Il Brutto dell’arte

Posted in Estetica e Bellezza, Filosofia dell'arte on febbraio 2nd, 2012 by

di Francesco Campoli

Il gioco di parole nel titolo , vuole essere uno stimolo a riflettere circa le mie affermazioni sull’arte, una piccola provocazione per spingere i lettori a comprendere meglio le mie convinzioni.
Bellezza e suo contrario, come insistono nel mondo dell’arte? come sono percepite dai fruitori? Non si può non farsi questa domanda, riflettendo sul mondo dell’arte e la sua evoluzione nei secoli.
Parlando superficialmente di arte, è molto facile sentir “sproloquiare” di bellezza, quale essenza fondante in un’opera d’arte, ma allora si può parlare di arte se viene rappresentato qualcosa di oggettivamente brutto?
Tra l’altro tra le pieghe di questa domanda, si inserisce anche il trito e “ritrito” confronto, tra arte figurativa e arte informale, diatriba che si collega al quesito esposto sopra, in quanto esiste ancora qualcuno che sostiene che la “cosiddetta” arte moderna, sia troppo brutta per essere arte.
Ci sono stati grandi artisti del passato, che spesso hanno rappresentato anche cose “esteticamente” non particolarmente gradevoli, magari con grande maestria tecnica e andando all’essenza della loro rappresentazione.
Pablo Picasso lo fece in Guernica, un’opera che desta l’interesse di almeno un milione di visitatori l’anno, ma che per varie ragioni, non può essere presa ad esempio di opera d’arte che si fonda sulla rapresentazione del bello.
Picasso concependo il “Cubismo”, probabilmente intendeva proprio superare  il tabù della bellezza nell’arte, a favore dell’essenza del messaggio, attraverso l’utilizzo di un simbolismo meno “velato”, che magari esisteva anche nell’arte classica.

Guernica Picasso

Guernica Picasso

Quest’opera è un manifesto contro gli orrori di tutte le guerre, prende spunto dal tragico bombardamento della città basca di Guernica, durante la guerra civile spagnola.
Tirare in ballo la “bellezza” in quest’opera d’arte,  non è certo automatico, la bellezza del colore altrettanto, avendo Picasso a scelto di non usarne.
C’è da dire che è difficile, immaginare una scelta migliore, per esaltare la drammaticità della situazione e il prevalere della violenza, su tratti umani più edificanti.
L’essenzialità del tratto, non toglie nulla al ventaglio di emozioni terribili che Picasso desiderava rappresentare, alla faccia degli esercizi di tecnica che magari possiamo trovare in Rembrandt,

La Ronda di Notte Rembrandt

La Ronda di Notte Rembrandt

troviamo invece simboli e simbolismo ai più alti livelli, forza espressiva e certezze nella composizione, skill certo non deficitarie tra le prerogative “tecniche” di Pablo Picasso.
Rimanendo comunque nel solco della riflessione iniziale, voglio portare un esempio al di fuori della poetica cubista, di disinteresse verso la “rappresentazione del bello” : Hyeronimus Bosh.
Un esempio a mio avviso particolarmente calzante.  Hyeronimus Bosh seppure ispirato da tematiche molto diverse da quelle viste sopra, si esprimeva prevalentemente su contenuti a sfondo religioso/filosofico ed esoterico, che andavano per la maggiore all’epoca dello scisma luterano.
Con grandissima tecnica e manualità, Bosh non si può certo dire che cerchi il bello, anzi, magari si può pensare ad una compiacenza nell’indugiare sulla sua bravura.

Hieronymus Bosch La Tentazione

Hieronymus Bosch La Tentazione

Il famoso pittore fiammingo, che con i suoi lavori ispirò al connazionale Erasmo da Rotterdamm, il famoso “Elogio della Follia”, a prima vista sembra mostrare un mood visionario.
In realtà andrebbe evidenziata la sua enorme creatività, oltre alla disponibilità di maestria pittorica di altissimo livello, una creatività strettamente compressa nella “forma”, infatti è ancora piuttosto lontano l’avvento dell’arte informale.

