voluto ben circostanziare in modo chiaro la mia opinione, come il mio approccio “maieutico” – più volte dichiarato – mi obbliga a fare e per evitare mal’ intendimenti.

Un Uomo preistorico che non ha tecnica acquisita ma che è alla ricerca, che è mosso da qualcosa di interiore che non esiterei a definire spirituale, il cui lavoro è pregno delle emozioni sgorgate direttamente della propria anima, un’ anima pura, basica – essendo praticamente all’inizio del percorso evolutivo dell’Umanità – secondo il mio modo di concepire  l’Arte, è molto più “artista” di coloro che, hanno abdicato al compito fondamentale di una artista …. CREARE, progettare, avendo delegato questa fase alla propria committenza.
Spesso nell’analisi critica di molte opere citato il fatto che l’autore, per lasciar trasparire qualcosa di se, del proprio pensiero, del proprio Essere, era costretto a “citarsi”, magari in forma “nascosta” nei propri lavori realizzati su committenza.
A quei tempi, non era neanche così normale “firmare” i propri lavori, solo nel tardo rinascimento questa usanza cominciò a prendere piede, ma non tanto per valorizzare i diritti intellettuali, ma per mera pubblicità.
Il fruitore occasionale, poteva immediatamente individuare l’autore dell’opera, ed eventualmente, chiamarlo a realizzarne anche per lui, insomma una sorta di passaparola ad alto livello.
Per l’originario committente, avere un oggetto riconducibile ad un “firma” famosa, era – come ancora oggi capita – uno “status symbol”, che accresceva il proprio prestigio sociale, di conseguenza, come ormai sembra normale portare una borsa, un portamonete o una valigia completamente ricoperta del logo/marchio di chi quell’oggetto ci ha venduto a caro prezzo.

tragedia greca

Tragedia greca

Gli antichi Uomini-artisti, attraverso uno di quei disegni primordiali, proprio perché nascevano da emozioni e percezioni introspettive, erano più vicini a quell’intento catartico, che la vera Arte, liberata dall’obiettivo di rappresentazione è chiamata ad avere.

Questa necessità, con il trascorrere dei secoli e dei millenni, la ritroveremo ad esempio nell’antica “Tragedia greca”, la catarsi, infatti, è l’essenza del Teatro greco, o meglio nella Tragedia Greca, Tragedia non in quanto narrazione di fatti nefasti, ma in quale rappresentazione del sommovimento emotivo che, in quanto Uomini, creati ad immagine e somiglianza di Dio (Genesi capitolo 1 paragrafi 26-27-28), non possiamo non vivere.
Gli Uomini, posti davanti ai bivi che l’esistenza costantemente propone, sono necessariamente chiamati ad esprimere la loro vera essenza, il loro autentico Io, per dirla ancora nel linguaggio della psicanalisi.
Catartico è un aggettivo che, personalmente, amo molto associare ad Arte, in particolare al posto dell’inadeguato e abusato attributo “bello”, che, invece, superficialmente, edonisticamente, nella vulgata è associato quale prerogativa primaria di un’opera d’Arte.
Bella un’opera d’Arte può anche tranquillamente esserlo, come tranquillamente può farne a meno, ed essere invece espressione sincera e profonda dell’identità di Uomo conscio del proprio dovere di “Essere Spirituale”, di Anima, alla quale sono affidati compiti evolutivi fondamentali.
Uomo, per me, è sinonimo di Artista, o almeno dovrebbe esserlo, per aver ricevuto il dono pieno dell’intelletto.
Un Uomo che, nel suo lavoro artistico, non ricerchi null’altro che il bello, nella migliore delle ipotesi, non può che essere un bravissimo Artiere.
Essere Uomini non è un “diritto acquisito” (come ormai usa comunemente pensare anche in ambito socio-culturale), ma – a mio modesto avviso – è il risultato di quanto (e soprattutto di come), facciamo uso della nostra prerogativa più caratterizzante: l’Intelletto, inteso nella più larga delle accezioni.
Questa mia visione dell’Essere, all’apparenza assolutamente Illuminista, in realtà lo è solo in parte, si rifà piuttosto all’assioma fondamentale che, il grande Dante Alighieri, ebbe a lanciare nel famosissimo – e mai troppo fatto nostro – 26° canto dell’ “Inferno“:
“Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.

inferno 25 dante alighieri

Dante l' Inferno (Divina Commedia)

Da questo concetto così ben sintetizzato da Dante Alighieri, padre nobile della nostra cultura, prende le mosse la mia – modestissima – “crociata”, per tentare di demolire il radicato, magari anche inconfessato ma latente, luogo comune dell’  ”Artista maledetto”.

Questa immagine è ancor più radicata in alcuni, che facilmente si adagiano negli stereotipi, specie se riferiti all’artista moderno, figlio negletto delle avanguardie storiche del ‘900, l’artista scapestrato, che vive fuori dalla realtà o che ne viene inesorabilmente travolto.
Un Uomo che “geneticamente” non dispone dei mezzi psichici, – né tanto meno di quelli spirituali – per far fronte alle alterne vicende dell’esistenza, utile per essere messo all’indice come esempio negativo di Uomo socialmente disadattato.
Questa iconografia morbosa, sembrerebbe ben adattarsi, ad esempio, a Jackson Pollock, con i suoi problemi di alcoolismo e depressione o, magari, a Jean Michel Basquiat, con i suoi enormi problemi di inadeguatezza e tossicodipendenza che poi lo porteranno alla morte per overdose.
Questa rappresentazione superficiale dell’artista, anche e soprattutto in questi particolari casi, è enormemente sbagliata, anzi, spesso è artatamente costruita dai soliti noti: quelli che usano l’Arte per farne puro mercimonio.
Ritengo che questo modo superficiale di raccontare un artista, spesso e volentieri ha come intento un puro disegno di marketing, un fenomeno che credo di aver ben raccontato nel mio precedente articolo “Arte o Investimento“.

