Arte e Scienza

Posted in Filosofia dell'arte on giugno 2nd, 2014 by Francesco

di Francesco Campoli


Come è d’uopo inizio sempre ogni articolo su “Sculturaecultura” con un “incipit“, un “cappello” teso ad indurre interesse sull’argomento che con l’articolo intendo condividere.

Mi sembra ormai inutile ribadire l’intento “maieutico“, che più volte ho dichiarato apertamente, sapete tutti che è praticamente ingenito in ognuno dei miei scritti su questo blog.

busto di socrate

busto di Socrate al Louvre

Ma l’obiettivo fondante è sempre e comunque cercare di costruire un’ opinione condivisa, cosciente dell’intendere il concetto di Arte, nell’auspicio che sia la meno “conformista”.

Questo “ambizioso” progetto appare ogni giorno di più un’aspirazione utopica dal momento che, è proprio il conformismo lo stato d’animo più comune nell’esprimere opinioni su questo dibattuto argomento, purtroppo sempre più frequente.
Anche a fronte di un’ apparente, generale, crescita d’interesse – non foss’altro a giudicare dalle file per accedere alle mostre più in voga – questa apparente contraddizione, a mio avviso è indice invece di un fenomeno ben preciso, rilevabile purtroppo anche in molte altre attività sociali proprie di questa nostra decadente società.
Crearsi una opinione propria, difenderla anche da linciaggi “apparentemente” autorevoli, (quello di taluni critici ad esempio), non è certo l’approccio più comodo.
Conformarsi è meno “emotivamente dispendioso”, è più facilmente accettato dalla “massa” a dispetto dall’ allure intellettuale delle attività a sfondo artistico, generalmente intese come elitarie.
L’ utilizzo della parola “massa” – che non a caso ho virgolettato – parrebbe ingiustificato se applicato al mondo dell’Arte, è invece divenuto un termine giustificabile, dal momento che “essere interessati all’Arte”, è ritenuto un comportamento socialmente qualificante, dal quale non si può più prescindere pena l’autocollocazione in un “cluster sociale” vicino all’emarginazione.
Dichiarare di aver visto la mostra del momento, deve necessariamente accompagnarsi all’aver visto l’ultimo film di tendenza, all’ aver letto il più recente degli “Istant Book” o all’ aver presenziato al concerto del momento.
E’ in quest’ ottica piuttosto superficiale, “edonista“, che sorgono molti degli equivoci di fondo – come ad esempio, che Arte e Bello siano sinonimi, equivoco che su “Sculturaecultura”, sin dai primi articoli, ho ampiamente stigmatizzato.

statistiche sculturaecultura

Statistiche di Sculturaecultura

Dai riscontri che ricevo, (circa 3.000 visitatori unici al mese su questo Blog), la necessita di far luce sul concetto di Arte appare piuttosto sentita, non foss’ altro in virtù della particolare condizione socio-economica che stiamo vivendo.
Lo status quo della nostra struttura sociale “scricchiola”, sollevando inesorabilmente pesanti dubbi esistenziali e, costringendoci, volenti o nolenti, a cercare nuovi e più cogenti punti di riferimento.
Il disastroso contesto di crisi che attraversiamo da almeno cinque anni – figlio del crollo delle “certezze” economiche quale incongruo surrogato della “compiutezza dell’ Essere” – aveva visto eleggere a Moloch il “Dio Danaro”.
Si è creato un “idolo” trasversale anche alle “classi sociali”, (definizione che se accettata, di per sè configura una partizione in senso economicistico dell’Umanità), un idolo al quale sacrificare la maggior parte della propria Etica e della propria Morale, nella vana speranza di felicità su questa terra, anche a dispetto del resto del genere Umano.
Il crollo di questa effimera certezza, ogni giorno più conclamato ed evidente, ha generato e continua a generare in molti, la necessità di ridefinire radicalmente il proprio “Panel valoriale”, talvolta, con l’istituzione di altri Moloch, magari a sfondo paraspirituale (es. quel fenomeno conosciuto come “new age“), che assume forme sempre più radicali, configurandosi talvolta in una insana “voglia di credere“, da qui, anche il fenomeno in grande espansione delle “Leggende Metropolitane“.