Erasmo da Rotterdam

Erasmo da Rotterdamm

Sembra incredibile che il riconoscimento della “follia creativa”, quale esercizio necessario all’evoluzione dell’umanità intera, resti tutt’ora argomento praticamente ignorato.
Come è noto nel 1.450 fu  Erasmo da Rotterdamm con “Elogio della follia” a porre scientemente la questione, ma giorni nostri, è ancora necessario un “reminder” continuo, per cercare di scardinare le “trappole antropologiche” e gli equivoci sociologici.
Molti di noi ricorderanno il famoso discorso di Steves Jobs (Fondatore della Apple Computer e della Pixar Animation), con il quale si rivolse agli studenti neolaureandi dell’ universita di Standford, negli Stati Uniti.
Quel discorso, che purtroppo può essere inteso come il testamento “spirituale” del geniale Steve, dopo che recentemente il cancro, ha vinto la “battaglia” che  Jobs aveva intrapreso ormai da diversi anni.
“Stay hungry, stay fulish”, “Siate affamati (di conoscenza), Siate folli (più che semplicemente creativi), cosi concludeva il suo mitico discorso (click sull’immagine sotto)

Steve jobs a Stanford

Steve jobs a Stanford

Questa ormai storica affermazione, sembra un vero “Deja Vu”, un “repetita” su un insegnamento, che l’umanità non ha ancora recepito a pieno.
Se si guarda bene sembra che le “migliori menti”, vogliano indicarci la strada giusta, in pochi riusciamo a comprendere.

Albert Einstein

Albert Einstein

Albert Einstein, non ci ha lasciato solo la “Teoria della relatività Generale” (una delle chiavi dell’universo), la “Teoria dei Quanti di luce”, la “teoria delle lenti gravitazionali” e tante altre “magie” della fisica.
Einstein (neanche tanto velatamente), ci lasciò il “solito” messaggio sulla “follia”.
La famosissima foto che vedete qui a fianco, è un messaggio per chiunque lo sappia capire.
Un genio universale che si consente uno sberleffo, non è una caduta di stile che il conformismo di maniera gli ha sempre voluto appioppare, ma è invece il solito “reminder” per l’umanità.
Non so se tutti lo hanno già percepito, nel caso non fosse, spero con queste mie righe di aver fatto la mia modesta parte.
Il grande genio Albert Einstein, oltre alla fisica aveva anche molti interessi spirituali, soprattutto va detto che non considerava le due “sfere” disgiunte.
Non per elevarmi al rango dei geni su menzionati, ma un passetto alla mia portata lo vorrei tentare, proponendo una delle mie solite provocazioni:
E’ possibile che nel mondo dell’arte, questo messaggio venga sempre più ignorato? che venga ignorato il compito per il quale un Artista (vero) assume pienamente senso?
Rompere il giogo dei conformismi e lavorare per l’evoluzione, è un compito fondamentale per un “Essere” umano, che cerchi di essere realmente tale.
Segnalo prima che lo facciano altri, che mi riconosco in questa teoria ma che non è mia, per sostenere una trattazione filosofica su questo argomento, andrebbero tirati in ballo Heidegger (e il suo “Essere e tempo”) oltre Nietzsche con il suo  “Superuomo”.
Il mio obiettivo però è “solo” smontare il “Conformismo dilagante nell’arte”, non rivoluzionare il mondo, anche se personalmente lo ritengo una sorta di sinonimo.
Questa piaga è sempre più imperante, in primis quale conseguenza delle mostre “stereotipate” partorite per convenienza dal critico di turno, che snatura i veri messaggi degli  artisti, intrappolandoli in mostre a tema, inventando un “linking” tra le opere esposte per puri scopi commerciali e sfruttarne la disponibilità.
Si và creando una sorta di “Junk Culture”, che usa l’arte (o pseudo tale), per far da cornice ai ristoranti nei musei, un’arte facile, un’arte “per tutti” nel senso peggiore del temine.
Mi fermo qui, ma mi permetto di ricordare a me e ai lettori, che  rompere gli schemi culturali, è uno dei “carismi” che competono ad un artista.
Reputo molti interrogativi estremamente interessanti, ma per discutere del bello e del brutto nell’arte, bisognerà parlare anche di “Estetica”, intese nella più profonda accezione filosofica, ma sicuramente anche questo è tutto un’altro articolo.