Jackson Pollock

Jackson Pollock

Per sostenere questa mia tesi, stavolta, voglio proprio esagerare, spararla grossa, voglio citare il Signor Michelangelo Merisi…., si…., proprio lui….., il Caravaggio.

Lui, scelto da mecenati illuminati, porporati come il cardinal Francesco Maria del Monte, nobili del nord come del sud, come il marchese Giustiniani a Roma, a Milano e Venezia.
Caravaggio come è noto, fu attivo a Roma per il principe Filippo I Colonna, a Napoli sempre sotto l’egida dei Colonna in particolare lavorando per la Marchesa Costanza Colonna, poi a Malta, dove sempre per intercessione dei Colonna, entra in contatto con il gran maestro dell’ordine dei cavalieri di san GiovanniAlof de Wignacourt, ecc.
Nella vulgata viene dipinto come un frequentatore di osterie di quart’ordine, un rissoso, un assassino, praticamente ben al di là del limite della criminalità comune, ma, riflettendoci, a voi sembra plausibile che dei principi romani si mettessero in casa una persona così pericolosa, uno squilibrato, un criminale?
Le cosiddette risse e il cosiddetto “omicidio di Ranuccio Tomassoni da Terni”, per la maggior parte non furono altro che duelli con rivali in amore.

il duello Caravaggio Tomassoni

Caravaggio - Tomassoni duello alla Pallacorda

Papa Paolo V ritratto dal Caravaggio

Proprio nel duello col Tomassoni, anche Michelangelo Merisi da Caravaggio rimase gravemente ferito.
Venne ricoverato presso l’ospedale della Misericordia (ci sono i verbali storici), dove dichiarò di essere caduto per sbaglio sulla sua stessa spada.
Non dico che questa pratica degli scontri mortali all’arma bianca fossero un comportamento particolarmente edificante, ma non si può ignorare che la condanna a morte, gli venne inflitta da Papa Paolo V, il “Papa Re” di allora, convinto sostenitore del divieto dei duelli, che a quei tempi causavano tante inutili morti, specialmente tra i giovani nobili delle famiglie più in vista.
Papa Paolo V promulgò l’editto contro i duelli, che prescriveva che giuridicamente  si dovesse considerare “assassino”, il vincitore di qualsiasi duello a prescindere dalle ragioni che lo avevano generato.

spiaggia della feniglia

Porto Ercole spiaggia della Feniglia

Lo stesso Papa Paolo V (Camillo Borghese), grande ammiratore del Caravaggio che riteneva il genio artistico del suo tempo (tanto è vero che gli aveva anche commissionato il famosissimo ritratto mostrato sopra), stava preparando la grazia per Michelangelo Merisi (o addirittura sembra l’avesse già fatta consegnare alla Marchesa Costanza Colonna), pochissimi giorni prima che il Caravaggio morisse a Porto Ercole, si narra sulla spiaggia della Feniglia.
A mio avviso, sarebbe sufficiente prendere in considerazione la raffinatezza delle opere di Caravaggio e la genialità della sua ricerca formale, per comprendere che, rappresentare il Caravaggio come un pazzo attaccabrighe criminale, sia come minimo forzato.
Per quanto mi consta, non ho molti dubbi che gli odierni “inventori di mostre” – il più possibile remunerative – puntualizzando esageratamente qualche forte “tratto umano” del maestro lombardo, gli vogliano ancora “far pagare”, per invidia (gli straordinari risultati dal Caravaggio, ottenuti facendo fruttare il proprio talento) o per semplice marketing commerciale (cercando di sfruttare l’ormai ben noto fascino dei personaggi negativi).

Basquiat con Andy Warhol

Basquiat con il suo mentore Andy Warhol

Tutto questo lungo ragionamento, ci conduce finalmente all’ argomento protagonista di questo articolo: il “Processo Creativo”, quel percorso apparentemente individuale, che, invece, attinge all’Anima collettiva, a quel “filo rosso” che ci riporta alla nostra comune, divina, origine.
Esiste si un approccio individuale (o se volete individualizzabile), che addirittura mi spingerei a definire “caratterizzante”, che porta l’artista a lavorare ad una specifica opera, con una specifica tecnica, in uno specifico momento storico.
Questo processo è determinante e, nella vita dell’artista, in genere parte da lontano.
Comincia a delinearsi pian piano, poi sempre più chiaramente man mano che l’esperienza di vita apporta il suo fondamentale contributo.
Accennavo sopra, che la mia idea di Umanità non è di derivazione totalmente illuminista come invece potrebbe sembrare al primo impatto.
La concezione illuminista, di norma, si caratterizza anche per una visione “anti-metafisica”, che invece, nel mio pensiero, non esiste assolutamente, anzi, io, nel “metafisico” intingo abbondantemente il “pennello” della mia poetica.
Portare la mia esperienza potrebbe sembrare poco rappresentativo, ma, questo genere di approccio, fu adottato anche da tanti illustri colleghi come ad esempio Leonardo da Vinci, supportato dalla sua ricerca platonica (sui solidi platonici), condivisa con fra’ Luca Pacioli alla corte di Ludovico il Moro.