morbo di morgellon

Le cosiddette scie chimiche

Storielle e/o panzane, anche delle più fantasiose (per non dire cervellotiche), vengono accettate con atteggiamenti di creduloneria sconcertanti, come purtroppo abbiamo avuto modo di rilevare anche tra molti eletti in parlamento.
Ridefinire i propri valori è sempre un’ operazione enormemente complessa, talvolta dilaniante come i molti suicidi dei quali abbiamo sentito riferire, quasi quotidianamente, sugli organi di informazione.
Questo genere di accadimenti, tristemente, testimoniano che questa “rivisitazione” obbliga ad attuare un analisi a posteriori della propria esperienza di vita, degli obiettivi raggiunti e/o mancati non sempre è affrontata nella chiave giusta.
Tornare analiticamente sui sui propri passi esistenziali, è un’attività che necessita sempre dell’uso della logica, una ferrea, consolidata logica, non sempre patrimonio intellettuale di tutti, magari provati da esperienze inaspettate e con la prospettiva di un “domani”, che, obiettivamente, appare tutt’ altro che dorato e ancor meno facile da prevedere nei suoi futuribili assetti.
Il positivo però esiste anche in questo sconcertante scenario: diviene naturale cercare un modo di “far luce” sul Kaos che quotidianamente ci si presenta davanti, una confusione magari amplificata anche dal pressapochismo (o dalla malafede) dei molti, che a vario titolo, propongono la personale, salvifica, ricetta (ogni riferimento ai populisti che vanno per la maggiore non è assolutamente non casuale).

albero del Budda

l'albero del Budda

Moltissime di queste “ricette”, che tutto prevedono forchè la necessità di sederci sotto al grande albero (come fece anche il Budda) a cercare attentamente nella nostra anima (la piccola scintilla di universo che tutto contiene), quella luce necessaria ad illuminare finalmente l’impervia strada rappresentata dal nostro incerto futuro, proprio come in un uno scenario neo-illuminista, che però beneficia dell’ evoluzione in scienza e coscienza, che la società e l’individuo hanno avuto dai tempi di Kant.
L’ Arte, a mio modesto avviso, può essere avvicinata, metaforicamente, al grande albero di buddista memoria, arte che finalmente, possiamo comprendere nella sua reale funzione.
Arte non è “rappresentazione della realtà” (Arte Mimetica), ma il contrario, e il mezzo per svincolarci da essa in senso spazio/tempo/cognitivo, anche perchè un approccio maggiormente spirituale, evidenzierebbe che la “cosiddetta realtà” è tutto, forchè reale.
L’ incontro dell’Uomo con l’ Arte, deve essere pensato come una attività biunivoca, al contrario della consueta modalità fruitoria, sostanzialmente a carattere passivo, che non rende l’Essere parte attiva in quella che sopra, non a caso, ho definito “liturgia”.
L’Arte “Catartica”, rituale, nella cui liturgia  l’Artista non è il “sacerdote”, ma che come spesso ho detto, deve rappresentare il “ponte”, il costruttore di Link assoluti con l’essenza di universo che è in noi, che ci avvolge e ci comprende quale elementi costitutivi, nella più piena visione Parmenidea.