Francesco Campoli

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Illuminismo nell’arte

Posted in Filosofia dell'arte on gennaio 5th, 2012 by

di Francesco Campoli

Non è questo il terreno per approfondimenti di filosofia, ma al contrario ritengo che sia il posto giusto per ribadire il collegamento tra filosofia e arte.
Non può essere che un artista, nel suo mood personale, nella sua concezione artistica, non si colleghi in qualche modo ad uno o più concetti filosofici.
Certo è lecito affermare che questo non debba necessariamente avvenire in modo coscente, ma allora in coerenza con il l’interrogativo di fondo del blog, viene da chiedersi: Nel caso di “incoscenza filosofica”, possiamo realmente parlare di un artista?
Per argomentare una risposta a questa ferale domanda,  ci viene in aiuto Immanuel Kant, filosofo fondamentale, del quale non sono certo io il primo a scoprire la qualità e l’importanza dell’opera.

Immanuel Kant

La cosa caratterizzante di Kant è la sua visione rivoluzionaria, come la chiama lui stesso “rivoluzione copernicana” del modo di concepire  e soprattutto di applicare la filosofia.
La visione kantiana ribalta completamente, le modalità con le quali definire la conoscenza e i “Valori” con i quali interiorizzare le cose del mondo.
Sicuramente Kant è definibile un  illuminista, non foss’altro per la maniera in cui valorizza l’uso de “la Ragione” (il Pensiero), addirittura estendendone i margini rispetto all’illuminismo settecentesco.
Le specifiche del pensiero kantiano, a mio avviso, lo rendono molto utile a comprendere l’essenza della creazione artistica, soprattutto per chi come me da moltissima importanza  alla fase di ideazione.
Egli non rinuncia ad aprire “razionalmente” anche ad un approccio empirico.
L’empirismo da sempre è stato visto come l’unico approccio possibile, per la comprensione del “creato” artistico.
La rivoluzione kantiana, a mio avviso allarga l’uso della Ragione nel verso giusto, con l’obiettivo di costruire un nuovo approccio di “pensiero integrato”, sicuramente più adatto, alla comprensione del messaggio artistico, in barba alla sterile contrapposizione Razionalismo/Empirismo.
Kant si distacca chiaramente anche da quest’ultimo, che vede possibile l’acquisizione di conoscenza, solo passando attraverso l’esperienza diretta, l’Arte è la riprova che questo non è assolutamente vero: Chiunque può percepire la bellezza di un’opera di Mozart, senza saper suonare o comporre.
Secondo Kant “la Ragione”, non consente a nessun essere umano, la percezione dell’assoluto di ciò che gli appare, ognuno ha una percezione propria, in genere filtrata dalle personali capacità di giudizio.
Da questo sembrerebbero possibili, infinite percezioni di una medesima rappresentazione (in particolare artisticamente parlando”, ma Kant individua l’universalità della percezione, deducendola dall’universalità del “processo” di percezione, che ritiene identico in ogni essere umano, a prescindere dal suo livello di conoscenza.
Ecco secondo Kant  il motivo dell’universalità del bello: Ci sono cose che in ogni essere umano, trovano collocazione nella “categoria del “Bello”.
Il tramonto, i fiori e i loro colori, la Luna piena di notte sul mare, sono stereotipi assoluti della percezione del bello, percezione alla portata di tutti.
Questo  filosoficamente parlando, ci porta dritti dritti alla necessità di arrivare ad una definizione di “Estetica”, in generale e, secondo la visione di Immanuel Kant.
Kant tratta di Estetica in accordo che i valori sui quali fonda la sua filosofia, in “Critica della ragion pura”, ma questo è tutto un’altro articolo.