Jacopo deBarbari ritratto di Frà Luca Pacioli

Frà Luca Pacioli e i solidi platonici

Alla visione “positivista” di alcuni neo-illuministi moderni – ma ancor più di tal’altri contemporanei – che fondano il loro pensiero solo sulla fenomenologia spiegabile con leggi fisiche, io, nel “mio” percorso creativo, preferisco un approccio di ben più ampio respiro, e, sicuramente tiene in conto anche variabili di natura metafisica.
Le cosiddette “Leggi Fisiche” solo apparentemente sembrano consolidate, invece, esse sono in costante evoluzione e assestamento, come largamente dimostrato dalla “rivoluzione quantistica” figlia degli studi di Einstein (appunto).
Le leggi della fisica quantistica, prima, non erano conosciute, la meccanica celeste consolidata era praticamente territorio esclusivo di Newton e Keplero, e prima di Galileo Galilei, era eresia affermare che la terra è una sfera, mentre ai nostri giorni, sarebbe eresia affermare il contrario.
Lo scienziato che si apre anche a “dinamiche percettive” in aggiunta (non in alternativa), a quelle logico/scientifiche e che non esclude aprioristicamente quelle di carattere spirituale, ha sicuramente una visione con maggiori prospettive di chi si ostina ad avere concezione ottusamente secolarizzata.
Un’impostazione maggiormente possibilista – senza arrivare alla creduloneria – dota la ricerca di un “arsenale” incommensurabilmente più ampio.
Ovviamente questo vale anche nella ricerca artistica, e, visto che l’Arte è una componente costitutiva della vita, anche quest’ultima offrirebbe in una ampiezza altrettanto incommensurabile.

essere secondo èarmenide

l'Essere secondo Parmeide

Come ho scritto in altri articoli, mi piace pensare ad un Uomo nella sua accezione più ampia, come nella visione parmenidea dell’Essere, di completezza e perfezione (almeno nelle potenzialità).
In Parmenide l’Essere è simbolizzato dalla sfera, una sfera nella quale tutto è già inscritto e, fuori dalla quale, insiste tutto ciò che non ne è elemento connaturato, immagino un Uomo che dia piena dignità alle capacità delle quali è naturalmente dotato.
L’artista al contrario di tutti gli altri professionisti, nella progettazione di un’opera (il processo Creativo è paragonabile a quello che interviene in altri contesti professionali), deve sommare l’attività creativa, a quella che conferisce al proprio lavoro l’ “alito vitale”, quel “surplus” che innalza l’opera d’Arte ben oltre un’ edonistica attuazione del puro pensiero estetico.
Il “Processo Creativo” può essere un percorso complesso, non facile da definire nei confini temporali, né in quelli esperienziali, sino a configurarsi come un vero e proprio rituale propedeutico alla creazione e/o all’elaborazione di un concetto o di un’identità artistica.
Parliamo di una fase troppo importante, fondamentale per non essere ben compresa e valorizzata e, per quanto possibile, insegnata nei licei artistici e nelle accademie.
Per quanto mi riguarda, è possibile che, dall’innesco del Processo Creativo fino al momento nel quale vedo concretizzarsi l’opera nella mia mente, trascorra anche molto tempo.
E’ come se piantassi un seme, lo annaffiassi delle tecniche che conosco, lo “concimassi” con le letture che ho fatto, con le esperienze del mio vissuto e con le emozioni che hanno attraversato la mia anima fino a quel momento.

botti e buon vino

maturazione dell'idea creativa

Dal momento che tutto questo processo è compiuto, non è detto che l’opera si “concretizzi” istantaneamente, sicuramente l’idea è pronta a maturare, ma è come un buon vino che invecchia e, solo col tempo acquisisce tutte le sue prerogative, quelle sfumature personali che, in fin dei conti, sono il suo maggior valore aggiunto.
In effetti sono in molti ad aver studiato il Processo Creativo, inteso con una accezione più estesa di modalità per l’ideazione e la realizzazione di opere d’Arte.
Come ho già affermato in un vecchio articolo del 2011 “Artista o ricercatore“, io concepisco un artista appunto come un ricercatore, concettualmente assimilabile ai ricercatori “scientifici” come quelli di ambiente universitario.
L’analisi proposta dallo psicologo ed educatore inglese Graham Wallas, autore già nel 1926 del saggio “The art of thought” (L’Arte del pensiero).
In questo testo si cerca di identificare le fasi caratterizzanti del Processo Creativo, proprio anche dei ricercatori in ambito scientifico, alla luce di quanto detto sopra è una analisi particolarmente illuminante.
Il Processo Creativo in Wallas è avvicinato anche ai contesti non circoscritti al mondo dell’Arte (contesto nel quale la Creatività sarebbe da dare per scontata).
Ormai è universalmente noto che, il massimo dei risultati nella ricerca – così come nel “problem solving” più in generale – si ottengono sommando l’intelletto (la “razionalità”), alla creatività e alle cosiddette “Soft Skills“.

Per Soft Skills si intende la miscela di conoscenze e predisposizioni istintive, con la quale si perseguono risultati progettuali ed esecutivi nettamente migliori (in quantità, ma anche in qualità), di quelli ottenuti con metodiche riconducibili a tecniche gestionali “tradizionali”.

Problem solving

Problem solving cloud

• Preparazione: questa fase prevede la raccolta delle informazioni su cui lavorare e la loro organizzazione disponendo di conoscenze sufficienti a riconoscerne attinenza e coerenza (Problem Solving).

Le caratteristiche di questa fase sono: Capacità di individuare un problema e avere l’orientamento a trovare una soluzione (le problem solving skills appunto).