Parmenide di Elea

Parmenide di Elea

Questo “incipit”, che ormai tende ad includere l’intero articolo, più che un “Teaser” (riemerge  il mio passato di pubblicitario), vuole lasciar intuire l’estensione della tesi complessa, l’ impervio confronto (Arte e Scienza) che ho scelto come argomento di questo articolo.
Il titolo di questo articolo, appare quasi come un “ossimoro“, una apparente, provocatoria, “contraddizione in termini”.
Come spesso ho ribadito nei miei scritti precedenti, l’uso della euclidea “reductio ad absurdum“, è il metodo dimostrativo che tra tutti mi è più congegnale.
E’ facile comprendere che desidero dimostrare che questa apparente contraddizione, in realtà, non esiste, che semmai, invece di un confronto, Arte e scienza, sono utili se viste come frecce nella stessa faretra, strumenti per l’acquisizione di una piena “Coscienza”.
Ma purtroppo anche questa purtroppo è una parola abusata e magari anche mal’usata.
L’abuso di un termine, rende consueto il suo uso, e tutto quello che è consueto è “scontato”, rende apparentemente inutile una attensione semantica verso quell’espressione.
In realtà la sua etimologia (con-scienza), chiarisce molto intuitivamente il suo reale significato, sarebbe da intendere  appunto nella sua accezione “neo-illuminista” alla quale sopra accennavo.
L’intento retrocognitivo della reductio ad absurdum, pur sussistendo, deve rappresentare un modo efficace di perseguire una reale consapevolezza nell’interlocutore , una piena “coscienza” appunto.
Quanto anticipato nel lungo incipit, in realtà, vuole essere il primo passo di una immodesta speculazione filosofica, ben più articolata che quindi, per essere plausibilmente prospettata, richiedeva quanto esposto in antefatto.
Il superamento dell’ Arte in quanto rappresentazione della realtà, è un punto fermo di tutto il ragionamento (e forse anche dell’intero Blog) – non è un caso che siamo nella categoria del blog che ho chiamato “Filosofia dell’Arte” – questa è una categoria che ho creato proprio perchè per quanto mi concerne, tra le due “discipline”, vedo moltissimi punti di contatto, anzi, le vedo spesso compenetrarsi rispettivamente.
Ogni scienza, portata ai suoi livelli estremi, assume caratteri di filosofici e dando per dimostrata la vicinanza tra Arte e Filosofia, ecco, che ci siamo avvicinando a grandi passi verso il dichiarato obiettivo (rischiando di cadere nel più classico dei sillogismi paradossali).
Un esempio che ho già portato in uno degli articoli di maggior successo: “Arte e matematica” si può trovare nella “Sezione aurea”, o anche nella Sequenza di Fibonacci della quale contestualmente ho discettato ampiamente.

Pentagono sezione aurea

La sezione aurea nel pentagono regolare

In un altro mio articolo precedente:  “Arte contro tecnica“, cerco di mettere in risalto le “colpe” del nostro “Sistema formativo” in generale, ed in particolare quello delle Scuole d’ Arte, dei Licei Artistici e delle Accademie di belle Arti.
L’enorme mole del programma di “Storia dell’Arte” distoglie i docenti dall’ obiettivo formativo originario, la generazione di nuovi “Creatori” d’ Arte.
Salvo rari e particolari casi, tutto l’iter formativo verte intorno ad un intensivo bombardamento dei discenti a base di Tecniche – antiche e moderne – e su un recursivo ripercorrere la nostra “Storia dell’ Arte”, non evidenziando chiaramente la chiave di lettura “storica” di quanto presentato.
Si  continua a creare l’equivoco che la vera Arte, sia praticamente sempre riferibile ad un qualcosa di antico, e che l’approccio dell’artista moderno e contemporaneo, sia solo un disperato tentativo da parte di “operatori” tecnicamente inadeguati.
Passa facilmente il concetto che, non potendo competere con la bravura tencica dei loro predecessori storici, essi si arrabattino a cercare uno spazio in un alveo ormai definitivamente colonizzato da “quelli classici” tentando pratiche non ortodosse, velleitarie.
Nella testa dei futuri artisti (e purtroppo anche di molti futuri critici (molti dei quali purtroppo sono ormai “attuali”, si è creata l’errata convinzione che l’unica Arte sia quella che caratterizzante il nostro illustre passato.