Francesco Campoli

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Artista o Ricercatore

Posted in Filosofia dell'arte on marzo 30th, 2011 by Francesco

di Francesco Campoli

Ricercare è il compito di chiunque si cimenti in qualsiasi disciplina, non ne discutiamo neanche se si tratta di una delle sette arti.
Ed ecco che siamo qui di nuovo a ragionare sull’interrogativo di fondo di questo blog: Cosa definisce un vero artista?
So bene che qui partirà il coro delle solite ovvietà a sfondo “eroico-romantico”.
“L’arte non vuole definizioni ne confini”, “l’arte consiste nel rappresentare ciò che non esiste”,“L’arte è la forma più alta della speranza”, e così via.
Vi sono poi altri filoni quali quello a sfondo introspettivo-psicanalitico, anch’essi non certo da accettare superficialmente.

Karl Popper

Il filosofo Karl Popper

Per dirla con Karl Popper: “l’arte è l’espressione della personalità” , “io sono importante nell’arte”, “io mi devo esprimere”, “io devo comunicare”, “Questo è tutto quello che è importante nell’arte. Questo è ciò che ha rovinato l’arte.”
Il Razionalismo Critico come lo definisce Popper, può senza tema di smentita, essere definito come, una delle armi, che guidano l’uomo verso la propria evoluzione (e non è un caso se non dico “l’Umanità”), così come il Razionalismo Acritico (radicale), è quello che lo porta verso l’autodistruzione (e non necessariamente quella “fisica”).
Razionalizzare sulle proprie percezioni e sulle proprie azioni (e conseguenti reazioni), è un fatto molto positivo, così come negare aprioristicamente altre “Vie”, è assolutamente negativo.
Se una distinzione, che può sembrare semplicemente retorica, pare poter definire la linea di confine tra il bene e il male, è evidente che stiamo trattando un argomento cogente, la cui trattazione non è differibile.
Karl Popper non fa distinzione tra Razionalismo ed Empirismo, si “muove” solo nell’area razionalistica, lascia però aperta la porta dell’intelletto, che può conseguire conquiste sempre nuove.
Essere disposti ad andare oltre alla “conoscenza” (spesso erroneamente considerata uno “status quo”, oltre il quale non si può andare), è l’unica via possibile per puntare ad una possibile evoluzione.
Negare la possibilità di un cambiamento (inteso in senso evolutivo), è una concezione tipica di un oscurantismo retrivo, che lo assimila automaticamente al peccato.

Galileo Galilei

Galileo Galilei

La storia di Galileo Galilei è sempre un buon esempio, anche se facilmente si può allargare a Giordano Bruno e come prototipo massimo alla storia di Cristo stesso.
Non è un caso che certe religioni, o meglio specifiche “Gerarchie Religiose”, fondino la loro primazia, sull’ esegesi di antichi e sacri testi (e non parlo certo del solo cattolicesimo).
Il fatto che siano antichi sembra essere sinonimo di “saggi”, l’aggettivo “sacri” invece, sottintende che non possono essere discussi, da qui l’importanza di chi ne possiede la suddetta primazia interpretativa e applicativa.

Giordano Bruno

Il 29 gennaio del 1600 il Tribunale del S. Uffizio condanna a morte per eresia Giordano Bruno

Il Razionalismo ottuso è legato all’oscurantismo da profonde radici comuni, forse parlando di arte sarebbe utile coniare il neologismo “Razionalismo Empirico”, forse un passo avanti rispetto allo stesso Razionalismo Critico.
Una cosa è certa, Arte è anche sinonimo di pensiero e per definizione, il pensiero deve andare avanti.
Ho una visione illuminista dell’arte? Una cosa è certa:questo è sicuramente un altro articolo.

Francesco Campoli

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