• Incubazione: Fase di elaborazione mentale dei dati e delle informazioni alla ricerca di un ordine processo che si sviluppa per flussi di pensiero apparentemente disordinati (conosciuto anche come Brain Storming), che continua anche in momenti nei quali l’attenzione “cosciente” potrebbe sembrare apparentemente sospesa (come ad esempio nel sonno).
Cartesio riferì di aver intuito le nozioni fondamentali della geometria analitica in due sogni.
Friedrick Kekulé dichiarò che, grazie ad un sogno, nel quale vide atomi che danzano in un anello – l’anello benzenico – intuì la modalità di combinazione del carbonio con l’idrogeno nel benzene.

flood ark tablet

tavoletta babilonese

Hermann Hilprecht, notissimo archeologo e assiriologo tedesco, decifrò durante un sogno un’iscrizione cuneiforme babilonese – sino ad allora intraducibile – presente su una tavoletta di terracotta nella quale si narra dell’Arca di Noè e del diluvio.
Albert Einstein, a sedici anni intuì il significato della velocità della luce in taluni fondamentali processi fisici e comprese che il problema può essere risolto mettendo in discussione il concetto di tempo.
Nel 1915, mentre lavora a tempo pieno all’ufficio svizzero dei brevetti, concepì la universalmente nota teoria della relatività generale.

• Illuminazione o insight: l’intuizione, spesso istantanea, della soluzione cercata.
Sembra nascere in modo istintivo, spesso arriva in concomitanza con una forte emozione e molto spesso è completamente diversa dalle soluzioni valutate precedentemente.
Wallas in effetti avrebbe inquadrata anche una ulteriore fase, l’ Intimation, che però, non sempre è presente e può essere pensata come una pre-fase, con l’insorgere della sensazione di avere imbroccato la via giusta unita ad una eccitazione crescente che, a volte, può precedere l’insight.

• Verifiche: prove, messe a punto e formalizzazione.
Il metodo scientifico prevede la “formalizzazione” di una scoperta attraverso un’ampia documentazione, ribadita se possibile da una serie di assiomi inequivocabili.
Einstein a chi gli chiedeva come approcciasse a concetti così lontani da una logica intuitiva come quelli sui quali incentravano le sue teorie, diceva: … “è molto raro che io pensi con parole. Mi balena il pensiero, e solo più tardi posso cercare di esprimerlo…Naturalmente, questo senso, spinge in una direzione precisa, c’è sempre qualcosa di logico; ma per me, si presenta sempre…. visivamente.

Albert Einstein

Albert Einstein

E’ evidente che, il Processo Creativo, è un’alternanza tra logica e intuizione in una miscela sempre differente da persona a persona, lavorando su differenze, suggestioni, metafore e quindi con difformità evidenti nei risultati, anche direttamente dipendenti dell’esperienza personale (materiale e spirituale) acquisita.

Eindhoven e Vinacke nel 1952, giunsero alla conclusione che siano da definire fasi un po’ diverse per definire l’attività creativa degli artisti, puntualizzando soprattutto che, esistono notevoli differenze nel Processo Creativo riconducibile ad artisti giovani, messo a confronto con il percorso attuativo preferito da artisti più “esperti”.
L’esperienza, può essere sintetizzata dal neologismo anglofono “saissement”: quella differenza nel percorso di vita – in positivo o magari in negativo – che, porta l’artista a diventare più recettivo alle percezioni mondane o magari più sensibile al trascendente.
Il saissement, nel corso del tempo, è stato ricercato anche in forma consapevole, oserei dire scientifica, anche passando per le vie brevi.
Si sentiva spesso (e purtroppo si sente ancora), parlare di artisti dediti ad eccessi e forzature di vario genere (alcool, droghe, sesso, satanismo, ecc.), tanto che, si diede la stura ad esperienze come il movimento “psichedelico” della prima ora, figlio anche dell’uso dell’ L.S.D. (l’acido lisergico), tristemente noto per le conseguenze dirompenti, e talvolta permanenti sulla psiche di colui che lo assumesse.

Segale Cornuta

La segale Cornuta

Il Movimento Psichedelico, fu un movimento culturale che prese le mosse negli Stati Uniti e che, si consolidò in seguito anche in Europa, mutuando attività tipiche delle esperienze sciamaniche degli “Uomini della Medicina”, caratteristico della cultura dei nativi americani (ma presenti anche in particolari etno-zone dell’Asia e dell’Africa).
Le cerimonie messe in atto dagli “Uomini della Medicina”, avevano l’obiettivo di indurre (o meglio auto-indurre), il cosiddetto “Viaggio sciamanico” .
Il viaggio sciamanico, era ricercato con danze rituali ossessive o più spesso con l’uso di sostanze psicotrope di derivazione naturale.
Queste cerimonie rituali, prevedevano appunto l’uso (l’assunzione) di tuberi, erbe e funghi, contenenti sostanze atte a facilitare uno stato di coscienza alterato, tra le quali ad esempio la “Segale Cornuta” (Claviceps Purpurea), una delle fonti naturali di ergotamina  (o meglio del sale tartrato dell’ergotamina), dalla quale gli sciamani (grandi esperti di erbe, piante, e proto-chimica), sono in grado di sintetizzare l’Acido Lisergico naturale (L.S.D.).
Purtroppo, questa sostanza, venne poi prodotta chimicamente in disponibilità e concentrazioni micidiali, in preparazioni contenenti principio attivo di enorme potenza, soprattutto se confrontato con il prodotto naturale.
La concentrazione di principio attivo, unito alla mancanza di dimestichezza e basi sperimentali serie sulle dosi di somministrazione, produssero i disastri che tutti ben conosciamo, e che ancora ben ricordiamo.
Queste esperienze estreme di coscienza alterata, purtroppo, portarono alla pazzia e alla psicosi irreversibile milioni di persone.