Quadro di antiquariato

Quadro di antiquariato

Tanto per essere chiari, qui ribadisco – repetita juvant – che “non è l’antico che fa necessariamente Arte”, anche perchè, la parola antico (come anche moderno), è relativa ad una collocazione temporale e di conseguenza ad un determinato contesto socio-culturale (Es. “Il Risorgimento”), ogni epoca poggia su un contesto socio-culturale le cui dinamiche lo caratterizzano anche sotto l’aspetto della percezione valoriale ed estetica.

In effetti di Arte ancora più “antica” della nostra – così come tecniche artistiche nettamente alternative alle nostre – e radicate in dinamiche socio-culturali completamente diverse dalle nostre (ne parlo ampiamente nel mio precedente articolo “Arte e Antropologia“), ne esistono veramente a volontà.
Risulta evidente quindi che, per evolvere come artisti è necessario liberarsi dal “pantano” (mai definizione fu maggiormente ingiusta), della nostra “Estetica Decadente”.

la pittura del canaletto

la pittura del "Canaletto"

Non vi è dubbio che l’Arte di Raffaello, di Leonardo, come quella prima di loro di Giotto e senza potersi concedere dall’escludere, il Caravaggio, il Tintoretto, Tiziano, Pietro da Cortona, scultori come Bernini, Canova e di nuovo Michelangelo Buonarroti medesimo (e mi fermo solo per un’ ovvia ragione di spazio), fù  una meravigliosa finestra, affacciata su un meraviglioso panorama, ma che purtropp, ora, impedisce spesso a molti di noi italiani il “guardare oltre” l’orizzonte davanti ai nostri occhi.
Si inibiscono i nuovi artisti, che se non sono delle identita volitive, fanno fatica a guardare verso quell’infinito, vero obiettivo dell’ Artista schiettamente inteso.
Questa mia apparentemente “sacrilega” ma ben radicata convinzione, per fortuna non è solo mia – come invece verrebbe naturale di pensare – ma è confortata da molti altri artisti che fortunatamente ho avuto modo di conoscere, dei quali, fortunatamente ho avuto modo di ascoltare personalmente l’opinione.
L’ultima che ricordo – solo in ordine di tempo – è riferibile ad un mio carissimo amico, con il quale ho avuto il piacere di cenare poco prima delle recenti festività: mi riferisco al pittore Giuseppe De Matthaeis,

il Pittore Giuseppe de Matthaeis

il Pittore Giuseppe de Matthaeis

classe 1946, allievo di Guttuso e Mazzacurati all’Accademia di belle Arti di Roma, che nelle nostre infinite e spesso – purtroppo – notturne  discussioni sull’Arte, sulla origine creativa dei sui suoi vecchi e nuovi lavori e delle rispettive esperienze creative.
Giuseppe mi racconta che solo ora, alla splendida età di 68 anni (vista la forma e l’energia che ancora possiede), comincia a liberarsi dei pesanti condizionamenti, generati in lui dalla frequentazione dell’Accademia di Belle Arti.

- La Partita - Giuseppe de Matthaeis

- La Partita - Giuseppe de Matthaeis

Stiamo parlando comunque di un professionista che ha frequentato l’Accademia in tempi nei quali l’anticonformismo veniva agitato come una bandiera di libertà, ed i professori erano del calibro di quelli sopra citati.
Figurarsi ora, epoca nella quale il conformismo e l’omologazione sono religione per molti di coloro che si formano nelle strutture statali di formazione artistica.
C’è da dire che per molti, questo trend delle “Post Avanguardie”, rappresenta l’unica forma di” Identità Artistica” alla quale si sono riusciti a ricondurre.
C’è chi “rinnega” il secolo appena trascorso e le sue “evoluzioni/rivoluzioni”, ricacciandosi mani e piedi legati, alla suddetta Arte “Mimetica” (di maniacale imitazione della natura).
Sto parlando ovviamente dei “Neo-Iperrealisti” che ripercorrono malamente (in quanto ritardatari e quindi anti-creativi), la strada degli Iperrealisti come John De Andrea, che a mio avviso, già erano discutibili nel post “Pop Art”, figuriamoci ai nostri giorni.