Giovani Hippy

Giovani Hippy

Io stesso ricordo bene quando a Roma nel 1972 (avevo intorno ai 13 anni), a Villa Doria Pamphilij – il parco più grande di Roma, esattamente di fronte a casa mia – dove io andavo a giocare con gli amichetti, e, dove si tenne un famosissimo “Festival Pop/Rock” (noto anche come “la Woodstock di Roma“), al quale parteciparono gruppi musicali e grandi artisti che, all’epoca, avevano già fatto la storia della musica.

Era appunto il giorno dell’esibizione dei “Soft Machine” uno dei maggiori gruppi di rock psichedelico insieme ai Pink Floyd di “Ummagumma“, era una bella serata d’estate, vidi un ragazzo, vestito da Hippy (come usava molto tra i giovani dell’epoca), seduto a braccia conserte, rivolto a sud, verso il tramonto del sole.
Mi colpì particolarmente perché oscillava ossessivamente, avanti e indietro, come in un rituale saluto al sole.
Vicino a lui un altro ragazzo che lo guardava, gli parlava, mentre lui continuava ad oscillare, mentre noi ragazzini continuavamo a giocare.
Solo in età più adulta scoprii che, quel secondo ragazzo, era l’accompagnatore nel “viaggio lisergico”, che come era d’uso, aveva il compito di assistere il “viaggiatore”, che aveva assunto “l’acido” per confortarlo e cercare di ricondurlo alla realtà, in caso avesse subito allucinazioni incontrollabili e sconvolgenti (niente affatto rare con l’Acido Lisergico).
Purtroppo il ricordo non finisce qui, alcune ore dopo, ridendo della insolita situazione – come solo dei ragazzi inconsapevoli possono fare – ci avviammo verso le rispettive case per la cena accorgendoci che il ragazzo a braccia conserte che continuava ancora, ossessivamente ad oscillare.

Pineta Villa Pamphilij

La pineta di Villa Pamphilij

Meno risibile fu la situazione che ritrovammo nel pomeriggio del giorno dopo, quando, tornando a giocare nello stesso luogo al limitare della pineta di alberi secolari, vedemmo il ragazzo vestito da hippy nello stesso identico posto, che continuava ad oscillare verso il sole.
Il sole era tramontato e poi nuovamente risorto e di lì a qualche ora sarebbe nuovamente tramontato.
Mi resi anche conto che l’accompagnatore non era più li – probabilmente vinto dalla sete, dalla fame, dall’umido della notte – invece, il “viaggiatore”, immerso nel loop cerebrale che l’acido gli aveva lasciato attivo, era rimasto ancora lì.
Ricordo chiaramente l’angoscia che mi pervase, quando, ormai a sole nuovamente tramontato, avviandoci verso casa, lasciammo il ragazzo hippy a dondolarsi, verso quello che, ora me ne rendo bene conto, era ormai il nulla.
Probabilmente dondolava nel buio della sua mente, il buio che seguiva gli sfolgoranti caleidoscopi che, come è noto, si susseguivano senza soluzione di continuità nella mente di chi assume l’ L.S.D.
Il peggio venne all’indomani, tornando al solito posto per far volare gli aquiloni – non c’erano le Playstation allora – e, il ragazzo hippy non c’era più.
Ebbi la chiara percezione che fosse volato via anche lui, come un aquilone legato male (allora gli aquiloni ce li costruivamo da soli).
Ricordai la profonda tristezza di quella sensazione, lungamente, negli anni a seguire, continuai a viverla in lunghi e strani sogni, fino a quando, finalmente, i sogni erotici tipici della pubertà e le belle ragazze sostituirono le immagini di quel vallone di villa Pamphilij, pieno di prati verdi illuminati dall’oro del tramonto.

arte psichedelica

Tipico esempio di arte psichedelica

Queste esperienze di ricerca artistica estrema, vennero tentate da molti famosi gruppi musicali, arrivati poi alla fama globale (come appunto i Pink Floyd, i Doors, o i Soft Machine), esperimenti talvolta riusciti dando luogo ad album leggendari, talvolta, riusciti molto meno, infatti il ragazzo hippy non fu nè il primo nè l’ultimo a volare via come un aquilone.

Quelle esperienze a volte tragiche, furono un tentativo rimuovere le sovrastrutture e i vincoli psicologici che spesso e volentieri impediscono e/o limitano la generazione e la fruizione dell’Arte nella sua essenza, quella che insieme a voi, sto cercando in questo blog.
Ho citato ciò che avvenne nella musica, ma anche in altre forme di Arte, compresa la pittura (si pensi all’Arte Psichedelica) che nella San Francisco dell’epoca, trovò il centro mondialmente riconosciuto.
Stati emotivamente alterati, per essere più chiari, sono stati cercati anche con sollecitazioni estreme di natura diversa da quelle indotte dalle droghe pesanti.
Furono cercati gli stimoli di natura psicologica estrema, come l’immersione totale nel silenzio, quelli da sollecitazioni fisiche estreme, come l’astinenza da bisogni umani essenziali (astinenza dal bere, dal mangiare, dal sesso ecc.), o sollecitazioni di tipo “meccanico”, come l’immobilità prolungata (Yoga o meditazioni prolungate) o al contrario con cinèsi estremizzate (movimenti ossessivi ripetuti e prolungati), come ad esempio nelle danze dervisce o nella meditazione Kundalini proposta da Osho Rajneesh.

Osho

Osho Rajneesh

Per quanto mi riguarda, mi rendo conto che molti fruitori, cosi come purtroppo anche molti artisti (o presunti tali), vivano l’esperienza dell’Arte, filtrata attraverso una serie di sovrastrutture socio-culturali, prima fra tutte quella Estetica, in una sorta di “edonismo culturalista”.
Parimenti, mi rendo conto che però per rimuovere quelle sovrastrutture, non è necessario ricorrere a metodiche tanto estreme quanto inutili e conseguire i benefici psico-spirituali dell’Arte.
Con il neologismo di “edonismo culturalista”, definisco l’attuale tendenza della fruizione di Arte nella più assoluta superficialità, l’esatto contrario della sua natura fondante.
Questa modalità scellerata che sempre più mi è dato di vedere, vede una mostra, un teatro o un cinema, alla stregua di una “happy hour”, come si trattasse di un qualsiasi aperitivo, e, devo confessare che mi è giunto più di un invito a manifestazioni di questo tenore, come fruitore ma anche come Exibitor, ma ho sempre puntualmente e convintamente rifiutato.

Andare per mostre è divenuto un “Must” irrinunciabile, insieme a tanti altri, in particolare, questo è vero nel “cluster” socio-culturale emergente (mi scuso per il rigurgito di linguaggio da “marketer” che, ogni tanto, riemerge dal mio passato da pubblicitario).
Questa parafilia verso l’arte “in pubblico”, quasi come fosse un “plus” da esibire, ed essere riconosciuti e accettati in una “Élite sociale differenziale”, ovviamente migliore rispetto alle classi incolte.
Non è un bello spettacolo (almeno per me), vedere gente che ad una mostra, parla bellamente con il proprio accompagnatore degli “affari propri”, scorrendo tra i lavori in esposizione, dando distratte e fugaci occhiate verso i lavori, che, magari, sono frutto di enormi sforzi creativi e di dolorosi investimenti emotivi.
Io li chiamo “Quelli del bello”, comprano il catalogo, chiedono il programma dell’evento, il libretto del concerto (che testimonia la partecipazione) e commentano per superlativi (bellissimo, interessantissimo, bravissimi…).

Vernissage

Vernissage, ovviamente nessuno guarda le Opere

Questa “supervalutazione”, non serve a valorizzare ciò che hanno visto in mostra, o la “pièce” o il concerto al quale hanno assistito, ma sottintende un rafforzativo di valore della propria partecipazione, della propria scelta culturale.

L’insight (l’ispirazione), è comunque una dinamica mentale (io aggiungo spirituale), piuttosto misteriosa e complessa.
Il Processo Creativo, probabilmente, può essere rappresentabile come una struttura frattale, nella quale, una scelta creativa, si situa all’ interno di un’altra e all’ interno della quale se ne situa un’altra ancora, che a sua volta ne contiene un’altra identica alle altre – anche semplicemente come struttura – che all’interno, è costituita da altre strutture identiche in una dinamica ricorsivamente  iterata, e, così via, costituita da altre scelte creative iterate nella struttura generale, che ne contiene altre ancora,  e così via tendendo all’infinito, come avviene appunto in un frattale.
Questo modello di rappresentazione di particolari funzioni matematiche, profondamente iterate (riscontrabili anche in natura come ho ampiamente descritto nel mio precedente articolo “Arte e matematica”,

http://3.bp.blogspot.com/-HpFjBwrZyEo/T88WKplNTUI/AAAAAAAAAY0/xt76aYQXbJQ/s1600/Girasole%5B1%5D.jpg

http://3.bp.blogspot.com/-HpFjBwrZyEo/T88WKplNTUI/AAAAAAAAAY0/xt76aYQXbJQ/s1600/Girasole%5B1%5D.jpg

sono stati studiati e approfonditi dal matematico Benoit Mandelbrot e che, allo stato, è la rappresentazione logico/matematica che più ci avvicina alla rappresentazione del concetto di CAOS.

CAOS è un concetto che spesso concepiamo come casuale, che invece è probabile possa avere una dinamica para-casuale (simile cioè alla funzione “RANDOM“, un algoritmo implementatato in tutti i microprocessori.
Decrittata quindi la dinamica “caotica”, riusciremmo a dare un senso logico anche a dinamiche fisiche (e non solo), solo apparentemente casuali, facendoci fare uno scatto in avanti nella progettazione in generale (quindi anche in quella Artistica) essendo consapevoli di dinamiche attualmente indecifrabili.

frattale di Mandelbrot

frattale di Mandelbrot

Sia gli studiosi del Processo Creativo e le persone che hanno avuto esperienza di intuizioni creative, concordano che la capacità di visualizzare strutture logiche complesse e/o di pensare per immagini (le immagini sono il codice psichico più denso e immediato), presentino la vera caratteristica identificativa dell’essere umano.
Questa modalità di comprensione evoluta non è riscontrabile in altri animali che non siano dei primati, che – uomo a parte - ne presentano solo piccoli accenni (come ad esempio riconoscere un proprio simile in una immagine), ma non hanno piena percezione di se nella propria immagine.
Non è un caso che si usi il termine “immaginazione” intendendo la qualità primaria di coloro che riescono a pensare per immagini mentali, infatti, gli Artisti, sono accreditati dei massimi livelli di immaginazione, in quanto, oltre a pensare per immagini, a queste, riescono a dare concretezza formale rappresentativa.
Immaginazione e creatività in genere sono intese come sinonimi, ma la creatività è il processo di unire elementi tramite connessioni logico/rappresentative (mappe mentali) innovative, che spesso prevedono il superamento di regole e status quo, come nel caso della rappresentazione artistica “cosiddetta” astratta, che mantiene collegamenti con il concetto (magari semplicemente in forma emotiva o emozionale), che l’artista “sente” di voler comunicare.