de andrea

"Susan" di John De Andrea

Il mio provocatorio paragone tra Arte e Scienza, che come spero di aver dimostrato in quanto le ritengo entrambe “figlie della ragione”,  è meno velleitario di quanto potesse sembrare ad una prima analisi.
Magari pensando ad una ragione intesa con una significato maggiormente allargato, comprendente aspetti animici, filosofici e perchè no magico-sciamanici che sono componenti fondanti dell’ Uomo in quanto tale, e a maggior ragione se pensato quale artista.

sanguisughe

Sanguisughe succhiano il sangue di un paziente

Avete mai sentito qualcuno, vantare il valore della medicina antica, nella quale la cura migliore era la purga e/o il far succhiare il sangue “malato” del malcapitato paziente mediante delle disgustose sanguisughe – e parlo dei tempi di mio nonno nel 1935 non ai tempi del “dottor Purgone” magistralmente rappresentato da Moliere ne “Il malato immaginario“.
Forse ho scelto l’esempio sbagliato…. visto che qualche “nostalgico delle sanguisughe esiste ancora – e non solo in Cina – anche ai giorni nostri, ma voglio considerare anche questo uno di quei passaggi della sopradetta “reductio ad absurdum“.
Scherzi a parte, ritengo che siano in pochi coloro che si farebbero operare per applicare un “By pass” Aorto-Coronarico o anche solo un’ appendicite, in un “gabinetto medico” (mai nome fu più azzeccato) del XIV secolo.

by pass

By pass Aorto-Coronarico

Le tecniche come le scienze evolvono, l’ Arte “moderna”, si è evoluta anch’essa a vantaggio di un’ Arte più “ampia”, più piena di concetti e simboli più o meno contemporanei, se vogliamo, secondo il mio modo di intendere, più tendente all’ Arte assoluta, quell’ Arte radicata nell’animo e nell’intelletto profondo di ogni “vero” artista, così come in quelli di qualsiasi Essere Umano conscio di questo suo “Status”.
Quello che al limite può cambiare, è la posizione di ognuno nei confronti dell’atto artistico, non certo la misteriosa attrazione “costitutiva” che ogni Essere Umano ha nei confronti di un’ opera d’Arte che sia degna di questo nome.

Aquila in volo

Aquila in volo librato

Ognuno di noi è in grado di apprezzare la bellezza di un cielo notturno, dell’onda violenta che s’infrange su una scogliera, cosi come il volo di un’aquila sulle termiche di un costone di montagna battuto dal sole o i profumi della natura dopo un temporale.
In queste situazioni non vi  è bellezza, ma la sensazione primordiale di essere ricondotti all’universo al quale apparteniamo e che ci appartiene.
Al di la di forme, colori, tecniche, simboli o materiali costituenti, un’ opera d’ Arte comunica che in essa possiamo rispecchiarci e, di riflesso, possiamo scorgere in noi la scintilla di universo che ci ha generato.
Il piacere che ne riceviamo è la contezza dell’immensa fortuna che sappiamo di avere nel farne parte, a fronte dell ‘immensa paura di “perderci” in quell’ infinito, quell’infinito profondo, inesplorato, che alla fin fine siamo noi stessi, come unicum e contestualmente quale “insieme” con i nostri “fratelli in spirito”.
Parmenide e Pitagora sono la stessa cosa, così come Aristotele e Platone, come Kandinsky e Raffaello, o Mondrian e Botticelli, Chagall e Piero della Francesca.
Prendendo coscienza di ciò avremo compreso l’ Arte, quando sapremo leggere il “Trait d’union”, il “filo rosso” (proprio come quello che Paola Grossi Gondi ha tentato di rappresentare nell’androne della G.A.M. di Roma)

"Filo rosso" di Paola Grossi Gondi

il “Fil Rouge” che ricollega tutte queste “apparenti” contraddizioni, così,  non si vedrà più una contraddizione nell’ accostare Arte e Scienza, come immodestamente ho fatto nel titolo.
Forse non è possibile farlo consciamente, ma magari, scopriamo che spiritualmente, siamo già capaci di percepirlo, ma forse anche questo è tutto un altro articolo.