Vassili Kandinsky

Vassilij Kandinsky: Astratto niente affatto astratto

Nel Processo Creativo si uniscono disordine ed ordine, paradosso e metodo.
Come spesso ho detto su “Sculturaecultura“, queste capacità sono insite in ogni Essere umano, ognuno di noi le può adoperare a patto che, come in ogni forma di competenza, ci si impegni a svilupparla, come si afferma molto chiaramente – e da persona ben più illustre di me – anche nella famosa “Parabola dei Talenti” (cfr. Matteo 25,14-30), che, se a qualcuno interessa, a questo link può trovarla – meravigliosamente – spiegata da un fine teologo come S.S. Benedetto XVI.
Ogni giorno dovremmo riservare del tempo per pensare, per sognare, per immaginare, dovremmo consentire al cervello di metabolizzare tutto ciò che gli viene dato in pasto, di rielaborarlo sotto nuove forme e come ho detto sopra, come se si trattasse della documentazione di una ricerca, imparare a valorizzarla, a trasmetterla e magari ad insegnarla, insomma, un classico “Processo Creativo”.
Tutti abbiamo la possibilità di essere creativi, la creatività introduce nelle nostre azioni la nostra identità, possiamo, anzi ne abbiamo il dovere morale (ma anche quello sociale), soprattutto se vogliamo portare un nostro personale contributo ai valori di questa Umanità.
Questo genere umano che appare sempre più egoista, o per meglio dire “egoico”, in virtù dell’accezione narcisistica che in questo sinonimo possiamo ritrovare.
A nessuno è preclusa questa opportunità, così appagante ai livelli più profondi dell’essenza Umana, ma chi proprio non trovasse questa prerogativa in se stesso, può attingere alla funzione “sacerdotale” ricoperta dall’artista, come ho tentato di ben illustrare in un mio precedente articolo.
Un Processo Creativo si impernia quindi su pochi ma fondamentali cardini, e, prende le mosse dall’ispirazione, e si conclude con la Produzione.
L’ispirazione, che sembra essere molto difficile da conseguire e che invece è ovunque, basta guardarsi attorno, basta saper ascoltare, saper vedere, leggere, ascoltare, esplorare la Natura, comprenderla nella sua perfezione, insomma semplicemente Vivere, e non è un caso se scrivo in maiuscolo questa parola.

Ma l’ispirazione può arrivare anche da quanto l’uomo ha prodotto nei millenni, è sufficiente lasciare aperta la porta dell’intuitività.
Ma è da qui che ci si rende conto che siamo di fronte ad un vero “Processo”, infatti, l’intuizione non va subito tradotta passando alla Produzione.
Un’opera d’Arte va elaborata e rielaborata mentalmente (e spiritualmente), sino a quando in noi non diventa talmente definita da “essere” reale.
Una volta che questo “pensiero concreto” entra nella “realtà speculare” della nostra anima (che come sopra già ho detto), è a sua volta “specchio di Dio e dell’Universo”, necessita soltanto di essere messa in pratica, nella tecnica (o mix di tecniche), che si ritiene più adatta.
Si scelgono i materiali più attinenti, ci si pone nello stato mentale più giusto per questo “viaggio cosmico”, dove “cosmo” deve essere inteso nel suo significato originario – dal greco “kosmos”: “ordine”.
Per ordine, si intende il luogo/non luogo, dove tutte le cose sono al loro posto, per chi ci crede, al posto che Dio gli ha assegnato.
Tutto questo evidenzia l’importanza dell’affidabilità dell’artista, la sua onestà intellettuale, perché non si può non tenere in conto il reale impegno nella ricerca, per quanto sopra ho faticosamente descritto.
Purtroppo tanti lavori, spesso quelli più ruffiani, che, magari con particolari scelte estetiche, assecondano l’indole del fruitore, gli strizzano l’occhio semplicemente con un malcelato approccio commerciale, una forma di “Captatio Benevolentiae” che non si fonda certo sulla concretizzazione di una ricerca schietta e aperta, ma piuttosto sulla bieca facilità di vendita.

Talvolta questo accade per scelta deprecabile dell’artista, ma ancor più spesso, avviene per spinta del suo gallerista.
Il gallerista, inteso quale anello primo della catena commerciale, talvolta, arriva ad indurre nell’artista una tristissima “cristallizzazione” del Processo Creativo, facendolo concentrare su un “filone” di lavori che magari ha conseguito un buon successo commerciale.
Come più volte ho ribadito, anche qui su “Sculturaecultura”, non ho nulla contro la “cessione onerosa” di Opere d’Arte, ma troverei più giusto che l’acquirente possa pensarla come sostegno al lavoro di un artista che si sente vicino, piuttosto che un mero atto di acquisizione della proprietà.
Questo senso di vicinanza, questa empatia che si percepisce con l’artista, spesso e volentieri, è proprio figlio di quell’operare in forma sacerdotale, sciamanica, che l’artista attua “in nome e per conto”.
Ne ho scritto esaustivamente nell’articolo “Arte o Investimento” e in altri articoli sul “Valore dell’Arte“. Se quella “commerciale” diviene la motivazione primaria, possiamo immaginare quanto tutto possa essere mistificante, specialmente se messo in atto con il solo intento speculativo, privando quindi l’opera di ogni valenza spirituale.
In più di un’occasione, ho cercato di portare alla vostra attenzione, proprio questo comportamento “arimanico” – per usare una terminologia Zarathustriana cara a Nietzsche e a Leopardi (Inno ad Arimane 1833, testo incompiuto: “Re delle cose, autor del mondo, arcana Malvagità, sommo potere e somma Intelligenza, eterno Dator de’ mali e reggitor del moto) -
Arimane “re delle cose” come lo definisce Leopardi in incipit, può essere inteso come la componente satanica tipica del materialismo, ed ecco che risulta chiaro che, il “culto del materiale” che non è certo marginale nelle dinamiche del mondo dell’Arte, basti pensare a molte forme di collezionismo basate prevalentemente sull’accumulo più che sui contenuti ricercati dagli autori.
E’ importante mantenere un filo diretto con l’artista, a maggior ragione, visto che i “canali” che portano al pubblico il lavoro degli artisti sono in mano a pochi “eletti”.