Francesco Campoli

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Arte ed Espressione

Posted in Il "Valore" dell'Arte on ottobre 31st, 2010 by Francesco

di Francesco Campoli

L’artista è una persona particolare, questo certamente lo sappiamo tutti, ma come si fa a riconoscerlo?

Arte ed espressione, non sono propriamente la stessa cosa. Tutti possiamo esprimerci nelle modalità che riteniamo consone al nostro modo di essere, ma non necessariamente in forma artistica.
Chi si esprime vestendosi in modo stravagante, chi invece in stile assolutamente conformistico, chi addirittura indossando una divisa (magari da nazista) e praticando il Softair, chi addirittura in modo asociale e denigrante.
Il “serial killer” esprime tutto se stesso attraverso le nefandezze che mette in atto, ma la sua non si può certo definire una forma d’arte, su questo mi piacerebbe cercare di far chiarezza.
Da decenni si è consolidata una certa confusione in questo campo, chiunque si propone cavalcando una qualche forma espressiva, pretende di entrare a pieno titolo nel mondo dell’arte.
Si arriva a chiamare artisti i “graffitari”, gli “istallatori” quelle persone cioè, che fanno le “istallazioni” (perchè non si può chiamarli scultori?), presenti ormai in tutti i più visitati musei d’arte moderna, nelle biennali e triennali d’arti varie.
Chi esprime se stesso con la musica, con la pittura, la scultura, in stile classico, moderno, informale, futurista, manierista, macchiaiolo, impressionista, espressionista, cubista, e chi più ne ha più ne metta, può necessariamente definirsi artista?
La storia dell’arte è piena di “scuole di pensiero”, al tempo di Michelangelo e Raffaello erano definite “botteghe”, al tempo di Vassili Kandinski c’era il Bauhaus, nel XIV secolo la scuola di Giotto, ma ai nostri tempi si può pensare a scuole d’arte che lavorino nel medesimo solco concettuale?
A mio avviso ai nostri giorni, il vero artista si identifica con la “non appartenenza” a scuole di pensiero.
L’artista è un moderno ricercatore che collega etica ed estetica e non è più figlio dell’artigianato ma del pensiero.
Cambiare lo status quo è la missione dell’artista moderno. La non omologazione, la leadership culturale (almeno sul proprio stile espressivo), sono requisiti fondamentali per far evolvere il pensiero collettivo. Gli altri? Gli altri c’entrano anche loro, anzi sono fondamentali per riconoscere l’originalità creativa, la CREAZIONE come io amo definire quella che ancora usiamo chiamare arte.
Accorpare tutto in un unico insieme, è utile a chi dell’arte vuole farne mercato, la disponibilità di una grande varieta di proposte creative, serve ai mercanti per soddisfare le esigenze dei vari “cluster” del mercato.
Chi come me arriva dal mondo della pubblicità e del marketing, sa bene che un nucleo di consumatori, oltre a definirsi per lo stile di vita e dalle schematiche percettive, si auto-definisce per la disponibilità di danaro che è disposto a spendere per un determinato tipo prodotto.
Da qui nasce l’importanza fondamentale per i mercanti, di disporre di “opere” di tutti i “prezzi” e questo indipendentemente dal loro reale valore artistico.
l’Arte come la definisco io ha un immenso valore, ma non può avere prezzo.

E allora visto che le opere si vendono come si fa a stabilirne il prezzo?
bella domanda, ma questo è tutto un altro articolo…..

Francesco Campoli

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