E’ fondamentale mantenersi al di fuori da logiche collezionistiche (attività talvolta malate, in quanto spesso mosse da una logica del possesso), modalità di acquisizione altrettanto negativa quanto quella puramente edonistico/estetica per non parlare di quella ridicola dell’investimento.
E’ importante sostenere maggiormente l’artista puro (se vogliamo purista), perché è un Uomo che queste logiche arimanico/materialiste le rifiuta per costituzione, quando costui lavora a un’opera teatrale o scrive poesie o compone un brano musicale, potete star certi che ci crede al punto da sentirlo come un’atto eroico, un dono al mondo prima ancora che a se stesso come è giusto per colui a cui iene concesso il sacro dono dell’Arte.
Purtroppo, esistono invece “personaggi” – che non voglio chiamare artisti visto che ne sono la chiara antitesi – che lavorano solo per se stessi e/o al massimo per i critici o per il gallerista, e questo,non è sentirsi un telescopio puntato verso la luce in fondo all’universo.

universo

Scrutare in fondo all'Universo

Questo tedioso argomento mi piace sempre porgerlo quale oggetto di riflessione, ma il suo approfondimento è stato, e sarà, senz’altro, tutto un altro articolo.

di

Francesco Campoli

Share and Enjoy:
  • Facebook
  • Google Bookmarks
  • email
  • LinkedIn
  • Twitter
Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Illuminismo nell’arte

Posted in Filosofia dell'arte on gennaio 5th, 2012 by

di Francesco Campoli

Non è questo il terreno per approfondimenti di filosofia, ma al contrario ritengo che sia il posto giusto per ribadire il collegamento tra filosofia e arte.
Non può essere che un artista, nel suo mood personale, nella sua concezione artistica, non si colleghi in qualche modo ad uno o più concetti filosofici.
Certo è lecito affermare che questo non debba necessariamente avvenire in modo coscente, ma allora in coerenza con il l’interrogativo di fondo del blog, viene da chiedersi: Nel caso di “incoscenza filosofica”, possiamo realmente parlare di un artista?
Per argomentare una risposta a questa ferale domanda,  ci viene in aiuto Immanuel Kant, filosofo fondamentale, del quale non sono certo io il primo a scoprire la qualità e l’importanza dell’opera.

Immanuel Kant

La cosa caratterizzante di Kant è la sua visione rivoluzionaria, come la chiama lui stesso “rivoluzione copernicana” del modo di concepire  e soprattutto di applicare la filosofia.
La visione kantiana ribalta completamente, le modalità con le quali definire la conoscenza e i “Valori” con i quali interiorizzare le cose del mondo.
Sicuramente Kant è definibile un  illuminista, non foss’altro per la maniera in cui valorizza l’uso de “la Ragione” (il Pensiero), addirittura estendendone i margini rispetto all’illuminismo settecentesco.
Le specifiche del pensiero kantiano, a mio avviso, lo rendono molto utile a comprendere l’essenza della creazione artistica, soprattutto per chi come me da moltissima importanza  alla fase di ideazione.
Egli non rinuncia ad aprire “razionalmente” anche ad un approccio empirico.
L’empirismo da sempre è stato visto come l’unico approccio possibile, per la comprensione del “creato” artistico.
La rivoluzione kantiana, a mio avviso allarga l’uso della Ragione nel verso giusto, con l’obiettivo di costruire un nuovo approccio di “pensiero integrato”, sicuramente più adatto, alla comprensione del messaggio artistico, in barba alla sterile contrapposizione Razionalismo/Empirismo.
Kant si distacca chiaramente anche da quest’ultimo, che vede possibile l’acquisizione di conoscenza, solo passando attraverso l’esperienza diretta, l’Arte è la riprova che questo non è assolutamente vero: Chiunque può percepire la bellezza di un’opera di Mozart, senza saper suonare o comporre.
Secondo Kant “la Ragione”, non consente a nessun essere umano, la percezione dell’assoluto di ciò che gli appare, ognuno ha una percezione propria, in genere filtrata dalle personali capacità di giudizio.
Da questo sembrerebbero possibili, infinite percezioni di una medesima rappresentazione (in particolare artisticamente parlando”, ma Kant individua l’universalità della percezione, deducendola dall’universalità del “processo” di percezione, che ritiene identico in ogni essere umano, a prescindere dal suo livello di conoscenza.
Ecco secondo Kant  il motivo dell’universalità del bello: Ci sono cose che in ogni essere umano, trovano collocazione nella “categoria del “Bello”.
Il tramonto, i fiori e i loro colori, la Luna piena di notte sul mare, sono stereotipi assoluti della percezione del bello, percezione alla portata di tutti.
Questo  filosoficamente parlando, ci porta dritti dritti alla necessità di arrivare ad una definizione di “Estetica”, in generale e, secondo la visione di Immanuel Kant.
Kant tratta di Estetica in accordo che i valori sui quali fonda la sua filosofia, in “Critica della ragion pura”, ma questo è tutto un’altro articolo.

Francesco Campoli

Share and Enjoy:
  • Facebook
  • Google Bookmarks
  • email
  • LinkedIn
  • Twitter
Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,